Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 16

N. 16 – 21 aprile 1872

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[p. 129 modifica]X^IZ^ETTOlFtÉ GIULIO RICORDI SALVATORE FARINA OGNI DOMENICA Al presente numero è unito il fascicolo 8 «Iella RIVISTA MINIMA. IL SECONDO VIAGGIO DI GIUSEPPE HAYDN A LONDRA ( Continuazione, Vedi N. 15 ) Più oltre Haydn dà un curioso esempio della maniera con cui gli impresarii sfruttano talvolta i compositori: «Il dottor Arne ha composto un’opera per il teatro di Drury-Lane; ma siccome l’impresario temeva che non avesse a piacere, Arne dovette consentire a far le spese dell’esecuzione per tre sere. Ciò gli costò più di 700 lire (17,000 lire italiane); ma l’impresario pagò ad ogni volta buon numero di gente per fischiare l’opera, di modo che Arne fu troppo felice di lasciargliela per 200 lire sterline. L’impresario la riprodusse con qualche cambiamento e con migliori decorazioni, e in un anno guadagnò 20,000 lire. L’editore ne ha dal suo canto guadagnato 5000 e il povero compositore ne ha perduto 500. Oh! i bricconi!» Altrove Haydn ei fa conoscere un’usanza singolare stabilita allora fra i professori che davano lezioni ai - figli degli stranieri residenti in Londra durante l’inverno. «Quando un professore di canto, di clavicembalo o di danza domanda una mezza ghinea per lezione, egli esige alla prima lezione un diritto d’entrata di sei ghinee. La ragione è che durante l’inverno molti Scozzesi ed Irlandesi fanno dare per orgoglio delle lezioni ai loro figli dai migliori professori e non possono più pagarli alla fine. Il diritto d’entrata è soppresso se il maestro domanda una ghinea per lezione, ma allora convien che sia pagato volta per volta.» Continuando a sfogliare il giornale di Haydn vi troviamo alcune linee di critica musicale: «Spectas et tu spectabere, s i legge sul sipario del piccolo teatro di Haymarket. Vi ho inteso il 29 giugno un’opera nazionale; un gagliardo vi gridava la sua aria d’una maniera così lamentevole e con tali smorfie orribili che io sudava per tutto il corpo. NB. L’aria fu fatta ripetere! O che bestie! «Ho inteso l’opera Acis e Galatea di Bianchi. La musica è molto ricca di strumenti a fiato e mi pare che se ve ne avesse un po’ meno, si comprenderebbe meglio la melodia principale. L’opera è lunga, specialmente perchè bisogna che la Banfi la sostenga quasi da sola, giacché Brida, (buon figliuolo, dotato d’una bella voce ma pochissimo musicale), Braghetti e la povera seconda donna non vi meritano e non vi ottengono alcun successo. L’orchestra è quest’anno più ricca di personale, ma così meccanica, così mal distribuita, come era altre volte. «Si ha dato al teatro di Covent-Garden una grand’opera spettacolosa: Windsor Castle. La musica è di Salomon ed è discreta. Le decorazioni, i costumi, i cambiamenti a vista e il numero prodigioso di comparse, tutto ciò è esagerato. Tutti gli Dei dell’Olimpo e dell’inferno e tuttociò che ha vita sulla terra si trovano là entro. Sono andato 1 altio giorno a un gran concerto e sono arrivato presto. Il primo pezzo stava per incominciare, tutti i suonatori erano pronti, quando il timpanista domandò ancora un minuto per accordare i suoi timpani. Ma il direttore d’orchestra non volle aspettare e gli gridò: «Ebbene! trasportate allora! > Per ordine del re si davano tutti gli anni, a Londra, molti gran concerti dove non si eseguiva altra musica se non opere di Haendel. Questo favore tutto speciale sembrava significare che nissun altro maestro poteva rivaleggiare con questo. Era una specie di affronto per Haydn, che occupava allora il primo posto fra i musicisti del suo tempo, ed è facile che il desiderio di vedere rendersi infine piena giustizia entrasse in gran parte nella sua determinazione d’intraprendere un secondo viaggio in Inghilterra. Questa volta il suo trionfo fu compiuto, e in uno di questi gran concerti una delle sue sinfonie fu ammirabilmente eseguita dall’orchestra. Per ringraziare il re del permesso che gli aveva accordato, Haydn volle provargli che aveva studiato a fondo le opere di Haendel, suonando sull’organo un salmo di quest’ultimo con una precisione rimarchevole. [p. 130 modifica]130 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Dopo questi grandi successi artistici sarebbe stato facile al maestro di prender stanza per sempre a Londra, e di occuparvi una magnifica posizione, tanto più che il re e la regina, avevano formato il disegno di trattenerlo in Inghilterra. La regina voleva preparargli durante l’estate degli appartamenti al castello di Windsor e fare spesso della musica tête-à-tête con lui, diceva essa, gettando uno sguardo furbesco al re. Il re rispondeva che non sarebbe geloso di Haydn, perchè era un buono ed onesto tedesco. Non ostante tutte queste amabili offerte, Haydn rifiutò sempre di rimanere in Inghilterra, dicendo che egli non poteva mostrarsi ingrato verso la casa del suo principe e separarsi dalla patria e dalla moglie, la quale, paurosa delle acque del Danubio, non avrebbe giammai consentito a traversare il mare. Questi rifiuti replicati gli fecero perdere un cotai poco il favore del re; egli non ricevette da lui alcun dono e all’ultimo concerto a suo benefìcio., la duchessa di York fu la sola persona di corte che vi assistesse. Troviamo nel giornale di Haydn il catalogo di tutte le opere che egli compose per l’Inghilterra dal 1791 al 1795. Queste opere sono: Orfeo, opera seria, 13 sinfonie, 6 quartetti, 10 sonate, 168 melodie, 3 marcie, 12 ballate, 24 minuetti, arie, canti diversi, cori, canoni, ouvertures, divertimenti, ecc. Fra le melodie ve ne ha cinquanta scozzesi che furono scritte per venire in ajuto a un povero librajo, chiamato Nepire, il quale, carico di 12 figli, era talmente indebitato, che viveva sotto la minaccia perpetua del carcere. Haydn gli fece dono di queste melodie, il cui successo fu tanto prodigioso che in qualche mese Nepire potè pagare tutti i suoi debiti col beneficio. Il 15 agosto 1795 Haydn ritornò in Germania per Hambourg e Dresda. Arrivò sano e salvo a Vienna il 20 dello stesso mese, riportando ancora un lucro netto di oltre diecimila fiorini. Torino, 18 aprile. Il successo teXXOmbra l’opera nuova di De Flotow, di cui il telegrafo vi ha già informati, ha preso le proporzioni di un avvenimento musicale: Martinetti ha trovato la sua Aida; il nostro piccolo Rossini rappresenta in più modeste proporzioni gli introiti favolosi della Scala e non perviene mai ad accogliere tutte le persone che vogliono sedie chiuse o posti distinti, ovvero qualcuna delle poche loggie di cui va fornito questo teatro a tre gallerie e privo di loggione. L’argomento dovuto al signor Saint George si aggira sopra la creduta morte di un individuo, il quale essendo invece vivente appare alla sua segreta amante siccome un’ombra. La circostanza singolare che il vivo deve andare a morir davvero se non vuole che altri muoia in sua vece, fanno nascere l’idea del matrimonio con questa fanciulla, che ama oltre la tomba, e finalmente una grazia giunta in tempo opportuno, fa felice questi e i due altri personaggi del melodramma, che finiscono essi pure per connubiarsi. I cori non richiesti dall’azione, si possono ommettere, e qui furono ommessi senza recar danno allo spartito. L’opera è preceduta da una sinfonia, che ne accenna in vario modo ed assai brillantemente contrappuntati i principali motivi. e che, eseguita con vigore e còn brio, ha prodotto un deciso entusiasmo con ovazioni all’orchestra piccola ma eccellente ed al suo egregio direttore il maestro concertatore cav. De Ferrari. Un duetto tra soprano e baritono ei informa che il dottore Mirnet e la signora Vespina sono venuti a portare un mazzo di fiori per l’onomastico del loro rispettivo amico e pigionale il giovine scultore Fabrizio e che questi è veduto di buon occhio dalla sua padrona di casa, bramosa di passare a seconde nozze. Per celebrare la festa si dispone una cena in tre sul luogo del luogo e mentre se ne fanno i preparativi dopo che il dottore ha cantata la virtù della Cocotte, la sua bestia favorita, la fanciulla Giùa domanda di servire presso il giovine scultore, il quale l’accoglie con soddisfazione del dottore che ne è padrino e sdegno della signora Vespina: però si va a tavola e si cena cantando un magnifico quartetto, cui segue un allegro brindisi, e poi una scena in cui la serva colpita dalla rassomiglianza del suo padrone col giovine uffiziale, di cui piange la morte, si abbandona ad una dolce estasi amorosa, rotta da un caldo bacio che la richiama alla ragione e le comanda di fuggire. Infatti dalla sua cameretta trovato un uscio s’avvia: ma straniera del sito s’avventura sull’orlo del precipizio e chiama soccorso: il padrone accorre nella stanza in cui avea promesso non metter piede ed è veduto dalla gelosa Vespina. Questo passo imprudente narrato dalla stessa scredita la povera Gina che il dottore, per riabilitarla, vorrebbe sposare: ma in seguito Fabrizio viene a conoscere la cagione per cui egli |è cosi simpatico a questa ragazza, se ne innamora d’avvantaggio, non essendo egli che l’uffiziale creduto estinto: sapendo poi che il suo salvatore morirà in vece sua, egli veste l’assisa e cosi vestito compare improvvisamente alla Gina; questa vede l’ombra cotanto amata e perde i sensi, ed egli corre al suo destino. Fabrizio ottiene poche ore per] assestare i suoi affari e ritorna onde contrar matrimonio colla Gina e far testamento in di lei favore: ma l’orologio, fermato a caso, lo inganna e nel dolore di aver tradito l’amico confessa che deve andare a morire: il dottore, che lo volea salvare implorando grazia dal comandante, incontra invece il messo che reca la grazia ed egli, coll’aiuto della fidata Cocotte, la può di subito comunicare ai giovani sposi e dando la mano alla vedova termina l’opera allegramente. Tutti i pezzi sono, si può dire, applauditi, ma quelli che mag» giormente si distinguono, oltre la sinfonia, sono la canzone detta di Cocotte, fatta ogni sera ripetere e divenuta popolarissima; il quartetto della cena, un gioiello di melodia e di armonia brillantato da una serie di graziosi vocalizzi che la signora Derivis rende cosi bene chele procurano l’onore della replica; il duetto a contralto e tenore con la scena finale dell’atto primo: poi il preludio dell’atto secondo, la cavatina del soprano, l’allegro del secondo quartetto, il duetto d’amore fra contralto e tenore, il racconto della fucilazione e tutta la scena drammatica dell’ombra con cui termina l’atto secondo: finalmente il duetto delle due donne, la scena e la romanza del tenore, il terzo suo duetto con il contralto e l’unico terzetto che poi si muta in quartetto e serve di finale allo spartito. 11 merito principale di questo applauditissimo lavoro consiste nella semplicità dello stile adatto alla famigliarità dell’argomento, nelT interesse musicale sempre crescente, come va crescendo l’interesse drammatico, nella miscea opportuna del genere comico senza trivialità, al genere idiliaco senza vacuità e insipidezza, tra i quali erge poi superbamente il capo il genere drammatico senza ombra di incertezza: e il tutto espresso dalla voce cantante che domina sempre e regge e governa il musicale concetto illustrato ed abbellito da una istrumentazione accurata e chiarissima, con novità di armoniche combinazioni e di [p. 131 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 131 effetti fonetici non destinati a sorprendere, ma sibbene a commovere, a dilettare, a dar maggior risalto al significato della parola e della melodia. Quanto all’esecuzione i primi onori spettano alla signora Derivis, Vespina, soprano di mezzi estesi, che canta con brio, agisce con disinvoltura, seduce, e rapisce con lo sforzo di note acute e picchettate, brillanti, argentine. La signora Luini ha buona voce, modula con passione, si esprime con sentimento e sa trovare l’accento drammatico per cui interessa e commove sotto le spoglie della povera Gina. Il tenore Cantoni canta con grazia e con molta espressione, sta benissimo in scena e quando veste l’assisa è un ufficiale compito. Il baritono Polonini, da bravo dottore, completa con disinvoltura il quadro. È Genova, 16 aprile. Eccomi nella superba città che, come Venezia, vanta tante tradizioni; qui pure fiorirono le arti e le scienze, e la musica ebbe i suoi cultori. Oggi Genova non è più dei Genovesi ma di tutto il mondo,

  • e però variano i gusti, come diverse sono le provenienze degli

abitatori di questo emporio commerciale. Siccome non è mio compito l’entrare in materia diversa da quella che ai teatri e all’arte musicale si spetta così mi atterrò anche qui a quella stessa linea precedentemente da me battuta. L’attenzione generale ora è rivolta al teatro Carlo Felice, o meglio al suo avvenire, perocché anche qui il Consiglio Comunale sta per decidere se o no dovrà decretare la dote. Da quanto mi consta a Genova le faccende d’interesse di quel tempio dell’arte sono diverse dalle altre città poiché i proprietari dei palchi è al comune che pagano il canone, ed è perciò naturale che il Municipio debba sborsare la dote all’Impresa. Continua in proposito della cessata impresa Lavaggi il mal umore nelle masse, che a tutti i costi vogliono l’ultimo quartale non ancora pagato. Il Lavaggi a quanto dicesi, avrebbe tutta la buona intenzione di appagare il loro giusto desiderio, ma si scusa dicendo che non ha denari, vantando molti crediti verso i dandy de la haute che si abbonano e non pagano. I giornali locali se ne occupano con calore e vedremo come finirà. Al Paganini agisce la compagnia francese Terris e Coste che fu già costi, e del cui merito è inutile vi parli, solo vi dirò che Le Joueur de flute ha fatto fiasco e che Les Brigands piacquero perchè dovevano piacere. Al Doria sabbato andò in scena il Ballo in maschera e la bella musica di Verdi potè tanto sul non scarso pubblico da renderlo indulgente alle incertezze, alle stonature, e persino ai vuoti degli artisti e della scena, Lo eseguivano le signore Gerii, Trafford e Rovaglia, ed i signori Parmizzini e Buti. Al Nazionale di recente si riprodusse la ormai nota opera dell’Usiglio; di cui per l’addietro vi diedi il mio parere, e l’esito per vero fu lusinghiero, specialmente per parte della Pecollo giovane debuttante. Il Parolini è un baritono disinvolto che canta giusto; sobrio e faceto riscontrai il Marchisio, e tollerabile il Lendenara. A questo teatro si dà pure un ballo del Rostagno, Le Reclute, che piace, ed a giorni lo stesso coreografo metterà in scena il Monsieur Dandan. Al Politeama, geniale ritrovo diurno, agisce Chiarini il quale co’ suoi esercizi acrobatici, e colle pantomime fa retate magne. Una volta che mi sarò affiatato nella città potrò parlarvi dei concerti pubblici e privati di cui non v’ha penuria. p-r p. p. Napoli, 15 aprile. Son tornato ai patrii lari e sono andato al Filarmonico a udire Y Osteria d’Andujar; l’impresa Fornari fa cattivi affari, pochissimi convengono a questo teatro e credo che il prezzo alto dei biglietti è la precipua cagione che ne faccia allontanare i.buongustai. Vi parlerò della musica, e prima ve ne rifarò la storia, perchè ne narrò la genesi l’articolista del Piccolo di qui e cadde in molte inesattezze. L’Osteria d’Andujar del Lillo fu scritta e rappresentata al Fondo, ora Mercadante, nell’estate del 1840; eseguironla la Pixis, la Ruiz, il tenore Rossi e il buffo Salvetti, e la parte protagonista di Don Josè fu scritta per la signora Buccini, esimia prima donna contralto. Nel 1843 fu riprodotta sulle medesime scene, allora il maestro ridusse la parte di Don Josè per baritono ed affidolla a Gioacchino Massard, che dovea più tardi abbandonar il teatro per la mercatura. Erano sostenute le altre parti dalla Goldberg, dalla Fossi, dal Tamberlick, allora quasi esordiente e dal basso comico Salvetti. L’ultima volta che venne eseguita sulle stesse scene del Fondo fu nel luglio del 1853 e cantata dalla Borghi-Mamo, dal Pancani, dal Prattico e dal Salvetti ebbe favorevoli accoglienze e fu una bella soddisfazione pel povero Lillo che produsse ma senza buon successo in quella stagione teatrale il Ser Babbeo al teatro Nuovo ed il Figlio della Schiava al Fondo stesso. L‘ Osteria d’Andujar, come qualunque altra musica del Lillo, non manca di pezzi magistrali, vi si appalesa bene spesso nell’autore il desiderio di celare la troppa arte e vi riesce in più d’un punto tanta è la franchezza che vi si scorge, mista con una facile vena di canto; la scena è, avuto riguardo al tempo in che questo spartito fu scritto, ben trattata, e se dal lato dell’invenzione non tutto è pregevole, è però tutto accuratamente fatto. E poiché questa riproduzione del Don Josè fu cotanto accetta al nostro pubblico, mi viene il destro di riproporre un’altra opera del Lillo, ingiustamente obliata da che quella balorda censura borbonica proibilla. La Caterina Howard potrebbe oggi fare il giro de’ teatri italiani; vi sono molte bellezze per entro e una fattura delle più peregrine: Giuseppe Lillo morto giovane e demente era contrappuntista di grande valentia e strenuo compositore; dopo essere stato alunno del Collegio nostro e discepolo del Zingarelli, comprese più d’ogni altro che in quella scuola, non viziosa per altro, l’arte era ristretta in limiti angusti che la facevano comparire magra e sparuta. Già il Mercadante, il Bellini emancipavansi e con esempi di combinazioni armoniche rianimavano la scuola napoletana. Il Lillo edotto dalla propria esperienza, non dissimulava che Tarmonia a’ suoi dì non s’imparava che a furia di lungo e penoso studiare, e che divenuta nel discente un esercizio abituale, non aveva a guida se non l’autorità, la tradizione e pochi precetti sconnessi, onde un’arte non potrà mai esser riguardata in tutta la sua ampiezza. Reso accorto il Lillo di tale verità accinsesi a rifare la sua cultura musicale, e svolgendo i volumi di tutti i trattatisti italiani e stranieri, ed esaminando con severa penetrazione le opere di classici maestri pervenne a formarsi un metodo di contrappunto chiaro e facile, in cui tutto lo sviluppo delle teorie procede esclusivamente da principii certi e stabili. Questa digressione che mi sarà perdonata avuto riguardo che procede da un giusto e doveroso tributo di affetto e gratitudine di allievo a maestro mi faceva quasi dimenticare di dirvi che fra i presenti esecutori dell’opera del Lillo, il Cappelli baritono brillante e la Correris meritano molti elogi. Il primo si è disimpegnato a meraviglia; è un artista coscienzioso e se l’applaudiscono e lo festeggiano, gli è giustizia; canta bene, dice bene e veste bene. Alla Correris gioverà affidare di frequente parti simili a questa ed io restai veramente sorpreso e compiaciuto a vederla tanto snella, tanto briosa, tanto padrona; la Malvezzi e il Bini non guastano, ma il baritono Torre è un esordiente che si è avventurato troppo presto sulle onde instabili della scena. Qui sarebbe finita la mia corrispondenza, ma T Omnibus ed un altro giornale teatrale di qui che per avventura m’ebbi sott’occhi mi costringono a continuare. Il decano dei periodici napoletani dice che io non fui solamente storico, ma pure critico [p. 132 modifica]132 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO e cita la parola della mia prima lettera sul Manfredo: «Il Petrella, il Luca fa presto, ecc.» per muovermi una dimanda. Che risponderò io all’Omnibus che vuol quasi saper qual sia la mia opinione su Donizetti che scriveva tre opere in un anno e per più anni? Eccomi. Prima d’ogni altro il direttore dell’Omnibus lesse sbadamente il mio articolo, altrimenti non si sarebbe meravigliato se per poco soltanto occupai le provinole del critico. Lo feci e dissi di farlo a bello studio per dar così un’idea generale del nuovo lavoro per mostrare che il buon successo non era un pregiudizio, ma in buona parte meritato. In quanto al citare il Donizetti non cade per niente a proposito. Donizetti non solamente scrisse, come dice VOmnibus in un anno due o tre opere, ma quattro e più pure talvolta; nel 1822 dettava a Poma Zoraide di Granata, a Napoli la Zingara, la Lettera anonima e a Milano [i Pirati o Chiara e Serafica’, l’anno appresso scriveva per Napoli II fortunato inganno, Aristea e Alfredo il grande’, per Venezia: Una follia. Due opere scrisse nel 1824: L’aio nell’imbarazzo e Emilia o Veremitaggio di Liverpool; tre nel 1826 Alahor in Granata, Il castello degli invalidi e Elvida, quattro nel 1828 e ben sette nel 1829, cioè: Olivo e Pasquale, Le convenienze teatrali, Otto mesi in due ore, L’esule di Roma, La Regina di Golconda, Gianni di Calais, Giovedì grasso, il Paria, Ipazzi per progetto, Francesca di Foia, Zuelda di Lambertazzi, la Romanziera. Ma di tutti questi spartiti, se ne eccettuiamo VEsule di Roma che ha importanza nella storia dell’arte, perchè lavoro risplendente di bellezze di prim’ordine, non che il Diluvio universale oratorio drammatico, che è forse la più vasta composizione musicale di Donizetti e che gli fornì i migliori brani per le opere posteriori (1J, qual altra merita importanza? E poi il Donizetti nato nel 1798 contava nel 1829 solamente 31 anni, e molti travagli facilmente duransi in gioventù. E anche senza tutto ciò il confronto non regge punto, che V Omnibus meglio degli altri conosce che il Petrella fino a poco tempo fa cominciava a scrivere quindici giorni prima di dover consegnare la musica, si provava a pianoforte il primo atto ed egli scriveva il secondo, alla prima prova d’orchestra compiva il resto. Or così facendo dovea di necessità abborracciare e metter fuori lavori pregevoli è vero per il lato inventivo, che nessuno potrà mai negare al Petrella il fervore dell’estro, ma dove le leggi scientifiche più ovvie sono il più delle volte violate come non farebbe un principiante. Ed io intesi dire appunto che il Petrella è il Luca Giordano della musica per la fretta e la spensieratezza messa nello scrivere le sue musiche, non già pel gran numero di opere messe fuori in breve tempo. Successo felicissimo ebbe la nuova opera dell’Avolio Rosetta la giardiniera. Vi basti questo per oggi.

  • ^CUTO.

Salerno, 7 aprile. Se interrogaste i Salernitani uno per uno scommetterei che dei 29,000 abitanti, 29,800 vi direbbero che il Teatro è stato una spesa superflua, e che il Municipio prima di sobbarcarsi a spendere la rispettabile somma di un milione e mezzo e fors’anco di più dovea porre mente ch’ei bisognava fare il porto e tante e tante altre cose più necessarie. Ma il sindaco Luciani, uomo di volontà ferrea, s’era posto in mente di far costruire un teatro, e questo sorse bello, splendido, tale da far onore a qualunque cospicua città. E collocato il nuovo edificio nel punto più bello del paese su la marina, e di fuori vi dà una bellissima idea. Dal portico per tre porte si penetra nel teatro; il peristilio è spazioso, ma sonvi profusi troppi ornamenti; mi pare, osservandone l’architettura, il portico d’una basilica; poi quel Pergolesi, statua dell’Amendola, mi rattrista. Lo scultore rappresentò T immortale autore (1) Per tacer d’altro il pezzo più favorito della Betly non è che l’aria del basso nel Diluvio con altre parole ed il movimento accelerato. dello Stabat in fin di vita, ma ognuno nel vedere quell’uomo scarno, allibito, prova una sinistra impressione. Conosceva questo lavoro perchè già esposto in Napoli, ma vi dico con tutta franchezza non mi pare quello il luogo. tanto più che il teatro addimandasi Municipale e non teatro Pergolesi. Una sottoscrizione è pertanto aperta affinchè la statua dall’autore donata al Municipio possa esser condotta in marmo; e spero allora possa dal nome del grande maestro intitolarsi il teatro. La sala del teatro è spaziosa molto, ma la platea offre pochi posti e poche fila, undici in tutto, per un male inteso gusto di fare due corridori laterali ed uno in mezzo. Vi ha quattro ordini di palchi, oltre il paradiso, come gli spaglinoli chiamano le gallerie, ed ogni ordine, meno il primo, conta diciassette palchetti. In questo novero non vanno compresi i due palchi sul proscenio tanto nel primo quanto nel secondo ordine. E questi palchetti sono comodissimi, ognuno di essi ha uno spogliatoio, ed ogni ordine di palchi un foyer messo alla pompeiana. La ricchezza di decorazioni, il gusto e lo sfoggio di arte fanno bello questo teatro; di molto effetto è la soffitta: li v’è effigiato il Rossini circondato da tutte le muse che rappresentano le diverse sue produzioni, ed il De Criscito, che ne è stato il pittore, può esser contento dell’opera sua. Di Gaetano d’Agostino da Salerno sono le decorazioni, abbondanti di ricchezze, di fantasia e di buon gusto: questo egregio» artista lavorò pure il comodino; è un ricamo con in mezzo tutto le maschere italiane. Il migliore lavoro è il sipario dipinto dal Morelli; raffigura un vecchio arazzo in mezzo al quale il soggetto è rappresentato in otto quadri rappresentanti la cacciata dei Saraceni da Salerno in sul principiare del secolo ottavo. Il lavoro del Morelli è nuovo nel suo genere. Esso è il prodotto di questa inchiesta fatto dall’artista a sè stesso: Deve il sipario esser qualcosaltro della scena o pure no? Rispose il Morelli facendo un quadro bellissimo e che mirabilmente accordasi con tutto il resto. Alla splendidezza del teatro, alla ricchezza delle decorazioni fa brutto contrasto la meschinità degli spettacoli; artisti men che mediocri, orchestra composta di pochi violini ed insufficienti, di molti strumenti d’ottone e discreti; mancano i fagotti e l’arpa. Udii prima il Rigoletto eseguito dalla Guadagnili!, dal tenore Jaulain, dal baritono Morghen, dal basso Contedini e dal contralto Basso-Bensici; poi la Linda. Meno il basso ed il contralto stiamo male a mezzi; il tenore non godette per due o tre sere molto favore e preferì d’andare via; ora è scritturato un altro, il Franco. La Linda mi’piacque di più; la Rovilli Nora ha bella voce, figura simpatica e molta disposizione pel bel canto: fa ben impromettere di sè. Poca voce ha il tenore De Sanctis, ma è aggradevole; voce buonina, ma poca arte ha il baritono Pezone, discretamente tutti gli altri, il basso Contedini, cioè, il buffo Albini, e la Basso-Bensici. Apparecchiano ora il Conte Ory,.ed è svanita l’idea di far rappresentare le Educande di Sorrento ed i Promessi Sposi. Si farà la Saffo con la Guadagnini, il Franco, Morghen e la Basso-Bensici, poi i Normanni a Salerno, musica espressamente scritta dal maestro Marzano, il quale, pel suo meglio, potrebbe chiedere al Municipio che si riformino i cori e T orchestra. V’è molta probabilità che io ritorni qua allorché rappresenterassi questa musica, perciò assumo il compito di darvene i ragguagli. ^Vcuto. Venezia, 18 aprile. Da quanto mi viene assicurato gli impresari Lasina e Marzi presentarono alla presidenza della Fenice due nuovi progetti (l’uno dall’altro poco diverso) pel nostro principale teatro. La base di questi nuovi progetti sarebbe giusta. Si tratterebbe di portare nel campo dei fatti l’idea, che da gran tempo si va cantando, e da me e da cento altri, su tutti i toni, cioè di aprire il teatro due volte l’anno, in estate con spettacolo d’o [p. 133 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 133 pera di primissimo ordine: in inverno con spettacolo d’opera leggiera (compagnia di secondo ordine) e ballo grandioso. Tutto questo verrebbe assunto sì dall’uno che dall’altro impresario con la sola dote della Società proprietaria nella misura di L. 200,000 circa. Salvo sempre sia determinata una ragionevole durata dello spettacolo d’estate, e salvo sempre le necessarie garanzie, le offerte non sono che buone, e quindi accettabili, o tali almeno da meritare serio esame. Chi lavora da tanto tempo per apparecchiare a Venezia anche quest’anno in estate uno spettacolo di primo ordine al Malibran, bisogna dire sappia fare le cose ammodo. Ottenere il Mariani a maestro concertatore e’direttore d’orchestra, si fu cosa che giunse tanto inaspettata da far strabiliare. Il solo nome illustre del Mariani dà tale una cresima di importanza allo spettacolo che si prepara con tanto amore ed intelligenza, che non si poteva darla maggiore. Merita davvero un bravo di cuore colui (da voi già tanto conosciuto) che è l’incarnazione di tutto. Al Rossini abbiamo il Birrajo di Preslon con una esecuzione ancora più infelice di quella che si ebbe il Don Procopio. Potete quindi immaginarvi quanto magri affari faccia la povera impresa. Questa sera beneficiata della prima donna. Enrichetta Bozzetti, la sola che si sollevi un po’ dai bassi fondi, della ciurma tutta. Oltre all’opera surriferita la seratante canterà la romanza del Giuramento e la cavatina della Fedra, opera inedita del Mariotti, giovine compositore veneziano. Lo spettacolo drammatico danzante al Malibran dovette essere modificato, perchè le dimostrazioni dapprima spiritose ed innocenti contro il coreografo-straccivendolo, Sipelli, degenerarono in modo da doverle chiamare infamie. Non vi dico di più per un sentimento di rispetto, se non ‘a quelli che scesero tanto in basso, all’umanità oltraggiata, in quel povero diavolo che fu una specie di Masaniello del nostro Malibran. Il Brighenti-Rossi lo ha sostituito, e lo spettacolo procede adesso rachiticamente. Il Bellotti, aU’Apollo, continua le sue recite con discreto favore del pubblico. Anche qui come a Roma, a Napoli ecc., abbiamo molti forastieri, e sarebbe fortuna che nei prossimi mesi di maggio e giugno avessimo in qualcuno dei nostri teatri un buon spettacolo d’opera: ei sarebbe da far bene. Prima di chiudere permettetemi di dire al vostro proto che nella mia di giovedì scorso aveva scritto: sentimento artistico ed egli mi stampava: sentimento aristocratico. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. 17 aprile. Per assistere alla prima delle tre rappresentazioni del Matrimonio segreto che ha promesso il teatro Italiano, (una iersera, martedì, l’altra giovedì e l’ultima sabato), son venuto in trainexpress da Villers-Cotteret, ove m’era recato per assistere ai funerali d’Alessandro Dumas. Permettetemi, come semplice digressione e benché l’indole di cotesto giornale non debba esigerlo, che dica qualche parola di questa cerimonia; mi resterà abbastanza spazio per parlare della rappresentazione del teatro Italiano, tanto più che mi limiterò all’esecuzione, non avendo a parlare del merito dell’opera. Cimarosa è ormai giudicato, e la posterità gli ha confermato il titolo d’immortale. Anche per Alessandro Dumas la posterità è cominciata. Ieri mattina una schiera d’eletti, tra uomini di lettere ed artisti di ogni genere, partita di buon’ora da Parigi, si rendeva a Villers-Cotteret, piccola città del dipartimento dell’Aisne, ove nacque il 2 aprile 1802 Alessandro Dumas, ed ove aveva manifestato il desiderio d’essere seppellito. L’autore dei Tre Moschettieri mori l’anno scorso nelle braccia del suo figliuolo in un castello vicino a Dieppe detto il Puy. Non era quello il momento di far trasportare alla città natale la spoglia terrestre, perocché due giorni prima della sua morte, il dipartimento era stato invaso dai Prussiani, e quello dell’Aisne, ov’é Villers-Cotteret, era già da molto tempo occupato dalle schiere nemiche. Conclusa la pace, sopravvennero i miserandi fatti della Comune, e dopo di essi l’inverno. Ora, Alessandro Dumas figlio, che sapeva quanto suo padre godesse ad inebbriarsi di sole, di brezza primaverile, dei profumi del prato, d’aria aperta e di luce, volle aspettar l’aprile per coricarlo sotterra, e dell’aprile i giorni più tiepidi e più fioriti. E scelse il 16 di questo mese che riempie i nidi di gorgheggi e le zolle di fiori. Ieri per la prima volta Alessandro Dumas era tra noi, e si taceva. Pel passato, quand’egli trovavasi in mezzo a noi, tutti tacevano per ascoltare la sua brillante conversazione; e ieri eravamo sorpresi e tristi perchè avveniva il contrario. La morte poteva solo far riposare quest’uomo che Michelet chiamò «una forza della natura» e che poteva dirsi il lavoro incarnato. Durante cinquant’anni egli ha divertito o interessato la Francia, l’Europa, il mondo intero; e ben pochi troverete tra la gente colta che non abbiano letto una o più delle centinaia d’opere lasciate da questo fecondo ed infaticabile improvvisatore. Non v’è genere che non abbia trattato, e nel quale non abbia avuto successo: romanzo storico o intimo, dramma, commedia, viaggi, memorie, versi, prosa, libro o giornale, sulla scena o nelle sale, ovunque il plauso lo ricompensava. E sempre buono, affabile, gaio, ameno, generoso sino alla prodigalità. Guadagnò milioni e non potè mai metter da parte qualche migliaio di scudi per comperare la modestissima casina nella quale era nato ed ove voleva morire!... Ma tutto questo non è argomento musicale, e non so perchè mi sia tanto soffermato a parlarvene, anziché rendervi conto di produzioni liriche, oggetto più speciale di queste mie lettere ebdomadarie. Vogliate condonarmelo, in considerazione dell’amicizia che mi legava al rimpianto autore del Montecristo. E non dimenticate che molti scrittori di libretti attinsero al suo Teatro gli argomenti e la sceneggiatura dei loro drammi lirici. Basterebbe citare - Caterina di Guisa [Henri ITI), Gemma di Vergy [Charles VII), Caterina Howard, Cristina di Svezia, Eslella di San Germano [Le Comte Hermann), ecc., ecc., ecc. Per venir dunque al teatro Italiano, ove sono andato d’un sol tratto al ritorno da Villers-Cotteret, vi dirò che il nome dell’Alboni sull’affisso aveva riempito la sala. Strana cosa, che qui la celebrità ha più possanza che il vero merito. Or son dieci anni, per non andar anche più indietro, l’Alboni non cantava meno bene di quel che canta adesso ed aveva una voce più fresca, almeno più giovine; e nonostante il suo nome non era sufficiente a far accorrere la gente al teatro. Oggi che non è della prima giovinezza, e che la voce comincia a risentirsi della lenta azione del tempo, oggi basta il suo nome perchè la sala sia colma, zeppa. L’esecuzione del capolavoro di Cimarosa fu più che conveniente iersera. Solo coloro che hanno inteso quest’opera cantata da Lablache, Tamburini e Rubini, dalla Persiani, dal Grisi e dall’Albertazzi possono essere più esigenti e partire meno soddisfatti. Ma la novella generazione è men difficile ad appagare. Me ne accorsi iersera ai plausi che scoppiarono al famoso terzetto - Vergogna, vergogna! Questa volta l’esecuzione era affidata all’Alboni, alla Penco, alla Rubini, e per gli uomini a Gardoni, a Borella, a Monari-Rocca. Tra le donne le due prime furono molto felici, un po’ meno la terza. Fra gli uomini, avvenne presso a poco lo stesso. Gardoni e Borella furono molto applauditi, sopratutto il primo di questi due artisti; il terzo fu giudicato insufficiente. Ha molto buon volere, è zelante, ma non è abbastanza dotato per sostenere una parte nella quale Tamburini ha lasciato le più belle ricordanze. Del resto, il pubblico del teatro Italiano è così cortese che non mostra mai d’essere scontento: applaudisce o tace. Ed ecco perchè le direzioni scritturano per lo più artisti che altrove non otterrebbero eguale indulgenza. Non bisogna per altro abusare di questa soverchia cortesia. A A r- p. [p. 134 modifica]134 GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO ILondi-a,16 aprile. E pur siam carne ed ossa. Per quanta divinità abbiano nelle loro voci le signore e ì signori dei due grandi teatri italiani, quella non basta a salvarli da tutti i malanni che sono l’eredità della natura umana. Cosi si che vengono annunziate al Drury Lane. Il Fra Diavolo è l’opera «l’-1: ’ì1 I spiegano le frequenti indisposizioni pubblico e al Covent Garden e al che vuole essere particolarmente menzionata e che venne rappresentata in principio di settimana al Covent Garden. La Lucca vi si distinse, e vi si distinse il Bettini, non che il Tagliafico e il Capponi, mentre Naudin vi fece fiasco. La parte del brigadiere, ch’ebbe a sostenere il Bettini, non è popolare fra i tenori in Italia; e pure sono simili parti che generalmente offrono all’artista di merito miglior campo per distinguersi. Non è diffìcilissimo evocare applausi nelle parti primarie, nelle quali generalmente incontrasi la musica più favorita e popolare; ma non è cosi facile farsi applaudire nelle parti secondarie; e il Bettini, da eccellente artista com’è, seppe farsi applaudire non solo, ma seppe costringere l’uditorio a chiamarlo agli onori d’una replica. Il Bettini è uno dei pochi artisti della vecchia scuola, che non studia soltanto la parte vocale, ma studia pure e non meno la parte drammatica con tutti i suoi accessori. Giovedì sera furono rappresentati gli Ugonotti con Nicolini, Faure, Cotogni, la Sinico, che prese la parte della Sessi ch’è indisposta, e con la Lucca. Da principio pareva che Nicolini avesse perduta la voce, ma quando si venne al gran duetto esso ì meritò di dividere ditorio accoglieva anni fanno guerra cento osservansi i denza. Il Cotogni colla Lucca i fragorosi applausi, coi quali l’uquella musica divina. Ma evidentemente gli al Nicolini, ed oltre all’antico difetto nell’acprimi sintomi ‘d’una bellissima voce in decaera ammalato, e però il suo fiasco va perMi donato; ma come mai egli presta sì poca attenzione al costume? La Sinico si mostrò particolarmente in guerra col fedel costume di Margherita di Valois, e la crudele volle essa pure mostrarsi infedele. Con tutta la simpatia, ch’essa ha saputo guadagnarsi fra gl’inglesi, dovetti notare che le fecero difetto gli applausi, e certo la sua debole voce non era troppo adatta a crear furore. Il Bagagiolo cantò la sua parte egregiamente e fu calorosamente applaudito. Il Fancelli non brilla al Drury Lane, come avete potuto immaginare. Gl’inglesi amano le belle e robuste voci, come quella del Fancelli, ma non sono paghi della voce soltanto, e vogliono che un buon cantante sia buon attore ad un tempo. Il Fancelli acciecato dalle lodi della sua voce disgraziatamente sembra trascurare lo studio della scena, e se persiste in questa trascuranza è possibile che la sua scrittura non venga confermata negli anni avvenire. Tanto nella Sonnambula che nella Figlia del Reggimento il Fancelli ha lasciato molto a desiderare, ma è stato molto applaudito questa sera negli Ugonotti assieme colla Titiens, colla Trebelli-Bettini, colla Colombo-Mattei. La Trebelli-Bettini era in Liverpool il giorno 9 andante e pressarle al quinto concerto di quella Società Filarmonica. Il Liverpool Daily Albion del giorno 10 ne parla nei seguenti termini: «La signora Bettini è sempre una favorita in Liverpool, e la sua comparsa ieri sera venne salutata con immenso applauso. Lo stile squisito e la ricca voce di quest’artista manifestossi in tutti i pezzi > due dei quali dovette ripetere. La sua frase è perfetta, perfetta è la di lei modulazione; e sebbene altri traiti possono rivaleggiare la signora Bettini, nessuno può passarla in purezza di metodo.» I pezzi che cantò furono quattro, tra i quali Una sera more del maestro Campana. cónsor- d’aIl Bettini e la Trebelli-Bettini hanno firmato una magnifica scrittura col signor Pollini per un giro di concerti nel Belgio, nell’olanda e nella Germania, a cominciare del 26 dicembre al 25 Marzo 1873. C. Per abbondanza di materia rimandiamo al prossimo numero la corrispondenza da Berlino. Epitaffio sulla tomba di un musicista francese che si era dato briachezza: ja

l’a - mi l’a mis là -V* L’imperiale teatro dell’Opera a Vienna fa ottimi affari. Dal 1 all’utgennaio al 31 dicembre 1871 fece un introito di fiorini 1,200,000. In confronto delF anno precedente incassò fiorini 90,000 di più, con una spesa minore di fiorini 40,000. A Zurigo fu rappresentata con buon esito una nuova opera Die Touristen, di Teodoro Staufer, maestro direttore a Costanza. ¥ Giovanni Strauss lascierà per qualche tempo T Europa in principio di giugno e si recherà alla gran festa musicale a Boston, che durerà undici giornate. Strauss percepirà 3500 lire sterline, oltre le spese del viaggio, vitto ed alloggio. -V Franz Liszt è giunto a Weimar per trattenervisi lungo tempo. V D’Univers Illustré di Parigi parlando dell’Aia si mostra contrario alla riproduzione di quest’opera joué dans je ne sais quel théâtre d’Italie. Si capisce subito che quello è un giornale che ha la missione di illustrare l’universo! V Il giornale II Pirata di Torino ha pubblicato una Strenna letterariomusicale che dà in dono agli associati. È una raccolta di scritti e di musiche assai pregevoli..4 Il teatro- Civico di Perugia si aprirà nel venturo carnevale, rinnovato ed abbellito. Nel teatro popolare di Mosca, attori e pubblico sogliono intrattenerci tra loro durante l’esecuzione di un pezzo. Rappresentandosi recentemente la Bella Elena di Offenbach, la ceffata che Elena dà a Menelao fu eseguita così bene, che il pubblico entusiasmato ne domandò il bis. Menelao, vólto agli entusiasti, disse loro: «Miei signori, il bis non è necessario; Elena ha la mano troppo pesante.» A Spoleto verrà riaperto il teatro Nuovo nell’agosto venturo con un corso di rappresentazioni drammatiche, ma finora il Municipio non è stato in grado di determinare la scelta della compagnia.

  • Il celebre carillon di Bruges fu ristabilito e regolato secondo il gusto

moderno. Alle ore suona il valse del Faust, alle mezz’ore un’aria del Don Pasquale, e ai quarti d’ora un’altr’aria della stessa opera e una del Fra Diavolo. Gran numero di cantanti di Berlino, di Lipsia, di Magdeburgo, di Weimar e di Vienna hanno già promesso il loro concorso all’esecuzione della nona sinfonia di Beethoven, che deve aver luogo a Bayreuth, il 22 maggio, sotto la direzione di Wagner. A tutto maggio p. v. è aperto il concorso per l’appalto del teatro della Concordia di Cremona, stagione’di carnovale 1872-73. Si esigono tre opere serie e due balli e una cauzione di 5000 lire. La dote è di 30,000 lire. Gl’introiti, lo scorso anno, raggiunsero la cifra di 27,000 lire. ¥ È aperto il concorso per l’appalto del teatro Comunale di Trieste, per le stagioni di autunno, carnovale e quaresima 1872-73. La dote è di fiorini 62,000 in argento, oltre i proventi del teatro. Si esige un deposito di 10,000 fiorini. Anche in Germania le donne cominciano ad emanciparsi! Una certa signora Ernst si è fatta Impresaria ed ha preso in appalto il teatro di Magonza. Nella ventura stagione si ridarà, sulle scene del Cairo, Y Aida di Verdi coi medesimi esecutori, cioè: la Pozzoni, la Grossi, il Mongini, Steller e Medini.

  • Al teatro di Pau l’esecuzione dello Stabat Mater di Rossini fruttò vivi

applausi agli esecutori: Leonpietra, Boetti, Wagner e al direttore d’orchestra maestro Zavaglio. Il Consiglio Comunale di Bologna ha accordato la cittadinanza al maestro Mariani. Gaetano Braga, il celebre violoncellista, trovasi a Genova. Vediamo annunziato un altro matrimonio artistico, quello del pianista Stanislao Ficcarelli colla signora Ida Robiati. Il maestro Federico Parisini da Bologna fece eseguire dalle allieve della Scuola Normale uno scherzo comico in un atto Jenny, parole del marchese Calvi. L’esito fu stupendo; la musica è chiara e ricca di melodie. isf. Scrive Li Eco d’Italia di Nuova York: Nel prossimo settembre l’impresario signor Strakosch darà allo Steinway Hall un corso di concerti con la Carlotta Patti ed altre celebrità musicali. Nelle sale del conte Bolognini, a Milano, fu giorni sono rappresentata una nuova operetta del maestro Grondona col titolo: Un marito in cerca di sua moglie. [p. 135 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 135

  • Il teatro Sociale di Sebenico fu intitolato all’artista di canto Francesco

Mazzoleni. La direzione di quel teatro ha partecipato all’egregio artista tale determinazione con una lettera molto lusinghiera. Il teatro Elhiopian-Opera-House, in Arch Street a Filadelfia, fu in parte distrutto dalle fiamme. Le perdite sono valutate 100,000 dollari. Un’opera inedita della contessa Pilté sarà eseguita quanto prima al teatro la Monnaie a Bruxelles. Un incendio ha distrutto completamente il café-concert de la Pépinière a Parigi. -V- Il teatro Gaiety di Londra avrà presto una primizia, The Miller of Milberg, opera comica del signoi’ W. Meyer-Lutz. Il Municipio d’Udine apre il concorso ad un posto d’incaricato pel canto corale nelle Scuole Elementari; lo stipendio è di L. 600. John Hullah dà l’ultima mano a una nuova opera per cori ed orchestra, che fu già accettata dal comitato del festival di Worcester. ty. Joachim ha lasciato Londra per restituirsi a Berlino. MILANO. Nulla di nuovo nei nostri teatri. Ieri sera andò in scena al Politeama il Ballo in maschera, interpretato dalle signore Poiacci, Garbato e Lezi e dai signori Tagliazucchi, Viganotti e Bernasconi. Ne parleremo nel prossimo numero. Si dice che il Carcano possa venire aperto presto con spettacolo d’opera seria per cura del maestro De-Dominici; e si parla anche della prossima apertura del teatro Santa Radegonda con opera buffa, impresa Cambiaggio. Al teatro Re (vecchio) continuano con mediocre fortuna le rappresentazioni della Compagnia francese Meynadier. — Giovedì scorso al teatro Piando ebbe luogo una Festa drammatico-musicale, col concorso di 50 bambini del Giardino Infantile Vittorino da Feltre, a beneficio del Fondo Vedove ed Orfani dell’istituto Tipografico. I piccoli artisti istruiti dal maestro Varisco, eseguirono con molto garbo tre operette La Piccola Filatora, la Bambola d’Antonietta e Un giorno di fiera, musica del Varisco. La musica è molto facile e ben adattata alle vóci. Gl’intervenuti applaudirono di gran cuore agli esecutori e ai promotori d’una idea così gentile. FIRENZE. Alla Pergola fu eseguita una nuova opera del maestro Bensa Astolfo Cavalcanti, ed ebbe esito discreto. Quest’opera presentata ad un concorso municipale, ebbe verdetto che la ammetteva alla prova della scena. Ecco come ne parla nella Nazione il nostro silenzioso corrispondente Biaggi: «Delle due rappresentazioni che si son date sinora deW Astolfo Cavalcanti, non abbiamo potuto assistere che ad una sola, alla prima; e quindi non possiamo entrare in minute analisi. Da quella rappresentazione però, noi crediamo di poter sottoscrivere al giudizio che ne ha dato la Commissione e che riassumiamo così: — nell’Astolfo Cavalcanti, s’incontra sovente una soverchia prolissità e talora un insufficiente sviluppo; — v’hanno tratti di pesante e inceppata recitazione nei luoghi appunto dove il dialogo dovrebbe correre più spedito; — la strumentazione è languida talvolta, ma è accurata; — la melodia ò generalmente buona, quantunque non abbia l’impronta della novità; — le voci sono tenute nei giusti limiti; — i pezzi concertati sono ben fatti, e poi, a lode dell’autore, è da osservarsi che quest’opera ò fra le pochissime di questo concorso, in cui pezzi concertati sieno intessuti con vere parti reali. Alla prima rappresentazione il signor Bensa ebbe applausi e chiamate al proscenio, — E n’ebbero anche gli esecutori. Tuttavia non si può tacere che l’esecuzione, presa nel suo insieme, si tenne quasi costantemente al di sotto del mediocre. A quanto ei si dice però, l’esecuzione migliorò di molto alla seconda rappresentazione e, in conseguenza, furono maggiori gli applausi e maggiori le chiamate al proscenio «. CREMONA. Il Don Pasquale ebbe esito lietissimo per tutti gli esecutori; la signora Perniili fu applaudita con entusiasmo in tutti i pezzi, così pure Migliara; Baragli ebbe applausi alla serenata e Carpi in special modo alla romanza e al duetto col soprano nell’atto primo. MODENA. Ci scrivono: «Nel Ruy-Blas, andato in iscena con buon esito giorni sono, emerge la signorina Borsi De Giuli, giovine artista che ha un bel nome e speranze di crescerne il lustro. 11 tenore Masini ha bella voce e canta bene, ma ha poca anima; benissimo il baritono Silenzi e il basso Povoleri. La signora Cristofani ha voce limitata, ma è artista piena di grazia. Lodevoli i cori e le scene. L’orchestra è sfiaccolata.» RAVENNA. Ci scrivono: «1 Masnadieri, dopo molti anni, ricom]»arvero sulle nostre scene e vi furono accolti come vecchi amici. Gli interpreti sono la signora Facci, il tenore Gaudio, il baritono Sutter e il basso Bonato, e sanno farsi applaudire in tutti i pezzi e chiamare al proscenio alla fine d’ogni atto. «CIVITAVECCHIA. Il teatro Trajano si aprì col Ballo in maschera; fra gli interpreti piacquero in ispecial modo la signora Gabucci (Amelia), il tenore Castelli e il baritono Capocci. Bene anche gli altri: l’orchestra insufficiente per numero. FOGGIA. — Ci scrivono: «La Sonnambula fu un trionfo per la signorina Miles, che ebbe tributo di applausi, di fiori e di poesie. Bene il Panzetta e De Giorgi. «UDINE. Al teatro Minerva buon esito una rapppresentazionè della Lucia di Lammermoor; la seconda rappresentazione fu interrotta dalla fuga di Lord Enrico e di sir Edgardo, al secolo tenore e baritono. L’impresario ha subito scritturato due artisti per sostituire i fuggitivi, e così le rappresentazioni del capolavoro di Donizetti saranno riprese quanto prima. TRIESTE. Ci scrivono: L’Emani ebbe esito entusiastico al teatro Armonia. Gli artisti gareggiano di buon volere e d’intelligenza; emergono però la signora Pascal-Damiani (Elvira), che ha voce potente ed eletti modi di canto, il tenore Tombes!, un Emani insuperabile per metodo di canto e per azione, e il baritono Burgio, il quale specialmente nel finale O sommo Carlo si mostra artista elettissimo. Bene anche il basso Zucchelli; le seconde parti, i cori e l’orchestra, diretta dal maestro Piccoli, lodevoli; buona la messa in scena. FINALE. La stagione s’inaugurò felicemente colla Borgia, eseguita assai bene dalle signore Kottas e Bosca, dal tenore Baroni e dal baritono Navari. Buone le seconde parti e i cori; l’orchestra, diretta dal maestro Amintore Galli, lodevolissima. FIUME. La. Lucia fu occasione di molte feste alla signora Pozzi-Branzanti; piacque il baritono Toledo e il basso Morroto; il tenore era indisposto; cori ed orchestra eccellenti. FIGLINE. Ci scrivono: «L’Emani destò tale entusiasmo che tutti gli esecutori ebbero applausi e chiamate innumerevoli, e persino l’impresario dovette mostrarsi alla ribalta. La signora De Montelio dovette ripetere la cavatina. L’impresario fortunato è il conte Caselli.» FINALBORGO. Esito lieto la Lucia, prima opera della stagione. Piacquero la signora Silvio, il tenore Valenti e il baritono Cantoni. L’orchestra, composta in gran parte di dilettanti, è eccellente. MALTA. La stagione del teatro Reale conta col Pàgoletto il suo più bel successo. Degli esecutori la signora Ciuti fu in particolar modo festeggiata; piacquero pure la signora Levi, Harvey, Proni e Mazzarini. BRUGES. La stagione teatrale fu chiusa colla Gerusalemme di Verdi che fu occasione di feste entusiastiche a tutti gli esecutori. NUOVA YORK. L’Eco d’Italia del 3 corrente scrive: Lunedì sera l’Accademia di Musica fu troppo angusta ad accogliere la folla accorsa alla rappresentazione del Trovatore. Il pubblico non poteva difatti essere indifferente all’opera più popolare di Verdi, eseguita da tanto valenti artisti. La Parepa-Rosa fu immensa e come cantante e come attrice. La cavatina, il terzetto, il finale, la scena del Miserere, il gran duetto col baritono e la scena finale furono per essa altrettanti trionfi. Innumerevoli furono le chiamate al proscenio e i mazzi di fiori. Il Wachtel ebbe una festosa accoglienza dal pubblico; egli entusiasmò in tutti i suoi pezzi: specialmente nel primo e quarto atto. Nel Misererà e nei due finali divise gli onori coi compagni. Il Santley ebbe copia di applausi al terzetto del primo atto, e fu molto festeggiato sia all’adagio che alla cabaletta dell’aria nell’atto secondo, come pure nel quarto nel duetto col soprano. Splendida la messa in iscena, inappuntabili i cori, e l’orchestra diretta dal valente maestro Rosa, nulla lasciò a desiderare. Appena terminata la stagione della grande opera italiana in New York, la signora Parepa-Rosa si recherà in Germania, essendo stata invitata a prender parte alla grande Solennità Musicale del Rhin a Dusseldorf, onore da lei ben meritato e che è riservato slle sole celebrità. NOTÌZIE ITALIANE — Milano. Domenica passata nel Salone dei Giardini pubblici ebbe luogo un Concerto vocale e strumentale. Vi si fece applaudire la signorina Carlotta Gagnoli che cantò l’aria della Traviata e quella del Faust; piacque il tenore Negrini, esordiente. Le due bande di Porta Ticinese e Principe Umberto dirette dai maestri Priora e Canti eseguirono maestrevolmente molti pezzi. [p. 136 modifica]136 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO fra cui una grande sinfonia del Canti — Il Carnevale del 1872, che fu assai applaudita. — E aperto il concorso ad alcuni posti che sono vacanti nella Scuola collettiva di canto gratuita femminile, sotto la direzione del signor maestro Emanuele Zarini. Le condizioni per l’ammissione sono: L’età non minore di 16 anni; Attestazioni attendibili di appartenere ad onesta famiglia. Durante il corso della Scuola le allieve, che dai maestri saranno giudicate capaci, dovranno prestare l’opera loro negli spettacoli dei RR. Teatri. Il regolamento della Scuola, ostensibile presso la cancelleria della Scuola stessa, stabilisce tutte le ulteriori norme in proposito. Le domande dovranno essere presentate entro il prossimo maggio al protocollo della Commissione teatrale presso il R. Teatro alla Scala. — Bologna. Scrive l’Arpa del 15 corrente: Brevi parole sul Concerto d’addio dato dai coniugi CataÌanotti la sera delT undici aprile. Il violinista CataÌanotti fu applaudito a tutti i suoi pezzi. La signora Osea Legramenti-Catalanotti fu festeggiata alla ballata del Vascello Fantasma di Wagner e alla meditazione di Gounod. Fra i pianisti i primi onori furono per la signora Folli, la quale se si distinse in un pezzo a due pianoforti unitamente alla signorina Mazzetti ed ai signori Roncagli e Calza, nella Caccia (bel lavoro del maestro Roncagli) e nella gran fantasia di Thalberg sul Mosè, destò generale entusiasmo. Il pezzo a due pianoforti e la fantasia sul Mosè vennero replicati. — Ferrara. Ci scrivono: Un gran concerto musicale ebbe luogo il 7 corrente nel nostro massimo teatro, a beneficio degli Ospizi Marini. Vi concorsero molti artisti e dilettanti. Fra i pezzi eseguiti alcuni furono fatti ripetere, tali la romanza dei Normanni a Parigi, cantata dal baritono Forli, il duetto della Vestale eseguito dalla contessa Mosti e dalla signora Papotti, la sinfonia del Nabucco per 4 pianoforti eseguita dalle signore Emilia Bordini, Maria Angelini, Rina Rizzoni e Teresina Grossi e dai signori prof. Timoteo Pasini, dottor Pietro Calabria, Guido Levi e maestro Silvio Zeni. Molti altri pezzi furono eseguiti e tutti stupendamente e tutti valsero applausi ai singoli esecutori, i quali sarebbe troppo lungo enumerare. L’esito adunque morale e finanziario del concerto fu splendido. — Firenze. Nella scorsa domenica (14) nella sala Brizzi-Niccolaj fu dato il concerto del clarinettista Ferdinando Weiss Busoni già da noi annunziato. Egli suonò alcuni pezzi fra i più scelti del Trovatore e del Don Pasquale, e incantò col vigore, colla agilità e colla dolcezza delle note che sa trarre dal suo istromento. L’egregio artista meritò le unanimi e fragorose approvazioni del pubblico, il quale udiva maravigliato uscire dal medesimo strumento ora la voce del violino, ora quella del flauto, e talora perfino le melodiose modulazioni di una soave voce umana. Anche due altre parole a lode di questo artista. Egli è d’Empoli, nacque da poveri genitori, e i primordi della sua carriera artistica furono cospersi di spine. Ma oggi, raccogliendo giustamente il frutto dei suoi lunghi studii, può dire -con alterezza d’animo: «La mia vittoria la debbo alla mia persistenza.» (Nazione). NOTIZIE ESTERE — Parigi. La Società per l’Esposizione Universale d’economia domestica, che avrà luogo nel corrente anno, ha aggiunto al suo programma un Gran Concorso musicale che si terrà nel palazzo dell’industria dal 15 luglio al 1 novembre, tra le società corali ed istrumentali di Francia, Belgio, Italia, Svizzera, Spagna, Olanda, Danimarca, Svezia e Norvegia ed Inghilterra. Il concorso sarà diviso in 14 serie settimanali che in ogni lunedì eseguiranno un concerto innanzi il giuri. Cadauna serie comprenderà una divisione o sezione, od anche, secondo il numero degli inscritti, un gruppo, composto a norma del regolamento dei concorsi francesi. La società fa caloroso invito alle società corali ed istromentali a volersi presentare a questo concorso popolare, profittando del loro soggiorno a Parigi per visitare l’esposizione, alla quale sarà loro accordato il gratuito ingresso. Quanto prima verrà spedito il regolamento pel concorso alle società, le quali potranno in ogni caso rivolgersi alla direzione della società, rue de la Chaussée d’Antin, od all’ufficio del giornale V Orphéon, Passage du Désir. 2, a Parigi. — Spa. Una riunione dei dilettanti di musica vocale si è definitivamente costituita col titolo di Société Filarmonique des Montagnards Spadois. Il signor Luigi Guillaume ne è direttore. NECROLOGIE — Milano. Elisabetta Franks, ex-artista di canto. — Stocolma. Van Boom professore e compositore. — Anversa. Emilio Reusens, dotto musicista che godeva rinomanza nel Belgio, mori il 25 marzo in età di 37 anni. — Olmiitz. Trousil, maestro di cappella al Duomo. — Ucule lez-Bruxelles. Omer-Germano-Giuseppe Goossens, professore di canto al Conservatorio, direttore della Società Gìiy d} Arezzo, morì il 5 corrente in età di 49 anni. POSTA DELLA GAZZETTA Signor Di Stef. — Aragona — N. 461. L’Aida per canto e pianoforte non è ancora pronta; terremo conto della vostra dimanda e l’avrete appena pubblicata. Signor rag. Bon. Ber. — Gasnigo — N. 480. Vi abbiamo spedito il programma perchè scegliate voi stesso i premii; le tavole d’autografi escono irregolarmente; sono parecchie in un anno — lo sconto è del so/1OO. Avvertiamo gli spiegatori di sciarade e di rebus che non possiamo tener conto delle domande di premii, fatte contro ciò che è stabilito: è lecito scegliere il premio ira i pezzi enumerati nelle varie Riviste Minime; noi cerchiamo di rendere l’elenco numeroso e variato, ma non possiamo lasciare la scelta all’arbitrio senza dar luogo a complicazioni infinite. Avvertiamo inoltre che la scelta dei premii deve essere sempre fatta colla stessa lettera portante la spiegazione; la mancanza di quest’attenzione ei costringe a noie più gravi che non si creda.. In fine, ad evitare ritardi e smarrimenti, le lettere di spiegazioni di sciarade e in generale di tutto ciò che riguarda la Gazzetta Musicale, devono essere dirette alla Redazione della Gazzetta Musicale, Via Omenoni, N. R non già allo Stabilimento Ricordi. Purina. 21 Aprile - Ore 9 15 Aida trionfo entusiastico indescrivibile. Ovazioni vive, incessanti; trentacinque chiamate Verdi. Dopo secondo atto Municipio presentò pergamena medaglia oro decretante Verdi Cittadino Parmense. Dimostrazioni commoventi. Musica fece sensazione immensa. Tutti pezzi entusiasmo interrotti applausi. Duetto due donne, finale secondo, duetto tenore soprano atto terzo, scena giudizio sotterraneo volevasi replica, impossibile farsi per ragioni sceniche. Esecuzione ammirabile, tutti artisti, orchestra, cori. Decorazioni, scene splendidissime. SCIARADA Con altri i tutti, e i tutti appunto vani Tornano agli altri, che son saldi e sani. Quattro degli abbonati che spiegheranno la Sciarada, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DELLA SCIARADA DEL NUMERO 14: FRA. - TERNO Ci furono mandate molte spiegazioni, nessuna esatta. Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe, gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.