[p. 193 modifica ] - 193 g.■ ■ — ,-■ — ...:.. O
GAZZETTA MUSICALE
O
ANNO III.-N. 47. DI MILANO 24,!iVlSi
pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si
danno ai signori Associali dodici pezzi di scelta musica
classica antica e moderna, destinati a comporre un volume
in 4.” di centocinquanta pagine circa, il liliale in
apposito elegante frontespizio si intitolerà Antologia
classica ni su alk. — Pcr quei Signori Associati che
amassero invece altro genere di musica si distribuisce
un Catalogo di circa N. 2<ii)D pezzi di musica, dal quale
possono far scelta di altrettanti pezzi corrispondenti a
N. 150 pagine, e questi vengono dati gratis all’atto die
si paga I’ associazione annua; la metà, per la associazione
semestrale. Veggasi l’avvertimento pubblicato nel
Foglio N. 50, anno II, 1843.
La musique, par des inflexions vives. accentuées, et,
• pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas•
sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets,
• soumet la nature entière à ses savantes imitations
• et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des seti•
timents propres a l’émouvoir, •
J. J. Ho t:ss ej r.
Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta c alla Musica
è di etïetlive Austriache L. 12 per semestre, ed elTetlive
Austriache!.. 14 affrancata di porto lino ai contini della
Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale.
— La spedizione dei pezzi di musica viene fatta
mensilmente e franca di porlo ai diversi coi i ispondenli
dello Studio Hicordi. nel modo indicato nel Manifesto.
— Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Lllicio
della Gazzetta in casa Hicordi. contrada degli OniCnmii
N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti
di musica e presso gli I Ilici postali. - Le lettere, i gruppi,
ecc. vorranno essere mandati franchi di porlo.
SOMMARI 0.
I. I. R. Teatro alla Scala Ermengarda. Melodramma
di Pietro Martini posto in musica da Gualtiero Sanciti. 11.
Grande Concerto dato in Parigi all’Accademia
Reale di Musica. - III. Gazzettino settimanale ut
Milano. - IV. Carteggio particolare. - V. Notizie. VI.
Altre cose. VII. Nuove pubulicazioni musicali.
I.?.. TEATRO ALLA SCALA
ER1TIEAGARIH
MiiooRAVinA»k Pietro Mabtirii
POSTO IN MUSICA DA GUALTIERO SaNELLI.
Articolo II.
So credulo dovermi riserbare
a questo secondo articolo di
tener discorso del nuovo melodramma
prodotto sulle nostre
scene, perchè mi sembrava che
ve ne fosse una plausibile ragione. Trattasi
d un giovane poeta, il (piale fa i primi
passi in una carriera eh è si povera di campioni
valenti} e poiché da un lato dimostrasi
già a quest’ora egregiamente educato
alle buone lettere italiane e caldo di
nobile poesia, sebbene dalla parte drammatica
non manifesti eguale valore, così parmi
che non possa essere senza utilità usare
seco lui la parola dello schietto raziocinio.
Chi spiritosamente ebbe a dire essere
gran pregio di questo libro d’essersi fatto
leggere tino alla line senza far cascare i
lettori dal sonno disse una spiritosità che
fa palese come alcuni siano incapaci di
gustare il bello nè d una produzione, ne
d un immagine, nè d una frase poetica. Io
credo all opposto potere asserire che il
sig. Martini ha dato il più lodevole saggio
di poesia melodrammatica che si potesse
attendere da uno scrittore esordiente: bella
e dignitosa è la sua lingua: franco, armonioso,
disinvolto il suo verso: naturale la
frase: pure e sostenute le immagini: logico
e spontaneo il dialogo: lutto manifesta
in lui un giovane delle migliori promesse,
se gl’imbarazzi che attraversano un
cammino così spinoso non lo faranno cercare
altra meta. Cosi tutti i poeti melodrammatici
avessero cominciato con sì pregevole
esempio!
Eguali parole però non parmi poter
usare rispetto al tessuto del suo dramma.
S egli merita pur lode d’essersi discostato
dal sistema di coloro che tolgono alla teatrale
fabbricazione francese lutti i soggetti
de loro libri d opera, di maniera che i
loro veri autori vengono poi a reclamarne
la proprietà ogni qual volta siano rappresentate
sui teatri di Francia, è altresì vero
che un miglior fondo d’invenzione ed una
logica maggiore nella condotta degli avvenimenti
avrebbero reso meno imperfetto il
suo lavoro.
Egli non ha, innanzi tutto, a sufficienza
ponderalo che a ben costruire un libro
d opera non bastano le buone idee poetiche,
nè la melodiosa cadenza del verso}
ma importa che i fatti si succedano, se
non con quella regolarità che si richiede
in una composizione puramente da declamarsi,
almeno con quella apparenza di naturalezza
che non offende la ragione. 11
talento drammatico è tutt’altra cosa che il
talento poetico; molli sono felicissimi verseggiatori
e debolissimi costruttori di dramp
o
mi} perciò in Francia è frequente il caso
che una produzione conti due autori e
qualche volta anche tre. Ciò non si usa
tra noi} ma riesce la medesima cosa tutta
volta che, come dissi, i poeti librettisti tolgono
a composizioni straniere i soggetti
dei loro lavori copiandone i personaggi,
l’andamento, i pensieri, e molte volte anche
le parole. Di quei librettisti che hanno
si poca verecondia per commettere, non
solo simili frodi, ma per fare de libri interi
coi versi altrui, non credo che si debba
parlare per non invilire la stampa.
Ora essendo bene che il lettore sia positivamente
posto al fatto di che si tratta,
perchè egli medesimo possa giudicare della
ragionevolezza di quanto accade osservare,
ecco come lo stesso signor Martini espone
in un proemio l’argomento del suo melodramma.
«Sono ottenebrale da favolosi racconti
o taciute dagli storici le ragioni per
le quali Carlo re de’ Franchi ripudiò Ermengarda
figlia di Desiderio e sorella di
Adelchi, irli ultimi dei re Longobardi in; Italia. Profittando di siffatta incertezza ho
immaginato che un duce longobardo (Farvaldo)
preso d’amore per Ermengarda, e
disprezzato, cerchi ogni via di vendicarsi:
giltati appena i primi semi di guerra fra
Desiderio e Carlo si trasferisce in Francia
siccome secreto messaggero ad Ermengarda
già sposa di Carlo} il quale fatto consaI
pevole de furtivi colloqui! fra la moglie
sua ed il duce longobardo ferisce il sup- I
posto rivale che, di animo perfidissimo, |
’ con atroce calunnia accusa d’infedeltà Er1 mengarda. - j
«Il re de’ Franchi geloso del proprio
onore, pensando aver morto Farvaldo, chiude
nell animo la credula offesa e ripudia
in silenzio la moglie, mentre Farvaldo,
non altrimenti estinto, fa ritorno in Italia.
Sopra questo fatto ha fondamento fazione
che comincia nel tempo della resa di Pavia
alle armi di Carlo. Taccio della calata
de’Franchi dall Alpi e dell altre circostanze
che accompagnarono 1 assedio di Pavia, dap-;
poiché sono abbastanza note. Solo mi giova
accennare aver io posto ogni studio affinchè
le cose immaginate non arrechino
detrimento alla verità storica, al cara!lire 1
dei tempi e dei celebri personaggi posti
in iscena. Se Carlo si mostra debole e precipitoso
ne’ suoi amori, m’avviso eliti non
vada scevro di questa menda nemmeno
nelle severe pagine della storia, ove il
vero solleva senza tema la fronte sulle ceneri
dei potenti. Del resto egli addimostra
quella grandezza d animo clic gli meritò
soprannome eternamente glorioso.
«In Desiderio tentai di pingere d re
inavveduto, ma generoso e prode. Nel per- j
sonaggio d’Ermengarda chi polca discoslarsi
da quella divina impronta che le diede
il Manzoni nel suo Adelchi?... Io vorrei
averne saputo ritrarre qualche traccia soltanto,
ed avrei certezza che la rappresentazione
di questo melodramma non riu- I
sarebbe spiacevole».
Se la mia convinzione non m’inganna
il peccalo capitale di questo componimento
sta appunto nel fondo dell invenzione,
riattandosi di un soggetto i cui perso- i
• 1. I
naggi hanno un carattere notorio nel mondo,
era d uopo, come appunto osserva fautore
medesimo, immaginare qualche cosa
che fosse conforme all indole dei caratteri }
e questo è ciò eh (‘gli non ha saputo
conseguire. 11 ripudio d Ermengarda, originato
dalla causa da esso inventala, non
può ragionevolmente essere attribuito al
re Carlo, siccome alto che ripugnerebbe
al concetto che portano di lui le nazioni}
né, come 1 autore opina, potrebbe riguardarsi
come conseguenza di quella precipitosa
debolezza di che gli storici bau credulo
accagionarlo. Ripudiare una donna
pel non giustificato sospetto di un’adultera
tresca, senza volerne udire le discol- j
pe, senza conoscere con certezza se veramente
fosse colpevole, ben altrimenti che ryV
una debole precipi tosi! à, vuol essere con- V
siderata come un’alta ingiustizia, di cui
non si rileva traccia nella storia di quel [p. 194 modifica ] - 494 o
gran principe, a tutti noto siccome ornato
delle più belle virtù, grande nel valore,
specchiato nella religione, fautore de buoni
costumi, ordinato!’ di leggi, e, quel che più
importa, d’animo dolce, benefico e caritatevole.
Creare quindi una serie di avvenimenti
che ripugna colla storia, non poteva
essere buon fondamento alla costruzione
di un poema drammatico, massime quando
quelle storie sono di comune conoscenza.
Allo stesso signor Martini parve un simile
fatto non abbastanza ragionalo (piando
nel lungo del poema, alla scena quinta
dell’atto primo, lo fa narrare a Farvaldo
soggiungendo, per renderlo in alcun modo
verosimile, che il re nulla aveva svelalo di
quanto sapea alla consorte, ma che anzi
’l’ulto nascose,
Che P orgoglio e Vmnr d’uomo e di prence
Così videa. Fra le paterne braccia
Senza far motto ci In tornò.
Non sembrami che questi versi bastino
a dar verità ad un fatto che non è conciliabile
colla storia. QueU’onoz’(Vuomo e
di prence che avesse spinto Carlo a commettere
una crudeltà verso sua moglie, lo
avrebbe fatto conoscere per un uomo, non
soltanto orgoglioso, ma insieme cieco e
barbaro ed ingiusto. Il male viene dunque
dal germe*, ed il frutto che ne venne prodotto
non potea che essere conforme. La
mancanza della verità storica genera la mancanza
d interesse, quindi molte altre macchie
tutte di consimile derivazione.
Un* altra pecca capitale che pure pesa
sul concetto deli invenzione è quello di
non aver ben considerato intorno a chi
maggiormente aggiravasi 1 azione, e di aver
rappresentato come una parte secondaria
chi dovea esserne la principale. Siccome
1 inviluppo dei fatti è tutta opera di Farvaldo, il (piale aveva macchinato una
trama nefanda per vendicarsi di un repulso
amóre, cosi egli per natura diviene
il pruno motore dell’azione. Ermengarda,
Carlo e Desiderio non sono che innocenti
strumenti mossi dalle sue diaboliche macchine.
Il fare pertanto di Farvaldo una seconda
parte fu un errore commesso contro
la ragionil’drammatica, che ama vedere
i personaggi nel vero loro punto di luce.
So bene che alcuni demoderni librettisti, i
quali mal si curano di rispettare i parli
cieli altrui ingegnò, tanto meno vogliono
pensare all osservanza delle regole dell arte}
ma i precetti di Aristotile se non sono inviolabili
in alcuna specie di componimenti
ove la grandezza della poesia e la sublimità
del dialogo son tutto, saranno sempre un
pregio che accrescerà verità e naturalezza
alle teatrali produzioni, e chi meno li trascurerà
otterrà sempre il maggiore possibile
effetto.
Oltre tutto ciò non è verisimile che in
quei tempi di tanta comunità tra popolo
e popolo avesse il re de* Franchi ad ignorare,
come si vuol far credere nella scena
undecima dell’atto primo, che Farvaldo
fosse ancora in vita quando questi senza
mentir nome, senza riserbo di maschera
alcuna, figura nella gran corte di Desiderio
tra i duchi longobardi. Poteva egli
essere indifferente Carlo Magno sull’esistenza
di un uomo che viveva patentemente
alla corte di suo suocero dopo avergli involato
una moglie che idolatrava?-Anche questa,
se non in* inganno, è una terza macchia
che pregiudica il concetto dell invenzione.
Le altre mende che sarebbero da osservarsi
intorno alla condotta, son quasi tutte
conseguenze de’mal posti fondamenti. Ogni
— ■■-■^..— 7--— - ===
personaggio infatti si risente non poco della
falsa posizione in cui fu collocato. Carlo
non è il facile piegatore a tutte le debolezze
d’amore, ma un ingrato ripudiatoli
di una donna splendida di ogni virtù e
adorna di ogni bellezza. Non si mostra mai
d* un carattere fermo, ma arrendevole all’opposto
a tutte le avventure che lo circondano-,
ora magnanimo, ora insensibile,•
ora dolce, ora severo } ora amante di gloria, ora noncurante.
Ermengarda è sempre d* un’indole dolce.
ma la sua dolcezza pecca d insipidità:
ella non è mai capace di sventare la calunnia,
nemmeno quando la conosce: pare
che sia indifferente di comparire colpevole-,
ora è donna da chiostro, ora da reggia,
ora è amante di Carlo, ora della tunica
non è mai chiaro quel che si voglia.
Desiderio appare noni valoroso, ma non
sa difendere nè sè stesso, nè sua figlia}
quando più dovria farle schermo è allora
che si accompagna con tutti per abbandonarla.
Verso quella povera Ermengarda
son tutti ingrati, inconseguenti ed
ingiusti.
11 personaggio poi d’Ildegarde è così
poco opportunamente innestalo, e capita
sempre così a mal incontro che sicuramente
avrebbe fatto meglio a non lasciarsi
vedere. E inconcepibile poi come Carlo
si rassegni a tenersela ancora vicina come
consorte dopo che ella si confessa complice
della perfida trama clic perdette per
sempre Ermengarda, Come mai un giusto
principe poteva comportarsi al suo fianco
una donna che aveva discoperto un animo
così nero? - Farvaldo è odioso dal principio
alla fine} ciò che fa, ciò che dice è
una falsila perpetua. Farvaldo porla con
sè tutta la colpa originale del dramma.
- Un allo ferino sembra poi quel voler
dare la morte ad Ermengarda che fanno
i Franchi alla penultima scena dell’alto terzo,
perchè innocuamente assiste fuor della
soglia del tempio alle nuove nozze del
monarca.
Ma parmi aver notato abbastanza di ciò
che guasta drammaticamente il lavoro del
giovane poeta parmigiano. Le altre pecche
che rimangono sono d’assai minore conseguenza.
Son certo ch’egli saprà mostrarsi
più valido anche da questo lato volgendo
la sua mente allo studio de’migliori classici
autori. Egli stesso ha a quest ora compreso
che per ben creare un libro d’opera
non basta essere poeta, ma bisogna saper
ordinar bene gli avvenimenti. Noi speriamo
di vederlo ad una seconda prova.
Egli non tralascierà allora di pensare
alquanto più anche alla musica, la quale,
massime nei finali, ha bisogno di far cantare,
e quindi formerà delle strofe non
degli emistichj. Così farà studio di ommellere
tutte quelle scene inutili, che il
maestro è poi costretto di virgolare-, e avrà
presente che i pezzi voglion essere disposti
con accorgimento, evitando che due
d uguale natura abbiano a succedersi 1 un
dopo l’allro.
Io mi compiaccio intanto d’aver in lui
conosciuto un distinto poeta. Considerate
tutte le angustie che mettono alla tortura
la poesia per musica, a me, come ad altri,
i suoi versi son piaciuti moltissimo. E
certo infatti che in questa parte egli non
ha molti rivali. All’appoggio di quest’asserzione
potrei citare molti tratti del suo
libro, ma me ne trattengo perchè parmi ’
d’essermi anche soverchiamente dilungato.
grande concerto
DATO IN PARIGI IL PRIMO DI NOVEMBRE
all’Accademia ICeale <11 IVIuslca
A BENEFICIO DELLA SOCIETÀ
HEGLI.l/i TISTES-1H US! CIEXS
e diretto dal sig. Habeveck.
Società degli artistes-musiciens ha voluto
organizzare una festa, che fu nel
Tpjattempo stesso l’occasione d’ima riunione
y^dc’suoi primarj membri, un intrapren/rsJÇdimento
lucrativo ed una bella manifes,azi°ne
della sua esistenza. Non avvi
in Parigi un solo locale destinalo alle solennità di
tal falla, c l’esecuzione di opere religiose non puossi
fare neppure nelle chiese, poiché i regolamenti del
clero vietano alle donne di cantarvi, c non è permesso
inoltre di vendere dei biglietti, il prezzo de’ quali
sarebbe d’altronde necessario per coprire le spese
d’ogni genere portate inevitabilmente dall’impiego
delle masse musicali. Era dunque necessario, pcr far
sentire la Creazione, prendere un gran teatro, c disporlo
a sala di concerto. L’Opéra solo era convenevole,
e non si deve ascrivere a colpa degli organizzatori
della festa se una composizione religiosa, che
avrebbe destata l’ammirazione di tutti in un locale
meno eslusivamente consacrato alle produzioni drammatiche
o frivole dell’arte, parve quasi produrre un’impressione
di noja sopra una parte dell’uditorio.
Perì), qualunque sia la cosa, mi pare che un poco
di buona volontà avrebbe bastalo agli abituati dèifi
Opera pcr dimenticarsi in quella sera di Gisella e
della Peri, ed a persuadersi inoltre che un oratorio
non è di sua natura cosa divertente nè una sorgente
di vive emozioni, c che si può bene, almeno una
volta all’anno, consacrare una serata alla contemplazione
di un’opera monumentale, la bellezza della quale
risiede soprattutto nella calma e nella serenità. La maggior
parte dell’assemblea si è mostrala nulladimeno
allenta e rispettosa, benché taluni maligni motteggiatori
abbiano detto rassegnala; ed il più gran numero ha
sentilo quanto vi avesse d’ammirabile in un tentativo
di cui lo scopo e i mezzi erano tanto pieni di elevatezza.
La sala riboccante di persone risplendeva di
quel bello e raro pubblico che trovasi riunito all’Opéra
ogniqualvolta vi si fa della musica. Alle otto ore la
tela era ancora abbassata, e di dietro ad essa si collocava
silenziosamente fi immensa orchestra ed una
parte dei cori. Quando il sipario, alzandosi, permise
di vedere il colossale anfiteatro illuminalo dai fuochi
di mille candele ed occupato fino all’ultimo gradino
dall’é/ùe dei musicisti di Parigi, c potrei anche dire
dell’Europa, gli applausi scoppiarono da ogni parte.
E veramente questo solo colpo d’occhio valeva il prezzo
di entrala. La massa dei violini c delle viole occupava
i gradini inferiori;
in fondo; si aveano
gradini di mezzo, c
pra un piano presso
i bassi erano posli a fianco ed
riunili gl’{strumenti da fiato sui
il coro copiava il proscenio soli
poco orizzontale fino alle prime
Tale disposizione è la sola veramente
buona e che permeile a tutte le parli di farsi
sentire distintamente. E però una cosa dispiacente di
non aver potuto completare il materiale necessario ad
ogni sala di concerto ben costrutta. Si è fabbricato
un teatro bellissimo attorniato di tele, ed invece il
suo ritinto dovea essere formalo di tavolali di abete
come al Conservatorio. Le tele assorbiscono il suono,
in luogo di rimandarlo; pel contrario un ricinto di
legno fa d’una sala di concerto un vero {strumento
di musica d’una sonorità eccellente, senza essere eccessiva.
Le spese di tali costruzioni, spese enormi
per un artista o per una società di fresco fondata,
privarono finora di questo vantaggio le grandi esecuzioni
musicali. Perchè dunque non ancora gli amministratoli
dell" Opéra pensarono di fornirne questo teatro? Furono molle volte spesi più di 60,000 franchi
pcr mettere in scena con pompa delle partizioni mediocri, l’esito delle quali era pcr lo meno incerto;
per 6,000 franchi si avrebbe avuto sulla scena deifi
Opéra un maraviglioso salone di concerto.
Nulladimeno fi effetto dell’esecuzione, di cui mi resta
a parlare, fu eccellente, ma comune c assai lontano
da quello cui si attende sempre il pubblico quando
trattasi d’uno sfoggio tanto considerevole di forze
musicali. Ciò avviene, perchè in una vasta sala come
questa vi è una condizione indispensabile da adempire
per rendere alle vibrazioni la forza ed il colore
che ne costituiscono la potenza: vale a dire che si
dovrebbe ravvicinare davvantaggio pi pubblico al punto
di partenza dei suoni. Le impressioni prodotte dall’orchestra
del Conservatorio, lasciando da parte ben
inteso le qualità ammirabili della sua esecuzione, dipendono
soprattutto da questo che, avuto riguardo
alla piccola estensione del locale, ogni musicista fa
fuoco, per così dire, à bout-portant. 11 suono perde,
a quinto sembra, la maggior parte della sua energia
musicale nel traversare un lungo spazio. In questa
occasione all’Opera si sentivano superiormente bene
o [p. 195 modifica ] - 495 i
violini, mentre i venti contrabbassi non producevano
che un indistinto mormorio; e se uno dei pezzi
o? del programma avesse contenuto qualche passo marcato
o grave confidato a questi islrumenti soli sarebbe
stalo pressoché perduto. D’altronde non basta
sentire, ed anche sentir bene; bisogna, per ottenere
il grande effetto musicale (così raro, che la novanlanovesima
parte degli spettatori che fre«picnlano i nostri
teatri lirici non hanno conosciuto giammai), bisogna,
diceva, che il suono possa produrre direttamente sul
sistema nervoso dell uditore quella commozione nella
quale risiede il principio stesso della sua azione. Ora,
il mezzo che io addito richiederebbe necessariamente
(all’Opera) la soppressione di una parte, dei posti destinati
al pubblico, c questo sarebbe un sacrificio al
quale sarà sempre «Ufficile il rassegnarsi.
L’Oratorio della (’.reazione fu composto nel 1799 da
Haydn sopra un libretto destinalo, dicesi, a llandel. Si
può anche mettere in dubbio che 1 autore del Messia avesse
potuto ornare questo soggetto di melodie così felici
ed abbondanti; in ogni caso, egli non avrebbe prodotta
l’orchestra di Haydn. Quest’arte d’islrumentare,
che ha fallo ancora da venticinque anni cosi
grandi progressi, era pressoché sconosciuta ai tempi
di llandel,%«! i suoi oratori! non perderebbero quasi
niente sc fossero eseguili con un solo accompagnamento
d’Organo. L’orchestra di Haydn, al contrario,
senza essere agitata, agile, terribile e poetica come
l’orchestra moderna, ha però della grazia e della franchezza, sc non una gran forza: essa è tessuta con
un’arte immensa; ogni strumento vi è sobriamente e
convenientemente impiegalo; essa accompagna bene,
sostenendo cd ajulando le voci, senza essere a «piestc
servilmente soggetta, fra le melodie, che si rinvengono
«piasi in ogni pagina di «piesta celebre partizione, molte hanno senza dubbio invecchialo; ma
citò non sarebbe per avventura avvenuto per essere
state mollo imilate e frequentemente riprodotte
da pili di quarant’anni in una moltitudine di produzioni
mediocri di ogni scuola? - L introduzione, il Laos,
è un capo «I opera; vi si trovano delle ardite armonie,
giustificate non solamente dal soggetto, ma ancora
dall’effetto originale ch’esse producono, indipendentemente
da ogni merito di espressione. Il primo coro,
annuneiante la creazione della luce, è ben modulato
pcr condurre una splendida irradiazione del tono di
do maggiore, ma bisogna pur confessare che le, «piatirò
misure d’orchestra, succedenti alle parole» E Dio
disse: Luce si faccia, e si fè luce» sono infinitamente
al dissotlo di «pianto si spera. Si ha trovato
ciò meschino, miserabile, senza immaginazione,
nullo insomma: e mi pare che si abbia avuto ragione ( I ).
Questo sole non è che un fuoco fatuo. Perchè, difatti,
l’autore, che ha testé consacrate molte pagine
alla dipintura «Ielle tenebre, non ha voluto dare alla
luce che sole quattro misure? Se uno dei due soggetti
sembra più attraente dell’altro, in ogni caso non
potrebbe esistervi fra di loro una tale disproporzione
d’interesse. L’aria in la» Al brillar degli al mi riti»
non è forse pur essa abbastanza degna «lei suo soggetto;
d’altronde è scritta troppo bassa per un tenore.
L’autore si rialza ben presto nel coro fugato» Lo
spavento, l’affanno, lo sdegno» di cui le prime misure,
destramente modulate di «piiuta in quinta, di do
minore, in sol minore, indi in re minore, e finalmente
in la minore, arrecano la più felice rientrata
nel tono primitivo di la maggiore, in quella esclamazione
ammirativa» E un nuovo mondo aliarle L’effetto
sempre così felice di questo passo è dovuto
unicamente alla connessione delle modulazioni ed al
passaggio subitaneo «lei forte al piano, non offrendo
niente di rimarchevole nè il riimo, nè la melodia, nè
l’armonia. Ma, che. sia l’imo o l’altro mezzo impiegato
dall’artista per commuovere, citò che monta?
Basta ch’egli commuova; restando, ben inteso, nelle
condizioni dell’arte sua.
Quivi incomincia la parie scabrosa del mio ufficio,
dal lato puerile e debole di questa vasta composizione;
voglio dire dei piccoli ritornelli pretesi imitali vi, frammezzanti
i versi chi; proclamano successivamente le
creazioni della seconda giornata. Non si esigerà da me,
io spero, che faccia quivi una esposizione della mia
teoria sulla musica descrittiva; io mi limiterò solamente
a dire che. Haydn ne lia fatta ima meschina
applicazione. L’arte dei suoni può, senz’alcun dubbio,
esprimere tutto ciò che cade sotto il dominio dei
suoni; essa può ancora, e Rousseau ha avuto grande
ragione di dirlo, esprimere perfettamente il silenzio;
essa potrà meglio ancora ritrarre, col ritmo sonoro,
ciò che nella natura viene dal ritmo mulo. Io non
cito quivi, come si vede, che il lato materiale della
sua azione, senza parlare delle idee e dei sentimenti
ch’ella suscita per mezzo delle rimembranze dirette e
(1) Notisi bene, che di alcune di queste critiche colle
quali il sig. Berlioz attacca il grande lavoro di Haydn noi
non ci assumiamo la menoma responsabilità. Noi non
abbiamo riportato questo articolo se non perchè ne sembrarono
interessanti le osservazioni che il dotto scrittore
fa precedere e susscguitare all’esame critico della
Creazione- La Red.
©
0=^
delle, analogie; voglio dire della musica eco dei rumori
c specchio dei movimenti. Ma oltreché esistono
dei rumori grotteschi che non si potrebbero senza
goffaggine ed anzi inconvenienza riprodurre in un’opera
severa, la musica non può con nessun mezzo dare
un’idea di certi fenomeni naturali, tali quali la formazione
della neve, o quella della rugiada, oppure
il movimento delle nubi leggiere: ora questo è appunto,
che Haydn ha sventuratamente tentato. E quando le
parole gli presentavano degli oggetti suscettibili di una
riproduzione musicale degna e vera, si scorge ancora
E eccessiva debolezza, la piccolezza de’ suoi schizzi
scolorati e la puerilità dei suoi sforzi. I passiseguenli:
Già stridati le furiose procelle
E come paglia al vento
Del del volati le nubi,
Guizzando van le folgori di fuoco,
E spaventoso rogge il tuono intorno;
avrebbero potuto dar luogo a dei bellissimi effetti d’orchestra,
a delle belle idee di ritmo e. d’armonia; Beethoven
lo ha soprabbondanlcmente provato, io credo,
nel suo immortale uragano della Sinfonia pastorale.
Questi versi non hanno suggerito ad Haydn che alcune
misure inutili, insufficienti e (pcr chiamare le
cose col loro nome) ridicole. Era ciò colpa dell’arte o
dell’artista?
L’aria di soprano col coro» Sorpresi a sìgrand’oprelo
è piacevole, ma poco caratterizzata. Quella che. vico
dietro, pcr voce di basso» Rotolando i spumanti marosi» ha mollo più di colore; inoltre, essa è modulata
con quella abilità di cui l’autore ha dato tante prove;
cd il maggiore» Lento il ruscello ameno» d’un effetto
delizioso, d‘un’espressione incantevole, lo chiude che
meglio non si potrebbe, lo passerò rapidamente sopra
un’aria graziosissima» Dell’occhio al diletto» e
sopra la fuga brillante che le tien dietro, per arrivare
al liliale magnifico della prima parte» Palesano i cieli
Le glorie del Signore».
Questo coro si annunzia piuttosto modestamente,
ma l’interesse si viene sviluppando di mano in mano,
s’ingrandisce, ad ogni misura, e la perorazione, in cui
trovasi un basso cromatico ascendente il «piale è rimasto
nuovo perchè non fu troppo sprecato, produce
un effetto irresistibile, affascinante, degno di tutta
l’ammirazione. Gli applausi di lutto il teatro accolsero
questo capolavoro, di cui la sola conclusione potrebbe
essere meno laconica e più distinta. Per fermo Haydn
aveva ancora la testa ed il cuore di un giovane «piando
a sessantanovc anni scrisse «piesto bel finale, e non
meritava punto I’ epiteto irriverente di vccchierella,
che gli applicò un giorno Beethoven in un accesso di
cattivo umore.
La seconda parte si.apre con un’aria deliziosa di
cui il tema superbo c vibrato contrasta felicemente coi
susseguenti sviluppi «li mezzo pieni «li grazia. La frase» E gcmoii d’amorev è ollremodo stupenda. Il terzetto
c il coro che seguono, malgrado delle grandi qualità
di fattura, non contengono de’passi marcali che li distinguano
mollo dagli altri pezzi. E troppo il medesimo
stile, sobrio e sapiente sì, ma sempre, lo stesso ]
siile. E «piesta osservazione mi sembra applicabile, alia
maggior parte delle arie che si trovano ancora in questa
seconda parle. Il maestoso, di tre tempi, contiene,
anche delle frasi veramente volgari e 1" espressione
delle «piali manca di dignità. Nella terza parie lo stile
si rialza, cd i duetti fra Adamo ed Èva respirano una
felicità tranquilla, nella dipintura de la «piale tutto il
talento del maestro non ha però potuto fargli evilare!
un poco d’insipidezza. E duopo rimarcare in «piesta
partizione la riservatezza estrema di Haydn nell’impiego
delle masse vocali, c riconoscere che la mtig- |
giure difficoltà da vincersi, difficoltà ch’egli ha, se,
non intieramente sormontala, almeno schivata con destrezza, consisteva indio scrivere un numero tanto
considcvole d’arie e di «luciti ammirativi senza diventare
assolutamente insopportabile all’uditore assai
tempo prima della fine. In «piai modo puossi evitare
la monotonia ripetendo per tre ore» E hello! è grande!
Dio è possente! il giorno è puro! io sono felice! noi
siamo felici! essi sono felici! l’aura è fresca! i fiori
si schiudono! quai dolci profumi! quai dolci mormorii!
amiamo Dio! amiamo noi! ecc., ecc., ecce. Bisognava,
per resistere, al torpore che un tale soggetto dovea
necessaria intuite produrre sul pensiero del compositore,
ch’egli avesse posseduto, con un cuore semplice,
ed una toccante ingenuità, una speranza senza confini
ed una fede capace di trasportare delle montagne.
L’esecuzione di «piesto venerabile capolavoro fu
degna di «pianto attendevasi da un tal concorso d’artisti,
diretti da un sì abile capo. L’orchestra è al dissopra
di ogni elogio, e la sua attenzione si è tanto
bene sostenuta dal principio alla fine della seduta, che
non si ebbe a notare nessuno di quegli accidenti che,
nelle riunioni di musicisti così numerose, nascono ordinariamente
dalla momentanea distrazione d’alcuno
dei concertanti, c producono delle macchie leggere sulla
nettezza dell’insieine.1 violini si addimostrarono anche
questa volta, e. forse in un modo più splendido che
al Conservatorio, i primi violini d’Europa per la sicurezza
ed unità del metodo, per la giustezza, pcr la
-=©
vi hanno degli uomini i quali, dopo aver
loro amici, abbraccierebbero ancora il
lor capitasse nelle mani. Ciò non vuol
bellezza del suono, per l’energia, per la finezza delle
tinte e per quella incomparabile destrezza che li fa
spegnersi, a proposilo per riprendere in seguito con
una più fiera sicurezza l’impero che nessun alleo istrumento
dell’orchestra pensa a disputar loro. La superiorità
dei nostri giovani violoncelli è parimeli li evidente:
in nessuna parte del mondo si troverebbero
in nessuna parte del mondo si troverebbero
in una sola citta dieiolto violoncellisti come
rumiti
questi componenti la maggiorità nel gruppo dei bassi
riuniti in questo concerto. Vedeansi degli archetti agili
«piando essi doveano correre, morbidi ed espressivi
quando doveano cantari*! Anche, le viole, «piesta preziosa
classe media deH’orchcslra. tanto disprezzala dagli antichi
compositori, c che., per la sua inferiorità, ha troppo
lungamente giustificaio il loro disprezzo, sono in generale, in Parigi, degne di una riabilitazione completa.
1 nostri suonatori di viola sanno oggigiorno realmente
suonare la viola, e pochi anni prima ci sarebbe
stalo facile il vedere, come si vede ancora nella maggior
parte, delle città della Germania c dell’Italia, la
loro turba formarsi di violinisti infermi od inabili, colle
snervati ed indecisi, «die non suonavano in somma
niente meglio la viola del violino. Non bisogna più
eziandio vantar»* tanto la superiorità dei contrabbassisti
stranieri (io lascio da parie quelli di Londra che. non
ho ancora intesi). Essendo finalmente ammessi nelle
nostre orchestre i contrabbassi di «piatirò corde accordati
pcr quarte ed in numero pressoché eguale a quello
dei vecchi islrmnenti di Ire corde accordati per quinte,
ne deriva un incrocio, hiamcnlo di corife vuote tutte
in vantaggio della sonorità; e molli de’nostri artisti,
avendo finalmente scoperto che per ben suonare il
contrabbasso era utile cosa di studiarne il meccanismo,
si sono rassegnali ad esercitarsi, ed acquistarono di
giorno in giorno maggior destrezza sul loro islrumento.
Lo stesso movimento progressivo si fa rimarcare, fra
le diverse famiglie degli strumenti da fiato; in «piasi
tutte, si possono citare Ire o «piatirò virtuosi evidentemente
superiori a quelli che potrebbero opporci i
nostri rivali di Germania e d’Italia (I). I coristi hanno
lasciato mollo a desiderare; i passi di agilità, che s’incontrano
in alcuni brani della (’.reazione, furono resi
in un modo del lutto confuso. In «piesta occasione si
ebbe opportunità di rimarcare di nuovo «pianto i nostri
cori si ino in generale al dissotto delle nostre orchestre,
e. riconoscere i miserabili risultali del vecchio
sistema, ammissibile, soltanto in Balia, e dietro il «piale
si si ostina ad organizzare le masse, delle voci. Tulli
gl’indiviilui che compongono un’orchestra sono, fatte
pochissime eccezioni, veri virtuosi. Scegliete; all’azzardo
un suonatore nel gruppo dei violini e dei violoncelli,
c «pieliti che, voi indicherete potrà al bisogno suonarvi
in modo soddisfacente un concerto di Viotti o di Romberg; i primi di ogni islrumento a fiato sono tulli
artisti di una certa rinomanza, i «piali nei concerti eseguiscono
dei soli. e si fanno applaudire. Provate, invece
di estrarre dalla folla un corista e. di fargli cantare
in pubblico un’aria, sia pur semplicissima, e vedrete,
cosa ne. risulterà. La spiegazioni* dell’anomalia
musicali; di cui io parlo è dunque facile. Le nostre
orchestre sono buone perchè grislnmienlisli sono bene
in possesso dei loro islrumenti; i nostri cori sono
cattivi perchè i cantanti che li compongono non sanno
cantare. Ma, dirassi: se essi fossero abili cantanti, non
resterebbero coristi! Ecco precisamente dove il male
sta riposto, da questo pregiudizio nacque la barbarie,
lo non esigo che un corista sia un Rubini; ma se si
danno dei Ilei cori, ben disegnali, bene scritti, espressivi,
di un tessuto ricco e stretto, da cantare ai coristi,
checché se ne dica o si faccia bisogna assolutamente
ch’ossi sappiano cantare. Non è «pini il luogo
d’indicare i mezzi da prendersi, li; istituzioni da fondarsi
pcr giungervi; ma «picsle. istituzioni c. questi
mezzi esistenti ora in Germania, e. che furono lungamente
la vera gloria delle, scuole romana e veneziana
nei tempi di Balestrimi e di Marcello, non è punto
fuori di ragioni; se ora si desiderano per noi.
Dopo l’oratorio di Haydn, veniva l’ouverture d’Obéron.
Il coro rimase silenzioso, come il pubblico, per
ascoltare con rispetto l’orchestra, sua sovrana, suo
modello, sua maestra. Allora la giovine musica si è
alzata bella, ardente, inspirala; Weber, il poeta, ha
fallo comparire Oberon, il re delle fate; egli diede,
libero corso alla sua passione romaniica, ai suoi bei
sogni d’oro, e giammai mia più sorprendente esecuzione
riprodusse un più raggiante capolavoro. Perciò,
avanti I ultima misura il teatro ha risuonalo d’applausi
che venivano dalle, loggic, dalla platea, dall’anfiteatro,
c di quelle grida di vero entusiasmo che diffìcilmente
vengono strappate; e. l’orchestra, sorridente della sua
potenza, dovette ricominciare la sublime sinfonia. La
serata si è terminata col canto di trionfo di Giuda
Maccabeo, di llandel, «die la platea ha ridomandato
egualmente. Era la continuazione dell’impulso «lato da
Weber. Non altrimenti nelle grandi gioje. subitanee
ed insperate
abbracciali i
portinaio sc
(1) M î
Zo Red. [p. 196 modifica ] — 496 dire
che si disconosca la grandezza semplice di questo
canto maccabeila. La buona birra è buona anche
dopo il vino di Champagne, se si ha gran sete (1 ).
Il Re ha mandato 1,000 franchi per la stia sottoscrizione
a questa bella festa musicale. L’introito è
stato, dicesi, di 12,000 franchi. E. Berlioz.
(1) Noi non conosciamo codesto celebre canto di Giuda
Maccabeo. Certo però che la comparazione ne sembra
ben poco dignitosa. La Ned.
SÀZZETTI110 SETTI1UHAL
— Finalmente sono giunti al Ricordi ì tanto desiderati
tre Cori di Rossini intitolati Fede, Speranza e Carità,
de’(piali già tanto parlarono i fogli musicali di
Parigi, e che verranno pubblicati dal suddetto Editore
nel prossimo dicembre. È (piesto l’unico lavoro del celebre
maestro die vien dato alla luce dopo il suo famoso
Stabat, c certo è cosa che deve interessare non
poco tutti i cultori della bell’arte musicale, che saranno
bramosi di sentire questi nuovi canti deH immorlale Pesarese,
de’quali ora a troppo rari intervalli egli rallegra
ed incanta il mondo.
CARTEGGIO PARTICOLARE
Firenze 15 Novembre 1844.
Lode, c lode sincera a coloro clic ricchi per solo
ornamento di distinte virtù, non temon farne onorevol
mercato a vantaggio dei loro sofferenti fratelli;
lode agli artisti clic allo stesso nobilissimo scopo spendono
il patrimonio loro, vogliam dire la loro abilità.
Nelle calamitose prove coi non ha guari soggiacque Firenze,
può ben essa ascrivere a sorte che si trovasse
tra le sue mura quell’ottimo artista cantore Napoleone
Moriani, cui a buon diitto si pregia di aver dato la
cuna. Non appena ci potè, volonteroso accorse in ajuto
di quei tanti poverelli che nella recente inondazione e
ietto, e casa, e pane avean perso, c per conseguire tale
caritatevole scopo delte pubblico concerto nella sera del
12 del corrente, cui preser gratuita parte, concorrendo
alla bell’opera, la signora Teresa De Giuli, ed i signori
Rinaldìni, Porto, M. Pietro Romani, Font (pianista)
e l’asquiiù (professore di violoncello). Numeroso fu
il concorso, e ricco I introito pecuniario, e (pici distinti
professori riscossero i plausi che eran dovuti alla loro
abilità, alla carità loro. E a doppio ne meritò il Moriani
per essersi di più fatto duce dell’impresa, e per
la nobile generosità con cui si assunse il carico di parte
delle spese che occorsero per la festa onde intiero alla
causa pia restasse l’introito: che se tulle corn ei voleva,
non le sopportò, si fu solo perchè un’augusta persona
di ciò informata non volle consentirlo, sobbarcandosi
essa all’incarico.
Esaurito intanto questo primo musico filantropico tr ttenimenlo,
altri vanno preparandosene con la Cd petizione
e per opera di persone distintissime e per nascita,
e per musicali talenti, e per artistica celebrità. Di questi,
mano a mano che avran luogo, non mancheremo
di far cenno in questi fogli.
NOTÌZIE
— Berlino. Il nuovo teatro reale della Grand’Opera
di questa capitale è lilialmente terminato. Questa sala
e decorata colla più grande magnificenza, e si assicura
che, sotto (piesto rapporto, può ovalizzare coi primi
teatri <1 Italia. Si fanno ogni giorno le prove dell’opera
che Tillustre Meyerbeer ha posto in musica per l’inaugurazione
del nuovo teatro, la quale avrà luogo, come
già si disse, sabato 7 dicembre prossimo. Il libretto di
quest’opera è lavoro del celebre e fecondo poeta drammatico
signor Rellstab, ed è intitolato Das schlesiche
N’eldlager (il Campo slesiann); ha per soggetto una
congiura tramata contro Federico il Grande, al cominciar
della guerra de’Sette Anni, vale a dire durante
la prima guerra slesiana: però il monarca non è introdotto
nel melodramma.
— Il signor Spondili ha lasciato testé Berlino per recarsi
a Dresda, dove S. M. il Re di Sassonia lo invitò
a venir? per dirigere la ripresa della Pestale.
— Ruisselles. Il 27 ottolxe. una deputazione di abitanti
della parrocchia di Santa Maria, composta dal borgomastro
di Si dosso ten-Noode, del curato e del signor
Dewandre, presidente del Consiglio di fabbrica, si
e recata presso le sorelle Milanollo, e loro offerse (lue
magniticlie medaglie d’oro. Su l’una di queste medaglie
leggesi:» A Teresa Milanollo. la parrocchia di S. Maria
riconoscente •. E al rovescio: - Concerto del 23 settembre
1844». Sull’altra: A Maria Milanollo. ere.».
Queste due medaglie sono state gratuitamente eseguite
dal sig. Braemt.
— Monk.o. Moscheles ha qui protratto il suo soggiorno,
e diede il suo primo concerto il 9 corrente.
— Venne qui non ha guari data una festa musicale
dall’Linone Musicale La Nuova Inghilterra e dalla
Società di Canto, in onore di Moscheles, alla qual fe0=
sta intervennero, oltre il festeggiato, molli amici e ammiratori
del grande artista.
— Napoli. La Bischop e Donzelli hanno sostenuto
valentemente I’ Otello al gran Teatro di 8. Carlo.
— Nantes. Questa grande città gode ora di una istituzione
che pressoché tutte le città invidiano a ParigiL’undici
del corrente il sig. Bressler vi doveva aprire
un Conservatorio di musica a guisa di quello di Parigi.
— Parigi. Non appena Prudent aveva dato alla luce
i suoi Studj e la sua Fantasia sulla Aorma, ch’egli
terminava un pezzo interessantissimo, statogli inspirato
dal celebre coro di Giuda Maccabeo, e lo intitolò
Hommage à Handel. L’artista non poteva scegliere un
motivo più acconcio al suo stile largo e pieno di nobiltà: eppcrò la sua ispirazione si è elevala alla sublimità
del soggetto. Possiamo assicurare, dice la France
Musicale, che non fu paranco spinta a tal punto la
potenza e la grandezza degli effetti sul pianoforte.
— Roma. Leggiamo nella Rivista;* Teatro Argentina.
— Sera dei 6 novembre — Terza rappresentazione dei
Due Foscari — Le poche ore trascorse dalle 8 alle 11
della sera del 6 corrente saranno lungamente ricordate
dagli amatori della musica, non che dall’egregio maestro
Giuseppe Verdi, dappoiché se furono esse sorgente pei
primi di straordinari diletti, furono pel secondo un
trionfo così splendido, così solenne da formare una
delle più brillanti epoche della sua vita.
Le eminenti bellezze di questi Foscari, che nella
prima loro comparsa non vennero meritamente apprezzate,
rifulsero nella seconda, e più ancora nella terza,
in tutto il loro splendore, o destarono nel numeroso
uditorio il più grande, il più vivo entusiasmo.
A me sembra che il Verdi abbia voluto più ancora
che nell’Emani scostarsi dalla sua prima maniera per
tornare verso la sorgente dell’affettuoso, dell’appassionato.
Egli volle risalire in quest’Opera allo stile semplice
c puro degli antichi maestri, il che fece a mio avviso
con l’agevolezza propria di un ingegno non comune,
lasciando al volgo degli imitatori il monopolio delle ignobili
contraffazioni, e non volendo sacrificare il fruito
delle sue idee ad una vana popolarità.
In mezzo però a questo cangiamento, a queste riforme,
alla adottata semplicità, il genio del maestro Verdi
si manifesta qui pure in tutta la sua pienezza; che le
sue appassionate e soavi cantilene sono accompagnate
dal lusso tutto orientale delle sue squisite armonie; e
se in un soggetto, ove lutto è commozione e tenore, la
sua fantasia fu rattenuta dall’animaliere il vivace, il lezioso;
s’egli diede al suo lavoro una tinta nobile e grave,
ciò non gl’impedì di renderlo in pari tempo vario,
originale, energico, espressivo. Tutto ciò poi che riguarda
la parte filosofica della scienza, unico segreto che faccia
vivere sempre T eloquenza della musica c d’ogni altra
arte che parla agii affetti; tutto (pici complesso da cui
dipendono essenzialmente il prestigio e il potere della
più mobile, come della più seducente di tutte le arti,
veline in questo pregevole spartito egregiamente trattato.
Quivi la ricchezza e varietà de’ cauti non può esser
maggiore; giammai, cosi nei duelli, come nel terzetto
c nei finali vedasi una pai te eseguire gli stessi molivi,
le slesse cantilene dell’altra; ciascun personaggio ha un
linguaggio a sé, ciascun personaggio esprime in modo
eminentemente drammatico le proprie passioni. Quivi le
melodie non sono a salti, ma procedono innanzi chiare
e spontanee senza trovarsi sopraffalle dall’armonia;
quivi i pezzi (T insiline, come le arie, i duelli hanno
novità, verità, effetto; e nessuna odiosa dissonanza,
nessun crudo fragore viene insieme con essi a ferirvi
T orecchio. Oltre a ciò T egregio Verdi ha lavorato la
sua musica, calcolando magistralmente sulle belle voci
che avea, giovandosene come un pittore si giova dei
colori che ha sulla tavolozza.
Impossibile mi si renderebbe il voler enumerare quante
volte l’illustre compositore venne chiamato su! proscenio
durante e al finir della rappiosculazione nella suindicata
sera, e nella precedente del 5. Dirò solo che dopo
essere sialo evocalo in ciascun pezzo, calato il sipario,
e solo e in unione dei valorosi cantanti e del poeta
Piave, si mostrò almeno per cinque volle in mezzo ai
fragorosi evviva, alle grida di bravo, di fuori, all’ondeggiare
defazzoletti, e fra gli applausi i più strepitosi,
a cui non isdegnarono partecipare le delicate mani delle
gentili signore. Quasi nessuno si mosse dal teatro finche
durarono queste chiamate trionfali, queste festevoli
salutazioni, il cui termine venne imposto dalla discretezza.
anziché dalla sazietà di continuare •.
— Vienna. E qui giunto il giovane pianista Alfredo
Jaell e vi darà dei concerti. - Doveva pure arrivare
giorni sono in (piesla città il rinomato violoncellista
Menter, che pur intende dare dei concerti.
— Strauss ha rinunciato al suo progetto di recarsi a
Breslavia; egli passerà l’inverno a Vienna, e soltanto
in primavera intraprenderà un viaggio per la Germania
e per la Russia.
— Il lo e t l di
sta sala dell’1. R
che ogni anno suol
questo mese ebbe luogo nella vaGavallcrizza
una gran festa musicale
sica dell’Austria. Consisteva questa volta nella rappresentazione
delle Quattro Stagioni. L’esecuzione, cui
presero parte circa ottocento musicanti, è riuscita degna
d’ogni elogio.
— Il 16 del corrente doveva andar in scena la nuova
opera di Prodi /ìing und Maske (L’Anello e la Maschera).
— Il celebre pianista.Moscheles è giunto a Vienna il
14 corrente.
A L T R E C O S E
— Vieuxtcmps è partito per l’Olanda passando per
Brussclles. e ritornerà più tardi a Parigi ove pensa far
eseguire le sue nuove composizioni per poi darle alla
luce.
— Il rinomato violinista e compositore B. Molique
intraprenderà un viaggio artistico per Pcsth e I.cmberg.
— I.izt fu nominato membro onorario del Liceo di
Madrid.
— Il signor Ad. liasse, primo organista a Breslavia,
venne innalzato a direttore di musica di Sua Altezza il
re di Prussia.
- Vuoisi che il re di Prussia abbia ordinato che
tutte le chiese evangeliche del suo regno vengano provviste
di tromboni, per accompagnare ogni domenica una
melodia sacra con questo stromenlo—
Il maestro Lauro Rossi scriverà in primavera un’opera al teatro d’Angennes di Torino. (Pirata)
— Il maestro Verdi, dopo la Giovanna d’arco di
Milano, andrà a Napoli in giugno a porre in iscena un’altra sua opera con poesia del di. signor Cammarano.
Il carnovale 18 4.3-46 scriverà alla Fenice di Venezia.
Egli è stretto da impegni a lutto il 1847. (Pirata)
— Il sig. Adolfo Sax è di ritorno dal suo viaggio a
Londra. I suoi istroinenti ch’egli ha esportati hanno ottenuto
il più bel successo; uno scelto pubblico si affretta
a recarsi ogni sera ai concerti di Gallery Adelaide
per sentirli. Prima della sua partenza, il sig. Sax ha
avuto l’onore d’essere chiamato a Windsor per farvi
sentire codesti suoi nuovi strumenti. S. A. R. il principe
Alberto, noto come compositore, dopo essersi vivamente
congratulalo del di lui talento di fabbricatore e d’islrumentista,
si è degnalo dargli molte commissioni, tanto
per la sua musica particolare, quanto pe’suoi diversi
reggimenti. La famiglia Distili è non ha guari giunta
a Londra, ove prosegue, mercè gTistromcnti del sig. Sax,
il corso de’ suoi trionfi.
— Sua Maestà il re di Prussia ha accettato la dedica
del Concertino di Pruine, Op. 4, ed ha fatto tenere all’artista
un ricco dono per la di lui cooperazione ad un
concerto di corte.
&
NUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI
dell’i. r. stabilimento nazionale privileg.’
di GIOVARMI RICORDI
I DIE ili)
DI FRANCESCO MARIA PIAVE
POSTA IN MUSICA DAL MAESTRO
GIUS- VERDI
zi ridotti per Citili fi con accompagnamento
di Pianoforte dal Maestro Luigi Truzzi.
16798
16799
16801
1680-2
16805
1680116803
16806
16811
16811
16815
16815
Scena e Cavatina, Dal più remolo
esilio, per Ten.
Scena, Coro c Cavatina, Tu al cui
sguardo onnipossente, per S.
Scena e Romanza, O vecchio cor,
che batti, per Bar.
Data della
pubblicazione
Scena e Duello-Finale I, Tu purl2Novemlo
sai, che giudice, per S. e Bar. Ere I 844.
Preludio, Scena c Preghiera, Atto II,
Non maledirmi, o prode, per T.
Scena e Duetto, No, nini morrai,
che i perfidi, per S. e T.
Scena e Terzetto, Nel tuo paterno
amplesso, per S., T. e Bar.
Scena e Quartetto, Ah sì, il tempo,
per S., T-, Bar. c B.
Scena ed Aria, Più non vive!...
T innocente, per S.
Scena e Barcarola, Tace il renio,
è gueta T onda.
Scena ed Aria, A II’ in felice veglio,
per Ten.
Scena cd Aria finale, Questa dunque
è l’iniqua mercede, per Bar.
25 detto
5 Dicembre
Il rimanente a completamento deU’Opcra verrà pubblicato
in seguilo alle epoche fisse clic verranno indicale.
Contemporaneamente ai suddetti pezzi per Canto
verranno pubblicali anche i Pezzi por Pianoforte
Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegialo di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di Gjcvavm Ricouni
Contrada degli Omcnoni N. 1720, e sotto i& portico «Il fianco all’I. II. Teatro alla Scala.
e (pianto
G IOVANNI RICORDI
EDITOHE-PIIOPRIITAIIIO
solo, ridotti dal.Maestro Luigi Tra.
prima le altre riduzioni.