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- 494 o gran principe, a tutti noto siccome ornato delle più belle virtù, grande nel valore, specchiato nella religione, fautore de buoni costumi, ordinato!’ di leggi, e, quel che più importa, d’animo dolce, benefico e caritatevole. Creare quindi una serie di avvenimenti che ripugna colla storia, non poteva essere buon fondamento alla costruzione di un poema drammatico, massime quando quelle storie sono di comune conoscenza. Allo stesso signor Martini parve un simile fatto non abbastanza ragionalo (piando nel lungo del poema, alla scena quinta dell’atto primo, lo fa narrare a Farvaldo soggiungendo, per renderlo in alcun modo verosimile, che il re nulla aveva svelalo di quanto sapea alla consorte, ma che anzi ’l’ulto nascose, Che P orgoglio e Vmnr d’uomo e di prence Così videa. Fra le paterne braccia Senza far motto ci In tornò. Non sembrami che questi versi bastino a dar verità ad un fatto che non è conciliabile colla storia. QueU’onoz’(Vuomo e di prence che avesse spinto Carlo a commettere una crudeltà verso sua moglie, lo avrebbe fatto conoscere per un uomo, non soltanto orgoglioso, ma insieme cieco e barbaro ed ingiusto. Il male viene dunque dal germe*, ed il frutto che ne venne prodotto non potea che essere conforme. La mancanza della verità storica genera la mancanza d interesse, quindi molte altre macchie tutte di consimile derivazione. Un* altra pecca capitale che pure pesa sul concetto deli invenzione è quello di non aver ben considerato intorno a chi maggiormente aggiravasi 1 azione, e di aver rappresentato come una parte secondaria chi dovea esserne la principale. Siccome 1 inviluppo dei fatti è tutta opera di Farvaldo, il (piale aveva macchinato una trama nefanda per vendicarsi di un repulso amóre, cosi egli per natura diviene il pruno motore dell’azione. Ermengarda, Carlo e Desiderio non sono che innocenti strumenti mossi dalle sue diaboliche macchine. Il fare pertanto di Farvaldo una seconda parte fu un errore commesso contro la ragionil’drammatica, che ama vedere i personaggi nel vero loro punto di luce. So bene che alcuni demoderni librettisti, i quali mal si curano di rispettare i parli cieli altrui ingegnò, tanto meno vogliono pensare all osservanza delle regole dell arte} ma i precetti di Aristotile se non sono inviolabili in alcuna specie di componimenti ove la grandezza della poesia e la sublimità del dialogo son tutto, saranno sempre un pregio che accrescerà verità e naturalezza alle teatrali produzioni, e chi meno li trascurerà otterrà sempre il maggiore possibile effetto. Oltre tutto ciò non è verisimile che in quei tempi di tanta comunità tra popolo e popolo avesse il re de* Franchi ad ignorare, come si vuol far credere nella scena undecima dell’atto primo, che Farvaldo fosse ancora in vita quando questi senza mentir nome, senza riserbo di maschera alcuna, figura nella gran corte di Desiderio tra i duchi longobardi. Poteva egli essere indifferente Carlo Magno sull’esistenza di un uomo che viveva patentemente alla corte di suo suocero dopo avergli involato una moglie che idolatrava?-Anche questa, se non in* inganno, è una terza macchia che pregiudica il concetto dell invenzione. Le altre mende che sarebbero da osservarsi intorno alla condotta, son quasi tutte conseguenze de’mal posti fondamenti. Ogni — ■■-■^..— 7--— - === personaggio infatti si risente non poco della falsa posizione in cui fu collocato. Carlo non è il facile piegatore a tutte le debolezze d’amore, ma un ingrato ripudiatoli di una donna splendida di ogni virtù e adorna di ogni bellezza. Non si mostra mai d* un carattere fermo, ma arrendevole all’opposto a tutte le avventure che lo circondano-, ora magnanimo, ora insensibile,• ora dolce, ora severo } ora amante di gloria, ora noncurante. Ermengarda è sempre d* un’indole dolce. ma la sua dolcezza pecca d insipidità: ella non è mai capace di sventare la calunnia, nemmeno quando la conosce: pare che sia indifferente di comparire colpevole-, ora è donna da chiostro, ora da reggia, ora è amante di Carlo, ora della tunica non è mai chiaro quel che si voglia. Desiderio appare noni valoroso, ma non sa difendere nè sè stesso, nè sua figlia} quando più dovria farle schermo è allora che si accompagna con tutti per abbandonarla. Verso quella povera Ermengarda son tutti ingrati, inconseguenti ed ingiusti. 11 personaggio poi d’Ildegarde è così poco opportunamente innestalo, e capita sempre così a mal incontro che sicuramente avrebbe fatto meglio a non lasciarsi vedere. E inconcepibile poi come Carlo si rassegni a tenersela ancora vicina come consorte dopo che ella si confessa complice della perfida trama clic perdette per sempre Ermengarda, Come mai un giusto principe poteva comportarsi al suo fianco una donna che aveva discoperto un animo così nero? - Farvaldo è odioso dal principio alla fine} ciò che fa, ciò che dice è una falsila perpetua. Farvaldo porla con sè tutta la colpa originale del dramma. - Un allo ferino sembra poi quel voler dare la morte ad Ermengarda che fanno i Franchi alla penultima scena dell’alto terzo, perchè innocuamente assiste fuor della soglia del tempio alle nuove nozze del monarca. Ma parmi aver notato abbastanza di ciò che guasta drammaticamente il lavoro del giovane poeta parmigiano. Le altre pecche che rimangono sono d’assai minore conseguenza. Son certo ch’egli saprà mostrarsi più valido anche da questo lato volgendo la sua mente allo studio de’migliori classici autori. Egli stesso ha a quest ora compreso che per ben creare un libro d’opera non basta essere poeta, ma bisogna saper ordinar bene gli avvenimenti. Noi speriamo di vederlo ad una seconda prova. Egli non tralascierà allora di pensare alquanto più anche alla musica, la quale, massime nei finali, ha bisogno di far cantare, e quindi formerà delle strofe non degli emistichj. Così farà studio di ommellere tutte quelle scene inutili, che il maestro è poi costretto di virgolare-, e avrà presente che i pezzi voglion essere disposti con accorgimento, evitando che due d uguale natura abbiano a succedersi 1 un dopo l’allro. Io mi compiaccio intanto d’aver in lui conosciuto un distinto poeta. Considerate tutte le angustie che mettono alla tortura la poesia per musica, a me, come ad altri, i suoi versi son piaciuti moltissimo. E certo infatti che in questa parte egli non ha molti rivali. All’appoggio di quest’asserzione potrei citare molti tratti del suo libro, ma me ne trattengo perchè parmi ’ d’essermi anche soverchiamente dilungato. grande concerto DATO IN PARIGI IL PRIMO DI NOVEMBRE all’Accademia ICeale <11 IVIuslca A BENEFICIO DELLA SOCIETÀ HEGLI.l/i TISTES-1H US! CIEXS e diretto dal sig. Habeveck. Società degli artistes-musiciens ha voluto organizzare una festa, che fu nel Tpjattempo stesso l’occasione d’ima riunione y^dc’suoi primarj membri, un intrapren/rsJÇdimento lucrativo ed una bella manifes,azi°ne della sua esistenza. Non avvi in Parigi un solo locale destinalo alle solennità di tal falla, c l’esecuzione di opere religiose non puossi fare neppure nelle chiese, poiché i regolamenti del clero vietano alle donne di cantarvi, c non è permesso inoltre di vendere dei biglietti, il prezzo de’ quali sarebbe d’altronde necessario per coprire le spese d’ogni genere portate inevitabilmente dall’impiego delle masse musicali. Era dunque necessario, pcr far sentire la Creazione, prendere un gran teatro, c disporlo a sala di concerto. L’Opéra solo era convenevole, e non si deve ascrivere a colpa degli organizzatori della festa se una composizione religiosa, che avrebbe destata l’ammirazione di tutti in un locale meno eslusivamente consacrato alle produzioni drammatiche o frivole dell’arte, parve quasi produrre un’impressione di noja sopra una parte dell’uditorio. Perì), qualunque sia la cosa, mi pare che un poco di buona volontà avrebbe bastalo agli abituati dèifi Opera pcr dimenticarsi in quella sera di Gisella e della Peri, ed a persuadersi inoltre che un oratorio non è di sua natura cosa divertente nè una sorgente di vive emozioni, c che si può bene, almeno una volta all’anno, consacrare una serata alla contemplazione di un’opera monumentale, la bellezza della quale risiede soprattutto nella calma e nella serenità. La maggior parte dell’assemblea si è mostrala nulladimeno allenta e rispettosa, benché taluni maligni motteggiatori abbiano detto rassegnala; ed il più gran numero ha sentilo quanto vi avesse d’ammirabile in un tentativo di cui lo scopo e i mezzi erano tanto pieni di elevatezza. La sala riboccante di persone risplendeva di quel bello e raro pubblico che trovasi riunito all’Opéra ogniqualvolta vi si fa della musica. Alle otto ore la tela era ancora abbassata, e di dietro ad essa si collocava silenziosamente fi immensa orchestra ed una parte dei cori. Quando il sipario, alzandosi, permise di vedere il colossale anfiteatro illuminalo dai fuochi di mille candele ed occupato fino all’ultimo gradino dall’é/ùe dei musicisti di Parigi, c potrei anche dire dell’Europa, gli applausi scoppiarono da ogni parte. E veramente questo solo colpo d’occhio valeva il prezzo di entrala. La massa dei violini c delle viole occupava i gradini inferiori; in fondo; si aveano gradini di mezzo, c pra un piano presso i bassi erano posli a fianco ed riunili gl’{strumenti da fiato sui il coro copiava il proscenio soli poco orizzontale fino alle prime Tale disposizione è la sola veramente buona e che permeile a tutte le parli di farsi sentire distintamente. E però una cosa dispiacente di non aver potuto completare il materiale necessario ad ogni sala di concerto ben costrutta. Si è fabbricato un teatro bellissimo attorniato di tele, ed invece il suo ritinto dovea essere formalo di tavolali di abete come al Conservatorio. Le tele assorbiscono il suono, in luogo di rimandarlo; pel contrario un ricinto di legno fa d’una sala di concerto un vero {strumento di musica d’una sonorità eccellente, senza essere eccessiva. Le spese di tali costruzioni, spese enormi per un artista o per una società di fresco fondata, privarono finora di questo vantaggio le grandi esecuzioni musicali. Perchè dunque non ancora gli amministratoli dell" Opéra pensarono di fornirne questo teatro? Furono molle volte spesi più di 60,000 franchi pcr mettere in scena con pompa delle partizioni mediocri, l’esito delle quali era pcr lo meno incerto; per 6,000 franchi si avrebbe avuto sulla scena deifi Opéra un maraviglioso salone di concerto. Nulladimeno fi effetto dell’esecuzione, di cui mi resta a parlare, fu eccellente, ma comune c assai lontano da quello cui si attende sempre il pubblico quando trattasi d’uno sfoggio tanto considerevole di forze musicali. Ciò avviene, perchè in una vasta sala come questa vi è una condizione indispensabile da adempire per rendere alle vibrazioni la forza ed il colore che ne costituiscono la potenza: vale a dire che si dovrebbe ravvicinare davvantaggio pi pubblico al punto di partenza dei suoni. Le impressioni prodotte dall’orchestra del Conservatorio, lasciando da parte ben inteso le qualità ammirabili della sua esecuzione, dipendono soprattutto da questo che, avuto riguardo alla piccola estensione del locale, ogni musicista fa fuoco, per così dire, à bout-portant. 11 suono perde, a quinto sembra, la maggior parte della sua energia musicale nel traversare un lungo spazio. In questa occasione all’Opera si sentivano superiormente bene o