Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 23

N. 23 - 5 giugno 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 23

DOMENICA
5 Giugno 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


I» QUALE covro E AVUTA Al presente la musica In Italia. }c?-/V^?na delle cagioni per le quali ■ife- le arti spettanti al teatro lirico I&onon progrediscono in Italia nello splendido modo a cui dovrebbe darle diritto il vivacissimo naturale ingegno del suo popolo, è senza dubbio il poco conto in che la musica è avuta tra noi al tempo presente. Parrà questa a primo tratto una bizzarra e impertinente assertiva, ma noi pensiamo che non varrà a cpnfularla il rispondere additando i teatri zeppi di spettatori; i tanti impresarj orgogliosi delle loro ricchezze; le anticamere degli agenti teatrali rigurgitanti di virtuosi che si affollano per essere inscritti nell1 immenso catalogo di quell’esercito artistico melodrammatico che con tanta irrequietudine si agita tra l’uno e l’altro confine del gran stivale; i maestri, i professori di musica d1 ogni genere affaccendati, ecc. Tutti questi fatti indicano veramente che la musica mena un gran rumore nella nostra Italia, e che lo spirito di traffico ha pur trovato il modo di convertire i diversi rami dell’arte in altrettante professioni lucrose, intorno alle quali si dimena irrequieta ed affannosa una turba più presto sospinta dal bisogno di sostentamento che non dal vero amore dei più eletti piaceri dell’arte stessa; ma non provano per nulla che ella sia avuta nell’alto conto in che dovrebbe tenersi, ove pur si volesse poterne degnamente vantare i progressi. Onde procedere coll1 ottimo mezzo dei confronti, cominciamo a gettare uno sguardo ad altri paesi d’Europa, ove non si può pretendere come da noi ad una incontrastata superiorità nella musica, e vediamo un po’ se ivi l’arte di Guido d’Arezzo non si onora molto più, e non con sole vuote ciance e schiamazzi inutili, ma si con sodi studii ed importanti istituzioni. In Inghilterra, ove l’istinto musicale è pressoché nullo ed ove il genio della melodia è sì povera cosa paragonato a quello onde risplende il nome italiano, in Inghilterra si ha l’arte in molto maggior conto. - E ci spieghiamo: Colà i principali giornali scientifici e letterarii escono spesso con assennate e meditate dissertazioni sopra argomenti di dottrina e di estetica musicale; colà i dotti più stimati non isdegnano tal fiata di leggìi gere dinanzi ai corpi accademici de1 lunghi ed elaborali discorsi intorno alla parte storica e filosofica della musica; colà le più accreditate Riviste letterarie non si fanno riguardo di interpolare alle più fine dissertazioni di politica e di scienze, dei lunghi articoli musicali, delle diligenti disquisizioni sul valore delle diverse scuole; e ne ricorda di avere letto tempo fa sulla Quartrely Reviecv^ se non isbagliamo, la più estesa ed ingegnosa disamina del sistema di composizione del nostro Rossini che mai stasi finora dettata intorno al grande compositore; e quello scritto era lavoro di un erudito statista inglese, il quale non aveva sdegnato di dedicare le sue meditazioni ad un tema che sembrerà frivolo solo a coloro che non sono capaci di pensare di quanta efficacia la musica può essere sul civile progresso delle società. Più di un giornale vanta la Gran Brettagna appositamente consecrato agli studii teoretici ed estetici della musica, e l’Hat nio11icori e la Cecilia sono accreditatissimi presso i dotti musicali. Nientemeno che in Inghilterra, vale a dire nel paese che a torto è creduto esclusivamente tutto ligio alle cose di interesse materiale ed economico e noncurante dello splendore che potino riflettere le arti d ornamento, in Inghilterra, dicevamo, a’ tempi del celebre Burney, e crediamo anche al presente, davasi il grado accademico di dottore a chi nella cultura, non solo scientifica ma ben anco storica, filosofica e letteraria della musica, rendevasi benemerito e distinto. Andremmo per le lunghe se qui volessimo annoverare tutte le istituzioni che la sola città di Londra può vantare destinate alla cultura della musica e alla conservazione delle più savie sue tradizioni. Ne basti accennare la Società dC concerti della musica antica, ove le prime celebrità musicali del tempo nostro, e i più dotti conoscitori e studiosi si raccolgono spesso ad udire ed ammirare i capolavori delle vecchie scuole classiche; e la Società filarmonica destinata a far gli onori della musica moderna, e meno severa dell’altra nella redazione de’suoi programmi, ma senza dubbio più generosa di qualunque simile istituzione cìel mondo incivilito nel premiare splendidamente l’ingegno dei più famosi lions musicali che o tosto o tardi ottengono il tanto bramato onore di farvi le loro prove. Passiamo sotto silenzio i molti Istituti Musicali che la Gran Brettagna può vantare, più specialmente fondati allo scopo di favorire lo studio e i progressi della musica nazionale, tra1 quali è famosa la società dei Melodisti ed Armonisti, e l’altra che ogni anno si produce con un’Accademia di genere singolare chiamata Eisteddvood. Nè si creda che a codeste società piglino parte soltanto persone frivole, o filarmonici oziosi e amanti di passatempi; ma i primi lord de’ tre regni, i più insigni personaggi (’) si fanno un pregio di appartenervi, e ben di rado mancano d intervenire alle sedute che si destinano alle deliberazioni riguardanti il buon procedere e il prosperamento delle Società stesse. Se dall lngliilterra ci volgiamo ad osservar la Germania, vediamo, se non più splendidamente, certo con maggior convinzione ■. " i-i e gravita e vero amore onorata di altissimo culto la musica. Ivi il più modesto suonatore d’orchestra, il più umile organista di villaggio arrossirebbero di non sapere mostrarsi versati nella storia della loro musica nazionale, e stiam per dire saprebbero additarvi colle partiture alla mano le bellezze dei capolavori dei loro Bacii, dei loro Haydn, Beethoven, Mozart; e non diciam già le sole bellezze materiali dell’armonia e dei passaggi, ma sì quelle clic veramente alla parte caratteristica filosofica della musica si riferiscono. Chi poi ha letti gli articoli del sig. Wagner dati in questa stessa Gazzetta avrà potuto farsi miglior ragione del modo col quale in Germania è apprezzata e stiam per dire venerata la musica. Dovremmo stendere una lista troppo lunga solo che volessimo dare qui il titolo delle tante e tante opere scentificlie, dissertazioni, memorie accademiche, ec.,riguardanti la musica, nel solo corso di questi ultimi anni pubblicate nella patria degli autori del Don Giovanni, e del Fidelio. Quanto a’ giornali musicali chi non sa che la Gazzetta Musicale di Lipsia, la quale si pubblica da circa ottantanni, gode una fama europea, ed è un vero magazzino di stupende cose intorno a tutù i rami tecnici, estetici e storici della musica, scritte dalle più dotte penne tedesche? In Francia poi è comunemente noto che que1 medesimi fogli, quelle medesime più gravi periodiche pubblicazioni che con tanto impegno e sì vivo fuoco attendono a svolgere gli argomenti politici e sociali più rilevanti, si fanno un onore, anzi un dovere di occupare di tempo in tempo i loro lettori con articoli critici, con discussioni, con analisi musicali, non giti affidate a soarabocchiatori inesperti, ma sì alle più dotte, alle più stimate penne! - Ivi non solo i BerIioz, gli Adam, i Castil-Blaze. i Blanchard, i d’Ortigue; ma e gli Sthendal, i Villoteau, (t) Il Cardinale ili.ìorek è ora il presidente della Società de’Concerti della Musica antica. [p. 102 modifica]i Balanche, i Gueroull, i Delecluze e tanti altri insigni scrittori filosofi e scienziati non credettero nè credono umiliarsi dettando 5 articoli di musica, i quali sono accolti con favore dai primi giornali di Parigi, come a dire il Moniteur, i Débats. il Courrier Français, il Constitutionnel, ecc. All’incontro fra noi italiani, che pur siamo vantati i grandi dittatori della musica, si vede mai sorgere qualche accreditato uomo di lettere, il quale con apposito lavoro prenda ad illustrar l’arte, e col nobile esempio sproni i più pigri a coltivarla con acconci studi letterarii e ad amarla pe’ suoi pregi estetici assai più che pe’ suoi materiali allettamenti? Ci si indichino più di due o tre opere o storiche o letterarie o scentifiche che siansi pubblicate in Italia ai giorni nostri, e le quali possano dirsi veramente degne di essere considerate come monumenti dell’arte! Fra’ letterati e filosofi italiani del passato secolo, celebrati per aver rivolto con frutto le loro dotte speculazioni alla musica, poiché avrete accennato un Martini che in tre grossi volumi in 4.° stese la storia dell’arte musicale presso i greci, un Cesarotti, un Borsa, un Carpani, un Arteaga (il quale può darsi per italiano,perchè, quantunque spagnuolo, scrisse nel nostro idioma le sue molto lodate Eivoluzioni del Teatro Musicale Italiano), un Nicolai, un Perolti, un Bertini e ben pochi altri, i quali per la maggior parte dettarono non più di qualche dissertazione, avete bell’e finito; tra i viventi non trovate più di quattro o cinque nomi che davvero siano degni di alta rinomanza, nè più di quattro o cinque libri meritevoli di fregiare una scelta biblioteca. Nè ci si tronchino le parole in bocca col dirci che tanta erudizione musicale letteraria, estetica e storica poco o nulla conta a quel paese che ebbe, ha ed avrà sempre il primato del genio dell’arte; a quel paese che vanta a centinaia i cantanti, i compositori, i professori di musica d’ogni specie! E che? Perchè la natura fu prodiga a noi italiani del migliore istinto melodico ci crederemo in diritto di disprezzare tutti quegli studi che maggiormente varrebbero a svilupparlo e ad addurlo a quel grado di perfezionamento che solo può renderne degni davvero della fama di cui godiamo, di popolo musicale per eccellenza? Grazie al grande progresso della moderna civiltà, tutte le arti, e non ultima la musica, a"tempi nostri hanno in certo modo contratto l’obbligo di soddisfare alle alte esigenze della generale raffinata cultura. Ora non bastano più i soli diletti ch’esse ponilo procacciare, ma vuoisi che mirino a ben più alto scopo, vuoisi che l’impressione tisica non sia che un mezzo più o meno opportuno e felice di ottenere la impressione morale; vuoisi che non solo al piacere de’ sensi esse adoperino, ma veramente si esige che per mezzo di questi giungano più diritti al cuore e colpiscano lo spirito e parlino all’intelletto. - Ammesso ciò, per quanto riguarda più specialmente la musica, come mai potranno il compositore, il cantante, il poeta melodrammatico toccare l’eccellenza nell’arte loro se mancheranno in tutto, o pel meno in gran parte, del corredo d’istruzione necessaria a farli consapevoli della via battuta dall’arte prima di essi, dei modi usati dai loro antecessori a giugnere ad una data perfezione, dei vari sladj percorsi dall arte stessa e nella loro patria medesima e presso le rivali nazioni? Ed a ciò quale miglior mezzo degli - 102 -. P: ràdica, estetica dei diversi rami dello scibile musicale? Ma dicasi in tutta buona fede: in qual modo sono essi coltivati codesti studii nella nostra Italia? Quanta e quale erudizione letteraria musicale ponno vantare i nostri tanti maestri e professori di musica? E mestieri confessare una verità che ormai troppo spesso ci vien rinfacciata dagli stranieri. 11 culto della musica è tra noi poco più che limitato a un solo ramo pratico, vale a dire alla esecuzione delle sole Opere della giornata (per la maggior porzione deboli e immaturi parti di immature e deboli intelligenze), eseguite a tamburo battente nei nostri teatri, ai quali molto più di un sano e sincero amore dell’arte presiede di solito lo spirito di guadagno e l’aritmetica speculativa. All’infuori di codesto limitato cerchio di melodrammatica firoduzione che altro vi viene trovato sia fra e pareti del dovizioso dilettante, o sotto la splendida soffitta de’fastosi mecenati delle virtù teatrali? Meschine riduzioni per pianoforte di duetti e cavatine; fantasie variate sopra temi volgari tratti da recenti partizioni destinate alla celebrità di sei settimane, indi sepolte nella dimenticanza de’secoli; qualche raccolta di valz e contraddanze, qualche album di canzoncine e poco più. Ma della musica de’ grandi antichi maestri italiani quando si ode mai croma tra noi? Quando è mai che ne si offra un solo di quei grandi capolavori che formano il vero patrimonio dell’arte? Quando è mai che le classiche opere degli Jomelli, dei Pergolese, dei Cimarosa, dei Paesiello, di questi grandi che fondarono la vera gloria della scuola italiana, quando è mai che si traggono dalla dimenticanza in cui giacciono sepolte, per essere date a pascolo di quella brama di pura emozione artistica che da tanto tempo agita indarno il petto de’pochi nostri buoni e colti amatori? Oltre la prima e la più splendida tra le scuole musicali altre ve ne hanno ben degne di fermar l’attenzione di un popolo come il nostro capace di apprezzare il bello e il buono sotto qualunque cielo sia ispirato, e di farne profitto. Vi hanno le scuole tedesca e francese o mista, e queste vanno superbe dei nomi dei Bach, degli Hasse, degli Handel, dei Beethoven, dei Mozart, dei Weber, dei Mayerbeer, dei Gretry, dei Delay rac, dei Mehul, degli Auber, degli Halevy. Orbene: quali e quante composizioni di questi insigni si conoscono in Italia? Quando, da alcun tempo in qua, si odono sulle nostre scene le mirabili ispirazioni di questi rappresentanti del genio musicale straniero W? Nè valga il risponderci che il poco conto in che sono avute tra noi le opere dei compositori or nominati è naturale conseguenza della poco favorevole impressione eli’ esse destarono quasi ogni volta si vollero offrire al nostro pubblico. A questo è facile il replicare: Sapete voi la vera cagione per la quale quei capolavori riprodotti fra noi fallirono per la più parte, dopo aver fatta l’ammirazione di tutti i popoli dotati di civiltà di certo non più elevata della nostra? Le vere cagioni furono l’ignoranza di coloro che, sconsigliatamente e per mero spirito di speculare sulla curiosità della moltitudine, vollero farli eseguire tra noi senza riflettere alla gravità dell’impegno in cui si ponevano; l’ignoranza e la irati) È qui ila farsi onorevole menziono del sig. Lanari, benemerito impresario di Firenze, il quale si provò non infelicemente a render accette agli Italiani alcune delle buone partizioni di compositori stranieri. scuratezza de’ cantanti cui furono affidati e che o non compresero o non vollero darsi la pena d interpretar degnamente il carattere di quelle musiche d ìndole si diversa della nostra; per ultimo.(e qui si gridi pure finché si vuole, ma la è verità innegabile), l’indifferenza e la sbadataggine del pubblico chiamato ad udirle ed o non abbastanza educato o non convenientemente preparato ad apprezzare i Corti concepimenti di que’compositori di indole sì elevata; i quali concepimenti, perchè improntati di fisonomia nuova per la turba de nostri così delti buongustai, e ricchi di idee non corrispondenti allo speciale concetto che in generale si ha tra noi del bello musicale, parvero non degni dell’ammirazione italiana e vennero alla cieca ripudiati, e talvolta anche posposti a tante languide inspirazioni indigene accolte con favore per la semplice ragione che invece di affrontare il volgar gusto dominante, lo blandivano con servile accondiscendenza. Ora, si domanda se tutti questi fatti (e per brevità si tace ora di molti altri della natura stessa che pur si potrebbero aggiungere a sostegno del nostro assunto (J.)) si domanda, dicevamo, se tutti questi fatti sono tali da provare che l’arte musicale sia avuta tra noi nell’alto conto che di essa vien fatto presso le estere nazioni, o se invece non è considerata troppo frivolamente dal pubblico al quale ne sono dedicati i prodotti, e non altrimenti che con gretto spirito di traffico coltivata dalla maggior parte di coloro che avrebbero obbligo di rialzarne l’importanza, dedicandole un nobile culto, e facendola oggetto di studii severi e coscienziosi. E. (t) In altro articolo si accennerò la Irascuranzajalla quale è abbandonata in Italia la musica stromentale, c quanto poco sicno favoriti i compositori di musica da camera, al qual genere tanti nostri maestri saprebbero dedicarsi con felice esito se meglio fossero incoraggiali e premiati. DELLE PRESENTI CONDIZIONI IH I.M [MUSICA. ARTICOLO III. (Vedi i N. 17, 20 e 22 di quest a Gazzetta). Ma ritornando sul nostro proposito deifi incremento, raffrontando la musica alla pittura, bisogna anche aggiungere che se Raffaello e Michelangelo sono i due più grandi genj delle arti del disegno in Italia, fu altresì da alcuno asserito, che l’uno e l’altro non fecero che avvicinarsi agli artefici greci delle migliori olimpiadi; e che lo stesso Michelangelo, posto al paragone di questi, non è che un artista di second’ordine. Apelle, assicurano molti, fu il più gran pittore del mondo. Se noi non abbiamo avuto che i Michelangeli. speriamo che sorga in Italia anche un Apelle; un genio egualmente grande può sperarsi che nasca nella musica; ed allora si renderà palese che non corse dietro una chimera chi si pensò al nostro tempo di migliorarla. L umana natura è troppo feconda per volerla sì presto condannare alla sterilità. 11 gettar l’occhio nell’avvenire, ove non s’argomenti dal passato, è cosa altrettanto incauta quanto fallibile. Il perchè quel veramente maraviglioso intellètto dell’Alighieri, il più grande de’ poeti filosofi, condannò a camminar colla faccia rivolta ir su la schiena chi pretese essere indovino. Mira, ch’ha fatto petto delle spalle: Perchè volle veder troppo davante, Dirietro guarda c fa ritroso calle. (&egwe il féwÿiplemenUt). [p. 103 modifica]Nè l’affaticarsi’ che parecchi degli scrittori fanno in esaltare la musica presente sopra la musica di lutti i secoli, ancorché sia cosa non mancante d’un certo fondo di verità, è una prova abbastanza valida per inferirne che veramente ella sia al punto insormontabile del suo cammino. Chi scorse le istorie è uso a sentir gli scrittori innalzare alla sfera del prodigio le opere e gli artisti de’ loro tempi. Si potrebbe anche dire che l’essere divinizzati viventi è un privilegio quasi unicamente riserbato ai soli cultori della musica, i quali per un singoiar contrapposto con quelli della poesia, mentre questi, destinati a sopravvivere nei secoli, sono in vita il bersaglio della sfortuna, dei dolori e dell’esiglio, essi, cessando di vivere prima di morire, furono e sono sempre i beniamini delle loro età, gli acquistatola dell’oro, degli onori e della felicità. Coloro che più che la mente attesero a dilettare i sensi degli uomini, furono i mignoni favoriti dagli uomini. Non è quindi meraviglia se da Orfeo in poi ai soli fortunati coltivatori del canto furono cosi aperte le porte dell’Eliso come quelle dell’Averne. Le storie son riboccanti delle glorie dei figli di Euterpe, delle lodi loro profuse dai poeti, e degli onori loro prodigati dalle nazioni. Pressoché pojjolari sono i moltissimi esempi che si potrebbero recare dell’antichità. Ma solo discorrendo di qualche moderno basti quello notissimo del Farinelli, che, chiamato in Ispagna per cantare nell’Opera Italiana ivi sostituita alla francese stata introdotta in occasione delle nozze di Carlo 11 colla regina Anna Maria, s’ebbe dal re Filippo Y una pensione di lire ottantamila, fu insignito come cavaliere di S. Giacomo, e tenuto come primo ministro, perchè col suo canto, dice il dotto Lichtenthal, l’avea guarito d’una malattia. Trattando poi dei maestri, benché mille e più mille esempi sarebbe agevole citare, ci sarà bastevole il darne un solo, tolto da queste stesse pagine della Gazzetta, quello di un celebre scrittore di storia che •aria d’un celebre scrittore di musica, elle sue Rivoluzioni del teatro ragionando l’Arteaga di Pergolesi, mentre narra che egli divenne inimitabile per la senqilicità accoppiata alla grandezza del suo stile, per la verità dell’affetto, per la naturalezza e vigore dell’esjaressione, per l’aggiustatezza ed unità del disegno, onde venne meritamente chiamato il Raffaello e il Virgilio della Musica, soggiungendo ch’ei maneggiò con felicità incomparabile i diversi stili de’ quali si fa uso, mostrandosi grave, maestoso, sublime nello Stabat Mater, vivo, impetuoso e tragico nell ’Olimpiade e nell’OrJ’eo. grazioso, vario e piccante, elegante e regolato nella Serva Padrona, giungendo in seguito a parlare dell’inimitabile addio di Megaele e di Aristea, e del bel duetto della Sei va Padrona,, li chiama entrambi modelli di gusto il più peijetto cui possa arrivarsi in codesto genere. Se l’Arteaga vivesse al tenqjo nostro, jier quanta venerazione si debba a quel venerandissimo padre della musica d’Italia, non cancellerebbe egli, o jjer lo meno non modificherebbe quelle espressioni d inarrivabili ta, d’inimitabilità, d’incompàrabilità e d’ogni possibile perfezione di gusto, a cui liu dal suo tempo lo credeva arrivato? In quali teatri d’Europa, dopo i capolavori della moderna scuola, si cantano ancora le opere di Pergolesi? Rossini non ha egli creduto 8 (li fare alcun che di meglio dando mano a creare un nuovo Stabat Mater come prima aveva fatto del Barbiere di Siviglia di Paisiello? E Paisiello prima di Rossini non aveva egli pensato di fare alcun che di meglio riformando l’Olimpiade e la Serva Padrona di Pergolesi? Il costume di esaltare ciò che colpisce i nostri sensi a preferenza di ciò che non si conosce, o solo si conosce per fama, è antico come la stirpe degli uomini, come 1 istinto d’amare ciò che seduce la nostra vista. Quelle cose che molti dicono della nostra età si dicevano, nò in più. nè in meno, a quella di Cimarosa, di Paisiello e di Guglielmi; furono ripetute al tempo di Mozart, al tempo di Paér, al tempo di Mayer, al tempo di Pavesi, di Generali, di Zingarelli: forse saranno ripetute ancora: e nondimeno dopo tutti cotesti Raffaelli, e Michelangeli, e Tiziani, e Leonardi e Coreggi della musica sopravvennero altri ingegni, che il mondo ha reputati prevalenti a quei primi. La vera sublime età della musica può per avventura essere nel passato, ma può probabilmente essere nell’avvenire’, ed ella non sarà nota che a coloro, che questo tempo chiameranno antico. E innegabile che, progredendo viejjpiù sempre, verrà mancando l’originalità delle idee, perciocché tutto quello che esiste è un tanto di meno che può essere creato, e un tanto di jjìù che sussiste a pregiudizio della novità, prima essenza della musica. Ma il ritenere che l’arte abbia già prodotto quanto di bello e di grande può da essa sperarsi, e che migliori opere artisticamente parlando, non possano venir dopo a quelle che già sono famose, è un errore che fu un tempo comune anche a chi scrive queste parole, ma del quale s’è ravveduto poiché ebbe meglio conosciuto il Guglielmo Teli, e gli ultimi spartiti di Mercadante, nei quali, se manca il genio inventore delle immagini melodiche, ed una conveniente sobrietà di mezzi stronientali, v’è tuttavia tanto elemento di bello artistico, e tanto magistero scientifico da far intravedere tutto il massimo sviluppo dell’arte nelle joromesse delfavvenire. Geremia Pitali. BIBLIOGRAFIA. MEMORIA STORICA del signor Biche-Eatouii Ecco un opuscolo d’un genere assai raro in Francia, al quale i musicanti non danno tanta importanza quanta ei ne merita. Io voglio dire d’una memoria sulla musica, testé coronata all’Istituto Istorino di Parigi, della quale è autore il sig. Ricbe-Latour. Questo libercoletto di trentadue pagine o poco jiiù vuole essere apprezzato per l’eccellente spirito filosofico onde si distingue non meno che per 1 eleganza dello stile. La questione proposta, mostruosa di proporzioni al jjar di quelle che formulano le accademie digiune jier lo più nella materia di che si deve trattare, la questione, dico, era concepita in questi termini: Determinare l’ordine di successione, dietro il c/uale i dive/si elementi che costituiscono la moderna musica sono stati introdotti nella composizione; indicare le cause che hanno fatto luogo all’introduzione di (juesti elementi. Siccome appare, non è questa impresa da jjigliare alla leggera. Si_ tratta niente meno che di tracciare un sunto completo della storia della musica. Ma per compendioso che fosse questo sunto, esso addomanderebbe non pertanto laboriose ricercbé, immensa lettura preparatoria, serie e mature considerazioni, e un gran capitale di critica avvedutezza per disvilupjiare e quasi toccar col dito i punti essenziali del soggetto. Cbi mai non si è avventurato fra i tenebrosi labirinti dell’istoria della musica, non potrà riconoscere quanto sia difficile a compiersi un’opera di questo, genere. E quantunque il sig. Riclie-Lat’our non sia il primo (ed egli lo afferma) che abbia portato luce per mezzo a questa fitta oscurità, egli ha però il vanto di avére presentate sotto nuovo e migliore asjietto le discoperte de’ suoi predecessori. Dalla lettura di questa importante memoria si vede che 1 autore si è specialmente prevalso degli eccellenti lavori de’signori Fétis e Botlée de Touhnon, che hanno entrambi molto spinto innanzi l’esplorazione delle antichità musicali, e sono alla testa del movimento istorico in questa parte. A questi due dotti dobbiamo la rettificazione di molti fatti adulterati, e manomessi dalla ignoranza, dalla credulità,e dal falso spirito di critica de’primi storici. La chiarezza che essi hanno latto rifulgere sopra le principali epoche dell’arte, fa che con sicurezza possiamo seguire le successive fasi di questo lungo e penoso inganno. Il sig. Biche-Latour cavando partito da queste cognizioni raccoglie dapprima in succinto e con chiarezza d’idee le trasformazioni capitali della musica de’ Greci, la dottrina di Pitagora falsamente fondata in sul calcolo, e viziosa per ciò, il sistema empirico di Aristossene, conosciuto sotto il nome di temperamento, e le mille sottili e vane sofisticherie assopite oggidì nell’óblio. L’autore parte di colà per riconoscere ragionevolmente nella musica greca il principio eli ei chiama di successività. Poscia entrando nel vasto campo delle rivoluzioni operate dal cristianesimo, egli crede vedere la riabilitazione dello spirito e l’abolizione della materia nella distruzione del ritmo, elemento carnale dell’arte jiagana. Affé, che se questo non è vero, egli è però bene imaginato! La memoria del sig. Biche-Latour è zejipa di sottili osservazioni che dimostrano un bell’ingegno, quantunque di queste sottigliezze egli abusi alcun poco, sino a vedere il simbolo del bene nell’accordo perfetto, e il simbolo del male nelle dissonanze. Questo tiene trojipo del misticismo scolastico del medio-evo. L’autore è stato meglio inspirato e più consentaneo al vero quando ha rilevato ohe il ricomparire e i progressi del ritmo hanno avuto luogo nelle epoche in cui l’eresia e l’incredulità davano forti scosse ai fondamenti dell’unità cristiana. Duoimi che lo sjjazio non mi consenta di seguirlo per attraverso la schiera de sistemi che egli percorre da Sant’Ambrogio sino a Beethoven passando jier San Gregorio, Ilucbald, Guido d’Arezzo, e tutti que’ teorici del medio evo i cui nomi sono conosciuti solamente da pochi dotti; il rinascimento, o più veramente il nascimento della musica moderna, che jjuò datarsi da Palestrina è ottimamente analizzato sino al secol nostro. In somma noi confortiamo grandemente il sig. Biche-Latour a seguire questa via trojqjo trascurata, e così jiiena eli interesse e d utilità. Egli è un gran fatto se alcun artista oggidì se ne dà pensiero. Essi in questa jiarLe sono quasi affatto digiuni; e intanto farebbero le maraviglie che un!ì [p. 104 modifica]pittore, uno scultore od un architetto ignorasse Ustoria della propria arte. Tempo Terrà che gli sludii musicali non saranno aruti per completi senza che F elemento isterico n’abbia fatto parte; ma questo tempo è ancor pur troppo lontano. Maurizio Bourges (G. M. de P.J. ESTETICA. FILOSOFIA DFIiliA MUSICA ARTICOLO III. (Vedi i N. 19 e 22 di questa Gazzetta). XIV. Rivendicata alFarmonia la facoltà di concorrere all’espressione musicale,non sarà inutile indicare il motivo che ha fatto attribuire al ritmo tutta la potenza rappresentativa dell’arte da quei sommi che abbiamo citati. Se mal non ci apponiamo furono essi indotti in quella opinione dalla potenza che ha questo elemento di ravvivare e rallegrare il tòno maggiore, e render cupo e serio il tono minore. E conviene confessare essere questo un forte argomento -, ma a ben riflettervi verremo a sciogliere ogni dubbio e sceverare il vero dalle apparenze. Uno dei segni di cui argomentiamo gli affetti interni di una persona è certamente il modo con cui si move, talmente che la filosofia osservando la relazione delle mosse collo stato morale giunse a cogliere tanti fatti da formare una norma per giudicare dalle medesime persino del carattere. Genere di segni e di giudizi connaturali, e se non così profondamente, pure conosciuti da qualsiasi uomo volgare. Egli è perciò chiaro che quando il muoversi sia talmente pronunciato da servire, a così esprimerci, di parola assoluta, assorbirà qualunque altro raen forte segno di gioja, e l’andar lento soffermandosi di tanto in tanto dimostra 0 infermità o animo assorto in pensieri. Così dal portamento argomentiamo della dignità, dell’alterezza, della bontà, della leggerezza, dell’importanza delle persone. Così le varie età, siccome dotate di forza fisica diversa, e in diverso modo impressionate dagli oggetti esterni e dalle eventualità, hanno movimenti di carattere analogo. La fanciullezza salta e corre, la gioventù ha passi celeri e franchi, la virilità procede gravemente, la vecchiezza a passo lento e incerto. Da tali riflessi possiamo conchiudere che la mestizia del tono minore debb’essere affatto collisa da tutti quei ritmi che ricopiano i moti delle più allegre danze; così come la vivezza del tono maggiore debbe acquistare alcun che di grave e di solenne con un ritmo pesante e lento. Ciò premesso facciamci ad osservare negli spartiti meglio elaborati quei pezzi appunto in cui sembravi contraddizione fra il tono e 1 affetto, epperciò la verità dell’espressione venir tutta dal ritmo. Vedremo la modulazione correggere ben tosto il tono e porlo d’accordo col sentimento: vedremo i punti i più salienti, essere trattati nel tono analogo e la contraddizione non essere che un apparenza che rende più sensibile l’accordo e la verità di quei punti. Nè può essere altrimenti, poiché un ritmo concitato associato a toni costantemente minori e modulati costantemente con armonie analoghe al tono non produce altra espressione che di un’ansia affannata anche nella sestupola che è il più danzante di tutti i ritmi. Il ritmo spiegando un movimento di accenti per lo più uniformi e determinali serve a rappresentare la determinazione di un corso qualunque di azioni o di affetti, in opposizione al recitativo che è 1" immagine dell’azione indeterminala. E siccome nello avvicendarsi delle impressioni e delle idee cresce o diminuisce o si muta l’affetto, così si altera il ritmo; più rapidi o più lenti ne divengono i movimenti. XV. Il ritmo è marcato I.°) dai tempi forti e deboli che rispondono alle sillabe accentuate e senza accento, lunghe o brevi. 2.°) Dalle cadenze sospese o finite che siano, le quali nel giusto fraseggiare si succedono per lò più a intervalli eguali. 5.°) Dal movimento delle parti sì principale che d accompagnamento, e specialmente del basso. 4.°) E finalmente dall’articolazione dei suoni, ossia dal legalo e staccato con cui anche il movimento eguale e piano può produrre l’effetto delle sincopi e dei contrattempi. Sviluppiamo alquanto queste riflessioni. È noto che i tempi musicali si riducono in ultima analisi al binario (o quadernario) in cui il tempo forte è alternato con un tempo debole; ed al ternario in cui ad un tempo accentato succedono sempre due tempi senza accento, e che poi ogni tempo di frazione di battuta è pure divisibile in elementi pari o dispari. Questa divisione non è indifferente all’espressione musicale. Infatti l’alternarsi con perfetta eguaglianza dei tempi forti coi deboli indica forza, insistenza, e quasi irrevocabilità sia che si riferisca al soggetto, sia che appartenga alla potenza che lo impressiona. Così nella Romanza dell’Otello il tempo pari degli accompagnamenti fa fede della profonda mestizia che irrevocabilmente domina l’infelice Desdemona. Così le melodie con cui si regola il passo dei soldati e si eccitano al valore, all’ardore marziale sono piuttosto in ritmo pari che dispari presso tutte le nazioni. Il tempo dispari per l’opposto ne porge l’idea di un passo incerto o mal fermo quando è lento, scherzevole ed anche agitato quando è celere. Epperciò la terzina nell’adagio suona un tal quale turbamento, mentre nell’allegro diviene danzante, e se alcun poco si accelera, e si combina con modulazioni cromatiche prende il carattere del tumulto, dell’accorrere frettoloso. Qualunque sia l’andamento del ritmo basta che siasi una volta determinato perchè provisi un vero urto ogni volta venga a scomporsi quell’ordine. Quindi nasce l’agitazione elei contrattempi, e 1 ansia affannosa, il singhiozzo delle sincopi, le quali (perchè non sono in ultima analisi che un disordine degli accenti musicali oratorio e grammaticale) ogni volta che la modulazione non si aggiri su accordi molto cromàtici e la melodia sia vivace, possono significare il commoversi di una pazza gioja, come si scorge nella musica di ballo di Strauss e Lanner, e nelle polacche. XVI. La convenienza del ritmo coi movimenti addattati all’affetto, è pur quella che deve guidare l’artista compositore nella scelta dei canti e della mossa degli accompagnamenti, e fargli preferire ora il canto spianato, ora le melodie fiorite, ora movimenti d’orchestra quieti, ora tumultuosi, ora frementi, ora suoni prolungati, ora battuti seccamente. Un canto semplice, spianato, e sobria- I mente mosso conviene sempre agli affetti < dolci e soavi profondamente sentiti, e che partecipano della mestizia. j Un canto abbondevole di note non può convenire che agli affetti irrompenti, quali sono il ribollire d’ira subitanea, e la vivissima gioja. A questa però si conviene in particolar modo la leggerezza dei trilli è dei gruppetti; a quella i passi di forza. A questa accompagnamenti leggermente scherzevoli, e modulazioni diatoniche; a quella accompagnamenti agitati e modulazioni cromatiche. Un attento esame esteso a quanti sono i modi che internamente o esternamente accompagnano gli affetti guiderà l’artista nella scelta del ritmo sì della melodia principale che delle secondarie, ma conviene persuadersi, che questo elemento da sè solo non dice abbastanza. Poiché se a giudicare dell’affetto dai segni esterni non al solo muovere della persona, ma a quante sono le alterazioni che ne derivano allo sguardo, ai lineamenti, al tuono della voce, al colore istesso del volto, ci rivolgiamo; uopo è si unisca all’espressione del ritmo quella pure del tono e dell’armonia affìncliè in una sensazione si comprendano tutti quei segni che l’arte può produrre. Così praticò lo stesso Rossini il quale nell’introduzione del Mosè, a cagion di esempio, per esprimere l’abbattimento della corte di Faraone non solo assegnò alle voci ed agli stromenti a fiato un ritmo di lente sincopi, immagine dello stento d’azione e di respiro, non solo dispose nei violini un giro di note eguali che sempre ravvolgesi sulle medesime forme, immagine dei vortici del caliginoso vapore che quasi palpabile l’aere ingombrava e la luce toglieva; ma aggiunse l’espressione del tono minore, e di analoghe modulazioni. E per l’opposto nella brillante sortita di Figaro voi scorgerete che il ritmo danzante del1 allégrissima sestupla, è accoppiato colla vivacità del tono maggiore che non vien punto turbata dalle modulazioni. XVII. Oltre al tono, alla melodia, al1 armonia ed al ritmo conviene tener conto del carattere speciale degli stromenti e voci; poiché uno stesso canto, una armonia stessa, un suono cambiano bene spesso significazione secondo che son resi da un istromento debole o forte, dolce od aspro, da una voce soave od imponente, d’uomo 0 di donna; e per qualunque studio si faccia dall’esecutore per domare il proprio istromento o la voce, non potrà però mai cambiare natura. Che cosa è un’orchestra pel compositore? È una tavolozza che gli fornisce tutti 1 colori, tutte le tinte di cui può abbisognare pel suo quadro, e per dir meglio è un mezzo che ha di far parlare ogni fibra commossa dall’affetto che lo agita. Per ben servirsene conviene eli’ egli sappia quale stromento sia atto a rendere quel suono che dovrebbe dare la fibra, supposto che questa venisse a dar suono, cioè a quale istromento vorrebbe, quando fosse in lui, assomigliare la propria voce onde esprimere la propria commozione al vivo. Conviene afferrare in mezzo allo scorrere fuggevole dei suoni quelle note sparse qua e là che più toccano, determinarne il senso per quanto è possibile, sceverare l’effetto dei diversi elementi, e registrarlo nella memoria, lavoro difficile e lungo ad agevolare al quale soccorreranno i seguenti cenni. (Sarà continuato). M. A. Bouciieron. [p. 105 modifica]VARIETÀ. ISA RISPOSTA DI ROSSI AI. Egli è indubitato che un errore sfuggito dal labbro o dalla penna di persona celebre nellarti o nelle scienze deve essere di ben maggiore danno che non il più majuscolo sproposito di uno di que’scrittori od artisti la cui gracilina fama non esce mai di casa per non prender la tosse. Questa considerazione mi passeggiava pel capo quando ebbi letto nel N.° 17 di questa Gazzetta musicale di Milano che Rossini rispondesse a chi appuntava di non abbastanza giande talento drammatico la Miss Clara Novello: Ciò è vero, ma spero ben anco ch’essa non V avrà giammai:... col loro furore drammatico i cantanti del giorno d’oggi ci danno piacere sei mesi e poi ci straziano le orecchie pel rimanente della loro vita — Io vorrei che questa ( un cotal poco enigmatica ) risposta del gran maestro fosse letta e meditata da molti maestri, e non la si leggesse da nessuno degli artisti cantanti. — Io, unità dell’immenso numero di quelli che ammirano il genio di un Rossini, di colui che sa fare musica che vive sempre gradita, sempre esilarante in mezzo a tante seccanti, annojatrici. rapsodiche musiche, sempre giovine, in mezzo al precoce invecchiare ui neonate armonie, sempre viva frammezzo alle tante che muojono in ancor fresca età, sempre di buon gusto in mezzo al frequente variare de’ gusti del Pubblico; io dirò con rispettosa franchezza a questo onore delr arti italiane che quella sua risposta può arrecare cattive conseguenze all arte da lui tanto illustrala, e che non auguro alla signora Novello il verificarsi la speranza di lui, sì pel bene della brava artista clic pel bene dell1 arte. Pur troppo riboccano le scene di cantanti che io chiamerei volentieri 1Macchine vocalizzanti, e dico macchine perchè i loro movimenti, atteggiamenti, gestire non rivelan certo un1 anima., e l ente che agisce senz’anima è un ente macchina: e dissi vocalizzanti perchè i più de1 canori non s1 impiccian (li consonanti, che vai quanto dire non s’impiccian di farsi intendere. E difficile il pronunziare chiaro in cantando perchè è difficile il pronunziar come si deve le consonanti senza menomare la dolcezza melodica; è difficile la mimica, e come già mi sembra aver dimostrato in questa Gazzetta Musicale (N. 18), è più difficile pel cantante drammatico che non pel comico, ma i più de1 cantanti vincono la difficoltà col più disinvolto spediente, la saltano a pie’ pari, e se fin qui non potevan far altro che guatare di sbieco con faccia arcigna la critica che li chiamava suonatori di gola, canitanti, e via discorrendo, ora rideranno in viso ai giornalisti ed al buon-senso, e canteranno per tutta risposta: Li ha detto Rossini!...Ipse dioriti... ma poveretti!È verissimo che Rossini dovrebbe pensare che gli uomini celebri nel1 arti o nelle scienze devono misurare le loro proposizioni a peso d’avoir poids, perchè i loro errori sono raccolti con avidità da quelli che non sanno vivere che d’errori, loro vitale elemento; ma sappiate o cantanti che l’Orfeo di Pesaro ha spirito superiore,, e caldissimo e sincero amore per quell’arte che in lui dev’essere immedesimata coll’anima se tant’anima traluce nei più de’suoi armonici parti, e Rossini non solo non isdegnerà, ma deve amare che i coll’analizzare la sua risposta, che già a j quest’ora avrete imparata a memoria, io: vi provi che non dovete farne capitale per i difendere le vostre drammatiche pochezze. E troppo vero che Rossini scrisse la mas| sima parte delle sue Opere (direi meglio tutte) su drammi che non si posson leggere senza un senso di sonnolenza, e lo spiegare come abbia potuto inspirarsi a sì belli, sì poetici concetti melo-armonici con que’ drammi, infelici come abbia potuto ingemmarli è quistioue estetica più ardua che non si creda da taluni, e in ultima analisi opinerei esser uno di quegli enimma che non sa sciogliere che il genio: ma, e con lutto questo si vorrà credere che Rossini non risconosca nell’Opera un complesso musico - drammatico? che non sappia che la sua musica teatrale cantata colla sola valenzia di ben educate gole non gli avrebbe fruttato il decimo di quella fama per cui giunse per fino (ed è tutto dire!)a vincere l’invidiade’colleghid’arte? Oh! sarebbe 10 stesso che un bravo avvocato possa ignorare che la migliore delle leggi senza il potere esecutivo è una predica al deserto.-Rossini ispirato dal dramma veramente poetico avrebbe forse rinnovato i decantati portenti musicali delfantichità; Rossinicoll’elettosuo spirito ba dato spirito ai più insipidi versi, ha comunicato una cara, incantevol poesia di suoni ai concetti di poeti affatto brulli di poesia; sì. ma provatevi un po’ a cantare ^Otello, il Guglielmo Teli, la Gazza ladra, 11 Barbiere, il Mosè con tutte le vèneri melo-armoniche, ma senza azione, senza Jorza drammatica, e bellamente vedrete que" capolavori sparger di dolce sonno le teatrali arene: e questo fisico-psicologico esperimento quante volte l’abbiam visto ripetuto ne’ teatri, per virtù di coloro nel cui petto arde tutt’altro fuoco che non il drammatico? — E come dunque dovremo interpretare la risposta del grande artista?... Io crederei dover raccogliere da quella proposizione che Rossini d accordo, col buon senso, disapprovi altamente il! furore drammatico die invade i cinque sesti de’ Librettisti rapsodi che imbrattano la scena, che in mancanza di genio, di vera lena poetica, tentano coprire la poetica loro miseria coi così detti colpi di scena, siano pure colpi fatali allo scopo per cui l’incivilimento moltiplica i teatri e dal teatro spera giovamento; scene d’orrore rubate eli botto da Romanzi del genere satanico, scene degne del terzo girone dello inferno, è pur forza die i Maestri le vestano di una musica schiamazzante, strillante, musica» Dello (limonio cerbero, che ’ntrona «L’anime sì eli’ esser vorrebber sorde! e queste non commoventi, non dilettevoli ma laceranti, affliggenti scene quale arlecchinesca figura farebbero se non venissero declamate, cantate, gridate con furore drammatico!’.... Lo sviluppo di questo tema vorrebbe maggiore spazio che non prestino le colonne del giornale, epperciò conchiuderò col persuadere e la signora Novello e tutti gli altri Artisti che hanno doni di natura e pregi d’arte a non supporre mai che l’autore di Otello sia caduto nel grave errore di condannare la forza, neppure il furore drammatico quando il melo-dramma cui sono dannati a cantare sia melo furente dramma. Piuttosto che cantare colla placidezza di Tirsi amabile le furie di un barone del medio evo econvertirin dormitorj i teatri, rassegnatevi alla triste ma inevitabil conseguenza che Rossini vi pone sott’occhi, perchè n’ha visti troppi esempi, quella di poter dare piacere sei mesi, e dover poi straziare le orecchie fino all’amen di vostra carriera musicale, al quale sfete presto ridotti a forza di cantare col furore voluto dal furore de’Librettisti odierni, cui natura uè arte non diedero in sorte 1* essere Poeti. Nicolò Eustachio Cattaneo. SCHERZI. DIAI.OGO COMICO Tra un Impresario «li Provincia ed un Maestro esordiente. Imp. Mio caro, no» c’è caso: ho preso impcpilo col pubblico, od entro un mese al più tardi voglio pronto 10 spartito. Maes. Ma ciò c impossibile... Un’Opera nuova non si lira giù a doppio: l’ispirazione non si può mica chiama re a suo» di campanello collie i piccoli d’osteria... bisogna aspettarla (piando viene... e un solo mese... per bacco, mi pare!. ■. Imp. Tant e; o accettate o non accettate a questo patto... Mucì. (con amarezza, fra sè) Quattro eterni anni che sto aspettando l’occasione di esordire! (fortej Ebbene, accetto; ma dite amico, il libro almeno sarà già pronto. Imp. Oibò: finora il poeta non ha in ordine che due recitativi del prologo, e il rondò finale della prima donna. Muesl. Ma se non altro l’argomento del dramma sarà già stabilito... Imp. Nient’alTatto. Maes. Ma almeno ch’io sappia se sarà tragico, serio, bullo... Imp. Questo poi io c il poeta lo lasceremo in vostro arbitrio dopo che avrete ricevuto il libretto... Maes. (fra sè, sospirando) A meraviglia! (forte) E dite; come stiamo a cantanti?... Imp. Eccellenti! tutti di primo cartello. A voi, vedete i nomi. (sciorina un a/fisso grande corno un lenzuolo). IIars. (fra sè leggendo) Ah sciagurato me! Imp. La prima donna per verità è un’esordiente, ma di luminose promesse... Il tenore, non ve lo nego, fu fischiato in Ire teatri consecutivi.... Ma i giornali lo hanno portato alle stelle... Il basso, poverino, ba scssantacinque carnevali sulle spalle, non ba mica la voce d’uii toro... e nondimeno nei pezzi concertati... Eppoi, nn sceneggiare, un possesso di palco A Milano, a Torino, a Roma, venti anni fa, gli hanno fatto il ritratto in litografia... dunque vedete... Maes. E come stiamo a cori!... Imp. Uh! buònissimi! fra tenori, bassi c soprani, quattordici gole tanto falle! Vivete sicuro clic grideranno per sessanta. Maes. E l’orchestra! Imp. Una delle prime d’Italia! Dicci violini, due contrabassi... tre grancasse... quattro timballi,sci tromboni... Di questi ultimi sappiate scrvirvenc con garbo nelle melodie e farete grand’effetto. Perchè già, sapete, al tempo presente è di gran voga il colorito slromentale. Dunque vi raccomando robustezza di accompagnamenti, in ispccie alla romanza notturna della prima donna, per la quale, se crcdelc, potrò anche servirvi della banda militare sul palco scenico... Vedete clic non bado a spese io! Sono generoso io c so fare le cose in grande... Non sono mica un impresario idiota io... Ho fatto i miei bravi stridii c me ne intendo di poesia, di filosofia, dì mimica... Oli approposito: il tenore ha un magnifico mi di petto; lo cava con una forza che fa stordire. Dicono clic qualche volta stuona, 11111 le sono sofisticherie de’ pedanti... Eppoi al presente che e di voga Instile declamato farà ottimo eficlto! Quanto alla prima donna badate di attenervi al genere piagnoloso, alle note tremolate; schivate le agilità c i liori del così detto bel canto; la poverina vi servirebbe male, ella è educata al cauto tragico, ed ba degli acutissimi clic toccano proprio 11 cuore; qualche volta, è vero, passano gli orecchi, ma fanno piangere perché imitano a meraviglia i singhiozzi e i gridi di disperazione; c voi sapete che al presente i singhiozzi e i gridi sono la passione del pubblico.... Maes. (sogghignando) Eli capisco che ve ne intendete di estetica musicale. Imp. Ma se ve l’bo detto io! Orsù,alle corte, maestro, sono nelle vostre mani! Maes. Farò il possibile per non essere ammazzato a colpi di panche... Imp. Mi impegno io a farvi far furore... Non dubitate.. fidatevi nella mia esperienza. Conosco io una certa tattica... Maes. Alla buona ora: a rivederci alle prove d’orchestra. Imp. Oh approposito delle prove di orchestra, è ben inteso clic vorrete limitarvi a due sole!... perché i professori bisogna che li paghi ogni sera che suonano, c voi capite bene... Maes.,Capisco benissimo! L’economia... Imp. E la musa di noi altri poveri impresarii.. Maes. Una musa inolio nobile clic fa progredir l’arte alla maniera de’ gamberi. [p. 106 modifica]SCHIZZI NECROLOGIO. — Luigi Maroni, di Varese, uno de’ più valenti fabbricatori d’organi della Lombardia, il degno nipote erede e continuatore di Eugenio Biioldi,distinto artista lodalo dal Ge*vasoni, dal Lichlenthal, dal Fétis, ecc., per aver nc’primi lustri di questo secolo introdotto varie importanti modificazioni nella maniera di costruire gli organi, colpito d’apoplessia nel fiore della sua età, nel giorno di domenica 15 passato prossimo cessò di vivere in Novara. Il Maroni fra noi crasi acquistato grande riputazione tanto per l’importanza, solidità e quantità de’suoi istromenti quanto per la qualità de’ suoni, e per la varietà e prontezza del meccanismo. Egli veniva in ispecic ricercato sul Novarese, ove si può dire che quasi tutti i migliori organi a lui appartenessero, ed in Milano ove esistono alcuni istromenti che provano la rara valentia di lui;e per non dir di altri, basti il nominare quello da poco tempo rinnovato nella nostra chiesa di Santa Maria del Carmine, nel quale trovatisi ingegnose nuove applicazioni meccaniche. In esso organo il Maroni per la prima volta ebbe ad introdurre un registro, che dà i suoni imitanti la lisarmonica del più delicato ed insinuante effetto. — Elleviou. I giornali di Parigi hanno annunziato la morte di Giovanni Elleviou, Cavaliere della Legion d’onore c rinomato attoredelf Opera comica. Eglinacquca Rennes il giugno 1769. Invece di applicarsi allo studio della chirurgia, come era desiderio di suo padre, il primo aprile 1790, oscuramente esordi alla Commedia italiana in una parte di basso. Ben tosto mercè un assiduo travaglio per sviluppare i suoni acuti, la sua voce cangiò di carattere, perdette l’una dopo l’altra le note più gravi e da basso si trasformò in tenore. Cantante pieno di gusto, di espressione, di agilità e d’intelligenza, attore notevole per nobiltà c sensibilità c dotato di ogni più eletta dote dalla natura egli contrastò al celebre Marlin il primato nella pubblica opinione e qualche volta n’ebbe maggior fortuna. Gretry nelle sue Memorie tributò encomjad Elleviou. Molti nuovi spartiti vennero per lui composti e tra gli altri il Giuseppe capolavoro di MchuL ed il Gianni dì Parigi, opera europea di Boieldieu. Gli assegni di Elleviou ottenuti negli ultimi anni della sua carriera drammatica s’innalzano a 84,000 franchi. Ciò non pertanto le sue pretese si aumentarono col successo ed a tal punto giunsero che nel 1812 per un anno ebbe a domandare 120,000 franchi. Napoleone proibì che gli si accordasse una sì esagerata paga; ed Ellevieu, già fatto ricco mercé i suoi avanzi e con un matrimonio assai vantaggioso, approfittò di quella circostanza per abbandonare la scena, e per ritirarsi nella sua terra di Roncicrcsnel dipartimento del Rodano, nel quale divenne membro del consiglio generale, ed ove le sue belle qualità gli meritarono la stima di tutti. Repentinamente morì a Parigi il 6 corronte nel discendere da una scala. RETTIFICAZIONE. Veniamo pregati dal maestro Balbi di Padova a volere inserire la seguente sua nota. «Nella lettera del sig. Fétis intorno allo stato presente della musica in Italia, data nei N. 18 e 19 di questa Gazzetta, si legge il seguente pcriudo: «A Padova, nella chiesa di Sant’Antonio v’è perpetuo silenzio, quantunque vi sia un maestro di Cappella e quattro organi nel Coro». A questo noi rispondiamo. «11 signor Fétis è forse passato per Padova a volo, o nel più fitto della notte per non aver potuto nemmeno procurarii una esatta cognizione di ciò che si ha in quella Basilica!... Bastava soltanto che si degnasse, se non voleva direttamente esser informato su tale argomento, o leggendo quanto fu scritto su quell’augusto Tempio o discorrendola con quelli che ne hanno cura, di parlare alcun poco in proposito, col più basso custode della prelodata Basilica, col più incalcolabile servo di Piazza, co! passaggero perfino che s’incontra per via, ed avrebbe, su tal conto, avute tali informazioni, da consigliarlo a quel silenzio che egli in vece, male a proposito rimarcò nella prefata sua lettera. Non parli adunque di ciò che pienamente ignora, o lo si potrà accusare di menzogna, o per Io meno di capriccio. Sappia a suo lume, il sig. Fétis che appunto nella summenzionata Basilica, vi è una Cappella fornita di maestro, cantanti, due organi d’accompagnamento ed orchestra completa, che tutto questo Corpo Filarmonico giusta il Capitolano, deve fino da qualche secolo, prestarsi ad oltre 420 annue Funzioni fra le quali ne abbiamo circa 20 di grande Concerto; che senza un corredo di valenti maestri ed esecutori questa Cappella non avrebbe certamente acquistata quella rinomanza e celebrità, che Io stesso sig. Fétis non ha potuto nè negare, nè oscurare allorché ci spacciò la sua erronea asserzione. «> Sia dunque più cauto il sig. Fétis nel dire ciò che è, per assicurarsi sempre più quella stima generale, che per lo suo sapere ed amore all’arte seppe meritamente acquistarsi». 31. Balbi. • II grande Ifàndel, il primo compositore di fuga, di«mostrò innegabilmente coi suoi capolavori pratici, che «la fuga può e deve essere chiara; a lui era riserbato «il patetico (pathos), e non conosco nessuno che gli» sia eguale a tale riguardo. So già anticipatamente di «offendere con ciò i ciechi adoratori dei grande Se«bastiano Bach. Le fughe di Bach sono lavorate «con grande artificio, sotto molteplici forme; ol° trechè essendo i suoi temi talora bizzarri, egli mostra «nell’elaborazione di essi il primo ingegno sulla terra, «un ingegno veramente invincibile. Gli artifici contrap«puntistici di Sebastiano Bach sono così fecondi che «niun maestro lo eguaglia; sono modelli, che non si «possono ammirare bastantemente, e presentano anda«menti mai immaginati da alcuno. I suoi contrasoa:getti • sono originali, e a chi giammai sarebbero venuti in «testa?.. Ma! hanno bensì un aspetto bellissimo e sim«metrico sulla carta; e il linguaggio, è egli rotondato? «non vi sono de’ passi ineguali ed aspri, e relazioni non - armoniche, che spregiudicano ogni regolata cadenza? «Vi sono alle volte delle inconseguenze che offendono <«le orecchie, per cui il loro effetto è più sorpendente, «più artificioso che conforme all’arte; si stupisce, e si «dimentica la regola, consistere la grande arte di cc• lare l’arte. Quindi preferisco le fughe chiare, sem«plici di Hiindcl in rispetto rcttorico, logico ed esle«tico. Raccomando però (avuto riguardo alla scelta) agli • allievi la fecondità di Bach. Vi sono molti materiali, • e Hàndel avrebbe fatto sèi fughe con una sola di «Bach, e con una sola di esse avrebbe acquistato mag• gior applauso». (Ab. Vogler Sistema per la costruzione della Fuga, pag. 2 4 seg. ) NOTIZIE Y ARIE. — - Parigi. II teatro alemanno per insufficienza di uditorio ha dovuto sospendere il corso delle promesse rappresentazioni. Ottanta persone addette alla compagnia da prima diretta ed ora abbandonata da Sehumann, si trovarono senza risorsa e quasi senza asilo. Onde procurare ad esse i mezzi di ritornare al loro paese il 24 maggio si diede una rappresentazione col Fidelio e con due atti del Nachtlager von Granada. — Londra. Thalberg ha dato il primo concerto. L’incomparabile suo studio in la venne replicato, e la grande sua fantasia sulla Semiramide eccitò la più viva ammirazione. Dicesi che il sommo pianista abbia fatto un contratto con Beai per tutto il tempo che passerà in Inghilterra. — Francoforte sul Reno. Da novecento parti fra dilettanti ed artisti si eseguì la Creazione di Haydn a benefizio degli incendiati di Amburgo. L’effetto della meravigliosa musica fu tanto grande che si decise di eseguirla un’altra volta. Anche Berlino, Praga, Lipsia e varie altre città della Germania hanno già annunziato delle accademie per uno stesso benefico scopo. — Le Mans. Il Festival di musica religiosa per l’inaugurazione della nuova sala cominciò colla marcia funebre di Bccthowcn, a cui tenne dietro lo Stabat di Rossini nel quale piacquero a preferenza l’aria del tenore, egregiamente eseguita da Dupont; I’ fnflammatus, ed il duetto delle due donne. Pare che prima del prossimo autunno la partitura di questo tanto decantato lavoro rossiniano sarà finalmente fatta di pubblica ragione: è ormai tempo. — Amburgo. Venne riaperto il teatro con un trattenimento musicale drammatico che produsse grande introito il quale era destinato per sovvenire agli urgenti bisogni degli infelici che nella fatai disgrazia da cui fu colpita questa città, perdettero ogni loro avere. — Fra le cose lasciate dal defunto Immcrmann a Dusseldorf trovossi un flauto di Federico il grande; il Re l’aveva regalato nel giugno del d‘773, al sig. Quanz, suo maestro di flauto, poco prima della di lui morte, come rilevasi da un biglietto attaccato al flauto, scritto di mano propria da Federico. Il sig. Schladcnberg, possidente di quei contorni Io comperò per 1! 54 fiorini renani. — L’Antigone, tragedia di Sofocle con cori composti dal sig. Mendelssohn.è stata rappresentata il 43 aprile per la primavoltaal teatro reale di Berlino. La corte tutta è stata presente; e l’impressione prodotta è stata grandissima. La musica del sig. Mendclssohn venne generalmente ammirata. Si è ripetuta l’Antigone il l i e 15 aprile. Madama Crelinger, la prima tragica della Germania, nella parte d’Antigone del pari che il sig. Rolt in quella di Creonte sono stati eccellenti. Il coro dei vecchi era composto de’ nostri primarii cantanti, dei signori Bader, Bcettichcr, Mantuis, c Sicher. NUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL I. 11. STABILIMENTO NAZIONALE PBIYILEG. Di GIOVANNI RICORDI. auuraunMiie ver JFlnuto e JPin»*oforte SOPRA MOTIVI DELLOPERA LA FAVORITA del M.° Cav. Domizetti composto: P- TONASSI Fr. 5. QUATTRO MELODIE SACRE DI SCHUBERT trascritte sier il Pianoforte solo TRATTATO m dimmiprœi) mum Seconda edizione Fr. 3. REVUE THÉÂTRALE fantaisies i:i;i:(;Aii:»i liait r ileujr l’itile» Op. 15. N. 10 et -H. Deux Fantaisies sur la Favorite de Donizelti.» <12 et 13. Deux Fantaisies sur la Saffo de Pacini. Cadauna Fr. C. IL SOGNO MELODIA»1 IHEKCADAXTE trailotta JM*»’ il Pianoforte Op. 58. - Fr. 2. 25. Imiiratniil a iter JPinnoforte PIO DUSSES CXAHCHETTISI Fr. 50. m mmm mm trnseritte iter il JPinnoforte Divise in quattro iaseieoli a» SESTETTO DI BRAVURA Iter tlne Violini, Otte Viole Violoncello e Passo LUIGI ARDITI Fr. 14. l#er Fiofitto e JPinnoforte CONCERTANTI SOPRA MOTIVI DELL’OPERA SAFFO di Pacini composte di yawtrvt eiOVAUm BICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. SS. Staììilimemto ^’azionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria. e Tipografia musicale dì ftI@ü’AATJVI BICORDI. Contrada degli Omenoni iV, 1720.