i Balanche, i Gueroull, i Delecluze e tanti
altri insigni scrittori filosofi e scienziati non
credettero nè credono umiliarsi dettando
5 articoli di musica, i quali sono accolti con
favore dai primi giornali di Parigi, come
a dire il Moniteur, i Débats. il Courrier
Français, il Constitutionnel, ecc.
All’incontro fra noi italiani, che pur siamo
vantati i grandi dittatori della musica, si
vede mai sorgere qualche accreditato uomo
di lettere, il quale con apposito lavoro
prenda ad illustrar l’arte, e col nobile esempio
sproni i più pigri a coltivarla con acconci
studi letterarii e ad amarla pe’ suoi
pregi estetici assai più che pe’ suoi materiali
allettamenti? Ci si indichino più di
due o tre opere o storiche o letterarie o
scentifiche che siansi pubblicate in Italia ai
giorni nostri, e le quali possano dirsi veramente
degne di essere considerate come
monumenti dell’arte! Fra’ letterati e filosofi
italiani del passato secolo, celebrati per aver
rivolto con frutto le loro dotte speculazioni
alla musica, poiché avrete accennato un Martini
che in tre grossi volumi in 4.° stese
la storia dell’arte musicale presso i greci,
un Cesarotti, un Borsa, un Carpani, un Arteaga
(il quale può darsi per italiano,perchè,
quantunque spagnuolo, scrisse nel nostro
idioma le sue molto lodate Eivoluzioni del
Teatro Musicale Italiano), un Nicolai, un
Perolti, un Bertini e ben pochi altri, i
quali per la maggior parte dettarono non
più di qualche dissertazione, avete bell’e
finito; tra i viventi non trovate più di quattro
o cinque nomi che davvero siano degni
di alta rinomanza, nè più di quattro o
cinque libri meritevoli di fregiare una scelta
biblioteca.
Nè ci si tronchino le parole in bocca
col dirci che tanta erudizione musicale letteraria,
estetica e storica poco o nulla conta
a quel paese che ebbe, ha ed avrà sempre
il primato del genio dell’arte; a quel paese
che vanta a centinaia i cantanti, i compositori,
i professori di musica d’ogni specie!
E che? Perchè la natura fu prodiga a
noi italiani del migliore istinto melodico ci
crederemo in diritto di disprezzare tutti quegli
studi che maggiormente varrebbero a
svilupparlo e ad addurlo a quel grado di
perfezionamento che solo può renderne degni
davvero della fama di cui godiamo, di
popolo musicale per eccellenza?
Grazie al grande progresso della moderna
civiltà, tutte le arti, e non ultima la
musica, a"tempi nostri hanno in certo modo
contratto l’obbligo di soddisfare alle alte
esigenze della generale raffinata cultura. Ora
non bastano più i soli diletti ch’esse ponilo
procacciare, ma vuoisi che mirino a ben
più alto scopo, vuoisi che l’impressione
tisica non sia che un mezzo più o meno
opportuno e felice di ottenere la impressione
morale; vuoisi che non solo al piacere
de’ sensi esse adoperino, ma veramente
si esige che per mezzo di questi
giungano più diritti al cuore e colpiscano
lo spirito e parlino all’intelletto. - Ammesso
ciò, per quanto riguarda più specialmente
la musica, come mai potranno il compositore,
il cantante, il poeta melodrammatico
toccare l’eccellenza nell’arte loro se
mancheranno in tutto, o pel meno in gran
parte, del corredo d’istruzione necessaria a
farli consapevoli della via battuta dall’arte
prima di essi, dei modi usati dai loro antecessori
a giugnere ad una data perfezione,
dei vari sladj percorsi dall arte stessa e nella
loro patria medesima e presso le rivali nazioni?
Ed a ciò quale miglior mezzo degli
- 102
-. P: ràdica, estetica dei diversi rami dello scibile
musicale? Ma dicasi in tutta buona
fede: in qual modo sono essi coltivati codesti
studii nella nostra Italia? Quanta e
quale erudizione letteraria musicale ponno
vantare i nostri tanti maestri e professori
di musica? E mestieri confessare una verità
che ormai troppo spesso ci vien rinfacciata
dagli stranieri. 11 culto della musica
è tra noi poco più che limitato a un
solo ramo pratico, vale a dire alla esecuzione
delle sole Opere della giornata (per
la maggior porzione deboli e immaturi parti
di immature e deboli intelligenze), eseguite
a tamburo battente nei nostri teatri, ai
quali molto più di un sano e sincero amore
dell’arte presiede di solito lo spirito di guadagno
e l’aritmetica speculativa. All’infuori
di codesto limitato cerchio di melodrammatica
firoduzione che altro vi viene trovato sia fra
e pareti del dovizioso dilettante, o sotto la
splendida soffitta de’fastosi mecenati delle
virtù teatrali? Meschine riduzioni per pianoforte
di duetti e cavatine; fantasie variate sopra
temi volgari tratti da recenti partizioni
destinate alla celebrità di sei settimane, indi
sepolte nella dimenticanza de’secoli; qualche
raccolta di valz e contraddanze, qualche
album di canzoncine e poco più. Ma
della musica de’ grandi antichi maestri italiani
quando si ode mai croma tra noi?
Quando è mai che ne si offra un solo di quei
grandi capolavori che formano il vero patrimonio
dell’arte? Quando è mai che le
classiche opere degli Jomelli, dei Pergolese,
dei Cimarosa, dei Paesiello, di questi grandi
che fondarono la vera gloria della scuola
italiana, quando è mai che si traggono dalla
dimenticanza in cui giacciono sepolte, per
essere date a pascolo di quella brama di
pura emozione artistica che da tanto tempo
agita indarno il petto de’pochi nostri buoni
e colti amatori? Oltre la prima e la più
splendida tra le scuole musicali altre ve ne
hanno ben degne di fermar l’attenzione di un
popolo come il nostro capace di apprezzare il
bello e il buono sotto qualunque cielo sia ispirato,
e di farne profitto. Vi hanno le scuole
tedesca e francese o mista, e queste vanno
superbe dei nomi dei Bach, degli Hasse,
degli Handel, dei Beethoven, dei Mozart,
dei Weber, dei Mayerbeer, dei Gretry, dei
Delay rac, dei Mehul, degli Auber, degli Halevy.
Orbene: quali e quante composizioni
di questi insigni si conoscono in Italia?
Quando, da alcun tempo in qua, si odono
sulle nostre scene le mirabili ispirazioni di
questi rappresentanti del genio musicale
straniero W? Nè valga il risponderci che il
poco conto in che sono avute tra noi le
opere dei compositori or nominati è naturale
conseguenza della poco favorevole
impressione eli’ esse destarono quasi ogni
volta si vollero offrire al nostro pubblico.
A questo è facile il replicare: Sapete voi
la vera cagione per la quale quei capolavori
riprodotti fra noi fallirono per la più
parte, dopo aver fatta l’ammirazione di
tutti i popoli dotati di civiltà di certo non
più elevata della nostra?
Le vere cagioni furono l’ignoranza di
coloro che, sconsigliatamente e per mero
spirito di speculare sulla curiosità della
moltitudine, vollero farli eseguire tra noi
senza riflettere alla gravità dell’impegno
in cui si ponevano; l’ignoranza e la irati)
È qui ila farsi onorevole menziono del sig. Lanari,
benemerito impresario di Firenze, il quale si provò non
infelicemente a render accette agli Italiani alcune delle
buone partizioni di compositori stranieri.
scuratezza de’ cantanti cui furono affidati
e che o non compresero o non vollero
darsi la pena d interpretar degnamente il
carattere di quelle musiche d ìndole si diversa
della nostra; per ultimo.(e qui si
gridi pure finché si vuole, ma la è verità
innegabile), l’indifferenza e la sbadataggine
del pubblico chiamato ad udirle ed o non
abbastanza educato o non convenientemente
preparato ad apprezzare i Corti concepimenti
di que’compositori di indole sì
elevata; i quali concepimenti, perchè improntati
di fisonomia nuova per la turba
de nostri così delti buongustai, e ricchi
di idee non corrispondenti allo speciale
concetto che in generale si ha tra noi del
bello musicale, parvero non degni dell’ammirazione
italiana e vennero alla cieca ripudiati,
e talvolta anche posposti a tante
languide inspirazioni indigene accolte con
favore per la semplice ragione che invece
di affrontare il volgar gusto dominante, lo
blandivano con servile accondiscendenza.
Ora, si domanda se tutti questi fatti
(e per brevità si tace ora di molti altri
della natura stessa che pur si potrebbero aggiungere
a sostegno del nostro assunto (J.))
si domanda, dicevamo, se tutti questi fatti
sono tali da provare che l’arte musicale sia
avuta tra noi nell’alto conto che di essa
vien fatto presso le estere nazioni, o se
invece non è considerata troppo frivolamente
dal pubblico al quale ne sono dedicati
i prodotti, e non altrimenti che con
gretto spirito di traffico coltivata dalla maggior
parte di coloro che avrebbero obbligo
di rialzarne l’importanza, dedicandole un
nobile culto, e facendola oggetto di studii
severi e coscienziosi. E.
(t) In altro articolo si accennerò la Irascuranzajalla quale
è abbandonata in Italia la musica stromentale, c quanto
poco sicno favoriti i compositori di musica da camera, al
qual genere tanti nostri maestri saprebbero dedicarsi con
felice esito se meglio fossero incoraggiali e premiati.
DELLE PRESENTI CONDIZIONI
IH I.M [MUSICA.
ARTICOLO III.
(Vedi i N. 17, 20 e 22 di quest a Gazzetta).
Ma ritornando sul nostro proposito deifi
incremento, raffrontando la musica alla
pittura, bisogna anche aggiungere che se
Raffaello e Michelangelo sono i due più
grandi genj delle arti del disegno in Italia,
fu altresì da alcuno asserito, che l’uno e
l’altro non fecero che avvicinarsi agli artefici
greci delle migliori olimpiadi; e che
lo stesso Michelangelo, posto al paragone
di questi, non è che un artista di second’ordine.
Apelle, assicurano molti, fu il
più gran pittore del mondo. Se noi non
abbiamo avuto che i Michelangeli. speriamo
che sorga in Italia anche un Apelle;
un genio egualmente grande può sperarsi
che nasca nella musica; ed allora si renderà
palese che non corse dietro una chimera
chi si pensò al nostro tempo di migliorarla.
L umana natura è troppo feconda
per volerla sì presto condannare alla sterilità.
11 gettar l’occhio nell’avvenire, ove
non s’argomenti dal passato, è cosa altrettanto
incauta quanto fallibile. Il perchè quel
veramente maraviglioso intellètto dell’Alighieri,
il più grande de’ poeti filosofi, condannò
a camminar colla faccia rivolta ir
su la schiena chi pretese essere indovino.
Mira, ch’ha fatto petto delle spalle:
Perchè volle veder troppo davante,
Dirietro guarda c fa ritroso calle.
(&egwe il féwÿiplemenUt).