Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 22
Questo testo è incompleto. |
◄ | N. 21 | N. 23 | ► |
GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 22 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
perfettamente il giusto e vero carattere ilei
suoni, ove la modulazione esca dai limiti
delle più semplici melodie, riesce difficile
anche ai dotati di squisito sentire se non
soccorra l’armonia alla memoria. Avvegnaché
i suoni ricordati sono facili a cancellarsi
urtati che sieno da una sensazione alquanto
discordante.
Vili. Ma questa armonia non ha ella altro
ufficio, non arreca alla musica altro vantaggio
che questo di rendere più evidenti
i caratteri dei suoni melodici? Rousseaunon
gliene concede altri sul riflesso che la modulazione
armonica si aggira principalmente
sulle cadenze il ili cui numero è assai circoscritto, e la vorrebbe perciò sbandila
come inutile frastuono che non concorre
all’espressione.
Quando però 1 armonia non avesse in
sé altra forza che la suaccennata, contribuirebbe
però sempre a rendere più estesa
la facoltà rappresentativa della melodia fondata
sui due elementi, tono e ritmo, nè
potrebbe chiamarsi inutile frastuono. Che
se poniamo niente ai diversi accordi di cui
è ricca, ed al carattere particolare che li
distingue, saremo persuasi essere in essi
una fonte di espressione di colorito musicale
tutto proprio, che nessun altro elemento
possiede.
Se ciò non fosse, a qual line tanti accordi
che la teoria considera come dissonanti
ed aspri ( e il sono infatti percossi
isolatamente) e che pure si riconoscono di
tanto effetto? Forse che il bisogno di scuotere
il senso colla varietà, e con forti impressioni,
è il solo motivo che ne giustifichi
l’uso? non sappiamo crederlo.
IX. Il principale e più evidente carattere
della dissonanza si è l’urto di due potenze
di carattere opposto dal quale emerge più
determinata l’inclinazione ad un punto in
cui le potenze urtantisi vengono a collidersi,
punto che si prevede sempre con
chiarezza quando siasi ben intesa la natura
dell’urto, e che spiega la modificazione
ricevuta nel conflitto dalle due potenze. E
questa inclinazione non è soltanto dipendente
dall’accoppiamento de’ suoni, a quei
dati intervalli che diconsi dissonanti, ma
ancora dal confronto che se ne fa colla
tonica ricordata e dai suoni concomitanti,
in modo che quegli intervalli che isolali
sono analoghi, non Io sono menomamente
nella modulazione quando è già stabilita
un’idea di tonica.
II vero carattere della dissonanza non in
altro consiste al postutto che nell’inclinazione
a muoversi prodotta dall’urto, come
il vero carattere della consonanza è quello
ESTETICA
del riposo:, così come la maggior asprezza
delle prime non nasce veramente dal rapporto
matematico, ma dalla difficoltà d’intenderne
l’inclinazione non ben determinata.
Onde poi la preparazione che ne facilita
1 intelligenza serve a scemare l’urto
che ne riceviamo.
X. Convien intendere mollo largamente
la spiegazione che i teorici danno della
qualità consonante o dissonante degli in-,
tervalli per mezzo del rapporto matematico,
e persuadersi che il giudizio ne è allatto
metafisico; altrimenti non potremmo concepire
come fosse praticabile un sistema
temperato che altera notabilmente tulli i
rapporti 310.11 lasciando nella sua vera proporzione
che l’ottava. Se la qualità consonante
dipendesse o fosse limitata à cerli
dati rapporti ne verrebbe per conseguenza
elie un sistema di temperamento equabile
don avrebbe più consonanze e l’inequabile
non ne avrebbe che incerti toni. IN è vale
1 opporre che noi non siamo per avventura
dotati di senso cosi superdelicato da risentirsi
di tali minime alterazioni. Ne è prova
contraria il disgusto che arreca qualunque
più lieve stimazione anche nella melodia
isolala. La pretesa varietà dei temperamenti
che dicesi dover trovarsi necessariamente
in una medesima orchestra per la diversa
natura degli stronienti non è prova sufficiente
a dimostrare la poca squisitezza dell’organo
uditorio. L’esperienza dimostra
che quelle orchestre solfatilo si uniscono
in perfetto accordo, le quali si formano di
professori avvezzi ad un medesimo temperamento,
nè mai rinvenirsi in quelle loricate
di soggetti raccolti da varie parti, comechò
abilissimi, perchè avvezzi a temperamento
diverso, non sì tosto possono convenire
in un solo.
Lo ripetiamo, il giudizio dell’armonia
de’ suoni è affatto metafisico come io è
quello dell’armonia dei colori nella pittura;
e siccome questi appariscono belli in proporzione
della maggior evidenza con cui
ci rappresentano gli oggetti, cosi le dissonanze
riescono di buon effetto a proporzione
che rendono più chiaro ed espressivo
il linguaggio de’ suoni.
XI. L’armonia non solo rischiara e fa
più salienti i caratteri che i suoni melodici
acquistano dal confronto colla tonica, ma
li modifica., li varia come modifica i toni
stessi. Un suono medesimo infatti non
acquista egli tanti caratteri quanti sono gli
accordi da cui può essere accompagnato?
La varietà degli accordi ili dominante e ili
sottodominante e l’accordarsi la sottodominante
del tono minore col tono mag giore può servirci a fare di questo un tono
misto, il quale può convenire a tutte quelle
espressioni di affetti dolorosi, in cui la
/•vi j potenza morale pena a sostenersi. Ma più
di tutto 1 inclinazione die quasi tutti gli
accordi spiegano, e la chiarezza con cui ci
fanno presentire quale 1111 accordo di tonica.
quale un nuovo accordo dissonante,
quale il tono maggiore, quale il minore,
e le sorprese e gì inganni di cui sono suscettivi
fanno dell’armonia un linguaggio
veramente espressivo che vi rappresenta
un corso di vicende, di timori, di speranze,
di sorprese, di consolazioni, di urti;
un quadro insomma dell’umana vita. E fra
tante armonie irrequiete un solo punto di
riposo, una tendenza continua a quello,
una necessità assoluta di averlo presente
alla memoria, talché ove venga a smarrirsi
subentra immediatamente la confusione, la
bruttezza, un disgusto reale, insoffribile; e
finalmente le dissonanze che la melodia aggiunge
alfarmonia e che pure passano inavvertite.
sempre che il carattere ne sia intelligibile,
provano che il rapporto è una
circostanza meramente casuale e che perciò
il senso essendone estetico è indubitato
essere estetiche le proprietà dell’armonia.
Ma confrontiamo tra loro questi elementi
onde il vero ufficio di ciascuno si dimostri
più chiaramente.
XII. Il tono, dicemmo, è la rappresentazione
dello stato della potenza morale, ma
il tono si manifesta nei due elementi Melodia
ed Ai •monia. La melodia è l’accento
dell a voce di chi esala i propri sentimenti,
è Una sostituzione alle inflessioni della voce
nella più semplice declamazione, e se si
vuole alla parola medesima, ond’è che a
significare che un qualche esecutore suona
con espressione, anche il volgo usa dire
eli’ ei là parlare il proprio istromento. In
falli chi è che all’udire una melodia da
un istromento qualunque non ricorra col
pensiero ad un essere vivente che esprime
in tal modo i propri affetti, e non se lo
figuri di forme analoghe al carattere di
quella voce eli" egli ode?
Fa stupore che uomini educati al bello
delle arti abbiano confuso il canto della
donnicciuola che sta cullando il bimbo per
addormentarlo, e dell’artiere che fa più lieve
il diuturno faticare col canto drammatico,
trovando assurdo che vi si muoja cantando,
cioè esprimendo con un linguàggio proprio
gli ult imi accenti, mentre poi non si trova
assurdo che questi accenti siano in versi.
Conviene aver sentito la Pasta, la Lalande,
la Malibran, la Mor’andi. e Lablache e Tamburini,
e Donzelli, e Rubini, e Tacchinardi
e Filippo dalli iielfAgnese, nella
Gazza Ladra, nell’Otello, nella Giulietta
e Romeo, nel Pirata, nella Straniera, nella
Norma per convincersi della verità che può
assumere il canto drammatico, e come sparisca
persino l’idea d’artifizio quando l’arte
ha raggiunto quel sommo grado di sentimento.
XIII. Provatevi però ad isolare quelle
qualunque siano molodie più espressive togliendo
l’accompagnamento, e presentatele
così eseguite a chi non le abbia da prima
intese, non vi otterranno presso che alcun
effetto, tanto perchè il carattere dei suoni
non può essere sufficientemente determinato,
quanto perchè manca un elemento
© che ha una rappresentazione, una missione
dV) tutta propria, una speciale prerogativa di
Vj farne conoscere le commozioni più intime,
g® tutto lo stato dell’animo del personaggio
Hi reale o ideale che ci parla il linguaggio
della melodia, dando, diremmo quasi, voce
sensibile ad ogni fibra vitale, ad ogni sensazione
od oscillazione ricevuta dalle potenze
esteriori e dalle passioni.
La parola, benché concorra alla dichiarazione
del senso melodico individuando
ciò che i suoni non presentano che sotto
forme generiche, non potrebbe supplire al1
armonia; perché ogni volta siasi innalzata
la declamazione al punto di divenir canto
è d’uopo’ che tutti gli clementi dell’arte concorrano
a rendere completa l’espressione
dell arte medesima, Così, benché i contorni
di una figura bastino a farvela intendere,
pure desiderate vederne il colorito, le ombre,
gli atteggiamenti. gli oggetti su cui
porta 1 azione o di cui riceve l’impressione
per intenderne lo scopo, la vita.
Fin qui però l’armonia non è considerata
nella modulazione da tono a tono, modulazione
che sarebbe quasi nulla senza di
questo elemento, e il di cui significato vuoisi
ben intendere.
Il tono è la maniera di essere dell’ente
ideale annunciato dai suoni: il cambio di
tono è dunque una modificazione di esistenza
ancorché non si passi dal maggiore
al minore o viceversa; una modificazione
che ha il carattere d aumento o diminuzione
spiegato dalla natura degli intervalli
cromatici con cui s’effettua il passaggio, non
meno che dal confronto elio facciamo più
o men facilmente del nuovo col tono lasciato.
che nell’arte dicesi relazione o affinità.
E queste modificazioni ora tenui ora
forti, ora presentite, ora improvvise si comunicano
aU’ascoltante e ci fanno prendere
tanta parte alle vicende di quell’ente perciò
appunto che celo dipingono della nostra
medesima natura e come noi accessibile
ai dolori ed ai piaceri della vita.
Non occorre qui sceverare tutti quei passaggi
di tono che senza l’armonia non sarebbero
possibili, nè tampoco determinarne
il senso. Il sentimento ne giudica o li classifica
meglio di qualunque ragionamento
quando la riflessione ha scoperta l’analogia
che hanno colla vita Oh
Il ritmo a cui Rousseau, e, come narra
un articolo del Teatro Universale, lo
stesso Rossini ascrivono tutta la facoltà
espressiva della musica, si giova deH’armonia.
mentre che le porge nuova forza. Infatti
togliete l’armonia, forza è ridurre il canto
al ritmo della canzone popolare. mentre
per l’opposto il ritmo svariato nelle melodie
secondarie lascia più libertà alla melodia
principale di seguire l’impulso del
sentimento. e intanto quella riunione di
ritmi dichiara sempre maggiormente il senso
musicale e rende l’espressione più estesa,
più analoga, più’evidente.
M.° R. Bouciiebox.
{Sarà continuato).
(I) Pubblicandosi questi articoli sulla filosofia della
musica separatamente dal nostro Trattato d’armonia,
sebbene elaborati su di un unico principio, crediamo
bene di darne qui un’idea, ond’essere meglio intesi,;
Parlando delle consonanze e dello dissonanze ivi osserviamo:
l.l’L’intervallo di ottava essere sì rassoniigliante
coli’ unisono da confondersi col medesimo, 2.° la
quinta naturale distinguersi dall’unisono, nta armonizzare
perfettamente con esso senza che perciò ne risulti
un vero carattere morale determinato, epperciò essere
l’accordo di prima, quinta e ottava proscritto siccome
vuoto. 3.® Che se. si rivolti la quinta in quarta si avrà la
sensazione di stravolgimento, l’idea di un disordine
spiacevole benché non accompagnato da vero urto, motivo
per cui quest’intervallo è da molti teorici annoverato
assolutamente fra i dissonanti, 4.° più armonico
risultare l’intervallo di terza maggiore 0 minore ed il
rispettivo rivolto a motivo che i due suoni si caratterizzano
a vicenda con somma facilità di intenderli.
Facendo pertanto un gruppo in cui siano compresi
tutti questi intervalli senza alcun altro si ha un accordo
completo, caratteristico, armonioso, senza urti, il quale
perchè appagante per sè medesimo dicesi accordo perDELLE
PRESEMI CONDIZIONI
BEIAA MUSICA.
ARTICOLO III.
(Vedi i N. 17 e 20 di questa Gazzetta).
Una seconda opinione, che nell’articolo
comunicato dal chiaris. sig. Melimi e dato nel
N. 5 di questa Gazzetta, ci parve di scorgere
non conforme alla verità, è quella
che l’arte della musica sia al tempo nostro
venuta a tal confine di squisitezza, che impossibile
sarà ai venturi di farla più innanzi
progredire.
Egli che nei saggi del secolo passato vide
non altro che i fortunati esperimenti della
pittura del secolo di Giotto, non avvertì
di considerare, che (l’un salto ella non poteva
volare all’apice del suo perfezionamento. e che da Giotto a Ratlaello passarono
senza meno due buoni secoli: due
buoni secoli non sono passati da Cimarosa
a Bellini, Perseverando nel suo sistema di
comparare l’una arte coll’allra, noi non possiamo
dimenticare che dall’uno all’altro dei
suddetti luminari pittorici la storia registra
come grandi favoreggiatori dell’arte i nomi
de Gaddi, del R. Angelico, del Masaccio,
di i Leonardo, del Sansovino. del Bonaròtti,
7 quali tutti, al dire della prefazione
sanesrt alle vite del Yasari, insieme con gli
altri artefici italiani sembrali nati a spiafetlo.
Tale accordo può presentare due diversi caratteri
senza perdere di sua perfezione, dipendenti dalia proporzione
dell’intervallo di terza, c lo diciamo accordo
maggiore se la terza è maggiore, minore se tale è la
terza. La sensazione prodotta da quésto accordo si può
dire una sensazione equivalente a quella che darebbero
i suoni della scala intiera battuti successivamente, la
quale scala non è clic la somma dei suoni di tre accordi
perfetti omogenei distanti l’uno dall* altro per l’intervallo
di quinta naturale. Siano ad esempio gli accordi
fa, la, do; do, mi, sol; sol, si, re: la somma dei
suoni dati ed approssimati per intervalli di seconda,
sarà, do. re, mi; fa, sol, la, si, do. prendendo per
principio e (ine il suono su cui unicamente può aversi
ii sentimento di perfetto riposo, sia ascendendo clic discendendo,
e questo suono, uno dei tre fondamentali,
è quello che diciamo Tonica, mentre al primo fondamentale
fa ( quarta del tono ) diamo il nome di sotto dominante
c quello di dominante all’ultimo fondamentale sol
(quinta del tono). £ clic tale sin la derivazione deli.t
nostra scala diatonica ne c prova l’accompagnamento più
naturale della scala medesima, e bordine degli accordi più
essenziali della vera cadenza armonica i quali sono tonica,
sottodominante, dominante e tonica. Provate ora la sensazione
de’ due suoni simultanei a qualùnque intervallo
non compreso ncH’aceordo perfetto, e ne risulterà il
sentimento di un urto che vi fa presagire un movimento
di quei, suoni ad un altro intervallo. Quest’inclinazióne
a muoversi, questo presentimento di una nuova sensazione
è ciò che diciamo dissonanza, e si fa più o men
chiara, 1.° secondo l’intervallo dei due suoni da cui deriva: 2.° dall’omogeneità di carattere degli intervalli o
suoni che vi si aggiungono a compiere l’accordo i quali
distruggono le omologie di intervalli. 3.° Dalla idea di
tonica preesistente la di cui influenza distrugge ogni omologia
di accordo, -i 0 E finalmente dalla situazione agli
estremi anziché alle parti medie di almeno uno fra i suoni
che costituiscono l’urto.
L’intervallo che per pròpria natura più diflicilmente
si intende è la settima maggiore benché commista ad
intervalli tutti consonanti: per renderla praticabile, cioè
per dichiararla,’ non vi è altro mezzo fuorché o prepararla,
o preparare l’accòrdo a riceverla, c ciò sia detto
«li qualunque dissonanza troppo cruda a sentirsi senza
preparazione.
Ma se la dubbiezza di carattere nasce da poca omogeneità
dei suoni intennedii, anziché dall’intervallo dissonante,
basta a toglierla l’idea ben chiara della tonica.
Cosi l’accordo di settima minore cui si frapponga terza
minore e quinta naturale è meno armonioso di quello
in cui si pongono terza maggiore c quinta naturale, o
terza minore é quinta diminuita, sebbene questi contengano
una dissonanza di più.
1/ intelligibilità è ancora quella ch§ segna i limili
delle transizioni da tono a tono. Cangiar tono è còme
cangiare il punto di nostra ubicazione. Noi abbiamo bisogno
di sapere dove siamo, in ogni momento di nostra
vita, e se una potenza nel costringerei a mutar
luogo ci impedisse di intendere dove ci ha trasportati,
e la strada che ci fece percorrere, in quel nuovo sito
non avremmo nè sicurezza nè posa. <
T sentimenti destati dalle arti non variano da quelli f
che si suscitano nelle diverse circostanze della vita, so- V
lamente sono di questi assai meno intensi in proporzione
della minor influenza sulla vita istessa, e della |
suscettibilità di ciascuno a risentirne gli effetti ed esserne y
commossi.:. (t
bra zetta).
narla via all’eccellentissimo Raffaello. Raffaello
non sarebbe stato RalFaello senza l’opera
matura de’ suoi maestri, senza la fatica
incessante sleali anni, die aggiungendo
‘ingegno ai frutti dell ingegno, 1 esperienza
al tesoro dell’esperienza, furono in certa
guisa i preparatori dello sgabello glorioso,
su cui venne meritamente a posarsi. 1 secoli,
padri de’ grandi intelletti. non camminano
con passi ineguali, né si mostrano
nel generare troppo fecondi. Solo le istituzioni
degli uomini cangiano l’equabilità
dei prodotti dei secoli.
lina gradazione ancorpiù insensibilmente
progressiva ei scorge poi nella storia pittorica
della Grecia elle dee riguardarsi come
la vera madre di quest’arte, in quel modo
che l’Italia lo è della musica. Al signor Meliini.
che dotto è di pittura, è supertluo il
rammentare, che il gran dipintore della Venere
e della calunnia fiori dopo il suo maestro
Parafilo: Parafilo dopo il suo maestro
Eupompo; Eupompo dopo Apollodoro d Atene;
Apollodoro d Atene dopo Poliglotti da
Jaso: Politolo dopo Bularco; Bularco dopo
Rodio, e questi dopo Cimone eCleofante A).
Confidando nell opera degli anni, appunto
per la deduzione che si può fare dal paragone
della pittura, non senza molta ragione
deesi inclinare a credere che la musica possa
in progresso migliorarsi, ritenuto, coni egli
asserisce, che solo al tempo nostro la musica
incomincio ad essere un dramma,,. ed
un dramma, fu musica. Come mai sarem
noi già pervenuti alla fine, se or ora appena
siam giunti all incominciainento?... E
non disse egli, l’egregio sig. Melimi, che solo
all’apparir di Bellini apparve insti le scene
il vero, il miglior melodramma / Sarem noi
ragionevoli volendo pensare eh egli solo,
l’autor della Nonna e della Sonnambula;
sia l’alfa e l’omega di tutta la pantografia
musicale?...
Nè le prove ch’egli accampa che Rossini
e Bellini siari ìe due fatali colonne
d’Èrcole, oltre le quali non sia più possibile
progredire, son tali che possano sembrare
inoppugnabili a chi fosse d un avviso
contrario. Assoggettando 1 uno e 1 altro ad
un esame analitico, scevro di passione e
pregiudizio, esame che senza dubbio e
senza spirito di parte verrà lentamente operandosi
dall attrito delle opinioni e dal
volgere del tempo, agevolmente si può determinare
quanto amendue si discostassero
dalla possibile perfezione.
Rossini fu certamente un genio gigante
per inspirazione melodica. Fu l’Ariosto,
fu l’Omero della musica. Egli riempì del
suo nome e delle sue opere il mondo
tutto, come s’esprime il sig. Meliini: fu
l’Alessandro dell’arte, come disse il sig. I’erotti.
Ma ciò che mancò a Rossini io non
lo conterò a chi molto animosamente stampava,
che dal punto che un pirata, da
fiera fortuna lanciato in sul lido. pietosamente
narrò le amorose sue pene... da.
quel punto, come fu già detto, la musica
incominciò ad essere un dramma, e un
dramma fu musica. Rossini, genio per
l’immaginativa e pel magistero musicale
maraviglioso, è colpevole, come tutti sanno,
d’aver troppo sovente tradita la vera
ragione morale dell’arte, quella di significare
e colorire colf indole della cantilena
e coll espressione della nota il sentimento
espresso dalla parola. Egli non vide nei
(0 Non occorre neppure ricontargli che anteriori ad
’ììNN’ò Apelie furono Protogene, Zeusi, Parnasio, limante con
quegli altri tutti clic sarebbe troppo lungo il nominare,
ed anche intempestivo.
- 99 suoni
che un mezzo per vellicare, sedurre,
iuehhriare’ il senso dell’orecchio t*). Per
secondare il filo aureo della sua melodia,
egli lui troppo disprezzato il verso, il carattere,
l’azione del dramma, (^uasi ignorando
che la musica, oltre la facoltà d impadronirsi
dei sensi, ha un intimo linguaggio
per l’anima, egli non aspirò quanto
avrebbe dovuto ad entrare nell animo altrui.
La vera, la profonda, la sublime passione
non trovò che un eco intermittente
nel suo cuore: fu un fiume di bei suoni,
ed un rigagnolo d alletti. Per ciò tra le
opere sue come esempio di bello estetico
si cita con tanta frequenza, ed è tanto
famosa, la sola parte liliale dell’Otello.
Pare a qualcuno eli’ egli non sia stato esteticamente
grande che nel Barbiere ili Siviglia..
parlando del tutto degli spartiti 5
perchè il suo spirito più da Democrito
die da Eraclito, più da Walter-Scott clic
da Rvron, più da Goldoni clic da Alfieri,
riesce meglio nel sorriso che nel patetico,
meglio nel sensuale die nel sensibile, meglio
nel comico che nel tragico. Si direbbe
che fu per 1111 accesso di sentimento simile
ad un’effimera ch’egli compose lo stupendo
liliale di Desdeinona. Da una febbre uguale
egli non fu assalilo mai più; e fu gran peccato.
perchè egli 11011 avrebbe fatto soltanto
de prodigiosi lavori di musica, ma avrebbe
composto dei sublimi melodrammi, e più
d un Guglielmo Teli.
Bellini,che il sig. Melimi stima come il perfezionatore
dell’arte melodrammatica, e dal
quale egli con pace di tutti ordisce il miglior
tempo di quest’arte preclara, fu sicuramente,
se 11011 il primo, di certo il più soave,
il più vero, il più appassionalo, il più giudizioso
ili lutti gli scrittori di musica scenica;
fu il Tasso, il Virgilio della melodia
sentimentale. Animò, inspirò le note d una
favella non prima conosciuta: la sua idea
musicale fu 1 idea del poeta. Parve ei solo
il compositore cosi del canto come della
poesia. Colle llessioni dei suoni, coll accento
delle note, colle transizioni dei modi
informò, immedesimò cosi la declamazione
melodica colla pura declamazione della parola, die niuno per certo l’ha superato
nell esprimere filosoficamente, protendali)
A conforto di qucsl’assci’zionc, clic ad alcun troppo
accensibile ammiratore può parere irriverente, si possono
recare le parole medesime di Rossini, se, come
YOgliam credere, esse furono fedelmente riportale dall’anonimo
bolognese, eue non e molto eolia spada ni
Rodomonte scese a combatterò per! invulnerabilità del
genio pesaresò. A proposito del suo titubai parlando
a eli e/l’eito che Ucce produrre la musica, disse egli positivamente
di’elle deve cercare il’interessare V audizione
depli ascoltatori e di procurar loro tjradeuoli
sensazioni, in vero, se non erriamo, a noi sembra che
Kossini abbia qui espresso con molto candore ii suo
modo di sentire. Non pensando die al iisico egli non
vuoi produrre cne sensazioni gradevoli: ma sarà ella poi
inelullaudò cotesta sculeu/u all occliio della blasona?
E gii alletti, le commozioni; le passioni deil animo non
entrali clic per nulla nella musical Sarà egd un sogno
d’infermo quella divisione con tanta cura stabilita dai
pensatori dei tisico e del morale, dei bollo òSleriorò e
nell’interiore, de’godimenti materiali e dello spirito, di
tutto citò in somma distingue ie azioni e le percezioni
degli enti morali e tisicir L’amore 11011 sarà egli altra
cosa die la voiultà de sensi, e l’anima non potrà ella
godere e soffrire senza ii soffrire e godere dei corpo?
Aon deve cila la musica parlare non pure all’orecchio,
ma giungere nei segreti del cuore per ivi accendere e
destare quegli alleili medesimi die l’hanno inspirata?
L’anima 11011 cerca l’anima, come la materia? E non
è questa la legge del simile che ricerca il suo simile?
No, la tilosotiu non avrebbe indicato lo scopo della
musica colle parole di lìossini retiate dall’anonimo bolognese.
Le arti imitative ottengono l’effetto loro non
solamente procacciando gradevoli percezioni coll’organo
dei sCnsi, ina cercando di destare, d’avvivare, di suscitare
nell’animo altrui queile medesime passioni, quei
medesimi sentimenti che assumono di esprimere e significare.
Perciò il poeta che insegnava al poeta non gli
diceva solo: diletta per dilettare sensualmente, che questa
sarebbe arte meretneia, ma dicevagli: piangi per
far piangere; e questa è la vera opera dell’ingegno, da
cui ridonda il supremo, il nobilissimo diletto, quello
dello spirito.
niente, sensibilmente le passioni. Fu mirabile
nell’appropriare lo stile musicale al
carattere del dramma, modificandolo a parte
a parte secondo la natura individuale delle
scene, interpretando il senso intimo delle
cantilene, in guisa che esse avrebbero tuttavia
la stessa significazione quasi anche
senza la parola. Fu l’autore del Sanile
nella Norma, e fu il Torquato delXAminta
nella Sonnambula. Ma Bellini mancava del
gènio irrompente di Rossini; mancava di
magnificenza, di ricchezza nell’uso delle
armonie; era talvolta troppo semplice,
troppo uniforme in certe disposizioni delle
parti; talvolta troppo spezzato, troppo sillabico
nelle melodie; e senza dubbio 11011
valentissimo nella combinazione ilei veri
grandi pezzi di concèrto a più voci, dei
quali per verità 11011 diede alcuna prova
cospicua. L’intrecciamento e l’accordo di
più melodie fu una cosa quasi da lui non
tentata. Nulla ha egli prodotto elio sia da
porsi a fronte col gran quartetto di Rianca
e Fallino, per citarne uno di più connine
conoscenza.
Con siffatte imperfezioni die ogn’intelligente
spassionato riconobbe e confessò
le tante volte prima di noi nei due nonplus-ultra
musicali del secolo decimonono,
penserebbe assai svantaggiosamente della
potenza dell’umano talento chi bramasse
ostinarsi a ritenere, che non possa nascere
un uomo, che accoppiando il genio immaginoso
dell’uno col genio affettuoso delI
altro, potesse dare al mondo una serie
ili creazioni, che uguagliassero la grandiosità
del concetto di Michelangelo e la vita
e l’evidenza delle tinte di Raffaello. Farebbe
oltraggio all’onnipotenza della natura
chi pensasse ch’ella non possa ancor
dare un Rossini colf ingegno filosòfico di
Bellini, ed un Bellini coll’estro omerico
di Rossini. Donizctti, per addurne alcun
esempio, se non di questa misura tli capacità
e d’inspirazione, sarebbe stalo tli
questa tempera, ove avesse posto maggior
cura nel perfezionare i lavori suoi, elio
troppo sovente sentono l’estemporaneità
d’un poeta che improvvisa. E per verità
II olii considera la bella struttura della sua
mente, e la privilegiata natura del suo spi!
rito, egli è quasi un cordoglio ove si guardi
j il cammino’ da lui’corso, e quello che
avria potuto correre. Se, come imitò Bellini
nella soavità del canto e nella filosofia del1
espressione, lo avesse emulato nella posatezza,
nella sludiosilà, nella finitezza del—
1 operare, egli avrebbe potuto agevolmente
I vincere il suo modello. Bello coni’ era di
tutti i colori del camaleonte, sé poche
volte fu superiore a sè stesso, avria potuto
j esserlo sempre, e le sue opere sarebbero
men vulnerate dall’incuria e dalla ricordanza
dell’altrui.. (Sarà: continuato).
BIBLIOGRAFIA.
Nuova Opera criticii-stos’ini
sulla musica religiosa.
Il dotto e severo critico francese che da
dieci anni a questa parte così conscienziosamente
si adopera a richiamare l’arte musicale
alla sua verace missione,• che combatte
con tanta lodevole insistenza l’opinione
che ad altro non è intesa che a far tli
quest’arte un mero e frivolo oggetto di
moda, il sig. Giuseppe d’Ortigue Ila teste
compiuto il suo Coi’so sopra la musica
religiosa, incominciato nel 4856, e prosem
L
1 guito
quasi senza interruzione sino al di
d’oggi. Lasciando qui da parte la musica
drammatica e la musica instromentale, le
quali accuratamente c completamente egli
La esaminalo negli applauditi suoi libri del
lia/con de 1 Opera da Théàlre italien e
De son influence siti’ le goùt musicai eri
Fran.ee. ed ancora in moltissimi altri opuscoli
spicciolati, l’autore rimonta all’origine
della musica religiosa neH’auticliità, c sco"a
sua intima alleanza colla parola,
pre
il scuso nascosto delle tradizioni favolose
riguardante gli effetti prodigiosi di quest’arte
nel nascimento della civiltà!
Venendo quindi al cristianesimo, egli
mostra che 1 instituzione del canto fermo
fatta da Sant’Ambrogio e da San Gregorio
nel quarto e sesto secolo, è conforme
all’antica idea che il canto fermo sia una
forma di culto, e clic il suo sviluppo è in
ragione di quello della liturgia. Con una
transizione al tutto ovvia lo scrittore viene
a parlare dell’organo, clic é 1 orchestra cristiana,
istromento e monumento della fede.
Questa parte del suo lavoro, alla quale si
vede che egli ha posto Ogni cura, e la più
erudita, per nostro avviso, e la più importante,
c riempie un vano nella nostra letteratura
musicale. Perocché, quando si eccettui
la grande opera del benedettino don
Bedos, sopra la costruzione degli organi,
lavoro esclusivamente eonsecrato agli artefici,
noi non possediamo in l’rancia alcuno
scritto sopra questo stromento. Il signor
d’Ortigue ha considerato l’organo rispetto
alla sua origine, rispetto al meccanismo
della sua struttura, ne’suoi rapporti colla
liturgia, coll’architettura cristiana, co’ progressi
dell’armonia, colf orchestra, e colla
istrqmenlazione.
Questi diversi punti di veduta sotto la
penna dell’autore sono copiosi di elevate
considerazioni, e di insegnamenti cosi nuovi
come ingegnosi. Il Cours sur la musique
religieuse contiene in oltre una completa
filosofia dell’arte musicale, che l’autore rappresenta
come inerente e mista al senso
della parola. I vari sistemi che sono chiamati
tonalità a lui paiono altrettanti idiomi,
dialetti musicali forniti d’espressione
e di caratteri particolari. Egli rileva dei
punti di contatto non solamente fra la parola
e la musica, ma ancora quelli della
musica colla poesia, coll’architettura, colla
scultura, colla pittura. Tutto ciò a noi sembra
fondato non su vaghe comparazioni,
ma sull’accurata osservazione de’principii
comuni a tutte le arti, e del peculiar magistero
di ciascuna di quelle.
Venendo finalmente il signor d’Ortigue
alla divisione dei differenti generi di musica,
li distingue in tre principali, aventi
ciascuno uno scopo a sé, un modo speciale
d espressione, quantunque sieno nondimeno
fonduti gli uni su gli altri, e scambievolmente
si diali mano fra loro. E sono:
la musica religiosa, espressione de’ rapporti
dell’uomo colla divinità; la musica
drammatica, espressione dell’uomo coirli
altri uomini; la musica istromentale, espressione
dei rapporti dell’uomo colla natura
e col mondo sensibile.
Noi non possiamo dare qui che una sommaria
idea di questo voluminoso ed importante
lavoro, il quale potrà essere nella
sua integrità apprezzato solamente quando
sarà riunito in nn sol corpo. Cosi sarebbe
da confortarsi il signor d’Ortigue a pubblicarlo.
(./. d. D.)
RETTIFICAZIONE.
Il nostro collaboratore signor T. cui dobbiamo i due
articoli •Schizzi storico-musicali da Guido d: Arezzo
fino a Pcilestrina, ci comunica la’ seguente AóTÀ cu ei
desidera pubblicata.
«Eu uà taluni osservato essere asserzione; erronea
«che la settima noia della scaia venisse scoperta uà
«Guido a*Arezzo siccome e uclto nell articolò preee«dente (vcui n.u 18). Noi rimandiamo 1 accusa di errore
«a coloro die vollero a noi applicarla, avvertendo che
«Gafforio fra gli antichi, e Ldbóràe fra i moderni at«tribuiseono la suddetta scoperta a Guido, e che Vil«(agre nella storia Dcs proijrés de la Musique, et de
«soii in/lampe sur la civUisation, dice ciliare e tonde
«le seguenti parole: Guido1àjouta le Si poùr indiquer
«la septième deijré de la gamme.... Ci pare bastante
«franchigia la riunione di queste tre autorità. Non pos<*
siamo però tacere che molti altri storici riferiscono ad
«un’epoca di molto posteriore la invenzione della sct«lima nota della scala». T.
MUSICA SACRA.
Seconda messa solenne per quattro
voci a grand’orchestra di Cherubini*
Questa messa eseguita ultimaménte nell’Accademia di
canto a Berlino, vi produsse una generale grandiosa impressione,
ed è una delle migliori musiche ecclesiastiche
moderne.
N°. 1. Il Kyrie incomincia con un larghetto in re minore
in modo misterioso e spirante pia devozione. La
preghiera del coro sotto voce è accompagnata da semplici
legale ligure de’violini, e da accordi tenuti pp.
degli strumenti da liato sino ad un breve forte prodotto
da un crescente armonico, che presto si perde, su di
clic risuona il Chrisle eleison in un canto melodico a
quattro soli con istile e trattamento da maestro. Torna
il Kyrie rinforzato nella medesima forma, e termina con
una bellissima fuga.
N.° 2. Tanto più splendido segue il Gloria in re maggiore,
ed impone colle sue trombe e timpani, e dopo
le dolci melodie dell’Kt in terra pax, chiude di nuovo
col modo pomposo del Gloria.
N°. 3, 11 Gratias, per soprano, tenore e basso, ha un
canto intimamente liliale, a guisa d’imitazione, accompagnato
colla nota abilità di Cherubini da un flauto obbligato,
oboe e dal quartetto degli strumenti da corda.
Questo terzetto c uno de’ più interessanti pezzi della
messa. Grandioso è il Qui tollis (andantino largo in
si minore) per una piccante ligura del primo violino ed
a soli degli strumenti da liato. Molto pregevole è il Misererò
nobis per l’espressione e ricca modulazione. La
chiusa cromatica all’unisono è di particolare effetto.
Il Quoniam incomincia con un a quattro, parte a soli,
parte uniti, e termina con una splendida magistrale fuga
nelle parole: cum sancto spirita.
Il testo del Credo, il meno approprialo al trattamento
musicale, fu trattato dal gran maestro con mirabile facilità,
impiegandovi molti molivi musicali, riserbando
lo stile sublime e la espressione commovente perl’asei
delV Incarrialus, con obbligati strumenti da liato e strumenti
da arco in parte pizzicati; il tutto forma un eccellente
pezzo vocale. Molto originale è il coro Crucifixus
in la minore, cantato pianissimo in unisono sull’unico
tono mi, accompagnato da una figura di legato de’ violini
e di staccalo del basso, sino al fortissimo dell5Kt
resurrexit col magnifico ingresso de’ corni e trombe.
Et in spiritimi sanctum in sol maggiore cantato da
quattro voci unite ed alternative, termina con artifiziosa
fuga sull amen.
II Sanctus comincia in modo sublime, maestoso in
la maggiore, cui si unisce l’Osanna in tempo 3 e 4 allegro
vivace, il commovente Benedictus con breve solo
di soprano in do maggiore, larghetto, ne forma un contrasto, ed ha per accompagnamento dolce il quartetto
degli strumenti d’arco coi clarinetti e fagotti.
Il maestro esperto e geniale risparmiò la grandezza
e ricchezza de’ suoi mezzi d’arte per VAgnus Dei. Dopo
una dolce introduzione dell’andante moderato in re maggiore,
cominciano le quattro voci inaspettatamente il
canto spianato sull’accordo di si minore, continuato piano
dal coro con imitazioni al Misererò, sino alla ripetizione
doli’Agnus Dei nella dominante in fa diesis minore,
segue il quartetto col Qui tollis c chiude unisono,in la,
su di che l’accompagnamento entra nella tonica, e prepara
mercè l’accordo di settima al Dona nobis pacem
( allegro re maggiore ). L’Agnus Dei alterna poscia col
Dona nobis in modo fugato molto artifizioso, finalmente
pp. in una fermata. L.
NOTIZIE VARIE.
-- Milano. La nuova cosi detta azione mimico-fanlastica
data alla Scala dal sig. Filippo Taglioni s’ebbe poco lieta
fortuna. La tanto celebrata ballerina signora Maria Taglioni
indarno si provò ad animare colla meraviglia delle
sue grazie e ad illeggiadrire colla tanta virtù della sua
danza un povero contesto di casi ai quali manca il vero
interesse e la grandezza del genere meraviglioso.
La musica di composizione del maestro Panizza è lodata
dagli intelligenti.
— La sera di giovedì or passalo, nella casa dell’esimia
dilettante, signora C. G., si udirono diversi
pezzi di musica, altri concertali per piano ed istromenti
d’arco, altri per canto eseguiti sì questi che quelli con
una perizia che di rado si ha a lodare nelle private ricreazioni.
— La signora Cambiasi ebbe a cogliere le più
vive congratulazioni pel brio, per la vivezza d’accento e
oi tocco e pel raro suo magistero nel superare le più
ardue difficoltà. Vorremmo avere spazio da poter dilTonGorci
nelle dovute congratulazioni affé gentili sue sorelle
le madamigelle B, le quali si distinsero iu un bel duetto
per camera del maestro Gabussi. Ma la brevità a cui
siamo costretti ci toglie di tutte esprimere le emozioni
da noi’provale, c di tributare le dovute lodi anche al
sig. Piatti valentissimo violoncellista. — Non chiude-,
remo questo cenno senza encomiare singolarmente c la saviissima
scelta de’ pezzi (tra quali fu specialmente notato
un elaboratissimo sestetto di Mirescki, maestro della
Cambiasi, un trio di pregevole fattura, della signora contessa
N’ara distinta dilettante, cd una fantasia sulla
Aurina di Thalberg, non che un’aria del Don Giovanni
e del Guglielmo Teli), non che la non comune perizia
con cui le diverse composizioni vennero interpretate.
— Vienna. Teatro italiano. Lettere private c degne
di fede ne confermano il pieno successo del nuovo sparlilo
di Donizetti, intitolato Linda di Chaumonix. —
Le parole sono di Rossi, ed abbenehè non’sia il soggetto
che un raffazzonamento del dramma francese A
la Grace de Dieu, vuoisi tuttavia che il Poeta o Librettista
siasi cavato d’impiccio non male. Quanto
alla musica sembra non esservi stato pezzo che non abbia
avuto applausi, ed applausi anche caldissimi. — La
sinfonia, che ne si dice di genere fantastico, preparò bene
l’udienza. Nel primo alto l’Introduzione, la Cavatina
di Varese furono lodate per venustà di forma e pensiero.
Un’Aria di Rovere ebbe effetto grandissimo per
un cotal crescendo che porta ad un tutti vivissimo e
nuovo. A questo pezzo segue una breve Ballata cantata
dalla Brambilla, poi un Duetto fra la Tadolini e
Modani, nell’ultimo a due del quale fece mirabili impressioni
un largo rinforzare di tinte nell’esecuzione di
due artisti. Poi ancora un Duetto fra Varese c Dérivis,
nel qual pezzo Varese commosse l’udienza alle parole
Perchè siam nati poveri, Ci credon senza onori La
Cabaletta pur di questo Duetto vuoisi di un effètto
non minore a quella del noto Duetto de’ Puritani. —
Così almeno ne assicura il nostro corrispóndente. L’atto
primo che sembra lunghetto anziché no, viene chiuso
da una Preghiera di Dérivis interpolata dal Coro. —
L’atto secondo contiene un’Aria di bel canto della
Brambilla, un Duetto (bello da capo a fonilo) fra la Tadolini
e Rovere, un altro Duetto fra la Tadolini e Modani,
un ulivo Duetto ancora fra la Tadolini e Varese,esc
non vi basta, un’aria finale della Tadolini. Di
tutto ciò si tesse lusinghiero panegirico. — Un bel Coro
e nuovo apre il terzo atto, poi segue un Duetto fra
Modani e Dérivis. Poi un’altra Aria buffa; ini’ altra
Preghiera, ed un altro Dilettino chiudono quest’Opera,
il cui esito brillantissimo e al tutto degno del nome
dell’illustre autore dell ’Anna Polena, costringe la Gazzetta
Musicale a deviare dal suo sistema di non occuparsi
di notizie teatrali, c la fa lieta di potére, non ultima,
annunziarlo a’suoi lettori. La proprietà di questo
spartito, destinato, a brillantissima fortuna, fu comperata
dal nostro Giovanni Ricordi.
— Parigi. L’editore Richanlt ha fatto acquisto di
quattro nuovi manoscritti di Beethoven, che compongónSi
di una sinfonia in partitura e a grande orchestra
scritta nel 1805, per la prima rappresentazione del Fidelio
c di tre pezzi di canto appartenenti pure alla medesima
opera, cioè un’aria con cori, un duetto a due
soprani cd un terzetto. Il suddetto editore ha già pubblicato
tutte le sinfonie di Beethoven; quelle in partitura
accuratamente corrette si vendono in ragione di sei
franchi cadauna, onde ogni studioso della bell’arte possa
trovarsi in grado di comperarle.
— La sezione di musica dell’istituto, composta de’signori
Berton, Auber, Halévy, Carafa (il sig. Spontini è
a Berlino), ha deciso nella sua seduta di sabbaio 30
aprile che non ha luogo altrimenti per ora il rimpiazzo
di Cherubini nella carica, e tutte le sezioni riunite hanno
confermato questa decisione. In conseguenza, conforme agii
statuti dell’accademia, l’elezione è rimessa di qui a sci mesi.
— Lipsia. Malgrado la stagione inoltrata, il concerto
di Ernst aveva attirato un numeroso pubblico: il Carnovale
di Venezia del famoso violinista più di ogni altro
pezzo è stato applaudito con entusiasmo; dopo Paganini
non crasi sentito nulla di più originale. NeH’isfèssa
accademia, Mcndelssohn Bartholdy ha suonato con Ernst
e Weismann un triodi sua composizione. Questo celebre
maestro quanto prima deve recarsi a Londra per dirigere
due concerti a quella società filarmonica.
— Liszt fu nominato dottore di Musica del l’Università
di Kónigsberga «propter consummalam artis musicae
doctririam itsumque admirabilem orbis terrarum plausibili
comprobatum», così dice il diploma.
Praga. — Il concerto di commiato della giovinetta
Sofia Bóhrer ottenne un esito più clamoroso ancora dei
precedenti. Dopo Liszt nessun altro pianista giunse a
suscitar in Praga più viva sensazione di quella che destò
la Bohrer, ragazza dotata di raro ingegno, c di
grande abilità. Essa si produsse ne’ più difficili e faticosi
pezzi di Liszt, Thalberg, Chopin, Beethoven, Moscheles,
ecc.
— Saintc Cécile è il titolo (l’un nuovo Oratorio del signor
Rungcnhagen, direttore dell’accademia di canto, e che è
stato eseguito dai membri dell’accademia medesima. Le
prime parti sono state cantate dai signori Martins,
Bcetticher, e da madama Gassmann. Il compositore ha
colto gli universali suffragi. Un mottetto del sig. Run
genhagen, Angelorum cantus die nativitatis Christi
è uno de’ più ammirati in Germania; i suoi solfeggi facili
sono adottati dall’Accademia, e in tutti i collegi di
musica. Si spera clic questa Santa Cecilia sarà presto
pubblicata.
GIOVANNI RICORDI
EDITORE-PROPRIETARIO.
NB. Si uiiìsee a questo foglio il jìezzo N. 5 (lell’ANTOLOGlA CLASSICA MUSICAMI.
In «etto de* prossimi fogli si darà mi*estesa Agiografìa di FA/tS/MXO.
Wall’I. R. Stabilimento JYazionale Privilegiato
«li Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale «li GIOVANNI MIC’OIAWI*
Contrada degli Omenoni N* 1720.
N. Ï
Si pubblic
danno ai sij
classica anti
lume in i.°
apposito elei
TOLOGIA CLA
<y
A
genere;
indicano
un gran
lo spiri
modo d
l’arte i
intorno
affannos
dal liiso
vero an;
stessa;
sia avut
tenersi,
mente v
Onde
confronl
ad altri |
tendere
superioi
se ivi 1
molto p
schiama
importa
In In
pressoc
India è
onde ri
terra si
- E ci:
Colà
terarii
ditate c
trina e
più stil