Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 22

N. 22 - 29 maggio 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 22

DOMENICA
29 Maggio 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


perfettamente il giusto e vero carattere ilei suoni, ove la modulazione esca dai limiti delle più semplici melodie, riesce difficile anche ai dotati di squisito sentire se non soccorra l’armonia alla memoria. Avvegnaché i suoni ricordati sono facili a cancellarsi urtati che sieno da una sensazione alquanto discordante. Vili. Ma questa armonia non ha ella altro ufficio, non arreca alla musica altro vantaggio che questo di rendere più evidenti i caratteri dei suoni melodici? Rousseaunon gliene concede altri sul riflesso che la modulazione armonica si aggira principalmente sulle cadenze il ili cui numero è assai circoscritto, e la vorrebbe perciò sbandila come inutile frastuono che non concorre all’espressione. Quando però 1 armonia non avesse in sé altra forza che la suaccennata, contribuirebbe però sempre a rendere più estesa la facoltà rappresentativa della melodia fondata sui due elementi, tono e ritmo, nè potrebbe chiamarsi inutile frastuono. Che se poniamo niente ai diversi accordi di cui è ricca, ed al carattere particolare che li distingue, saremo persuasi essere in essi una fonte di espressione di colorito musicale tutto proprio, che nessun altro elemento possiede. Se ciò non fosse, a qual line tanti accordi che la teoria considera come dissonanti ed aspri ( e il sono infatti percossi isolatamente) e che pure si riconoscono di tanto effetto? Forse che il bisogno di scuotere il senso colla varietà, e con forti impressioni, è il solo motivo che ne giustifichi l’uso? non sappiamo crederlo. IX. Il principale e più evidente carattere della dissonanza si è l’urto di due potenze di carattere opposto dal quale emerge più determinata l’inclinazione ad un punto in cui le potenze urtantisi vengono a collidersi, punto che si prevede sempre con chiarezza quando siasi ben intesa la natura dell’urto, e che spiega la modificazione ricevuta nel conflitto dalle due potenze. E questa inclinazione non è soltanto dipendente dall’accoppiamento de’ suoni, a quei dati intervalli che diconsi dissonanti, ma ancora dal confronto che se ne fa colla tonica ricordata e dai suoni concomitanti, in modo che quegli intervalli che isolali sono analoghi, non Io sono menomamente nella modulazione quando è già stabilita un’idea di tonica. II vero carattere della dissonanza non in altro consiste al postutto che nell’inclinazione a muoversi prodotta dall’urto, come il vero carattere della consonanza è quello ESTETICA del riposo:, così come la maggior asprezza delle prime non nasce veramente dal rapporto matematico, ma dalla difficoltà d’intenderne l’inclinazione non ben determinata. Onde poi la preparazione che ne facilita 1 intelligenza serve a scemare l’urto che ne riceviamo. X. Convien intendere mollo largamente la spiegazione che i teorici danno della qualità consonante o dissonante degli in-, tervalli per mezzo del rapporto matematico, e persuadersi che il giudizio ne è allatto metafisico; altrimenti non potremmo concepire come fosse praticabile un sistema temperato che altera notabilmente tulli i rapporti 310.11 lasciando nella sua vera proporzione che l’ottava. Se la qualità consonante dipendesse o fosse limitata à cerli dati rapporti ne verrebbe per conseguenza elie un sistema di temperamento equabile don avrebbe più consonanze e l’inequabile non ne avrebbe che incerti toni. IN è vale 1 opporre che noi non siamo per avventura dotati di senso cosi superdelicato da risentirsi di tali minime alterazioni. Ne è prova contraria il disgusto che arreca qualunque più lieve stimazione anche nella melodia isolala. La pretesa varietà dei temperamenti che dicesi dover trovarsi necessariamente in una medesima orchestra per la diversa natura degli stronienti non è prova sufficiente a dimostrare la poca squisitezza dell’organo uditorio. L’esperienza dimostra che quelle orchestre solfatilo si uniscono in perfetto accordo, le quali si formano di professori avvezzi ad un medesimo temperamento, nè mai rinvenirsi in quelle loricate di soggetti raccolti da varie parti, comechò abilissimi, perchè avvezzi a temperamento diverso, non sì tosto possono convenire in un solo. Lo ripetiamo, il giudizio dell’armonia de’ suoni è affatto metafisico come io è quello dell’armonia dei colori nella pittura; e siccome questi appariscono belli in proporzione della maggior evidenza con cui ci rappresentano gli oggetti, cosi le dissonanze riescono di buon effetto a proporzione che rendono più chiaro ed espressivo il linguaggio de’ suoni. XI. L’armonia non solo rischiara e fa più salienti i caratteri che i suoni melodici acquistano dal confronto colla tonica, ma li modifica., li varia come modifica i toni stessi. Un suono medesimo infatti non acquista egli tanti caratteri quanti sono gli accordi da cui può essere accompagnato? La varietà degli accordi ili dominante e ili sottodominante e l’accordarsi la sottodominante del tono minore col tono mag [p. 98 modifica]giore può servirci a fare di questo un tono misto, il quale può convenire a tutte quelle espressioni di affetti dolorosi, in cui la /•vi j potenza morale pena a sostenersi. Ma più di tutto 1 inclinazione die quasi tutti gli accordi spiegano, e la chiarezza con cui ci fanno presentire quale 1111 accordo di tonica. quale un nuovo accordo dissonante, quale il tono maggiore, quale il minore, e le sorprese e gì inganni di cui sono suscettivi fanno dell’armonia un linguaggio veramente espressivo che vi rappresenta un corso di vicende, di timori, di speranze, di sorprese, di consolazioni, di urti; un quadro insomma dell’umana vita. E fra tante armonie irrequiete un solo punto di riposo, una tendenza continua a quello, una necessità assoluta di averlo presente alla memoria, talché ove venga a smarrirsi subentra immediatamente la confusione, la bruttezza, un disgusto reale, insoffribile; e finalmente le dissonanze che la melodia aggiunge alfarmonia e che pure passano inavvertite. sempre che il carattere ne sia intelligibile, provano che il rapporto è una circostanza meramente casuale e che perciò il senso essendone estetico è indubitato essere estetiche le proprietà dell’armonia. Ma confrontiamo tra loro questi elementi onde il vero ufficio di ciascuno si dimostri più chiaramente. XII. Il tono, dicemmo, è la rappresentazione dello stato della potenza morale, ma il tono si manifesta nei due elementi Melodia ed Ai •monia. La melodia è l’accento dell a voce di chi esala i propri sentimenti, è Una sostituzione alle inflessioni della voce nella più semplice declamazione, e se si vuole alla parola medesima, ond’è che a significare che un qualche esecutore suona con espressione, anche il volgo usa dire eli’ ei là parlare il proprio istromento. In falli chi è che all’udire una melodia da un istromento qualunque non ricorra col pensiero ad un essere vivente che esprime in tal modo i propri affetti, e non se lo figuri di forme analoghe al carattere di quella voce eli" egli ode? Fa stupore che uomini educati al bello delle arti abbiano confuso il canto della donnicciuola che sta cullando il bimbo per addormentarlo, e dell’artiere che fa più lieve il diuturno faticare col canto drammatico, trovando assurdo che vi si muoja cantando, cioè esprimendo con un linguàggio proprio gli ult imi accenti, mentre poi non si trova assurdo che questi accenti siano in versi. Conviene aver sentito la Pasta, la Lalande, la Malibran, la Mor’andi. e Lablache e Tamburini, e Donzelli, e Rubini, e Tacchinardi e Filippo dalli iielfAgnese, nella Gazza Ladra, nell’Otello, nella Giulietta e Romeo, nel Pirata, nella Straniera, nella Norma per convincersi della verità che può assumere il canto drammatico, e come sparisca persino l’idea d’artifizio quando l’arte ha raggiunto quel sommo grado di sentimento. XIII. Provatevi però ad isolare quelle qualunque siano molodie più espressive togliendo l’accompagnamento, e presentatele così eseguite a chi non le abbia da prima intese, non vi otterranno presso che alcun effetto, tanto perchè il carattere dei suoni non può essere sufficientemente determinato, quanto perchè manca un elemento © che ha una rappresentazione, una missione dV) tutta propria, una speciale prerogativa di Vj farne conoscere le commozioni più intime, g® tutto lo stato dell’animo del personaggio Hi reale o ideale che ci parla il linguaggio della melodia, dando, diremmo quasi, voce sensibile ad ogni fibra vitale, ad ogni sensazione od oscillazione ricevuta dalle potenze esteriori e dalle passioni. La parola, benché concorra alla dichiarazione del senso melodico individuando ciò che i suoni non presentano che sotto forme generiche, non potrebbe supplire al1 armonia; perché ogni volta siasi innalzata la declamazione al punto di divenir canto è d’uopo’ che tutti gli clementi dell’arte concorrano a rendere completa l’espressione dell arte medesima, Così, benché i contorni di una figura bastino a farvela intendere, pure desiderate vederne il colorito, le ombre, gli atteggiamenti. gli oggetti su cui porta 1 azione o di cui riceve l’impressione per intenderne lo scopo, la vita. Fin qui però l’armonia non è considerata nella modulazione da tono a tono, modulazione che sarebbe quasi nulla senza di questo elemento, e il di cui significato vuoisi ben intendere. Il tono è la maniera di essere dell’ente ideale annunciato dai suoni: il cambio di tono è dunque una modificazione di esistenza ancorché non si passi dal maggiore al minore o viceversa; una modificazione che ha il carattere d aumento o diminuzione spiegato dalla natura degli intervalli cromatici con cui s’effettua il passaggio, non meno che dal confronto elio facciamo più o men facilmente del nuovo col tono lasciato. che nell’arte dicesi relazione o affinità. E queste modificazioni ora tenui ora forti, ora presentite, ora improvvise si comunicano aU’ascoltante e ci fanno prendere tanta parte alle vicende di quell’ente perciò appunto che celo dipingono della nostra medesima natura e come noi accessibile ai dolori ed ai piaceri della vita. Non occorre qui sceverare tutti quei passaggi di tono che senza l’armonia non sarebbero possibili, nè tampoco determinarne il senso. Il sentimento ne giudica o li classifica meglio di qualunque ragionamento quando la riflessione ha scoperta l’analogia che hanno colla vita Oh Il ritmo a cui Rousseau, e, come narra un articolo del Teatro Universale, lo stesso Rossini ascrivono tutta la facoltà espressiva della musica, si giova deH’armonia. mentre che le porge nuova forza. Infatti togliete l’armonia, forza è ridurre il canto al ritmo della canzone popolare. mentre per l’opposto il ritmo svariato nelle melodie secondarie lascia più libertà alla melodia principale di seguire l’impulso del sentimento. e intanto quella riunione di ritmi dichiara sempre maggiormente il senso musicale e rende l’espressione più estesa, più analoga, più’evidente. M.° R. Bouciiebox. {Sarà continuato). (I) Pubblicandosi questi articoli sulla filosofia della musica separatamente dal nostro Trattato d’armonia, sebbene elaborati su di un unico principio, crediamo bene di darne qui un’idea, ond’essere meglio intesi,; Parlando delle consonanze e dello dissonanze ivi osserviamo: l.l’L’intervallo di ottava essere sì rassoniigliante coli’ unisono da confondersi col medesimo, 2.° la quinta naturale distinguersi dall’unisono, nta armonizzare perfettamente con esso senza che perciò ne risulti un vero carattere morale determinato, epperciò essere l’accordo di prima, quinta e ottava proscritto siccome vuoto. 3.® Che se. si rivolti la quinta in quarta si avrà la sensazione di stravolgimento, l’idea di un disordine spiacevole benché non accompagnato da vero urto, motivo per cui quest’intervallo è da molti teorici annoverato assolutamente fra i dissonanti, 4.° più armonico risultare l’intervallo di terza maggiore 0 minore ed il rispettivo rivolto a motivo che i due suoni si caratterizzano a vicenda con somma facilità di intenderli. Facendo pertanto un gruppo in cui siano compresi tutti questi intervalli senza alcun altro si ha un accordo completo, caratteristico, armonioso, senza urti, il quale perchè appagante per sè medesimo dicesi accordo perDELLE PRESEMI CONDIZIONI BEIAA MUSICA. ARTICOLO III. (Vedi i N. 17 e 20 di questa Gazzetta). Una seconda opinione, che nell’articolo comunicato dal chiaris. sig. Melimi e dato nel N. 5 di questa Gazzetta, ci parve di scorgere non conforme alla verità, è quella che l’arte della musica sia al tempo nostro venuta a tal confine di squisitezza, che impossibile sarà ai venturi di farla più innanzi progredire. Egli che nei saggi del secolo passato vide non altro che i fortunati esperimenti della pittura del secolo di Giotto, non avvertì di considerare, che (l’un salto ella non poteva volare all’apice del suo perfezionamento. e che da Giotto a Ratlaello passarono senza meno due buoni secoli: due buoni secoli non sono passati da Cimarosa a Bellini, Perseverando nel suo sistema di comparare l’una arte coll’allra, noi non possiamo dimenticare che dall’uno all’altro dei suddetti luminari pittorici la storia registra come grandi favoreggiatori dell’arte i nomi de Gaddi, del R. Angelico, del Masaccio, di i Leonardo, del Sansovino. del Bonaròtti, 7 quali tutti, al dire della prefazione sanesrt alle vite del Yasari, insieme con gli altri artefici italiani sembrali nati a spiafetlo. Tale accordo può presentare due diversi caratteri senza perdere di sua perfezione, dipendenti dalia proporzione dell’intervallo di terza, c lo diciamo accordo maggiore se la terza è maggiore, minore se tale è la terza. La sensazione prodotta da quésto accordo si può dire una sensazione equivalente a quella che darebbero i suoni della scala intiera battuti successivamente, la quale scala non è clic la somma dei suoni di tre accordi perfetti omogenei distanti l’uno dall* altro per l’intervallo di quinta naturale. Siano ad esempio gli accordi fa, la, do; do, mi, sol; sol, si, re: la somma dei suoni dati ed approssimati per intervalli di seconda, sarà, do. re, mi; fa, sol, la, si, do. prendendo per principio e (ine il suono su cui unicamente può aversi ii sentimento di perfetto riposo, sia ascendendo clic discendendo, e questo suono, uno dei tre fondamentali, è quello che diciamo Tonica, mentre al primo fondamentale fa ( quarta del tono ) diamo il nome di sotto dominante c quello di dominante all’ultimo fondamentale sol (quinta del tono). £ clic tale sin la derivazione deli.t nostra scala diatonica ne c prova l’accompagnamento più naturale della scala medesima, e bordine degli accordi più essenziali della vera cadenza armonica i quali sono tonica, sottodominante, dominante e tonica. Provate ora la sensazione de’ due suoni simultanei a qualùnque intervallo non compreso ncH’aceordo perfetto, e ne risulterà il sentimento di un urto che vi fa presagire un movimento di quei, suoni ad un altro intervallo. Quest’inclinazióne a muoversi, questo presentimento di una nuova sensazione è ciò che diciamo dissonanza, e si fa più o men chiara, 1.° secondo l’intervallo dei due suoni da cui deriva: 2.° dall’omogeneità di carattere degli intervalli o suoni che vi si aggiungono a compiere l’accordo i quali distruggono le omologie di intervalli. 3.° Dalla idea di tonica preesistente la di cui influenza distrugge ogni omologia di accordo, -i 0 E finalmente dalla situazione agli estremi anziché alle parti medie di almeno uno fra i suoni che costituiscono l’urto. L’intervallo che per pròpria natura più diflicilmente si intende è la settima maggiore benché commista ad intervalli tutti consonanti: per renderla praticabile, cioè per dichiararla,’ non vi è altro mezzo fuorché o prepararla, o preparare l’accòrdo a riceverla, c ciò sia detto «li qualunque dissonanza troppo cruda a sentirsi senza preparazione. Ma se la dubbiezza di carattere nasce da poca omogeneità dei suoni intennedii, anziché dall’intervallo dissonante, basta a toglierla l’idea ben chiara della tonica. Cosi l’accordo di settima minore cui si frapponga terza minore e quinta naturale è meno armonioso di quello in cui si pongono terza maggiore c quinta naturale, o terza minore é quinta diminuita, sebbene questi contengano una dissonanza di più. 1/ intelligibilità è ancora quella ch§ segna i limili delle transizioni da tono a tono. Cangiar tono è còme cangiare il punto di nostra ubicazione. Noi abbiamo bisogno di sapere dove siamo, in ogni momento di nostra vita, e se una potenza nel costringerei a mutar luogo ci impedisse di intendere dove ci ha trasportati, e la strada che ci fece percorrere, in quel nuovo sito non avremmo nè sicurezza nè posa. < T sentimenti destati dalle arti non variano da quelli f che si suscitano nelle diverse circostanze della vita, so- V lamente sono di questi assai meno intensi in proporzione della minor influenza sulla vita istessa, e della | suscettibilità di ciascuno a risentirne gli effetti ed esserne y commossi.:. (t bra [p. 99 modifica]zetta). narla via all’eccellentissimo Raffaello. Raffaello non sarebbe stato RalFaello senza l’opera matura de’ suoi maestri, senza la fatica incessante sleali anni, die aggiungendo ‘ingegno ai frutti dell ingegno, 1 esperienza al tesoro dell’esperienza, furono in certa guisa i preparatori dello sgabello glorioso, su cui venne meritamente a posarsi. 1 secoli, padri de’ grandi intelletti. non camminano con passi ineguali, né si mostrano nel generare troppo fecondi. Solo le istituzioni degli uomini cangiano l’equabilità dei prodotti dei secoli. lina gradazione ancorpiù insensibilmente progressiva ei scorge poi nella storia pittorica della Grecia elle dee riguardarsi come la vera madre di quest’arte, in quel modo che l’Italia lo è della musica. Al signor Meliini. che dotto è di pittura, è supertluo il rammentare, che il gran dipintore della Venere e della calunnia fiori dopo il suo maestro Parafilo: Parafilo dopo il suo maestro Eupompo; Eupompo dopo Apollodoro d Atene; Apollodoro d Atene dopo Poliglotti da Jaso: Politolo dopo Bularco; Bularco dopo Rodio, e questi dopo Cimone eCleofante A). Confidando nell opera degli anni, appunto per la deduzione che si può fare dal paragone della pittura, non senza molta ragione deesi inclinare a credere che la musica possa in progresso migliorarsi, ritenuto, coni egli asserisce, che solo al tempo nostro la musica incomincio ad essere un dramma,,. ed un dramma, fu musica. Come mai sarem noi già pervenuti alla fine, se or ora appena siam giunti all incominciainento?... E non disse egli, l’egregio sig. Melimi, che solo all’apparir di Bellini apparve insti le scene il vero, il miglior melodramma / Sarem noi ragionevoli volendo pensare eh egli solo, l’autor della Nonna e della Sonnambula; sia l’alfa e l’omega di tutta la pantografia musicale?... Nè le prove ch’egli accampa che Rossini e Bellini siari ìe due fatali colonne d’Èrcole, oltre le quali non sia più possibile progredire, son tali che possano sembrare inoppugnabili a chi fosse d un avviso contrario. Assoggettando 1 uno e 1 altro ad un esame analitico, scevro di passione e pregiudizio, esame che senza dubbio e senza spirito di parte verrà lentamente operandosi dall attrito delle opinioni e dal volgere del tempo, agevolmente si può determinare quanto amendue si discostassero dalla possibile perfezione. Rossini fu certamente un genio gigante per inspirazione melodica. Fu l’Ariosto, fu l’Omero della musica. Egli riempì del suo nome e delle sue opere il mondo tutto, come s’esprime il sig. Meliini: fu l’Alessandro dell’arte, come disse il sig. I’erotti. Ma ciò che mancò a Rossini io non lo conterò a chi molto animosamente stampava, che dal punto che un pirata, da fiera fortuna lanciato in sul lido. pietosamente narrò le amorose sue pene... da. quel punto, come fu già detto, la musica incominciò ad essere un dramma, e un dramma fu musica. Rossini, genio per l’immaginativa e pel magistero musicale maraviglioso, è colpevole, come tutti sanno, d’aver troppo sovente tradita la vera ragione morale dell’arte, quella di significare e colorire colf indole della cantilena e coll espressione della nota il sentimento espresso dalla parola. Egli non vide nei (0 Non occorre neppure ricontargli che anteriori ad ’ììNN’ò Apelie furono Protogene, Zeusi, Parnasio, limante con quegli altri tutti clic sarebbe troppo lungo il nominare, ed anche intempestivo. - 99 suoni che un mezzo per vellicare, sedurre, iuehhriare’ il senso dell’orecchio t*). Per secondare il filo aureo della sua melodia, egli lui troppo disprezzato il verso, il carattere, l’azione del dramma, (^uasi ignorando che la musica, oltre la facoltà d impadronirsi dei sensi, ha un intimo linguaggio per l’anima, egli non aspirò quanto avrebbe dovuto ad entrare nell animo altrui. La vera, la profonda, la sublime passione non trovò che un eco intermittente nel suo cuore: fu un fiume di bei suoni, ed un rigagnolo d alletti. Per ciò tra le opere sue come esempio di bello estetico si cita con tanta frequenza, ed è tanto famosa, la sola parte liliale dell’Otello. Pare a qualcuno eli’ egli non sia stato esteticamente grande che nel Barbiere ili Siviglia.. parlando del tutto degli spartiti 5 perchè il suo spirito più da Democrito die da Eraclito, più da Walter-Scott clic da Rvron, più da Goldoni clic da Alfieri, riesce meglio nel sorriso che nel patetico, meglio nel sensuale die nel sensibile, meglio nel comico che nel tragico. Si direbbe che fu per 1111 accesso di sentimento simile ad un’effimera ch’egli compose lo stupendo liliale di Desdeinona. Da una febbre uguale egli non fu assalilo mai più; e fu gran peccato. perchè egli 11011 avrebbe fatto soltanto de prodigiosi lavori di musica, ma avrebbe composto dei sublimi melodrammi, e più d un Guglielmo Teli. Bellini,che il sig. Melimi stima come il perfezionatore dell’arte melodrammatica, e dal quale egli con pace di tutti ordisce il miglior tempo di quest’arte preclara, fu sicuramente, se 11011 il primo, di certo il più soave, il più vero, il più appassionalo, il più giudizioso ili lutti gli scrittori di musica scenica; fu il Tasso, il Virgilio della melodia sentimentale. Animò, inspirò le note d una favella non prima conosciuta: la sua idea musicale fu 1 idea del poeta. Parve ei solo il compositore cosi del canto come della poesia. Colle llessioni dei suoni, coll accento delle note, colle transizioni dei modi informò, immedesimò cosi la declamazione melodica colla pura declamazione della parola, die niuno per certo l’ha superato nell esprimere filosoficamente, protendali) A conforto di qucsl’assci’zionc, clic ad alcun troppo accensibile ammiratore può parere irriverente, si possono recare le parole medesime di Rossini, se, come YOgliam credere, esse furono fedelmente riportale dall’anonimo bolognese, eue non e molto eolia spada ni Rodomonte scese a combatterò per! invulnerabilità del genio pesaresò. A proposito del suo titubai parlando a eli e/l’eito che Ucce produrre la musica, disse egli positivamente di’elle deve cercare il’interessare V audizione depli ascoltatori e di procurar loro tjradeuoli sensazioni, in vero, se non erriamo, a noi sembra che Kossini abbia qui espresso con molto candore ii suo modo di sentire. Non pensando die al iisico egli non vuoi produrre cne sensazioni gradevoli: ma sarà ella poi inelullaudò cotesta sculeu/u all occliio della blasona? E gii alletti, le commozioni; le passioni deil animo non entrali clic per nulla nella musical Sarà egd un sogno d’infermo quella divisione con tanta cura stabilita dai pensatori dei tisico e del morale, dei bollo òSleriorò e nell’interiore, de’godimenti materiali e dello spirito, di tutto citò in somma distingue ie azioni e le percezioni degli enti morali e tisicir L’amore 11011 sarà egli altra cosa die la voiultà de sensi, e l’anima non potrà ella godere e soffrire senza ii soffrire e godere dei corpo? Aon deve cila la musica parlare non pure all’orecchio, ma giungere nei segreti del cuore per ivi accendere e destare quegli alleili medesimi die l’hanno inspirata? L’anima 11011 cerca l’anima, come la materia? E non è questa la legge del simile che ricerca il suo simile? No, la tilosotiu non avrebbe indicato lo scopo della musica colle parole di lìossini retiate dall’anonimo bolognese. Le arti imitative ottengono l’effetto loro non solamente procacciando gradevoli percezioni coll’organo dei sCnsi, ina cercando di destare, d’avvivare, di suscitare nell’animo altrui queile medesime passioni, quei medesimi sentimenti che assumono di esprimere e significare. Perciò il poeta che insegnava al poeta non gli diceva solo: diletta per dilettare sensualmente, che questa sarebbe arte meretneia, ma dicevagli: piangi per far piangere; e questa è la vera opera dell’ingegno, da cui ridonda il supremo, il nobilissimo diletto, quello dello spirito. niente, sensibilmente le passioni. Fu mirabile nell’appropriare lo stile musicale al carattere del dramma, modificandolo a parte a parte secondo la natura individuale delle scene, interpretando il senso intimo delle cantilene, in guisa che esse avrebbero tuttavia la stessa significazione quasi anche senza la parola. Fu l’autore del Sanile nella Norma, e fu il Torquato delXAminta nella Sonnambula. Ma Bellini mancava del gènio irrompente di Rossini; mancava di magnificenza, di ricchezza nell’uso delle armonie; era talvolta troppo semplice, troppo uniforme in certe disposizioni delle parti; talvolta troppo spezzato, troppo sillabico nelle melodie; e senza dubbio 11011 valentissimo nella combinazione ilei veri grandi pezzi di concèrto a più voci, dei quali per verità 11011 diede alcuna prova cospicua. L’intrecciamento e l’accordo di più melodie fu una cosa quasi da lui non tentata. Nulla ha egli prodotto elio sia da porsi a fronte col gran quartetto di Rianca e Fallino, per citarne uno di più connine conoscenza. Con siffatte imperfezioni die ogn’intelligente spassionato riconobbe e confessò le tante volte prima di noi nei due nonplus-ultra musicali del secolo decimonono, penserebbe assai svantaggiosamente della potenza dell’umano talento chi bramasse ostinarsi a ritenere, che non possa nascere un uomo, che accoppiando il genio immaginoso dell’uno col genio affettuoso delI altro, potesse dare al mondo una serie ili creazioni, che uguagliassero la grandiosità del concetto di Michelangelo e la vita e l’evidenza delle tinte di Raffaello. Farebbe oltraggio all’onnipotenza della natura chi pensasse ch’ella non possa ancor dare un Rossini colf ingegno filosòfico di Bellini, ed un Bellini coll’estro omerico di Rossini. Donizctti, per addurne alcun esempio, se non di questa misura tli capacità e d’inspirazione, sarebbe stalo tli questa tempera, ove avesse posto maggior cura nel perfezionare i lavori suoi, elio troppo sovente sentono l’estemporaneità d’un poeta che improvvisa. E per verità II olii considera la bella struttura della sua mente, e la privilegiata natura del suo spi! rito, egli è quasi un cordoglio ove si guardi j il cammino’ da lui’corso, e quello che avria potuto correre. Se, come imitò Bellini nella soavità del canto e nella filosofia del1 espressione, lo avesse emulato nella posatezza, nella sludiosilà, nella finitezza del— 1 operare, egli avrebbe potuto agevolmente I vincere il suo modello. Bello coni’ era di tutti i colori del camaleonte, sé poche volte fu superiore a sè stesso, avria potuto j esserlo sempre, e le sue opere sarebbero men vulnerate dall’incuria e dalla ricordanza dell’altrui.. (Sarà: continuato). BIBLIOGRAFIA. Nuova Opera criticii-stos’ini sulla musica religiosa. Il dotto e severo critico francese che da dieci anni a questa parte così conscienziosamente si adopera a richiamare l’arte musicale alla sua verace missione,• che combatte con tanta lodevole insistenza l’opinione che ad altro non è intesa che a far tli quest’arte un mero e frivolo oggetto di moda, il sig. Giuseppe d’Ortigue Ila teste compiuto il suo Coi’so sopra la musica religiosa, incominciato nel 4856, e prosem L 1 [p. 100 modifica]guito quasi senza interruzione sino al di d’oggi. Lasciando qui da parte la musica drammatica e la musica instromentale, le quali accuratamente c completamente egli La esaminalo negli applauditi suoi libri del lia/con de 1 Opera da Théàlre italien e De son influence siti’ le goùt musicai eri Fran.ee. ed ancora in moltissimi altri opuscoli spicciolati, l’autore rimonta all’origine della musica religiosa neH’auticliità, c sco"a sua intima alleanza colla parola, pre il scuso nascosto delle tradizioni favolose riguardante gli effetti prodigiosi di quest’arte nel nascimento della civiltà! Venendo quindi al cristianesimo, egli mostra che 1 instituzione del canto fermo fatta da Sant’Ambrogio e da San Gregorio nel quarto e sesto secolo, è conforme all’antica idea che il canto fermo sia una forma di culto, e clic il suo sviluppo è in ragione di quello della liturgia. Con una transizione al tutto ovvia lo scrittore viene a parlare dell’organo, clic é 1 orchestra cristiana, istromento e monumento della fede. Questa parte del suo lavoro, alla quale si vede che egli ha posto Ogni cura, e la più erudita, per nostro avviso, e la più importante, c riempie un vano nella nostra letteratura musicale. Perocché, quando si eccettui la grande opera del benedettino don Bedos, sopra la costruzione degli organi, lavoro esclusivamente eonsecrato agli artefici, noi non possediamo in l’rancia alcuno scritto sopra questo stromento. Il signor d’Ortigue ha considerato l’organo rispetto alla sua origine, rispetto al meccanismo della sua struttura, ne’suoi rapporti colla liturgia, coll’architettura cristiana, co’ progressi dell’armonia, colf orchestra, e colla istrqmenlazione. Questi diversi punti di veduta sotto la penna dell’autore sono copiosi di elevate considerazioni, e di insegnamenti cosi nuovi come ingegnosi. Il Cours sur la musique religieuse contiene in oltre una completa filosofia dell’arte musicale, che l’autore rappresenta come inerente e mista al senso della parola. I vari sistemi che sono chiamati tonalità a lui paiono altrettanti idiomi, dialetti musicali forniti d’espressione e di caratteri particolari. Egli rileva dei punti di contatto non solamente fra la parola e la musica, ma ancora quelli della musica colla poesia, coll’architettura, colla scultura, colla pittura. Tutto ciò a noi sembra fondato non su vaghe comparazioni, ma sull’accurata osservazione de’principii comuni a tutte le arti, e del peculiar magistero di ciascuna di quelle. Venendo finalmente il signor d’Ortigue alla divisione dei differenti generi di musica, li distingue in tre principali, aventi ciascuno uno scopo a sé, un modo speciale d espressione, quantunque sieno nondimeno fonduti gli uni su gli altri, e scambievolmente si diali mano fra loro. E sono: la musica religiosa, espressione de’ rapporti dell’uomo colla divinità; la musica drammatica, espressione dell’uomo coirli altri uomini; la musica istromentale, espressione dei rapporti dell’uomo colla natura e col mondo sensibile. Noi non possiamo dare qui che una sommaria idea di questo voluminoso ed importante lavoro, il quale potrà essere nella sua integrità apprezzato solamente quando sarà riunito in nn sol corpo. Cosi sarebbe da confortarsi il signor d’Ortigue a pubblicarlo. (./. d. D.) RETTIFICAZIONE. Il nostro collaboratore signor T. cui dobbiamo i due articoli •Schizzi storico-musicali da Guido d: Arezzo fino a Pcilestrina, ci comunica la’ seguente AóTÀ cu ei desidera pubblicata. «Eu uà taluni osservato essere asserzione; erronea «che la settima noia della scaia venisse scoperta uà «Guido a*Arezzo siccome e uclto nell articolò preee«dente (vcui n.u 18). Noi rimandiamo 1 accusa di errore «a coloro die vollero a noi applicarla, avvertendo che «Gafforio fra gli antichi, e Ldbóràe fra i moderni at«tribuiseono la suddetta scoperta a Guido, e che Vil«(agre nella storia Dcs proijrés de la Musique, et de «soii in/lampe sur la civUisation, dice ciliare e tonde «le seguenti parole: Guido1àjouta le Si poùr indiquer «la septième deijré de la gamme.... Ci pare bastante «franchigia la riunione di queste tre autorità. Non pos<* siamo però tacere che molti altri storici riferiscono ad «un’epoca di molto posteriore la invenzione della sct«lima nota della scala». T. MUSICA SACRA. Seconda messa solenne per quattro voci a grand’orchestra di Cherubini* Questa messa eseguita ultimaménte nell’Accademia di canto a Berlino, vi produsse una generale grandiosa impressione, ed è una delle migliori musiche ecclesiastiche moderne. N°. 1. Il Kyrie incomincia con un larghetto in re minore in modo misterioso e spirante pia devozione. La preghiera del coro sotto voce è accompagnata da semplici legale ligure de’violini, e da accordi tenuti pp. degli strumenti da liato sino ad un breve forte prodotto da un crescente armonico, che presto si perde, su di clic risuona il Chrisle eleison in un canto melodico a quattro soli con istile e trattamento da maestro. Torna il Kyrie rinforzato nella medesima forma, e termina con una bellissima fuga. N.° 2. Tanto più splendido segue il Gloria in re maggiore, ed impone colle sue trombe e timpani, e dopo le dolci melodie dell’Kt in terra pax, chiude di nuovo col modo pomposo del Gloria. N°. 3, 11 Gratias, per soprano, tenore e basso, ha un canto intimamente liliale, a guisa d’imitazione, accompagnato colla nota abilità di Cherubini da un flauto obbligato, oboe e dal quartetto degli strumenti da corda. Questo terzetto c uno de’ più interessanti pezzi della messa. Grandioso è il Qui tollis (andantino largo in si minore) per una piccante ligura del primo violino ed a soli degli strumenti da liato. Molto pregevole è il Misererò nobis per l’espressione e ricca modulazione. La chiusa cromatica all’unisono è di particolare effetto. Il Quoniam incomincia con un a quattro, parte a soli, parte uniti, e termina con una splendida magistrale fuga nelle parole: cum sancto spirita. Il testo del Credo, il meno approprialo al trattamento musicale, fu trattato dal gran maestro con mirabile facilità, impiegandovi molti molivi musicali, riserbando lo stile sublime e la espressione commovente perl’asei delV Incarrialus, con obbligati strumenti da liato e strumenti da arco in parte pizzicati; il tutto forma un eccellente pezzo vocale. Molto originale è il coro Crucifixus in la minore, cantato pianissimo in unisono sull’unico tono mi, accompagnato da una figura di legato de’ violini e di staccalo del basso, sino al fortissimo dell5Kt resurrexit col magnifico ingresso de’ corni e trombe. Et in spiritimi sanctum in sol maggiore cantato da quattro voci unite ed alternative, termina con artifiziosa fuga sull amen. II Sanctus comincia in modo sublime, maestoso in la maggiore, cui si unisce l’Osanna in tempo 3 e 4 allegro vivace, il commovente Benedictus con breve solo di soprano in do maggiore, larghetto, ne forma un contrasto, ed ha per accompagnamento dolce il quartetto degli strumenti d’arco coi clarinetti e fagotti. Il maestro esperto e geniale risparmiò la grandezza e ricchezza de’ suoi mezzi d’arte per VAgnus Dei. Dopo una dolce introduzione dell’andante moderato in re maggiore, cominciano le quattro voci inaspettatamente il canto spianato sull’accordo di si minore, continuato piano dal coro con imitazioni al Misererò, sino alla ripetizione doli’Agnus Dei nella dominante in fa diesis minore, segue il quartetto col Qui tollis c chiude unisono,in la, su di che l’accompagnamento entra nella tonica, e prepara mercè l’accordo di settima al Dona nobis pacem ( allegro re maggiore ). L’Agnus Dei alterna poscia col Dona nobis in modo fugato molto artifizioso, finalmente pp. in una fermata. L. NOTIZIE VARIE. -- Milano. La nuova cosi detta azione mimico-fanlastica data alla Scala dal sig. Filippo Taglioni s’ebbe poco lieta fortuna. La tanto celebrata ballerina signora Maria Taglioni indarno si provò ad animare colla meraviglia delle sue grazie e ad illeggiadrire colla tanta virtù della sua danza un povero contesto di casi ai quali manca il vero interesse e la grandezza del genere meraviglioso. La musica di composizione del maestro Panizza è lodata dagli intelligenti. — La sera di giovedì or passalo, nella casa dell’esimia dilettante, signora C. G., si udirono diversi pezzi di musica, altri concertali per piano ed istromenti d’arco, altri per canto eseguiti sì questi che quelli con una perizia che di rado si ha a lodare nelle private ricreazioni. — La signora Cambiasi ebbe a cogliere le più vive congratulazioni pel brio, per la vivezza d’accento e oi tocco e pel raro suo magistero nel superare le più ardue difficoltà. Vorremmo avere spazio da poter dilTonGorci nelle dovute congratulazioni affé gentili sue sorelle le madamigelle B, le quali si distinsero iu un bel duetto per camera del maestro Gabussi. Ma la brevità a cui siamo costretti ci toglie di tutte esprimere le emozioni da noi’provale, c di tributare le dovute lodi anche al sig. Piatti valentissimo violoncellista. — Non chiude-, remo questo cenno senza encomiare singolarmente c la saviissima scelta de’ pezzi (tra quali fu specialmente notato un elaboratissimo sestetto di Mirescki, maestro della Cambiasi, un trio di pregevole fattura, della signora contessa N’ara distinta dilettante, cd una fantasia sulla Aurina di Thalberg, non che un’aria del Don Giovanni e del Guglielmo Teli), non che la non comune perizia con cui le diverse composizioni vennero interpretate. — Vienna. Teatro italiano. Lettere private c degne di fede ne confermano il pieno successo del nuovo sparlilo di Donizetti, intitolato Linda di Chaumonix. — Le parole sono di Rossi, ed abbenehè non’sia il soggetto che un raffazzonamento del dramma francese A la Grace de Dieu, vuoisi tuttavia che il Poeta o Librettista siasi cavato d’impiccio non male. Quanto alla musica sembra non esservi stato pezzo che non abbia avuto applausi, ed applausi anche caldissimi. — La sinfonia, che ne si dice di genere fantastico, preparò bene l’udienza. Nel primo alto l’Introduzione, la Cavatina di Varese furono lodate per venustà di forma e pensiero. Un’Aria di Rovere ebbe effetto grandissimo per un cotal crescendo che porta ad un tutti vivissimo e nuovo. A questo pezzo segue una breve Ballata cantata dalla Brambilla, poi un Duetto fra la Tadolini e Modani, nell’ultimo a due del quale fece mirabili impressioni un largo rinforzare di tinte nell’esecuzione di due artisti. Poi ancora un Duetto fra Varese c Dérivis, nel qual pezzo Varese commosse l’udienza alle parole Perchè siam nati poveri, Ci credon senza onori La Cabaletta pur di questo Duetto vuoisi di un effètto non minore a quella del noto Duetto de’ Puritani. — Così almeno ne assicura il nostro corrispóndente. L’atto primo che sembra lunghetto anziché no, viene chiuso da una Preghiera di Dérivis interpolata dal Coro. — L’atto secondo contiene un’Aria di bel canto della Brambilla, un Duetto (bello da capo a fonilo) fra la Tadolini e Rovere, un altro Duetto fra la Tadolini e Modani, un ulivo Duetto ancora fra la Tadolini e Varese,esc non vi basta, un’aria finale della Tadolini. Di tutto ciò si tesse lusinghiero panegirico. — Un bel Coro e nuovo apre il terzo atto, poi segue un Duetto fra Modani e Dérivis. Poi un’altra Aria buffa; ini’ altra Preghiera, ed un altro Dilettino chiudono quest’Opera, il cui esito brillantissimo e al tutto degno del nome dell’illustre autore dell ’Anna Polena, costringe la Gazzetta Musicale a deviare dal suo sistema di non occuparsi di notizie teatrali, c la fa lieta di potére, non ultima, annunziarlo a’suoi lettori. La proprietà di questo spartito, destinato, a brillantissima fortuna, fu comperata dal nostro Giovanni Ricordi. — Parigi. L’editore Richanlt ha fatto acquisto di quattro nuovi manoscritti di Beethoven, che compongónSi di una sinfonia in partitura e a grande orchestra scritta nel 1805, per la prima rappresentazione del Fidelio c di tre pezzi di canto appartenenti pure alla medesima opera, cioè un’aria con cori, un duetto a due soprani cd un terzetto. Il suddetto editore ha già pubblicato tutte le sinfonie di Beethoven; quelle in partitura accuratamente corrette si vendono in ragione di sei franchi cadauna, onde ogni studioso della bell’arte possa trovarsi in grado di comperarle. — La sezione di musica dell’istituto, composta de’signori Berton, Auber, Halévy, Carafa (il sig. Spontini è a Berlino), ha deciso nella sua seduta di sabbaio 30 aprile che non ha luogo altrimenti per ora il rimpiazzo di Cherubini nella carica, e tutte le sezioni riunite hanno confermato questa decisione. In conseguenza, conforme agii statuti dell’accademia, l’elezione è rimessa di qui a sci mesi. — Lipsia. Malgrado la stagione inoltrata, il concerto di Ernst aveva attirato un numeroso pubblico: il Carnovale di Venezia del famoso violinista più di ogni altro pezzo è stato applaudito con entusiasmo; dopo Paganini non crasi sentito nulla di più originale. NeH’isfèssa accademia, Mcndelssohn Bartholdy ha suonato con Ernst e Weismann un triodi sua composizione. Questo celebre maestro quanto prima deve recarsi a Londra per dirigere due concerti a quella società filarmonica. — Liszt fu nominato dottore di Musica del l’Università di Kónigsberga «propter consummalam artis musicae doctririam itsumque admirabilem orbis terrarum plausibili comprobatum», così dice il diploma. Praga. — Il concerto di commiato della giovinetta Sofia Bóhrer ottenne un esito più clamoroso ancora dei precedenti. Dopo Liszt nessun altro pianista giunse a suscitar in Praga più viva sensazione di quella che destò la Bohrer, ragazza dotata di raro ingegno, c di grande abilità. Essa si produsse ne’ più difficili e faticosi pezzi di Liszt, Thalberg, Chopin, Beethoven, Moscheles, ecc. — Saintc Cécile è il titolo (l’un nuovo Oratorio del signor Rungcnhagen, direttore dell’accademia di canto, e che è stato eseguito dai membri dell’accademia medesima. Le prime parti sono state cantate dai signori Martins, Bcetticher, e da madama Gassmann. Il compositore ha colto gli universali suffragi. Un mottetto del sig. Run genhagen, Angelorum cantus die nativitatis Christi è uno de’ più ammirati in Germania; i suoi solfeggi facili sono adottati dall’Accademia, e in tutti i collegi di musica. Si spera clic questa Santa Cecilia sarà presto pubblicata. GIOVANNI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. NB. Si uiiìsee a questo foglio il jìezzo N. 5 (lell’ANTOLOGlA CLASSICA MUSICAMI. In «etto de* prossimi fogli si darà mi*estesa Agiografìa di FA/tS/MXO. Wall’I. R. Stabilimento JYazionale Privilegiato «li Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale «li GIOVANNI MIC’OIAWI* Contrada degli Omenoni N* 1720. N. Ï Si pubblic danno ai sij classica anti lume in i.° apposito elei TOLOGIA CLA <y A genere; indicano un gran lo spiri modo d l’arte i intorno affannos dal liiso vero an; stessa; sia avut tenersi, mente v Onde confronl ad altri | tendere superioi se ivi 1 molto p schiama importa In In pressoc India è onde ri terra si - E ci: Colà terarii ditate c trina e più stil