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(Supplemento alla Gazzetta N. 23) - 103 -

Nè l’affaticarsi’ che parecchi degli scrittori fanno in esaltare la musica presente sopra la musica di lutti i secoli, ancorché sia cosa non mancante d’un certo fondo di verità, è una prova abbastanza valida per inferirne che veramente ella sia al punto insormontabile del suo cammino. Chi scorse le istorie è uso a sentir gli scrittori innalzare alla sfera del prodigio le opere e gli artisti de’ loro tempi. Si potrebbe anche dire che l’essere divinizzati viventi è un privilegio quasi unicamente riserbato ai soli cultori della musica, i quali per un singoiar contrapposto con quelli della poesia, mentre questi, destinati a sopravvivere nei secoli, sono in vita il bersaglio della sfortuna, dei dolori e dell’esiglio, essi, cessando di vivere prima di morire, furono e sono sempre i beniamini delle loro età, gli acquistatola dell’oro, degli onori e della felicità. Coloro che più che la mente attesero a dilettare i sensi degli uomini, furono i mignoni favoriti dagli uomini. Non è quindi meraviglia se da Orfeo in poi ai soli fortunati coltivatori del canto furono cosi aperte le porte dell’Eliso come quelle dell’Averne. Le storie son riboccanti delle glorie dei figli di Euterpe, delle lodi loro profuse dai poeti, e degli onori loro prodigati dalle nazioni. Pressoché pojjolari sono i moltissimi esempi che si potrebbero recare dell’antichità. Ma solo discorrendo di qualche moderno basti quello notissimo del Farinelli, che, chiamato in Ispagna per cantare nell’Opera Italiana ivi sostituita alla francese stata introdotta in occasione delle nozze di Carlo 11 colla regina Anna Maria, s’ebbe dal re Filippo Y una pensione di lire ottantamila, fu insignito come cavaliere di S. Giacomo, e tenuto come primo ministro, perchè col suo canto, dice il dotto Lichtenthal, l’avea guarito d’una malattia. Trattando poi dei maestri, benché mille e più mille esempi sarebbe agevole citare, ci sarà bastevole il darne un solo, tolto da queste stesse pagine della Gazzetta, quello di un celebre scrittore di storia che •aria d’un celebre scrittore di musica, elle sue Rivoluzioni del teatro ragionando l’Arteaga di Pergolesi, mentre narra che egli divenne inimitabile per la senqilicità accoppiata alla grandezza del suo stile, per la verità dell’affetto, per la naturalezza e vigore dell’esjaressione, per l’aggiustatezza ed unità del disegno, onde venne meritamente chiamato il Raffaello e il Virgilio della Musica, soggiungendo ch’ei maneggiò con felicità incomparabile i diversi stili de’ quali si fa uso, mostrandosi grave, maestoso, sublime nello Stabat Mater, vivo, impetuoso e tragico nell ’Olimpiade e nell’OrJ’eo. grazioso, vario e piccante, elegante e regolato nella Serva Padrona, giungendo in seguito a parlare dell’inimitabile addio di Megaele e di Aristea, e del bel duetto della Sei va Padrona,, li chiama entrambi modelli di gusto il più peijetto cui possa arrivarsi in codesto genere. Se l’Arteaga vivesse al tenqjo nostro, jier quanta venerazione si debba a quel venerandissimo padre della musica d’Italia, non cancellerebbe egli, o jjer lo meno non modificherebbe quelle espressioni d inarrivabili ta, d’inimitabilità, d’incompàrabilità e d’ogni possibile perfezione di gusto, a cui liu dal suo tempo lo credeva arrivato? In quali teatri d’Europa, dopo i capolavori della moderna scuola, si cantano ancora le opere di Pergolesi? Rossini non ha egli creduto 8 (li fare alcun che di meglio dando mano a creare un nuovo Stabat Mater come prima aveva fatto del Barbiere di Siviglia di Paisiello? E Paisiello prima di Rossini non aveva egli pensato di fare alcun che di meglio riformando l’Olimpiade e la Serva Padrona di Pergolesi? Il costume di esaltare ciò che colpisce i nostri sensi a preferenza di ciò che non si conosce, o solo si conosce per fama, è antico come la stirpe degli uomini, come 1 istinto d’amare ciò che seduce la nostra vista. Quelle cose che molti dicono della nostra età si dicevano, nò in più. nè in meno, a quella di Cimarosa, di Paisiello e di Guglielmi; furono ripetute al tempo di Mozart, al tempo di Paér, al tempo di Mayer, al tempo di Pavesi, di Generali, di Zingarelli: forse saranno ripetute ancora: e nondimeno dopo tutti cotesti Raffaelli, e Michelangeli, e Tiziani, e Leonardi e Coreggi della musica sopravvennero altri ingegni, che il mondo ha reputati prevalenti a quei primi. La vera sublime età della musica può per avventura essere nel passato, ma può probabilmente essere nell’avvenire’, ed ella non sarà nota che a coloro, che questo tempo chiameranno antico. E innegabile che, progredendo viejjpiù sempre, verrà mancando l’originalità delle idee, perciocché tutto quello che esiste è un tanto di meno che può essere creato, e un tanto di jjìù che sussiste a pregiudizio della novità, prima essenza della musica. Ma il ritenere che l’arte abbia già prodotto quanto di bello e di grande può da essa sperarsi, e che migliori opere artisticamente parlando, non possano venir dopo a quelle che già sono famose, è un errore che fu un tempo comune anche a chi scrive queste parole, ma del quale s’è ravveduto poiché ebbe meglio conosciuto il Guglielmo Teli, e gli ultimi spartiti di Mercadante, nei quali, se manca il genio inventore delle immagini melodiche, ed una conveniente sobrietà di mezzi stronientali, v’è tuttavia tanto elemento di bello artistico, e tanto magistero scientifico da far intravedere tutto il massimo sviluppo dell’arte nelle joromesse delfavvenire. Geremia Pitali. BIBLIOGRAFIA. MEMORIA STORICA del signor Biche-Eatouii Ecco un opuscolo d’un genere assai raro in Francia, al quale i musicanti non danno tanta importanza quanta ei ne merita. Io voglio dire d’una memoria sulla musica, testé coronata all’Istituto Istorino di Parigi, della quale è autore il sig. Ricbe-Latour. Questo libercoletto di trentadue pagine o poco jiiù vuole essere apprezzato per l’eccellente spirito filosofico onde si distingue non meno che per 1 eleganza dello stile. La questione proposta, mostruosa di proporzioni al jjar di quelle che formulano le accademie digiune jier lo più nella materia di che si deve trattare, la questione, dico, era concepita in questi termini: Determinare l’ordine di successione, dietro il c/uale i dive/si elementi che costituiscono la moderna musica sono stati introdotti nella composizione; indicare le cause che hanno fatto luogo all’introduzione di (juesti elementi. Siccome appare, non è questa impresa da jjigliare alla leggera. Si_ tratta niente meno che di tracciare un sunto completo della storia della musica. Ma per compendioso che fosse questo sunto, esso addomanderebbe non pertanto laboriose ricercbé, immensa lettura preparatoria, serie e mature considerazioni, e un gran capitale di critica avvedutezza per disvilupjiare e quasi toccar col dito i punti essenziali del soggetto. Cbi mai non si è avventurato fra i tenebrosi labirinti dell’istoria della musica, non potrà riconoscere quanto sia difficile a compiersi un’opera di questo, genere. E quantunque il sig. Riclie-Lat’our non sia il primo (ed egli lo afferma) che abbia portato luce per mezzo a questa fitta oscurità, egli ha però il vanto di avére presentate sotto nuovo e migliore asjietto le discoperte de’ suoi predecessori. Dalla lettura di questa importante memoria si vede che 1 autore si è specialmente prevalso degli eccellenti lavori de’signori Fétis e Botlée de Touhnon, che hanno entrambi molto spinto innanzi l’esplorazione delle antichità musicali, e sono alla testa del movimento istorico in questa parte. A questi due dotti dobbiamo la rettificazione di molti fatti adulterati, e manomessi dalla ignoranza, dalla credulità,e dal falso spirito di critica de’primi storici. La chiarezza che essi hanno latto rifulgere sopra le principali epoche dell’arte, fa che con sicurezza possiamo seguire le successive fasi di questo lungo e penoso inganno. Il sig. Biche-Latour cavando partito da queste cognizioni raccoglie dapprima in succinto e con chiarezza d’idee le trasformazioni capitali della musica de’ Greci, la dottrina di Pitagora falsamente fondata in sul calcolo, e viziosa per ciò, il sistema empirico di Aristossene, conosciuto sotto il nome di temperamento, e le mille sottili e vane sofisticherie assopite oggidì nell’óblio. L’autore parte di colà per riconoscere ragionevolmente nella musica greca il principio eli ei chiama di successività. Poscia entrando nel vasto campo delle rivoluzioni operate dal cristianesimo, egli crede vedere la riabilitazione dello spirito e l’abolizione della materia nella distruzione del ritmo, elemento carnale dell’arte jiagana. Affé, che se questo non è vero, egli è però bene imaginato! La memoria del sig. Biche-Latour è zejipa di sottili osservazioni che dimostrano un bell’ingegno, quantunque di queste sottigliezze egli abusi alcun poco, sino a vedere il simbolo del bene nell’accordo perfetto, e il simbolo del male nelle dissonanze. Questo tiene trojipo del misticismo scolastico del medio-evo. L’autore è stato meglio inspirato e più consentaneo al vero quando ha rilevato ohe il ricomparire e i progressi del ritmo hanno avuto luogo nelle epoche in cui l’eresia e l’incredulità davano forti scosse ai fondamenti dell’unità cristiana. Duoimi che lo sjjazio non mi consenta di seguirlo per attraverso la schiera de sistemi che egli percorre da Sant’Ambrogio sino a Beethoven passando jier San Gregorio, Ilucbald, Guido d’Arezzo, e tutti que’ teorici del medio evo i cui nomi sono conosciuti solamente da pochi dotti; il rinascimento, o più veramente il nascimento della musica moderna, che jjuò datarsi da Palestrina è ottimamente analizzato sino al secol nostro. In somma noi confortiamo grandemente il sig. Biche-Latour a seguire questa via trojqjo trascurata, e così jiiena eli interesse e d utilità. Egli è un gran fatto se alcun artista oggidì se ne dà pensiero. Essi in questa jiarLe sono quasi affatto digiuni; e intanto farebbero le maraviglie che un!ì