Fra la favola e il romanzo/Beneficio fatto non va perduto/IV

Beneficio fatto non va perduto - IV

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Beneficio fatto non va perduto - III Beneficio fatto non va perduto - V
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IV.



Alle ore due dopo mezzanotte in casa Gerli ogni luogo era al buio, silenzioso, deserto; e tutti dormivano in braccio a dolce riposo. Solo Maurizio rinchiuso nella propria stanza vegliava agitato da angosciosi pensieri. Per quanto la speranza che il disastro non fosse così grande quale venivagli annunciato, tentasse d’insinuarsi nell’animo suo, il telegramma era lì, dinanzi ai suoi occhi per toglierlo da ogni illusione, e provargli la dolorosissima realtà. [p. 26 modifica]

La Costanza, del cui naufragio avea ricevuto notizia, era un magnifico brik fatto da lui costruire nei cantieri stessi di Livorno ed armato a tutte sue spese. Per esso aveva impiegato la buona somma di 150,000 lire. L’equipaggio componevasi di uomini scelti fra i più onesti e bravi marinai, ed il Franceschi era un capitano a lungo corso, espertissimo delle cose di mare e de’ commerci. La Costanza avea già fatto parecchi viaggi nei più lontani porti del Mediterraneo per conto proprio del Gerli, ed anche per conto altrui; ed una volta avea fatto vela per Buenos-Ayres nell’America del sud. La sua destinazione in cotesto ultimo viaggio era per Barcellona, dopo aver fatto scalo a Marsiglia. Il carico era formato di ricche merci, sia in tessuti, sia in chincaglie ed alabastri di Volterra lavorati, sia in altri oggetti che il Gerli spediva di suo proprio conto per ragion di speculare, ed acquistati, come d’ordinario usasi in commercio, con cambiali a varie scadenze. Per una fatalità, diciam così per non usare il vocabolo trascuraggine, che troppo torto farebbe al Gerli, ch’era uomo prudente e consumato negli affari, per una crudele fatalità la Costanza in questo suo ultimo viaggio non era stata assicurata. Non solo adunque la nave era del tutto perduta, ma restava l’intiero carico da pagarsi; e per l’appunto siffatto pensiero era quello che più metteva in angustie il maleavventurato Maurizio, sapendo di qual valore si fossero le mercanzie spedite.

Aggiornava appena; e stava già sulle mosse per recarsi all’officio del telegrafo, al banco, al porto.... neppur egli sapeva precisamente dove, per procacciarsi altre notizie. Nel corso della breve affannosa [p. 27 modifica]notte avea fermato in mente come far fronte a’ suoi impegni, e sperava a tutto provvedere prima che la novella del naufragio fossesi sparsa in città. Destò il vecchio Maso, il quale profondamente dormiva, perchè avvertisse le figlie che per talune faccende egli passerebbe molta parte della giornata fuori di casa; ed uscì lasciando il buon servo in grande meraviglia del vederlo già in piedi e con sembianza alterata.

Il mattino era placido; e il mare, alquanto nebbioso, sembrava un immenso piano di lavagna, tanto si distendeva calmo ed immobile; talchè Maurizio nel percorrere l’Ardenza per recarsi in città lo guardava mormorando con amari accenti: — E sei tu quel mostro che ieri hai inghiottito gran parte delle mie sostanze, il frutto dei sudori della mia vita! Chi il penserebbe vedendoti così tranquillo? Elemento traditore, spietato; fonte perenne di sventure. Maledetto chi a te si affida. — Poi come per impetrare rassegnazione e coraggio, volgeva gli occhi al cielo, sospirava, e sarebbesi detto che pregasse. Entrava appena nella piazza d’armi quando incontrossi col messo dell’officio telegrafico il quale recava un altro telegramma al suo indirizzo. Col cuore palpitante e la mano convulsa dischiuse il plico. Il suo corrispondente di Marsiglia davagli la conferma del disastro. Dunque era vero. Non v’era più da illudersi. Che fare? Era ancora troppo di buon mattino per recarsi al banco. S’avviò tutto impensierito e mesto fino alla piazza del Voltone; andò vagolando per diverse strade, e nel passare sotto l’abitazione del suo primo commesso lo fe’ avvisato di condursi più [p. 28 modifica]sollecito al banco. Questi s’affrettò a raggiungerlo per via, e si ridussero insieme in Via del giardino.

Entrati in ufficio, il Gerli, senza far motto, mostrò i due telegrammi al commesso, che rimase come pietrificato per lo stupore, e pel rammarico; quindi scotendosi esclamò: — Ah signor Maurizio, quale sventura; così bella nave, con un carico così ricco!

— Sì, Roberto, grande sventura, voi lo sapete quanto me, perchè siete al giorno di tutti i miei interessi.

— E non essere assicurata!...

— Colpa nostra. Ma i lamenti non valgono, Roberto; qui convien riparare. M’occorre uscire con riputazione da sì inaspettata catastrofe, per mantenere il mio credito.

— E che cosa pensa di fare?

— Vediamo i conti di cassa.

Furono aperti i registri, lette, rilette varie partite; tirate fuori alcune cifre; dopo di che Maurizio disse: — Ciò che abbiamo in cassa è una meschinità. È forza non più fare assegnamento sugli utili sperati dall’ultima operazione di borsa, bisogna telegrafar subito a Firenze all’agente di cambio Doretti, perchè venda e rimetta senza frapporre indugio tutti i fondi che sono in sue mani, che sapete costituiscono la massima parte de’ miei capitali.

— Ma perchè affrettarsi tanto, signor Maurizio? La mi scusi se le faccio osservare che con tal furia noi vediamo sfumare i lucri che non possono mancarci per quella operazione. Se si temporeggiasse alquanto, sarebbe altra cosa.

— È vero: ma è impossibile.

— Niuno ci stringe, signor Maurizio: salvo alcune scadenze quasi immediate: le altre hanno ancora [p. 29 modifica]parecchie settimane di data. Perchè dunque precipitare?

— Ecco la mia idea, Roberto, ed intendo effettuarla. Voi sapete che la ricchezza di un commerciante è più fondata sul proprio credito che nei suoi capitali. A fare adunque che il mio in nulla scapiti per la sventura toccatami, anzi n’esca ognora più assodato, ho deciso che tutte le merci affidatemi e perite nel naufragio vengano pagate fra tre giorni a pronti contanti e sotto sconto, sebbene siano state da me acquistate a cambiali. Pel momento ci troveremo alquanto alle strette: ma per siffatto modo il mio credito sarà duplicato, e mi darà agio d’intraprendere altre operazioni con le quali in breve ci ristoreremo della perdita sofferta.

Si tornò di nuovo sui libri; si discusse; ma la volontà del Gerli, com’è naturale, prevalse e fu scritto al Doretti. Spedito il dispaccio, parve a Maurizio di essere alquanto rimesso in tranquillità. Sul volto di lui però apertamente leggevasi quanto egli avesse sofferto nel corso di poche ore, e quanto affanno chiudesse ancora nel petto.

Dopo il mezzodì, forse per altri telegrammi giunti da Marsiglia, il naufragio della Costanza era a tutti noto, e se ne faceva un gran parlare per Livorno, in ispecie nella classe dei commercianti, molti de’ quali amavano e stimavano assai Maurizio Gerli, mentre altri vi badavano solo pe’ loro privati interessi. Alcuni passando dinanzi al banco, facevan capolino col volto compunto, quasi volendo esprimere commiserazione, ma più per cogliere qualche notizia in aria. Altri entravano per dare al Gerli, ch’era occupato al suo scrittoio, una stretta di mano alla muta, come [p. 30 modifica]per dire: — coraggio — altri infine più amici e più sinceri pigliavan discorso sul disastro, e mostravano a Maurizio grande interessamento. Fra costoro più di tutti un antico socio, suo intimo, ch’era stato fra i convitati del giorno innanzi, andavagli dicendo: — Sì, Maurizio, è un gran disastro questo che t’è toccato: ma in commercio, lo sai, oggi giù, domani su. Lavoro, operosità, fortuna, si torna a fior d’acqua pria di quel che si pensi.

— Lo spero, mio buon amico, intanto però....

— Tu possiedi abbastanza per non essere colato a fondo dal naufragio. So qual grave perdita sia la tua; ma tu hai mezzi per ripararvi...

— Sì ed ho già provvisto. Per una operazione di borsa, gran parte delle mie sostanze è nelle mani del Doretti di Firenze, e già ho telegrafato....

— Del Doretti!? — l’interuppe l’amico con accento concitato — di Giacomo Doretti?

— Sì, certo; e qual meraviglia?

— Doretti? Ma tu dunque sventurato non sai?...

— E che?...

— Che il Doretti, e debbo io proprio annunciartelo, che il Doretti ha dolosamente fallito ed è fuggito da Firenze?

— Dio! che ascolto. Ma è impossibile!

— Impossibile? Io vengo dalla borsa questa notizia, e quella del naufragio della Costanza vanno per le bocche di tutti. Dolfini, Alberti, Marazza furono abbindolati e ruinati da quell’iniquo furfante.

— Se è così, anch’io lo sono stato con loro — balbettò Maurizio con cupa voce e semispenta, lasciando cadere il capo nelle mani appoggiate sullo scrittoio.