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buon Dio, dammi coraggio e calma.... e tu, Berenice, deh soccorri al tuo povero Maurizio... —

Voci giulive e la festosa musica dei lancieri dalla sala da ballo penetravano nella camera ove il Gerli erasi ridotto. — No, egli soggiunse, non ispargiamo l’amarezza tra questi amici invitati a festeggiarmi. A che gioverebbe? E le mie figlie? Ah! Povere figlie.... Scrisse in fretta due telegrammi, li spedì suggellati all’officio, e rientrò nella sala come se nulla fosse; anzi in balia ad una sorta di eccitamento nervoso che fece pensare a’ suoi amici ch’egli avesse ricevuto una lieta novella.


IV.



Alle ore due dopo mezzanotte in casa Gerli ogni luogo era al buio, silenzioso, deserto; e tutti dormivano in braccio a dolce riposo. Solo Maurizio rinchiuso nella propria stanza vegliava agitato da angosciosi pensieri. Per quanto la speranza che il disastro non fosse così grande quale venivagli annunciato, tentasse d’insinuarsi nell’animo suo, il telegramma era lì, dinanzi ai suoi occhi per toglierlo da ogni illusione, e provargli la dolorosissima realtà.