Fra la favola e il romanzo/Beneficio fatto non va perduto/V
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V.
La sera viene avvicinandosi. Le due sorelle sedute sotto il portichetto ove il giorno innanzi con tanto palpito di gioia erano state in attesa del padre, stanno anche oggi ansiosamente aspettandolo. Dopo il ballo, prima di coricarsi, mentre egli come al solito le benediceva, aveano notato sul volto di lui una espressione molto triste, della quale non avean voluto rendersi conto, ed il saperlo uscito di sì gran mattino, ed ora il vederlo tanto in ritardo, le teneva ambedue grandemente in pensieri.
Ecco; il cancello della villetta si schiude, ed un uomo a lento passo, a capo chino, tutto spirante doloroso abbandono lo traversa e si avvia alla casa. Le fanciulle non appena riconoscono il padre che precipitose corrono ad incontrarlo. Ma, è questi il padre loro? Il volto color terreo, lo sguardo velato, la voce rauca.
― Babbo, babbo mio ― spaventate esclamano ambedue ad un punto teneramente abbracciandolo, ― che cosa tu hai, che cosa ti turba?
Maurizio tenta rispondere; ma le parole restangli soffocate nella gola, ed accennando con la mano alle figlie di dargli tempo, ascende la scala, e siedesi in preda al più violento abbattimento nella prima sala. I baci, le carezze, gli amplessi, che le figlie tacitamente gli prodigano ed a cui egli convulso corrisponde, par che infondano in lui un’ombra di vigore e di calma. Sopraggiungono Tommaso e Caterina. Essi tengonsi in disparte mestissimi non ardiscono d’appressarsi: ambedue hanno già saputo, da uno dei commessi del banco, la ruina del loro padrone. Scorso qualche minuto di penoso silenzio, Maurizio alza la fronte; guarda in volto le figlie; prende coraggio da quelle fisonomie di angeli; si alza repente come chi ha tolto subitaneo partito; prende le fanciulle per mano, ed accennando con gli occhi ai due vecchi domestici di seguirlo, entra nel gabinetto da lavoro.
Nel mezzo della camera è ancora collocato Il ritorno da Montenero adorno delle ghirlande di fiori mezzo appassiti. Maurizio vi conduce dinanzi Sofia ed Emilia, e, fissatole alquanto, dopo un grave sospiro esclama: — Ieri avanti questa immagine della mia diletta Berenice, di vostra madre, così al vivo ritratta dalle vostre mani, ed avendo voi al mio lato, ho follemente creduto che la felicità potesse ancora esistere per me, e dal fondo del cuore ne resi grazie a Dio. Oggi dinanzi a questa immagine stessa, e con voi da presso io mi sento l’uomo più sventurato della terra: chinò però la fronte a Dio che volle così duramente provarmi.... Sofia, Emilia, voi sole mi restate al mondo; ma io... ma io non ho più nulla per voi. Tutte le nostre sostanze sono perdute; la Costanza naufragata, i miei capitali rubati, eccoci piombati nella miseria. Avrete voi il coraggio di sopportarla! —
A tale luttuosa e terribile notizia le due sorelle sul primo colpo non sanno proferire parola, impallidiscono, e stanno costernate. Rimesse però subitamente da quella violenta emozione, ed attingendo non comune energia dall’affetto che nutrono verso il padre loro, ambedue si gettano nelle braccia di lui esclamando: — Oh babbo, se tu ci resti, noi nulla abbiamo perduto. Che importa a noi la ricchezza se tu ci ami, se tu ci credi necessarie alla esistenza tua, come tu lo sei alla nostra? V’hanno tanti meschini al mondo! E perchè temi che noi non abbiamo il coraggio di tenerci simili a loro? Su, babbo; via; fatti animo. Noi vivremo come tu potrai, e saremo sempre contente. — Oh figlie, o angeli, o unico mio conforto — disse loro Maurizio stringendole al seno, poi si rivolse ai due vecchi, e stendendo loro la mano — e voi?... soggiunse.
Maso e Caterina fecero a gara per baciarla, e tutti lagrimosi incontanente risposero: — padrone, con voi, sempre con voi, fino alla morte.
Maurizio alzando gli occhi e le mani al cielo, profferì solennemente queste parole. — Dio, Dio mio, quanto tu sei misericordioso!.. Dunque, coraggio.