Fior di Sardegna/Capitolo XXII

Capitolo XXII

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XXII.


Pure una sera, Lara credè di aver trovato! Avevano acceso un falò così grande, che le scintille minacciavano di appiccare il fuoco al bosco. Si rideva assai di questo pericolo, ma si smise l’ilarità allorché una scintilla si attaccò ad una macchia di rovi crescenti in una screpolatura di roccia. Lì vicino stava un albero; il pericolo non era più divertente; ma un giovine scese come uno scojattolo e, aggrappandosi al granito, spense il rovo, soffocandolo a colpi di fronde. Tutti l’applaudirono: solo Lara restò immobile e muta sulla sua rupe, ma nessuno trovò che dire sulla sua freddezza. Cessato il pericolo, tutti ripresero le loro chiacchiere, e il giovine ardito restò laggiù in guardia del fuoco, come egli disse con voce sonora e simpatica, che scosse tutta l’anima di Lara, immersa in uno dei soliti sogni. Il giovine si appoggiò ad una sporgenza di roccia e guardò in alto. Lara, non ricordandosi di averlo visto mai prima di allora, lo esaminò curiosamente. Era un giovine bellissimo, biondo, elegante, dal profilo aristocratico e gli occhi luminosi. Pareva incantato del luogo, dell’ora, della scena, e si fu allora che Lara pensò: Ecco un cristiano che deve provare i miei stessi sentimenti! — Ebbe una gran voglia di parlare con lui, [p. 96 modifica]ma il giovine non la guardava neppure, per il che lei ne provava un vago dispetto.

Al ritorno, Lara prese il braccio di una ragazza, e le chiese:

— Chi è il giovine che ha spento il fuoco del rovo?

L’altra la guardò stupita, esclamando: — Come, non lo sai?

— No, davvero; non l’ho visto mai prima di stasera.

— Ma questa poi è bella! è curiosa! È il tuo nemico!

— Il mio nemico? Io non ne ho! chi è dunque?

— È Massimino Massari!...

Lara sorrise lievemente. Sapeva l’odio che correva fra la sua e la famiglia Massari, ma lei non vi partecipava punto. Rispose:

— Ah, è vero! Però non siamo più nemici, ora, oh no! I tempi son cambiati, ed io sono tanto nemica di questo giovine che nemmeno lo conosco.

— Brava, Lara! È un bel giovine, non è vero?

— Sì, molto bello!

— Dicono sia fidanzato con Violante R***, — Lara fece una smorfia, — ma non è vero, ti assicuro, che non è vero! — Lara respirò. Perchè? Non avrebbe saputo spiegarselo, ma provò un fremito quando l’altra, scherzando, le disse:

— Di’, non sarebbe un caso curiosissimo se Massimino o Massimo, come vuol essere chiamato, ti facesse la corte?....

Lara rise clamorosamente, poi, abbassando la voce mormorò:

— Taci! Se ti udisse mio padre, ti ammazzerebbe!

— Come? Non hai detto che non siete più nemici?

— Non importa! Amici o nemici, non sono scherzi da fare!

· · · · · · · · · · ·

Altro che scherzi! Otto giorni dopo, Lara era perdutamente innamorata di Massimo, e Massimo di Lara! Come ciò era avvenuto, nessuno lo sapeva, perchè nessuno sapeva il loro amore, ma Lara e Massimo sapevano benissimo la storia del loro cuore, del resto semplicissima; erano giovani e belli entrambi, non si odiavano, non avevano le idee delle loro famiglie. Perchè dunque non dovevano [p. 97 modifica]amarsi? Veramente la storia di Massimo risaliva a qualche tempo prima; alla sera cioè in cui aveva per la prima volta osservato gli occhi di Lara. Quella notte li vide in sogno; i giorni appresso li rivide in realtà. Lara non lo conosceva, ma lui la vedeva ogni sera dalla finestra dello studio di Marco, la seguiva nelle sue passeggiate melanconiche attraverso l’orto, spesso la vedeva abbandonarsi su una panchina e nascondere il viso fra le mani; una volta la vide a capelli sciolti correre dietro a Pasqua, che le aveva rubato il pettine mentre ella faceva teletta sotto il pergolato, un’altra sera la vide nientemeno che piangere silenziosamente, le spalle appoggiate ad un rosaio, che la circondava tutta di un’aureola di rose d’estate, pallide e languenti, e questa ultima scena decise Massimo ad amare la sua piccola nemica. L’amò ardentemente, pazzamente. V’erano orrendi ostacoli fra lui e Lara, ma purché ella lo amasse, Massimo non ne scorgeva più. Era avvocato e sapeva che Lara doveva ben entrare in età maggiore. Qual'odio resiste alla legge? E’ vero; occorrevano ancora tre anni perchè la fanciulla fosse libera di sè, ma il giovane non si sgomentava: anzi quei tre anni gli davano agio a procurarsi una buona posizione. L’essenziale era di farsi amare da Lara e mantener segreto il loro amore sino al giorno in cui essa avrebbe compiuto il ventunesimo anno.

Salì apposta sulla montagna e osservò che Lara lo guardava; ne esultò e s’innamorò ancor di più nel vederla così vezzosa e simpatica nel suo vestito oscuro, il volto pallido e gli occhi dai riflessi di rosa, ritta sulla montagna, fra le ellere e le rupi. Benché fosse molto buono, in quel momento Massimo desiderò che tutti precipitassero dalle roccie e restasse lui solo con Lara, soli, davanti a Dio e al crepuscolo spegnentesi in tinte di madreperla e di argento!....

Restò sul monte, quella notte e l’indomani, ma gli fu impossibile parlare con Lara. Alfine decise un colpo straordinario, meraviglioso: assicuratosi che Lara non faceva l’amore con nessuno, ritornò ad X*** e risalì alla [p. 98 modifica]chiesetta solo la domenica seguente, cioè il giorno della gran festa.

Impossibile intanto descrivere l’impressione che produsse in Lara la vista del giovine. Il presente racconto non pretende di essere un racconto psicologico, quindi non ci accingeremo a indagare il perchè Lara amò sin dal primo vederlo l’uomo che secondo ogni probabilità doveva destare in lei una instintiva avversione. Fu, come suol dirsi, un colpo di fulmine.

Il terreno era ben adatto, rorido di passione e di sogni, e il seme germogliò in una notte, in un istante; e il fiore roseo dell’amore olezzò di nuovo se pure altra volta vi aveva olezzato, in quell’anima bizzarra, grande e bambina nel medesimo tempo.

La sera del falò e tutto l’indomani, Lara non fece che guardare Massimo; invano cercava distrarre lo sguardo da lui; gli occhi ci tornavano sempre, attirati dal volto del giovine come l’alianto dal sole, e ciò ch’era peggio, insieme allo sguardo fissava il pensiero. Ritrovava bellissimo il «nemico» e ascoltava incantata quella voce che non si rivolgeva mai a lei. Quel giorno rimase sempre vicina al crocchio dove Massimo conversava, e desiderando di essere guardata da quei grandi occhi luminosi, aveva posto la massima cura nel vestirsi. Ma il giovane non la guardava mai, non si curava di lei, e lei ne provava uno strano dispetto. Ma infine! che doveva importarle? perchè Massimo doveva guardarla? non erano forse nemici? Quando partì, Massimo strinse la mano a tutti fuorchè a lei, che si morsicò le labbra per dispetto; tuttavia lo seguì con lo sguardo. Cavalcava un bel cavallo nero, impaziente, che si slanciò a trotto sotto gli alberi. Come cavalcava bene! com’era elegante così a cavallo! Prima di scomparire Massimo volse la testa e la guardò con un lieve sorriso sulla stupenda bocca rossa ombreggiata d’oro dai baffettini biondi. Lara arrossì e provò tale un istante di gioia, di voluttà che ricompensò interi mesi di dolore.

Massimo l’aveva guardata! Massimo le aveva sorriso! Da quel momento il destino dei due giovani fu deciso, da quel momento il cuore di Lara fu tutto del biondo e affascinante nemico.

Dopo quel momento la figlia di don Salvatore sentì la [p. 99 modifica]sua anima cambiarsi completamente; sulle prime fu una gioia pazza, febbrile, una misteriosa felicità che la faceva sorridere al ricordo dei tristi tempi passati, che la faceva chiedersi come mai aveva potuto amare o almeno pensare a Nunzio, a quello strano essere pallido e malato dagli occhi riflettenti la tristezza e la morte; mentre esistevano al mondo rosei e forti giovani biondi che realizzavano la larva del suoi castelli neri, dagli occhi il cui smalto scintillante narrava tutte le voluttà della vita! Poi l’assalse una cupa tristezza; una tristezza nervosa, senza lagrime, senza singulti, tutta diversa da quella che lasciava per sempre; non era causata dal ricordo dell’odio di famiglia, nè dal pensiero della povertà di Massimo, ma da una voce segreta che le diceva: perchè pensi a lui, se lui non penserà mai a te?... Che importava quello sguardo e quel sorriso? Forse erasi ingannata, anzi era certa dell’illusione. Massimo non poteva averle sorriso; era assurdo, impossibile, impossibile!...

E intanto quel sorriso le tremolava sempre davanti agli occhi; lo vedeva fra gli splendori del cielo, nel biondo tremolìo delle foglie degli elci, tra il profumo e in penombra dell’altare; lo «sentiva» nel susurro notturno dei boschi, nel trillo delle allodole e dei grilli, nel mormorìo del torrente lontano, le dava una smania, una tristezza ardente e dei pensieri mai più venuti nella sua mente fantastica e appassionata.

Oh, il nemico! il terribile nemico!...

Venne così la domenica, la festa solenne. Non starò a descrivervi questa festa, nè i costumi, nè le bellezze che vi affluiscono da tutti i villaggi circonvicini. La folla era enorme: ad ogni albero stava legato un cavallo, gli organini strillavano sotto il bosco chiamando le ragazze al ballo; all’ombra si erano improvvisate, quasi per miracolo della Madonna, tante botteghe, spacci di dolci, di stoffe, di gingilli, di frutta.

Un «negoziante» appese ad un albero la sua mercanzia di acciaio, sproni, freni, catenelle, e avuto così un magnifico successo, fu in breve imitato da tutti gli altri; verso sera tutti quegli alberi parevano tanti alberi di Natale. E il sole splendeva scintillando sul bosco, e il cielo [p. 100 modifica]azzurro, immobile, pareva attonito nel vedere tanta, vita e tante stranezze là nel regno della solitudine e dei venti.

Fu quella sera che Massimo Massari eseguì la burla promessa un mese prima a Marco Ferragna.