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cento notti e mille giorni di feste cittadine, e sorrideva ebbra di azzurro e di solitudine.

Ma in fondo provava una lieve sfumatura di sconforto; avrebbe voluto che qualcuno lì vicino avesse partecipato alla sua ammirazione, alla sua rosea filosofia di diciotto anni, e guardandosi attorno scoteva lievemente la testa bruna.

No!, nessuno poteva capirla, nessuno fra quelli che la circondavano! — in quei momenti non pensava neanche a Mariarosa, perché sapeva che lei meno delle altre l’avrebbe capita, pure desiderava qualcuno... qualcuno!... La figura di Nunzio brillava un momento al suo pensiero, ma tosto un amaro ricordo la cancellava con larghe strisce nere; era la mano di don Salvatore che faceva ancora ardere le guance della nostra fantastica eroina.


XXII.


Pure una sera, Lara credè di aver trovato! Avevano acceso un falò così grande, che le scintille minacciavano di appiccare il fuoco al bosco. Si rideva assai di questo pericolo, ma si smise l’ilarità allorché una scintilla si attaccò ad una macchia di rovi crescenti in una screpolatura di roccia. Lì vicino stava un albero; il pericolo non era più divertente; ma un giovine scese come uno scojattolo e, aggrappandosi al granito, spense il rovo, soffocandolo a colpi di fronde. Tutti l’applaudirono: solo Lara restò immobile e muta sulla sua rupe, ma nessuno trovò che dire sulla sua freddezza. Cessato il pericolo, tutti ripresero le loro chiacchiere, e il giovine ardito restò laggiù in guardia del fuoco, come egli disse con voce sonora e simpatica, che scosse tutta l’anima di Lara, immersa in uno dei soliti sogni. Il giovine si appoggiò ad una sporgenza di roccia e guardò in alto. Lara, non ricordandosi di averlo visto mai prima di allora, lo esaminò curiosamente. Era un giovine bellissimo, biondo, elegante, dal profilo aristocratico e gli occhi luminosi. Pareva incantato del luogo, dell’ora, della scena, e si fu allora che Lara pensò: Ecco un cristiano che deve provare i miei stessi sentimenti! — Ebbe una gran voglia di parlare con lui,