Eraclidi/Terzo episodio

Terzo episodio

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Euripide - Eraclidi (430 a.C. / 427 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1929)
Terzo episodio
Secondo stasimo Terzo stasimo


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Giunge un servo d’Illo.

servo

Salvete, o figli. Ma dov’è Iolao?
Da quest’altare lungi? E Alcmena ov’è?

iolao

Son qui, se pur la mia presenza giova.

servo

Perché stai lí prostrato, e l’occhio avvalli?

iolao

Da domestico affanno ho il cuor pervaso.

servo

Alzati, via, solleva pur la fronte.

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iolao

Son vecchio, e piú le forze non m’assistono.

servo

Giungo a recarti un’allegrezza grande.

iolao

Chi sei? T’ho visto altrove, e non ricordo.

servo

D’Illo un famiglio. Mi conosci adesso?

iolao

Caro! E a salvarci dagli affanni giungi?

servo

Certo! E sarai, per quanto udrai, felice.

iolao

O madre d’un gran figlio, Alcmena, dico,
esci, e queste parole odi, carissime:
ché già da un pezzo ti struggevi l’anima
ansïosa, se mai quelli tornassero.

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Dal tempio esce

alcmena

Perché tutto s’empié di grida il tempio?
Iolao, di nuovo qualche araldo giunse
d’Argo ed a te fe’ vïolenza? Imbelle
è la mia forza, eppur, sappi che mai
straniero, potrai questi fanciulli,
sin ch’io viva, strapparmi; o madre d’Ercole
non mi reputerei: se pur li tocchi,
un’aspra lotta con due vecchi avrai.

iolao

Fa’ cuore, o vecchia, non temer, non giunge
d’Argo, ostili parole ei non ci reca.

alcmena

E a che quell’urlo, di terrore araldo?

iolao

Perché tu fuor dal tempio uscir dovessi.

alcmena

Nulla io sapevo. Ma costui chi è?

iolaio

Dice che giunto è di tuo figlio il figlio.

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alcmena

Salve anche a te, per questo annunzio lieto.
Però, se in questa terra ha posto il piede,
ora dov’è? Qual caso mai lo tenne
dal venir teco a giocondarmi il cuore?

servo

L’esercito che addusse a pugna schiera.

alcmena

Nulla di tal discorso importa a me.

iolao

Importa a me: debbo io notizie chiederti.

servo

Che vuoi saper dell’opere compiute?

iolao

Qual somma d’alleati ei con sé reca?

servo

Molti; ma non saprei dirtene il numero.

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servo

Ma lo san, credo, i principi d’Atene.

servo

Certo; e l’ala sinistra hanno occupata.

iolao

Ed alla zuffa già pronto è l’esercito?

servo

E dalle schiere uscite già le vittime.

iolao

E quanto lungi son le argive schiere?

servo

Tanto che il duce puoi chiaro distinguere.

iolao

E che faceva? Disponea le fila?

servo

Ne facevamo congettura: udirli
non potevamo. Or vado; i miei signori
non vo’ che senza me la pugna affrontino.

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iolao

Ed io con te: ché degli amici a fianco
vo’ stare, e dar, come potrò, man forte.

servo

Dire stoltezze a te poco s’addice.

iolao

Né gli amici lasciar soli al cimento.

servo

La forza piú non hai che avevi, o caro.

iolao

Quanti allora affrontavo affronterò.

servo

Poco è il sostegno che agli amici arrechi.

iolao

Non posso anch’io percotere uno scudo?

servo

Certo che puoi; ma tu prima cadresti.

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iolao

Niun dei nemici oserà pur fissarmi.

servo

Non basta il solo aspetto: occorre il braccio.

iolao

Dall’oprar non tenermi: io pronto sono.

servo

Pronto certo, al voler; ma non all’opera.

iolao

Dir puoi ciò che tu vuoi; ma qui non resto.

servo

E come oplita andrai? Sei pur senz’armi!

iolao

L’armi son dei trofei nel tempio esposte:
io quelle indosserò; poi, se pur vivo
le restituirò: se muoio, il Dio
non le richiederà. Su via, nel tempio
entra, e distacca dai piòli, e portami,
prima che puoi, completa un’armatura:

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turpe sarebbe della casa a guardia
restare, e chi poltrire, e chi combattere.
Il servo entra nel tempio.

coro

L’ardir tuo non prostrarono gli anni,
anzi è in fior; ma le forze ti mancano.
Perché invano t’affanni ad un’opera
che a te farà danno, e ben poco
può giovare alla nostra città?
L’età tua ti convien riconoscere,
né piú l’impossibile
cercare: che giovine
tu ritorni, possibil non è.

alcmena

A che t’accingi? Di ragione uscito
lasciar mi vuoi coi figli miei qui sola?

iolao

Questo s’addice a te: la pugna agli uomini.

alcmena

E come? E me chi salverà, se muori?

iolao

Ciò di tuo figlio i figli a cuore avranno.

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alcmena

E se li coglie — oh mai non sia — sventura?


iolao
Non temer: fidi avrai sempre questi ospiti.

alcmena

Quest’appoggio mi resta, e poi null’altro.

iolao

E Giove, il so, delle tue pene ha cura.

alcmena

Ahimè!
Di Giove io male non dirò; ma bene
egli lo sa, se verso me fu giusto.
Il servo esce dal tempio, ed offre a Iolao l’armatura.

servo

Eccoti l’armi: sono tutte: or tu,
senza indugiar, le tue membra rivestine,
ché vicino è il cimento, e quei che indugiano
Marte li aborre. E se ne temi il peso,
sgombro or procedi, e tra le file cingile;
sino a quel punto, io me ne addosso il carico.

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iolao

Tu dici bene: alla mia presa pronte
l’armi tenendo, vieni meco, e in pugno
dammi l’asta di frassino, e il mio cúbito
manco sostieni, ed il piè mio dirigi.

servo

Guidar devo un’oplita a mo’ d’un pargolo?

iolao

Saldo1 io vo’, per auspicio, il primo passo.

servo

Oh se poter tu avessi quanto hai voglia!

iolao

Perder la pugna mi dorrebbe: affréttati.

servo

Non io, ma tu ti dai da fare, e tardi.

iolao

Non vedi come il piede mio s’affretta?

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servo

Meno, mi par, di quanto sembra a te.

iolao

Non dirai ciò vedendomi laggiú...

servo

A far che? Grandi gesta? Oh, lo vorrei!

iolao

Nello scudo ferir qualche nemico.

servo

Se giungeremo lí: di questo dubito.

iolao

Ahimè!
Deh, braccio mio, tale alleato a me
móstrati, come io ti ricordo giovane,
quando Sparta espugnasti a fianco d’Ercole,
sí ch’io possa Euristèo volgere in fuga.
Inetto a sostener l’urto dell’aste
egli è; ché in questo punto anche si pecca
nel giudicar chi vive in auge: in lui
alto cuor si presume; e reputiamo
l’avventurato in ogni arte maestro.
Partono.

Note

  1. [p. 320 modifica]Saldo ecc. Lo sdrucciolare, quando si cominciava a camminare, era, presso gli antichi, di malaugurio.