Er padre de li Santi

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Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi VI.djvu sonetti caudati letteratura Er padre de li Santi Intestazione 27 luglio 2024 100% Da definire

Le ggiurisdizzione La madre de le Sante
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

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ER PADRE DE LI SANTI.1

     Er c.... se pò ddì rradica, uscello,
Ciscio,2 nerbo, tortóre,3 pennarolo,4
Pezzo-de-carne, manico, scetròlo,5
Asperge, cucuzzòla6 e stennarello.7

     Cavicchio, canaletto8 e cchiavistello,
Er giónco,9 er guercio, er mio, nèrchia,10 pirolo,11
Attaccapanni, moccolo, bbruggnolo,12
Inguilla, torciorecchio,13 e mmanganello.14

     Zeppa e bbatòcco,15 cavola e tturaccio,
E mmaritozzo, e ccannella, e ppipino,
E ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio.16

     Poi scafa,17 canocchiale, arma, bbambino:
Poi torzo,18 crescimmano, catenaccio,
Mànnola,19 e mmi’-fratello-piccinino.

E tte lascio perzino
Ch’er mi’ dottore lo chiama cotale,
Fallo, asta, verga, e mmembro naturale.

Cuer vecchio de spezziale
Disce Priapo; e la su’ mojje, pene.
Segno, per dio, che nun je torna bbene.20

Roma, 6 dicembre 1832.

Note

  1. [Nell’autografo il titolo è: Scinquanta nomi; ma in quelle varianti, di cui ho parlato anche nella nota 1 a pag. 121 del presente volume, l’autore vi ha sostituito quest’altro, che non è un appellativo inventato da lui, ma fa parte dell’uso comune. E nelle stesse varianti ha corretto anche il 5° e il 12° verso, che nell’autografo dicono così: Se pò ddì canaletto e cchiavisiello; Se pò ddì scafa, e sse pò ddì bbambino.]
  2. [Propriamente, è un vezzeggiativo con cui si chiamano gli uccelli e i bambini.]
  3. [V. la nota 3 del sonetto: Una lingua nova, 2 dic. 32.]
  4. [Quel vasetto cilindrico, unito, per lo più anzi attaccato, agli antichi calamai, e nel quale si riponevano le penne d’oca. Pennaiolo, in Toscana. Ma la cosa come la parola è ormai quasi affatto disusata.]
  5. [Cetriolo.]
  6. [Da cucuzza, zucca: “zucchino„]
  7. [E stendavello o stenderello, dalle persone più o meno civili: propriamente, quell’arnese di cucina che serve a stender la pasta. Matterello a Firenze; rullo, spianatoio, maccheronaio, mestone (perchè serve anche a mestar la polenta), lasagnòlo, ranzagnolo in altri luoghi di Toscana; lasagnòlo anche in tutte forse le Marche e l’Umbria (rasagnòlo, però, a Città di Castello); sciadùr a Forlì; canela a Parma; cannello a Genova; méscola a Verona; lasagnór a Torino: pressia in Alba; muscra in Alessandria; laganaturo a Napoli; maccarrunaru o langanaturo in Calabria; laganàr a Vasto negli Abruzzi; lasagnaturi o sagnaturi in Sicilia; tùtturu a Cagliari; eccetera eccetera: e in qualche classico anche mattero!]
  8. [Detto anche scartoccio, è “quell’arnese, per lo più di latta, che adoprano i bottegai per prender su le civaie minute.„ Votazza, a Firenze.]
  9. [Giunco.]
  10. [Lo dicono anche del naso, specialmente quando sia grosso.]
  11. [Piuolo.]
  12. [Prugnolo. Specie di fungo conosciutissimo.]
  13. [V. in questo volume la nota 3 del sonetto: Che ccore, 29 sett. 31.]
  14. [Bastone grosso e greggio, di quelli che spesso si aggiungono alle fascine.]
  15. [Batocchio, battaglio.]
  16. [“Migliaccio„ o “roventino,„ ma insaccato come il salame.]
  17. [Baccello.]
  18. [Torsolo.]
  19. [Mandorla.]
  20. Vedi [in questo volume] il sonetto intitolato: L’omo e la donna, [30 apr. 34, nota 5].