Giuseppe Gioachino Belli

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Li fratelli de le compagnie Er mese de descemmre
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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UNA LINGUA NOVA

     Cuer Giammaria che tt’inzurtò a Ttestaccio,[1]
E mmo assercita l’arte de la spia,
Passava mercordì dda Pescaria[2]
Co’ ttanto de tortóre[3] sott’ar braccio.

     Ner travedello, io che nun zo’ che ssia,[4]
Ma nu’ lo pòzzo sscerne cuer mustaccio,
Arzo un zércio[5] da terra, e ppoi jje faccio:
“A la grazzietta, padron Giammaria.„ —

     “Chi è?„ ddisce svortannose er gabbiano;
E, ppunf, in ne li denti io je rispose
Co’ cquer confetto che ttienevo in mano.

     “Nun ve pijjate pena de ste cose,
Dico perché cquest’è, ssor paesano,[6]
La lingua de parlà co’ le minose.„[6]

Roma, 2 dicembre 1832.

Note

  1. Luogo dove la plebe corre nella primavera, e più in ottobre, gozzovigliare, stantechè nel monte formatosi ne’ bassi tempi di rottami di vasi (testa) e quindi detto Testaccio, sono scavate grotte entro le quali si mantengono freschissimi vini. Il prato inoltre, che trovasi innanzi al detto monte e alla famosa piramide dell’epulone C. Cestio, è molto opportuno ai sollazzi romorosi. Anzi ne’ secoli andati la città di Roma suoleva darvi i pubblici e talora crudi e cruenti spettacoli. In un canto di esso prato trovasi il cemetero de’ riformati.
  2. Mercato principale del pesce, fra gli avanzi del magnifico portico di Ottavia.
  3. [Bastone grosso e greggio e piuttosto corto, atto a dar busse. Ma propriamente tortóre è quel randello che serve a stringer fortemente le funi con cui si legano balle, carichi e cose simili (operazione che in Toscana dicesi arrandellare, o, più volgarmente, attortare). Ed è usato anche nella montagna pistoiese; ma in altri luoghi di Toscana si dice tortóro. Ognun vede che questo vocabolo è necessario; e infatti non manca al francese (tortoir), né mancava alla bassa latinità (tortor: nel Du Cange). Eppure, manca a tutti i nostri vocabolari, salvo quello dell’Uso Toscano del Fanfani!]
  4. Non comprendo il perchè.
  5. Selce. [Una, cioè di quelle piccole pietre riquadrate, con cui son selciate le strade di Roma.]
  6. 6,0 6,1 Spia.