Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 43

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AL PREPOSTO DI CASOLE


ED A JACOMO DI MANZI


DI DETTO LUOGO (A).



I. Della via che ci ha insegnato Gesù Cristo con la sua croce, e che dobbiamo seguitare, dimostrando qnal sia il modo, cioè l’odio del peccato mortale, e specialmente di quello che commettiamo, odiando il prossimo.

II. Dei danni deil’odio verso del prossimo e come dobbiamo schivarli.

III. Della pace stabilita fra Dio e l’uomo per mezzo di Gesù Cristo, e dell’odio che dobbiamo avere alla colpa, come causa della sua morte, e della pazienzia nell’avversità.

IV. Lo stimola con varj motivi a destarsi dalle tenebre del peccato, e seguitare la via sopraddetta di Gesù Cristo, ed all’amore di Dio; dimostrando insieme la severità del divino giudizio.


Lettera 43.


Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


I. Carissimi padri e fratelli in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi seguitare l’Agnello svenato per noi in su il legno della santissima croce, il quale fu nostra pace e nostro tramezzatore; perocchè intrò in mezzo tra Dio e l’uomo, e della grande guerra fece la grandis[p. 16 modifica]sima pace; e non raguardò alle nostre iniquitadi; ma raguardando alla inestimabile bontà sua. Voi dunque, membri e schiavi, ricomperati di così prezioso e glorioso sangue, dovete seguitare le vestigie sue. Bene vedete, che la prima dolce Verità s’è fatta regola e via, così dice elli. Ego sum via, veritas et vita: elli è quella via, che è di tanta dolcezza e di tanto lume, che colui che la seguita non cade in tenebre; e noi ignoranti, miseri, miserabili, sempre ci partiamo dalla via della luce, e andiamo per la via delle tenebre, dove è morte perpetua. Onde, carissimi padri e fratelli, io non voglio che facciamo più così, ma voglio che seguitiate la via dell’Agnello svenato con tanto fuoco d’amore, come abbiamo detto, che egli si fece tramezzatore a fare pace tra Dio e l’uomo; e però questa è dunque la via che io voglio che seguitiate, cioè che voi medesimi siate mezzo fra voi e Dio, cioè tra la parte sensitiva e la ragione, cacciando l’odio per l’odio, e l’amore per l’amore, cioè che abbiate odio e dispiacimento del peccato mortale, e dell’offesa fatta al nostro Creatore, ed odiate la parte sensitiva, legge perversa che sempre vuole ribellare a Dio, ed odio e dispiacimento dell’odio che avete col prossimo vostro, perocchè:

II. L’odio del prossimo, non è altro che offesa di Dio; onde più dobbiamo odiare, che noi odiamo, perchè se ne offende la propria Verità, che non dobbiamo odiare i nemici nostri che ci fanno ingiuria, e debbono avere quest’odio verso di me, perocchè colui che sta in odio mortale, odia più sè che il suo nemico. Onde voi sapete, che tanto è maggiore l’odio, quanto è maggiore la cosa che è offesa: e però maggiore odio ha colui che è offeso nella persona, che colui che è offeso in parole o in avere, perocchè veruna cosa è che sia tanto tenuta cara quanto la vita; e però l’uomo s’arreca a maggiore ingiuria l’essere offeso nella persona, e concipe più odio. Or pensate dunque voi, che non è comparazione dell’offesa che è fatta ad alcuno per la creatura a quella che si fa [p. 17 modifica]... ll esso medesimo. Cli

comparazione si fa dalla cosa finita alla infinita ? non veruna; onde se io sono offeso nel corpo, ed io sto in odio per l’offesa che m’è fatta, seguita che io offendo l’anima mia, ed oceidola tollendole la vita della grazia, e dandole la morte eternale, se la morte gli mena nel tempo dell’odio che non è sicuro.


Adunque io debbo avere maggiore odio di me, che uccido 1- anima che è infinita; perocché non finisce mai, quanto che ad essere; perocché, benché finisca a grazia, non finisce ad essere; che verso di colui che vi uccide il corpo che è cosa finita, perocché, o per uno modo o per un altro ha a finire, perchè l’é cosa corruttibile, e che non dura la verdura sua; ma tanto si conserva, e vale quanto il tesoro dell’ anima v’ è dentro Or che è egli a vedere quando n’ è fuora la pietra preziosa, è uno sacco pieno di sterco, cibo di morie e cibo di vermini. Adunque io non voglio che per questa ingiuria che è fatta contra a questo corpo finito, ed è tanto vile, che voi offendiate Dio e l’anima vostra che è infinita, stando in odio ed in rancore.

Avete dunque materia di concipere maggiore odio verso di voi che in verso di loro, ed a questo modo cacciarete l’odio con I odio, perocché con I odio di voi cacciaiets l’odio del prossimo, gittarete uno colpo, e satisfarete a Dio ed al prossimo, perocché levando l’odio dall’anima vostra, voi farete pace con Dio, e late pace col prossimo.

III. Adunque vedete, fratelli carissimi, che a questo modo voi seguitarete l’Agnello che v* è via e rególa, la quale tenendo vi conduce a porlo di salute. Questo Agnello fu quello mezzo che in su la croce satisfece alla ingiuria del padre, ed a noi dette la vita della grazia e della grande guerra, si fece grandissima pace, solo per questo mezzo, Levasi questo dolce Agnello con odio della colpa commessa per l’uomo, e della ingiuria che è fatta al Padre per l’offesa fatta, e piglia questa offesa, e fanne vendetta sopra sè medesimo, il # Caterina da Siena. Opere. T. IV. a [p. 18 modifica]i8 quale non contrasse mai veleno di peccato. Tutto questo ha fatto l’odio e l’amore; amore di virtù ed odio del peccato mortale. Or dirò, a questa regola dovete tenere voi. Voi sapete, che per li.molti peccati mortali siamo in odio ed in dispiacere,.di Dio!

fatta è la guerra con lui, ma è vero che poiché questo Agnello ci diede il sangue, noi possiamo fare questa pace; onde se ogni dì cadessimo in guerra, ogni dì possiamo fare la pace; ma con modo, chè senza modo non si farebbe, mai. Questo è il modo a participare il sangue di Cristo crocifisso, di levarsi con odio e con.amore, e ponersi per obietto l’obbrobrio,’le pene, e vituperio, e flagelli e la morte di Cristo crocifisso, pensando che noi siamo coloro che l’abbiamo morto» ed ogni dì l’uccidiamo ^peccando mortalmente;.peroc-!

che non,è morto per le sue colpe, ma per le nostre.

Allora l’anima conciperà questo perfettissimo odio verso la colpa sua, come detto abbiamo, il quale odio spegnerà il veleno del peccato mortale,

non vorrà fare vendetta del prossimo, anzi l’amerà come sè medesimo, e cercherà pure in che modo gli possa punire le colpe sue e la,ingiuria ohe gli è fatta dalla creatura,’ non la piglierà in quanto fatta da creatura; ma penserà che’lfCreatore permetta quella ingiuria, o per li peccati presenti, o.per, li peccati suoi passati; onde non se la recherà ad ingiuria, ma pareragli, come egli è, che Dio gli abbi permesso per grande misericordia, volendo più tosto punire h suoi difetti in questo tempo finito, che servargli a punire nel tempo infinito, dove è pena senza veruna verecundia (/V).


IV.‘Or questo è dunque il modo, e pensale cli

non c’è. altra via, ma ogni altra via ci conduce a morte, eccetto che questa. In questa via di Cristo dolce Jesù,’ non ci può stare morte, ma tolleci la morte, non fame, perocché ci ha perfetta sazietà, perocché elli c’è Dio ed uomo: elli è via sicura che non teme de’nemici, e non teme dimonia, nò uomini, ma quelli che fanno perdessi sono fermi, e.dicono col

[p. 19 modifica]l9 dolce innamorato di Paolo: se Dio è per noi, clii sarà contra no*? E voi sapete bene, che se voi non sete contra.a voi medesimi stando nelle miserie de’peccatl mortali, che Dio non sarà mai contra voi, ma sempre.

vi torrà in sè con misericordia e con benignità. Per lamore dunque di Cnsto crocifìsso, non eschifate più la via, nè fuggite la regola che n’è data per lo vostro capo Cristo crocifisso, dolce e buòno Jesù, ma levatevi, su virilmente, e non aspettate il tempo, perocché-il tempo non aspetta voi; perocché noi siamo pur mortali, dobbiamo morire, non sappiamo quando: è veio, che senza la guida non potreste andare, e però la guida è questi, odio ed amore, siccome dicemmoy perocché con 1’ odio e con 1’ amore Cristo satisfece e punì le nostre iniquitadi sopra di sè. Orsù dunque virilmente,, e non dormite più nel Ietto della morte, ma cacciate l’odio con l’odio e l’amore con 1 amore, perocché con l’amore di Dio, il quale sete tenuti ed obbligati d’amare per dovere e per comandamento, e con amore della salute dell anima vostra, la quale sta in stato di dannazione, stando in odio col prossimo suo; con esso amore, dico, che cacciarete l’amore sensitivo, il quale dà sempre’ pena, e morte, e tribolazione a colui che’l seguita, ed in questa vita gusta l’arra dello inferno. Or non è questa una grande cicchila ed oscurità a vedere, che potendo in questa vita gustare vita eterna, cominciando l’abitazione in questa vita, conversando per affetto ed amore con Dio, egli si voglia fare degno dello inferno, cominciando per odio e per rancore la conversazione con le dimonia ? Non è creatura che potesse imaginare quanta è questa slultizia di questi cotali; non si potrebbe fare vendetta, e non pare che vogliano aspettare il sommo giudice che lo’ dà la sentenzia (C) nella compagnia delle dimonia, perocché essi medesimi se la danno, e prima che essi abbino separata l’anima dal corpo, la pigliano in questa vita mentre che sono viandanti e peregrini, vedendosi correre come il vento verso il termine della morte, e [p. 20 modifica]non se ne curano; onde come pazzi e frenetici fanno.

Oimè, oìmè, aprile 1*occhio del conoscimento, e non aspettate la-forza e la potenzia del sommo Giudice, che altro è il giudice umano, ed altro è il giudice divino dinanzi a lui non si può appellare, nè avere avvocati, nè procuratori, perocché il giudice vero ha fatto suo avvocato la coscienzia, che sè medesima in quella estremità condanna, giudica sè.essere degna della morte. Or giudichianci in questa vita per l’amore di Cristo crocifisso, giudicando noi peccatori, e confessando d’avere offeso Dio: dimandiamo misericordia a lui, ed elli ce la farà, non volendo noi giudicare, nè fare vendetta del prossimo nostro, perocché quella misericordia che io voglio per me, mi conviene donare ad altrui: facendo così, gustarete Dio in verità, permarrete nella via sicura, e sarete veri tramezzalori tra voi e Dio, e nell’ultimo riceverete l’eterna visione di Dio. E però considerando me, ed avendo compassione all’ anime vostre, non volendo che stiate più in tante tenebre, mi son mossa a invitarvi a queste dolci e gloriose nozze, perocché non sete creati, nè fatti per altro fine; e perchè mi. pare, che la via della verità sia chiusa in voi per l’odio che avete, e quella della bugia e del dimonio padre delle bugie, sia molto larga ed aperta in voi, voglio che al tutto esciate di questa via tenebrosa, facendo pace con Dio e col prossimo vostro, e reduciatevi nella via che vi dà vita; e di questo vi prego dalla parte di Cristo crocifisso, che non mi deneghiate questa grazia. Non vi voglio gravare di parole. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Je€Ù dolce, Jesù amore. [p. 21 modifica]

Annotazioni alla Lettera 43


(A) La terra di Casole è del territorio di Siena pel governo politico, lungi di questa città 16 miglia. Ma se attendasi alla giurisdizione ecclesiastica è in quello del vescovo di Volterra. Questo luogo è grande e popolato, c di qnel secolo era tornato all’ubbidienza de’sanesi, e per essi reggeasi; come al di d oggi «incora si governa da nobile sancse, diputatovi dall’altezza reale di Toscana.

Il preposto di (picsta terra ò capo nello spirituale d’ essa.

(B) Dove è pena senza veruna verecundta. Il Farri ha portate d’altra maniera queste parole, dicendo: Dui’è pena senza niuna remissione. Non (stimando necessaria questa interpretazione del sentimento della santa, noi siamo stati alle stesse parole che ella b?i adoperate a spiegarlo. La Tergogna, o, come ella dice, la verecondia avvegnaché sia affetto in se indifferente, pure ha un non so che di virtù, in quanto il timore del disonore ritrae altri assai spesso dal male operare, ed è ancora come uu sentimento del malo già fatto. Or nell’ inferno i condannati alle pene eterne sono si lungi dall’avere pentimento veruno delle colpe di cui sono puniti, e elio esser suole accompagnato dalla Tergogna; che anzi confederati in orgoglio per l’animo indurato nel male, farebbonsi contiuuo rei di nuovi supplicj, se abili fossero a contrarre nuovi demeriti da punirsi. Dicendosi dunque per la santa, ebe le pene infernali sono seuza verecondia, mostrasi l’ostinazione di quei disperati che è aleuti segnale dell’eternità di quei tormenti. Leggasi il capitolo 40 del suo libro del Dialogo, in cui ella favella dell’ostinazione di queste anime rubelle a Dio.

(C) Aon pare che vogliano aspettare il sommo giudice, che lo’ dà la sentenzia. Per non intendere il modo di favellare della santa, la qnale assai spesso usa dire lo’ invece di loro in varie forme nveano le altre impressioni storpialo questo passo. Aldo cel dà in questa foggia. Che voglion aspettare il sommo giudice, che */ oda la sentenzia.

Nei in guisa migliore lo rapporta il Farri, dicendo. IVou vogliono aspettare il sommo giudice, il quale oda la sentenzia nella compagnia dei detnonj: La lezione legittima è quella che s’è posta cioè, che lo’ dà la sentenzia, essendo alla maniera della santa Io stesso /o’, che loro. Nè questa maniera di scrivere nel caso obliquo lo’ per loro, come uel caso retto, e’per eglino, fu usala solamente da sauta Caterina, avendosene non pochi esempj in altre scritture di autori saitesi di quel secolo. Anzi ne abbiamo esempi anche.n alcuni scritti del buon secolo, come fra gli altri uno ce ne fece ultimamente notare il P. Sorio nelle inedite Meditazioni della vita di GYsù Cristo, che egli annunzio in un suo ragionamento,.