Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 4
Questo testo è completo. |
◄ | Lettera 3 | Lettera 5 | ► |
A GREGORIO XI.
Lettera 4.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. Santissimo e reverendissimo padre mio in Cristo, dolce Jesù. Io Catarina, indegna e miserabile vostra figliuola, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono. Considerando me, babbo mio dolce, che il lupo ne porta le pecorelle 1 vostre, e non si trova chi le rimedisca 2: ricorro dunque a voi, padre e pastore nostro, pregandovi da parte di Cristo crocifisso, che voi impariate da lui, il quale con tanto fuoco d’amore si die’ all’obbrobriosa morte della santissima croce per trarre la pecorella smarrita dell’umana generazione delle mani delle dimonia, perocchè per la ribellione che l’uomo fece a Dio, la possedevano per sua possessione. Viene dunque la infinita bontà di Dio, e vede il male e la dannazione, e la ruina di questa pecorella, e vede che con ira, e con guerra non ne la può trarre. Unde non istante che sia ingiuriato da essa, perocchè per la ribellione che fece l’uomo disobedendo a Dio, meritava pena infinita. La somma ed eterna sapienzia non vuole fare così, ma trova uno modo piacevole e più dolce ed amoroso che trovare possa, perocchè vede che per neuno modo si trae tanto il cuore dell’uomo, quanto per amore, perocchè egli è fatto per amore, e questa pare la cagione che tanto ama, perchè non è fatto d’altro che d’amore, secondo l’anima e secondo il corpo; perocchè per amore Dio il creò alla imagine e similitudine sua, e per amore il padre e la madre gli diè della sua sustanzia concependo e generando il figliuolo. E però, vedendo Dio che egli è tanto alto ad amare, drittamente egli gitta l’amo dell’amore, donandoci il verbo dell’unigenito figliuolo, prendendo la nostra umanità per fare una grande pace. Ma la giustizia vuole che si faccia vendetta della ingiuria che è stata fatta a Dio: viene dunque la divina misericordia ed ineffabile carità, e per satisfare alla giustizia ed alla misericordia, condanna il figliuolo suo alla morte, avendolo vestito della nostra umanità, cioè della massa d’Adam che offese; sicchè per la morte sua è placata l’ira del padre, avendo fatta giustizia sopra la persona del figliuolo, e così ha satisfatto alla giustizia ed ha satisfatto alla misericordia, traendo delle mani delle dimonia l’umana generazione. Ha giuocato questo dolce Verbo alle braccia in su il legno della santissima croce, facendo uno torniello 3 la morte colla vita e la vita con la morte: sicchè per la morte sua distrusse la morte nostra, e per darci la vita, consumò la vita del corpo suo. Sicchè dunque con l’amore ci ha tratti, e con la sua benignità ha vinta la nostra malizia, intanto che ogni cuore dovrebbe essere tratto; perocchè maggiore amore non poteva mostrare (e così disse egli) che dare la vita per l’amico suo (Job. 15.): e se egli commenda l’amore che dà la vita per l’amico, che dunque diremo dell’ardentissimo e consumato amore che diè la vita per lo nemico suo? perocchè per lo peccato eravamo fatti nemici di Dio. O dolce ed amoroso Verbo, che con l’amore hai ritrovata la pecorella, e con l’amore le hai data la vita, ed haila rimessa nell’ovile, cioè rendendole la grazia, la quale avea perduta. O santissimo babbo mio dolce, io non ci vedo altro modo, nè altro rimedio a riavere le vostre pecorelle, le quali come ribelle si sono partite dall’ovile della santa Chiesa, non obbedienti, nè subiette a voi, padre. Unde io vi prego da parte di Cristo crocifisso, e voglio che mi facciate questa misericordia, cioè con la vostra benignità vinciate la loro malizia. Vostri siamo, o padre, ed io cognosco e so che a tutti in comune lo’ pare aver male fatto, e poniamo che scusa non abbino nel male adoperare, nondimeno per le molte pene e cose ingiuste ed inique che sostenevano per cagione de’ mali pastori e governatori 4, lo’ pareva non potere fare altro, perocchè sentendo il puzzo della vita di molti rettori, i quali sapete che sono demonii incarnati 5, vennero in tanto pessimo timore che fecero come Pilato, il quale per non perdere la signoria uccise Cristo, e così fecero essi, che per non perdere lo Stato vi hanno perseguitato. Misericordia adunque, padre, v’addimando per loro, e non ragguardate all’ignoranzia e superbia de’ vostri figliuoli; ma con l’esca dell’amore e della vostra benignità dando quella dolce disciplina e benigna reprensione che piacerà alla santità vostra, rendete pace a noi, miseri figliuoli, che abbiamo offeso. Io vi dico, dolce Cristo in terra, da parte di Cristo in cielo, che facendo così, cioè senza briga e tempesta, essi verranno tutti con dolore dell’offesa fatta e metterannovi il capo in grembo. Allora goderete e noi goderemo; perchè con amore avrete rimessa la pecorella smarrita nell’ovile della santa Chiesa, ed allora, babbo mio dolce, adempirete il santo desiderio vostro e la volontà di Dio, cioè di fare il santo passaggio, il quale io v’invito per parte sua a tosto farlo, e senza negligenzia, ed essi si disporranno con grande affetto; e disposti sono a dare la vita per Cristo. Oimè, Dio amore dolce: rizzate, babbo, tosto il gonfalone della santissima croce, e vedrete i lupi diventare agnelli. Pace, pace, pace, acciocchè non abbi la guerra a prolongare questo dolce tempo; ma se volete fare vendetta e giustizia, pigliatela sopra di me misera e miserabile, e datemi ogni pena e tormento che piace a voi insino alla morte. Credo, che per la puzza delle mie iniquità 6 sieno venuti molti difetti e molti inconvenienti e discordie; dunque sopra me misera vostra figliuola, prendete ogni vendetta che volete. Oimè, padre, io muojo di dolore e non posso morire. Venite, venite, e non fate più resistenza alla volontà di Dio che vi chiama, e l’affamate pecorelle v’aspettano che veniate a tenere e possedere il luogo del vostro antecessore e campione apostolo Pietro 7; perocchè voi, come vicario di Cristo, dovete riposarvi nel luogo vostro proprio 8. Venite dunque, venite, e non più indugiate e confortatevi, e non temete d’alcuna cosa, che avvenire potesse, perocchè Dio sarà con voi. Dimandovi umilemente la vostra benedizione, e per me e per tutti i miei figliuoli 9, e pregovi che perdoniate alla mia presunzione. Altro non dico: permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce. Jesù amore.
Annotazioni alla Lettera 4
- ↑ [p. 70 modifica](A) Il lupo ne porta le pecorelle vostre. Le pecorelle, a favore di cui porge ella le sue preghiere al pontefice, erano i popoli ribellati alla Chiesa; le città della Toscana, e singolarmente i Fiorentini riputati cagione di quella ribellione, come dal tenore della lettera è piano a comprendersi; perchè ella s’ingegna d’assottigliarne la colpa, accagionandone la perversità de’ ministri del papa; i quali co’ modi loro condutta aveano la republica di Firenze a nemicarsi il pontefice, ed a mettergli lo stato a ribellione.
- ↑ [p. 70 modifica](B) Non si trova chi li rimedisca. Rimedire v. a. vale riscattare.
- ↑ [p. 70 modifica](C) Torniello. Diminutivo di torneo. Ha tradotto le parole: mors et vita, duello conflixere ec. Che sono nella sequenza di Pasqua.
- ↑ [p. 70 modifica](D) Per le molte pene, e cose ingiuste ed inique, che sostenevano per cagione de’ mali pastori e governatori. Da varj andamenti dei ministri del pontefice aveano i Fiorentini ed i Sanesi formato sospetto non essi mirassero a conquistare la ToscanaD 1; e singolarmente dal vedere che Gherardo di Puy, il quale era al governo di Perugia destramente impediva la pace tra gli Aretini e quei di Castiglione, e che stava apertamente favore alla famiglia de’ Salimbeni, che stava in arme contro la patriaD 2; avendole mandati quattrocento cavalieri e seicento fanti sotto vista di cassare le soldatesche che a suo servizio teneaD 3; onde con questi ajuti avea Cione di Sandro Salimbeni occupate alcune castella alla republica di Siena, e rottone l’esercito andatovi a campo per ricuperarle: meditando pure di mutare il governo della città, che tutto era in balia del popolo. Per queste ed altre male azioni accennatesi nell’annotazioni alla prima lettera de’ ministri della Chiesa in Italia, procuravasi dalla santa di assottigliare la colpa di questi popoli, e di piegare l’animo del pontefice più facilmente al perdono ed alla pace.
- ↑ [p. 70 modifica](E) E quali sapete che sono demonj incarnati. In qual senso debbisi prendere questo titolo così aspro e pungente di demonj incarnati che ella dà a personaggi così eminenti, si avvertirà nelle annotazioni alla lettera diciottesima, in cui ci tornerà meglio a favellarne.
- ↑ [p. 70 modifica](F) Credo, che per la puzza delle mie iniquità. Di qual maniera la santa intendesse, che tutto il malo che accadeva venisse cagionato dalle sue colpe, e come ciò ella credesse e potesse dire con [p. 71 modifica]verità, rapportasi per detto di lei medesima dal beato Raimondo nella leggenda che di lei scrisseF 1. Questo modo di favellare della santa porge materia ad uno dei discorsi eruditi del P. Gio. Stefano Menocchio, in cui per opera esamina sì fatto sentimento di questa vergineF 2, e dà a vedere in quale aspetto abbia faccia di vero. Vedasi il capitolo secondo del dialogo, in cui la santa ripete questo stesso così umile sentimento di sè, come pure lo fa in altre molte delle sue lettere.
- ↑ [p. 71 modifica](G) V’aspettano che veniate a tenere e possedere il luogo del vostro antecessore e campione apostolo Pietro. Tenendo dietro la scorta fattane da’ padri e da concilj, probabilissima è la sentenza che insegna la sedia apostolica di s. Pietro, non poter separarsi dalla città di RomaG 1; onde in questo senso, è il dirsi la Chiesa romana non poter andare in errore o giammai venir menoG 2. Stimasi per tanto sì fatta unione essersi già ordinala a s. Pietro, ed in esso a’ suoi successori da CristoG 3; cioè dire, che il sommo pontefice siasi sempre mai vescovo di Roma. E’ assai conta la risposta che die’ un vescovo assai familiare a questo stesso pontefice, allorchè da esso era come ripreso del suo tanto indugiare a corte, lungi dalla sua Chiesa; avendogli accortamente risposto: E voi, beatissimo padre, ch’esser dovete d’esempio agli altri, perchè non ve n’andate alla vostra Chiesa di Roma, stando ella in tanto bisogno della presenza vostra? Ed una tal risposta non fu debile a fermarlo più saldo nel proponimento di partirne d’Avignone, come da varj autori si riferisceG 4. E’ egli vero, che il sommo pontefice è pastore di tutta la greggia cristiana, e che stando lungi di Roma serba la dignità di vescovo di quella città; ma è si pure fuori di dubbio, che a questa cagione è più convenevole, ch’egli risieda in Roma che altrove, noun avendo quella città altro pastore da esso in fuori, come ben discorre il Petrarca. Perciò come a ragione, gli autori italiani di quei tempi faceano lamenti della lunga assenza de’ pontefici di RomaG 5, così a torto vengono perciò ripresi da alcuni autori oltramontani, i quali per veruno argomento non potranno giammai vincere, che non sia di convenienza maggiore che il sommo pontefice stinsi in Roma: checchè in contrario si sforzi dire il BaluzioG 6, che null’altro sa addurre, che il querelarsi degl’italiani, perchè assomiglino la dimora de’ pontefici in Avignone a quella del popolo ebreo in Babilonia, poichè, come [p. 72 modifica]qui dice la santa: Voi dovete riposarvi nel luogo vostro proprio; cioè dire in quello, che di modo più particolare era suo, come quegli che erane singolare pastore.
- ↑ [p. 72 modifica](H) Nel luogo vostro proprio. Cioè in Roma.
- ↑ [p. 72 modifica](I) Miei figliuoli, cioè suoi discepoli. Nel processo della santa, fatto l'anno 1411 se ne annoverano oltre a quaranta senza contarvi le donne che furono moltissime.