Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 3
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A GREGORIO XI.
Lettera 3.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. A voi, dilettissimo e reverendo padre in Cristo Jesù, io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, vostra indegna misera miserabile figliuola, scrivo nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi vero pastore, imparando dal padre Cristo il cui luogo voi tenete, che pose la vita per le pecorelle sue, non riguardando alla nostra ingratitudine, nè a persecuzione, nè ad ingiuria, nè a scherni, nè a vituperj che gli fossero fatti da coloro i quali egli avea creati e fatto lo’ molti benefizj 1; e non lassa però d’adoperare la nostra salute; ma come innamorato dell’onore del Padre e della salute nostra, non vede le pene sue, ma con la sapienzia sua e pace e benignità vince la malizia nostra: così vi prego e dico, dolce babbo mio, dalla parte di Cristo crocifisso, che facciate voi, cioè che voi, con benignità, pazienzia ed umiltà e mansuetudine, venciate la malizia e la superbia de figliuoli vostri 2, i quali sono stati ribelli a voi padre: sapete che col dimonio non si caccia il dimonio, ma con la virtù si caccierà. Poniamo che abbiate ricevute grandissime ingiurie, avendovi fatto vituperio e toltovi il vostro; nondimeno, padre, io vi prego che non ragguardiate alle loro malizie, ma alla vostra benignità; e non lassiate però d’adoperare la nostra salute. La salute loro sarà questa, che voi torniate a pace con loro; perocchè il figliuolo che è in guerra col padre, mentre che vi sta, egli il priva dell’eredità sua. Oimè, padre, pace per l’amore di Dio, acciocchè tanti figliuoli non perdano l’eredità di vita eterna; che voi sapete, che Dio ha posto nelle vostre mani il dare, il togliere questa eredità, secondo che piace alla vostra benignità. Voi tenete le chiavi, ed a cui voi aprite si è aperto; ed a cui voi serrate è serrato: così disse il dolce e buono Jesù a Pietro, il cui loco voi tenete; cui tu scioglierai in terra sarà sciolto in cielo (Matth. 16.): e cui tu legherai in terra, sarà legato in cielo. Adunque imparate dal vero padre e pastore: perocchè vedete, che ora è il tempo da dare la vita per le pecorelle che sono escite fuora della gregge. Convienvele dunque cercare e racquistare con la pazienzia e con la guerra, andando sopra gli infedeli, rizzando il gonfalone dell’ardentissima e dolcissima croce; al quale rizzare non si conviene più dormire, ma destarsi e rizzarlo virilmente. Spero nella smisurata bontà di Dio, che riacquisterete gl’infedeli e correggerete le malizie de’cristiani, perocchè all’odore della croce tutti copriranno 3, eziandio coloro che sono stati più ribelli a voi. O quanto diletto, se noi vedessimo che il popolo cristiano desse il condimento della fede agl’infedeli: perocchè poi avendone ricevuto il lume, verrebbe a grande perfezione, siccome pianta novella, avendo perduta la freddezza dell’infidelità e ricevendo il caldo ed il lume dello Spirito Santo per la santa fede; producerebbe fiori e frutti delle virtù nel corpo mistico della santa Chiesa; sì che coll’odore delle loro virtù, noterebbero a spegnere i vizj e i peccati, superbia ed immundizia, le quali cose abondano oggi nel popolo cristiano, e singolarmente nei prelati4 e ne’ pastori e nei rettori della santa Chiesa, i quali sono fatti mangiatori e divoratori dell’anime, non dico convertitori, ma divoratori, e tutto è per l’amore proprio che hanno a sè medesimi; del quale nasce superbia, cupidità ed avarizia ed immundizia del corpo e della mente loro. Veggono li lupi infernali portare li sudditi loro, noti pare che se ne curino; tanta è la cura che hanno presa in acquistare diletti e delizie, loda e piaceri del mondo, e tutto procede dall’amore proprio di sè medesimo: perocchè, se egli amasse sè per Dio, e non sè per sè, egli attenderebbe solo all’onore di Dio e non al suo, ed all’utilità del prossimo e non all’utilità propria sensitiva. Oimè, babbo mio dolce, procurate ed attendete sopra costoro; cercate i buoni uomini e virtuosi, ed a loro date la cura delle pecorelle; perocchè questi cotali saranno agnelli e non lupi, che notricheranno il corpo mistico della santa Chiesa: unde a noi sarà utilità, ed a voi sarà grande pace e consolazione, ed ajuterannovi a portare le grandi fatiche che io so che voi avete. Farmi che stiate, benigno padre mio, siccome sta l’agnello nel mezzo de’ lupi; ma confortatevi e non temete, perocchè la providenza e l’ajutorio di Dio sarà sempre sopra di voi: non mirate, perchè vedeste apparire le cose molto contrarie, e che l’ajuto umano ci venga meno, e che quelli che ci debbano ajutare, più ci manchino, facendo contra di voi, non temete; ma più vi confidate e non alienate, nè impedite il vostro dolce e santo desiderio, ma più s’accenda l’uno dì che l’altro. Su, padre, mandate in effetto il proponimento 5 che avete fatto dell’avvenimento vostro e del sauto passaggio, al quale vedete 6 che l’infedeli v’invitano, venendo a più possa a tollervi il vostro. Su a dare la vita per Cristo: or abbiamo noi altro che uno corpo? perchè non dar la vita mille volte se bisogna in onor di Dio ed in salute delle creature? Così fece egli, e voi, vicario suo, dovete fare l’offizio suo. Questo è usanza, che rimanendo il vicario, seguiti le vestigie e li modi del Signore suo. Adunque venite, venite, e non tardate più, acciocchè tosto poniate il campo sopra gl’infedeli; e che non riceviate di questo fare impedimento da questi membri putridi che sono ribelli a voi: pregovi, e voglio che usiate uno santo inganno con loro, cioè con la benignità, come detto è (Ad Rom. 12); perocchè questo li sarà uno fuoco d’amore e carboni accesi che gitterete sopra i capi loro, e per questo modo gli averete presi, e la sustanzia temporale e le persone loro, dandovi ajuto in fare la guerra vera sopra gl’infedeli. Così fece il nostro dolce Salvatore, perocchè gittando tanto fuoco, e caldo d’amore sopra coloro che erano ribelli a lui, seguitava a mano a mano che eglino erano ajutatori e portatori del nome di Dio, siccome fu quello dolce banditore di Paulo, che essendo lupo, diventò agnello e vasello dolce di elezione; che di quello fuoco, che Cristo gli aveva pieno il vasello suo, di quello portava per tutto quanto il mondo, i cristiani traendo de’ vizj e piantando in loro le virtù, e gl’infedeli traendo d’errore e d’infidelilà, e porgendoli il lume della santa fede. Or così vi dice, e vuole la prima e dolce verità, che voi facciate, e di quello che avete ricevuto, di quello date. Pace, pace, pace, babbo mio dolce, e non più guerra; ma andiamo sopra i nemici nostri, e portiamo l’arme della santissima croce, portando il coltello della dolce e santa parola di Dio. Oimè, date mangiare agli affamati servi suoi, i quali aspettano voi, e questo tempo con grandissimo ed ardentissimo desiderio. Confortatevi, confortatevi, padre, e non prendete amaritudine affliggitiva; ma prendete amaritudine confortativa, avendo amaritudine del vituperio, che vediamo del nome di Dio. Confortatevi per esperanzia, che Dio vi provederà alle vostre necessità e bisogni. Non dico più, che se io andasse alla volontà, io non mi restarci infino che io avesse la vita in corpo: perdonate alla mia presunzione, ma il dolore e l’amore che io ho all’onore di Dio ed alla esaltazione della santa Chiesa, mi scusi dinanzi alla vostra benignità: più tosto vel direi a bocca, che per scrittura, perocchè io crederei più sfogare l’anima mia. Or non posso più, abbiate pietade de’ dolci ed amorosi desiderj, li quali sono offerti per voi e per la santa Chiesa per continue lagrime ed orazioni non si spregiano per negligenza; ma con sollicitudine adoperate, perocchè pare, che la prima verità voglia producere li frutti: tosto dunque ne verranno li frutti, poichè ’l fiore comincia a venire. Or con cuore virile e non timoroso punto, seguitando l’agnello svenato e consumato in croce per noi, permanete nella santn e dolce dilezione di Dio. Pregovi, reverendo padre, che quello che Neri7 portatore di questa lettera vi dirà, che se egli è possibile a voi e di vostra volontà, voi li diate e concediate: pregovi che li diate audienzia e fede di quello che egli vi dirà, e perchè alcuna volta, non si può scrivere quello che vorremmo, sì, dico, se mi voleste mandare a dire alcuna cosa segreta, il manifestaste a bocca a lui sicuramente, perlocchè potete. Ciò che per me si può fare, se bisognasse dare la vita, volentieri la darei in onore di Dio ed in salute dell’anime. Jesù dolce. Jesù amore.
Annotazioni alla Lettera 3.
- ↑ [p. 64 modifica](A) Fatto lo’ molti benefizj. Sì nel libro del dialogo, si nelle sue lettere adopera frequentemente santa Caterina la voce lo’ per quella di loro; onde, acciocchè altri non prenda abbaglio, e bene intenda il sentimento della santa, avvertasi qui ora, per non averlo all’altre occasioni a ripetere. Ciò non trovasi di verità appo gli scrittori fiorentini, ma ben sì l’usarono i Sanesi di quel tempo, come si avverte nelle annotazioni alla lettera 43.
- ↑ [p. 64 modifica](B) Venciate la malizia e la superbia de’ figliuoli vostri. Per quanto può vedersi dal tenore della lettera, non aveva la santa preso ancora il carico d’intramettersi d’accomodamento tra ’l pontefice e la republica di Firenze; onde questa sarà scritta innanzi al maggio del 1376. Indotta adunque solamente dallo spirito della carità, porge sue preghiere al pontefice a pro sì delle città ribellate, sì di quella republica, che stata n’era la principale cagione; avvegnachè tuttora salda e costante si stesse nel partito che preso avea. Usa la santa dire vencere in luogo di vincere, secondo che costumavasi a Siena a quel tempo, e tuttora pure costumasi nella favella del popolo. Celso Cittadini, uomo versatissimo nelle antichità, e peritissimo della lingua toscana, in un suo picciolo trattato, che fa dei sei differenti idiomi toscani, che è a penna, osserva il cangiamento che fanno le sei nazioni di essa, di una vocale in un’altra in alcune parole, come ad esempio, a Firenze dicesi vincere, a Siena vencere, ed a contrario a Firenze si dice venti, a Siena vinti, in significato di numero.
- ↑ [p. 64 modifica](C) All’odore della croce tutti corriranno. Ciò, che con lettera qui accenna la santa, più chiaro ella espose in voce a questo pontefice mentre era in Avignone. Imperciocchè, pregando ella Gregorio con tutto il calore de’ suoi conforti a muovere la guerra contra gl’infedeli, ripigliando questi non essere il tempo acconcio a tal impresa a cagione delle dissensioni nate fra’ cristiani, non, disse la santa, anzi il tempo non può accadere miglioreC 1, perchè all’inalzarsi della croce contro i comuni nemici, poseranno gli odj che sono tra’ cristiani; e tutti d’un volere volgeranno la guerra contra di quelli; onde si avranno ad un tempo due beni, cioè dire, la pace della cristianità e la guerra agl’infedeli. Questa saggia riflessione della santa, vien addotta da Cornelio a Lapide e giustamente lodata, confermandola con varj esempjC 2. Usa dire la santa corrire in luogo di correre secondo che porta l’idiotismo sanese, nato forse dal francese courir.
- ↑ [p. 65 modifica](D) Singolarmente ne’ prelati. Questi vizj, a cui poscia volle por rimedio Urbano VI, furono la cagione dei terribile scisma di cui si parla nelle lettere ad Urbano.
- ↑ [p. 65 modifica](E) Il proponimento che avete fatto. Vedi la nota J della prima lettera.
- ↑ [p. 65 modifica](F) Al quale vedete che l’infedeli v’invitano. Di questi tempi Ammut I signore dei Turchi, distruggeva la cristianità nella Grecia e nell’Armenia; perciò dice che gli infedeli l’invitano alla crociata.
- ↑ [p. 65 modifica](G) Neri. Neri ossia Ranieri di Landoccio de’ Pagliaresi, uno de' discepoli e segretarj della santa.