Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 34

Ad Angelo, eletto Vescovo Castellano - Lettera 34
Lettera 33 Lettera 35

[p. 208 modifica]20& V. ’ .1 i, ’n i i » n *n 7Ìn» il* rj, -i. ’f *,. It * ’ ni» I- » frio’iV ’ I « i t ( * "’» ».

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. r - M*\ i ELETTO VESCOVO CASTELLANO (J).

  • ’ lf.I. ì !. i,l p i, 1 ) a . % »!. Il I. Desidera vederlo illuminato con vero

perfetto lume per conoscere ed amare la verità.


’ ’ ? ( g ®, f* IL Dell a costanza, prudenza, ed altre tirtu che procedono dal vero, . ili* lume e conoscimento della verità, o dei danni che vengono ’. 1 all’anima’ che è priva d’esso.

III. DeU’obbligò che hanno i’ministri di santa Chiesa di procurare la salute dell’ anime, onde come tale esorta il sopraddetto a voler riprendere i vizj de’suoi sudditi, senza alcun timore . servile, ad imitazione di Gesù Cristo e degli antichi prelati, e piantare in essi le vere virtù, particolarmente in tempi tanto miserabili per la Chiesa. * IV. Lo prega ad annunciare.la verità di papa Urbano VI, vero e sommo pontefice.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. ilarissimo padre iti Cristo dolce Je sii. Io Calarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi illuminato d’uno vero e perfettissimo lume, acciocché nel lume di Dio vediate lume; perocché vedendo, conoscerete la sua verità; conoscendola, ramerete, e così sarete sposo della verità.

II. Senza questo lume ululeremo in tenebre, non [p. 209 modifica]309 saremo fedeli, ma infedeli sposi delia verità, perchè questo lume è quello mezzo che fa 1’ anima fedele: dilungala dalla bugia della propria sensualità, e falla correre per la dottrina di Cristo crocifìsso, il quale è essa verità: fa il cuore maturo, stabile e non volubile, cioè a dire, che per fatica non si muove con impazienzia, nè per consolazione con disordinata allegrezza; in ogm cosa è ordinato, e pesato ne’coctumi suoi. Tutto il suo operare è fatto con prudenzia, e con lume di gran discrezione; e siccome prudentemente adopera, così prudentemente parla, e prudentemente tace, dilettandosi più d’ udire le cose necessarie, che parlare senza bisogno. Questo perchè è?

perchè con lume ha veduto nel lume, che il dolce Dio eterno si diletta di poche parole (/?) e di molte operazioni; senza il lume non l’avrebbe conosciuto, e però avrebbe fatto tutto il contrario, parlando molto e facendo poco. Il cuor suo andrebbe a vela, che nella allegrezza sarebbe leggiero con vanità di cuore, e nella amaritudine si troverebbe con disordinata tristizia. In ogni male è atto a cadere quelli il quale è privato di lume: e così colui che nel lume della verità eterna ha veduto lume, è disposto e atto a venire a grande perfezione, e vienvisi; con sollecitudine ed odio santo di se, ed amore della virtù esercita la vita sua; ma in altro modo, non: anco sarebbe tutta imperfetta e corrotta la vita, sarebbono corrotte tutte le sue operazioni!

della ragione avrebbe fatta serva, e della sensualità donna: ciò che Dio gli desse piglerebbe in morte; in qualunque stato si fosse, non renderebbe a Dio il debito suo, nè al prossimo, nè a sè; cioè di rendere a Dio l’onore di amarlo schiettamente senza rispetto di sè, ma solo perchè gh è degno d’ essere amato, perchè egli è somma ed eterna bontà; a sè non renderebbe odio, il quale si debbe rendere, odiando la propria sensualità, con aggravare le colpe sue passate e presenti con vero dispiacimento; dolendosi più S. Caterina da Siena. Opere. T. III. f 14 [p. 210 modifica]dell’ offesa di Dio che della pena propria, che gli seguila dopo la colpa; ed al prossimo la benivolenzia d’amarlo strettamente come sè medesimo, servirlo ed ajutarlo in ciò che egli può, per trarlo fuora delle mani delle dimonia. Costui, non si pascerebbe alla mensa deH’affocato desiderio, dell* onore di Dio e del cibo dell’anirae; alla quale mensa Dio ci richiede che continuamente stiamo a prendere questo cibo, massimamente e’ pastori della santa Chiesa dienno cercare, alti l quali Dio ha commessa la cura dell’anime.

III. Questi debbono essere pastori veri, seguitando - il buono e santo Pastore, il quale dispóse e die* la vita per le pecorelle sue, e con la pena della croce compì l’obbedienzia del Padre, e la salute nostra. Mai non rifiutò labore, nè fatica, nè. allentò mai il desiderio d’essa nostra salute, nè per lo dimònio, nè per detto deili giudei che gridavano, descende dalla croce, nè per nostra ingratitudine. Noi dobbiamo seguitare le vestigie sue. A questo v’invito, carissimo padre, nuovamente Dio v’ha messo in quésto giardino della sanla Ecclesia (C), e postovi il peso delle anime, acciocché ’ facciate, siccome faceano li dolci e santi pastori., quando anticamente la Ecclesia di Dio abbondava d’ uomini virtuosi, i quali con lume dell’intelletto si speculavano m questa.venia e si ponevano dinanzi a loro, non delizie, nè ricchezze, con adornamento di casa, con molli donzelli, nè con grossi cavalli (/?), come fanno oggi, che tanto sono sommersi in questo e negli altri difetti, che delle anime non curano: dico che non faceano così essi, ma il loro’ obietto era Cristo crocifisso, e conoscendo col lume la fame di questo dolce Verbo, la quale egli ebbe verso la nostra salute, se ne innamoravano per si fatto modo, che il sostenere e dare la vita, era a loro grande allegrezza; li loro famigli erano i poveri, la loro ricchezza era I’ onore di Dio, la salute delle pecorelle, e la esaltazione della santa Ecclesia..Non si restavano mai di offerire dinanzi a Dio dolci, ed amorosi, e penosi desiderj, [p. 211 modifica]ai I dando loro la dottrina, con esemplo di buona e sanla xita; crescendo nello stato, non enfiavano per superbia, ma più perfettamente si umiliavano, perocché il lume loro facea chinare il capo, conoscendo la gravezza ed il peso che ricevuto avevano in aver cura deH’anime. Ora è il tempo, in quanto è maggiore ne- cessità che fosse già grandissimi tempi: ornai nella Ecclesia di Dio, in quanto il mondo più abbonda di vizj, e tutto è avvelenato, in tanto che non si tro\a dove altrove possa posare il capo, che in Cristo crocifisso!

non voglio che allentiate il santo desiderio che avete, e che dovete avere, di fare il debito nell’officio vostro, nò per inganno di dimonio che vi \olesse far vedere, che il meglio fosse conformarvi con li costumi degli altri, o che tempo non fosse di correggere li vizj delli sudditi vostri, massimamente le immondizie e ribalderie, le quali trovansi nelli clerici, propriamente sareste uno dimonio, perchè vi scordareste della voluntà di Dio, e conformarestevi con la sua; nè per detto di creatura che volesse dire, discende di questa’ croce, non voler portare affanno, perocché te ne seguiterà» pena e forse la morte: se tu sostieni,e* sudditi ti crederanno, e possederai in pace il beneficio -tuo.1 Ah, il timore santo risponde al timore servile, ed alle creature, che con queste parole spaventano la sensualità.

Or non son io mortale? or non poss’ io rivócàrè questa morte? SI bene; nel dì della resurrezione; riia la morte eternale, la quale per questo mi seguirebbe, non posso io mai riparare e aggiungérevvisi (E) sì il cruccio del corpo il dì della resurrezione: adunque meglio m’è di ponere la vita, e seguitare Cristo ero- ’ cifisso, e con fede viva credere in verità* che per lui potrete ogni cosa. Nè voglio che voi lasciate per ingratitudine loro mai di sovvenirli, e procacciare la vita loro giusta il vostro potere. Siatemi vero e perfetto ortolano in divellere ì vizj, e piantare le virtù in questo giardino; per questo v’ha Dio ora di nuovo posto e chiamato; siate adunque tutto virile a rendere [p. 212 modifica]212 „ il debito vostro. So’ certa, clie se avrete vero lume, il farete compitamente, altrimenti no; e però vi dissi, che io desiderava di vedervi alluminato d’ uno vero e perfettissimo lume. Pregovi per amor di Cristo crocifisso, e di quella dolce madre Maria, che vi.studiate di complire di voi la voluntà di Dio ed il desiderio mio, ed allora riputerò beata, 1’ anima mia: non è più tempo da dormire, ma da destarsi dal sonno della negligenzia, e levarsi dalla cecità - della ignoranzia, e realmente sposare la » verità con l’anello della santissima fede, non tacendola per veruno timore,, ma largo e liberale, dir sposto a riare la vita se bisogna; tutto ebbro del san-r gue.dell’umile ed. immacolato Agnello, traendolo delle mammille della dolce sposa sua; cioè della santa Ecclesia, la quale vediamo^ tutta smembrata. Ma spero nella somma ed eterna bontà di Dio, che li renderà membri sani e non infermi, odoriferi e non putridi, e fabbrica rannosi questi, membri sopra le spalle de’veri servi di Dio amatori,della, verità con molte fatiche,.

sudori e lagrime, ed umile, continua e fedele orazione.

AJtro non vi dico: confortatevi in croce con Cristo dolce Jesù; umilmente mi vi raccomando. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. #s(f/,, v;.. t f. \ . IV. Siate, uno padrone in cotesta città ad, annun-, ciare virdmente la verità di papa Urbano VI (F). Sommo, e vero pontefice, ed in tutto vi studiate,di mantenerli nella fede, obbedienzia e riverenzia della santa Ecclesia e della santità sua.’* ? »!

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(./) Il titolo latino apposto a questa lettera nell’impression il Aldo, e alcune voci adatto latine, che qna e là. s’incontrano, ponno far credere, che per avventura sia stata essa da qualcnno voltala dal-1 Y originale volgare in latino, e1 poscia per alti; ricondotta oi.ll* italiano.

Questo vescovo eletto di Castello, fatte tutte le ragioni, sembra potersi aflerraare che sia Angelo Corunro, uobile veneto, eletto vescovo di Castello nel 1378 in circa, e durato in quella dignità sino al (385, nel quale ebbe la Chiesa di Calcide o.Dìegroponte, e poscia in titolo la patriarcale di Costantinopoli, e nel i^o5 I» porpora cardinalizia dal papa Innocenzo A II, cui anche succedette l’anno appresso nel pontiGcato col nome di Gregorio XII.

Castello poi era il nome di uno de’ sei quartieri di Venezia’;

Arrigo Contari’ii fu il primo a esser diiiominato vescovo d, Castello, mentre i suoi antecessori si intitolavano vescovi d’OlivoIa, che era il nome di una delle molte isole, onde e formata quella stupenda città.


L’Ugbelli ed il Baluzio pongono di questi tempi sulla sede di Venezia, o Castello, Giovanni de’Placentmi; e trovasi in una iscrizione nella Chiesa de Serti di essa città che nna cappella vi fosse consacrata da Giovanni de’ Piacentini. Ala egli nou trovasi nella serie de’vescosi dipìnti nel palazzo patriarcale. Si potrebbe conciliare questa diversità, ammettendo che anche il Piacentini messe la dignità di vescovo di Castello, ma ricevuta dall’antipapa, al quale è certo che ai attenne, e ne fu anche creato cardinale come si rileva dalla vita di Clemente VII presso il Muratoti Ber. Italie, tom. 3, part. 2.

I Veneziani stettero per Urbano, ma la guerra grande che avevano allora coi Genovesi li avrà forse impediti dal badare alle usurpazioni del vescovo scismatico.

(B) Il dolce Dio eterno si diletta di poche parole* Di ciò favella la sauta nel dialogo in cui rapporta il dettole da Dio intorno a questo.

(C) Nuovamente Dio v ha messo in questo giardino della santa Ecclesia. Cioè dell auno stesso 1379, in cui è scntta la lettera, onde non fu eletto l’anno 1386, come «uole I’ Ughelli, essendo già a quell’ora morta la santa di sei anni.

(D\ Con molti donzelli, nè con grossi cavalli. Si duole la santa m molte lettere delle spese soverchie che faceansi dagli ecclesiastici ue’ molli donzelli, cioè dire servi, e ne’ grossi cavalli. L’uso antico degli ecclesiastici era d’adoperare a loro servigi uoircavalli, ma mole, avendo quelli troppo del guerriero, e perciò riputavansi uou lauto propr) a persone di Chiesa. D’Urbano VI. un suo fami[p. 214 modifica]21 4 liare ha lasciato memoria, che essendo semplice prelato, non adoperava a suo servìgio ebe.una mula. Costumasi tuttora da’sagri porporati nelle funzioni celebri, dette cavalcate, d’usare non cavalli generosi, ma mule mansuete. ‘ (E) E aggiungerevvisi ec. Nell’anticbe impressioni d’Aldo davasi questo passo di questa maniera. Or non son io mortale? Or non posso io rivocar questa morte? sì bene: nel dì della resurrezione!

tua la morte eternale, la quale per questo mi seguirebbe, non posso, io mai reparare: aggiungerewisi sì crucciando il corpo, il dì della resurrezione, adunque ec., nelle quali parole non v’è senso, o troppo v’ha d’oscurità. II F^rri, per torsi di hriga, ha tolte via queste ultime parole; aggiungerevvisi ec., ripigliando dopo le voci, mai riparare, adunque ec., ed il sentimento cammina giustissimo.

(F) Siate uno padrone in colesta città ad annunciare virilmente, la verità di papa Urbano /’’/.Adempiè egli pel tempo del suo governo ciò, che per santa Caterina gli fu raccomandalo, onde la re* pubblica veneziana per In pietà di que’ padri e di questo ottimo pastore, si tenne doli’aderirò agl’inviti di Clemente e de’suoi seguaci, . ^ t  » M *JL / I. . , i , I * * l ■ r * « Ì. * t 1«|4 ♦ f .. - \ 1 [p. 215 modifica]2 I 5 AD A.NGELO DA IllCASOLI VESCOVO DI FIORENZA (J).

I. Lo stimola a volersi desiare dalla negligenza cou.

hnoo pasture, spoglidodoii d’ojjn. amor proprio e timor servile, ad esempio degli antichi prelati, e vestirai della rtra carità, umiltà, ed altre virtù.


Jf Dimostra i danni dell’auor proprio, siugolarmente Dei prelati.

III. Lo prega a volerle fare un elemosina p»*r il monastero di s. Agnese, trovandosi in multa Decessila a cagione delle guerre.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

voi, reverendissimo e carissimo padre iu Cristo Jesù. Io Catarina, serva e schiava di Dio, e vostra, e di tulli li servi di Dio, scrivo, e contortovi nel prezioso sangue sparto con tanto ardentissimo amore per noi, e bene che presunzione sia, voi mi perdonerete, e porretelo all’amore ed al desiderio che io, misera, miserabile, ho della salute vostra e d’ ogni creatura, ma singularrnente di \oì che sete padre di molle pecorelle. E però vi prego dolcissimamente che vi destiate e leviate dal sonno della negligenzia, imparando dal dolce Maestro della \erilà che ha posto la vita, come pastore vero perle pecorelle, che volontariamente udiranno la voce sua, cioè coloro che saranno osser