Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 35

Ad Angelo di Ricasoli, Vescovo di Fiorenza - Lettera 35
Lettera 34 Lettera 36

[p. 215 modifica]2 I 5 AD A.NGELO DA IllCASOLI VESCOVO DI FIORENZA (J).

I. Lo stimola a volersi desiare dalla negligenza cou.

hnoo pasture, spoglidodoii d’ojjn. amor proprio e timor servile, ad esempio degli antichi prelati, e vestirai della rtra carità, umiltà, ed altre virtù.


Jf Dimostra i danni dell’auor proprio, siugolarmente Dei prelati.

III. Lo prega a volerle fare un elemosina p»*r il monastero di s. Agnese, trovandosi in multa Decessila a cagione delle guerre.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

voi, reverendissimo e carissimo padre iu Cristo Jesù. Io Catarina, serva e schiava di Dio, e vostra, e di tulli li servi di Dio, scrivo, e contortovi nel prezioso sangue sparto con tanto ardentissimo amore per noi, e bene che presunzione sia, voi mi perdonerete, e porretelo all’amore ed al desiderio che io, misera, miserabile, ho della salute vostra e d’ ogni creatura, ma singularrnente di \oì che sete padre di molle pecorelle. E però vi prego dolcissimamente che vi destiate e leviate dal sonno della negligenzia, imparando dal dolce Maestro della \erilà che ha posto la vita, come pastore vero perle pecorelle, che volontariamente udiranno la voce sua, cioè coloro che saranno osser[p. 216 modifica]vatori dei comandamenti ’ suoi, e se ci cadesse cogitazione nel cuore; io non posso seguitare questa perfezione, perocché mi sento debile e fragile,’ ed imperfetta, e per la illusione del dimonio, e per la fragilità .della carne, e per le lusinghe ed inganni del mondo sono indebilita. E veramente, riverendo padre, è così, perocché colui (B) che seguita questo, diventa debile e sì pauroso, e timoroso di timore servile, che come fanciullo, teme dell’ombra sua, e più l’ombra della creatura che l’ombra sua, ed intanto abbonda in lui questo timore che non si cura per non dispiacere alle creature, e per non perdere lo stato suoj che il suo Creatore sia offeso o d’offenderlo; ma se egli è prudente e savio, fugge, alla madre, e nel suo grembo diventa sicuro e perde ogni timore. Onde la inestimabile bontà ha posto rimedio contra ogni nostra debilezza con la sua ineffabile carità; perocché ella è quella dolcissima madre che ha per nutrice la profonda umiltà, e nutrica tutti li figliuoli della virtù, e niuna virtù può avere vita, se non è conceputa e partorita da questa madre della carità. Così dice quello innamorato di Paolo, raccontando molte virtù che nulla li vale senza la carità.

Adunque seguitate quelli veri pastori che seguitalo Cristo crocifisso, perocché furono uomini come voi, e potente è Dio come allora, perocché elli è incommutabile, ma essi tenevano le vestigie sue, e conoscendo la debilezza loro, fuggivano umili, abbattuta la superbia dell’onore ed amore proprio di sè, e fuggivano alla madre della vera carità, ed ivi perdevano ogni timore servile, e non temevano di correggere li sudditi loro, perchè tenevano a mente la parola di Cristo; cioè non temete Colui che. può uccidere il còrpo, ma me. E non me ne maraviglio; perocché l’occhio loro ed il gusto non si pasceva di terra; ma deH’onor

di Dio e della salute delle creature, volendo servire e ministrare le grazie spirituali e temporali, e come di grazia avevano ricevuto, di grazia davano, non vendendo per- pecunia,’iiè per.simonia, ina face-

[p. 217 modifica]... 217 vano come buoni ortolani e lavoratori posti nel giardino della santa Chiesa, e non attendevano nè a giuochi, nè a grossi cavalli, nè alla molta ricchezza, nè a spender quello della Chiesa nel disordinato vivere, nè quello che de’ essere de’ poveri, ma stavano come fortificati da questa madre, al vento ed all’acqua delle molte battaglie, a divellere li vizj e piantare le virtù, -’erdevano sè, e raguardavano il frutto che portavano a Dio, ed erano privati dell’amore proprio, onde amavano Dio per Dio, e perchè è somma bontà e de:, no d’amore, e sè amavano per Dio, donando l’onore.a Dio e la fatica al prossimo, ed il prossimo ( er Dio, non raguardando ad utilità che da lui potessero ricevere, ma solo che egli possa avere e.listare Dio.

II. Oimè, oimè, oimè, disavventurata l’anima mia, non fanno oggi così, ma perchè amano d’amore mercennajo, amano loro per loro, e Dio per loro, ed il prossimo per loro, e tanto abbonda questo perverso amore, il quale più tosto si debba chiamare odio mortale, perchè ne nasce la morte. Oimè, piangendo il dico, che non si curano delle immondizie, nè di mercantare e vendere la grazia dello Spirito Santo, vengono li ladri, che furano l’onore d£ Dio e dannolo a loro: oimè, e non li impiccano per correggimento.

Vede il lupo infernale portarne la pecora, e chiude gli occhi per non vederla; e questa èia cagione perchè non vede e non corregge; cioè per amore proprio di sè; onde nasce il disordinato t.more perchè elli si sente in quelli medesimi vizj, li quali li legano la lingua e le mani, e noi lassa correggere, nè castigare il vizio. Non vorrei dunque, carissimo, e reverendissimo, e dolcissimo padre in Cristo Jesù, che questo addivenisse a voi; ma pregovi che siate pastore vero, a ponere la vita per loro; e però dissi che io pregavo, e desideravo con grande desiderio che vi levaste dal sonno della negligenzia, perocché chi dorme non vede e non sente, ed egli è bisogno di molto vedere, molto sentire, perocché avete a rendere ragione di loro, e sete [p. 218 modifica]2lt$ in mezzo de’suoi nemici, cioè del corpo, del dimonio e delle delizie del mondo*, la necessità della vostra salute m’invita a destarvi, e con lume seguitare la vita e li santi modi de’veri pastori. Accostatevi adunque a questa dolce madre della carità, la quale vi torrà ogni timore servile ed ogni freddezza di cuore, e daravvi fortezza, e larghezza, e libertà di cuore, perocché Dio è carità, e ehi sta in carità, sta in Dio, e Dio in lui. Adunque, padre,, poiché abbiamo veduto che la carità fortifica, e tolleci la debilezza, e li nemici sono molti e ci assediano; non è da indugiarsi a intrare in questa fortezza, seguitando la via della verità e degli altri pastori: non aspettate il dì di domane, ma pregovi per l’amore di Cristo crocifisso, che vi rechiate innanzi la brevità del tempo, perocché non sapete se avrete il dì di domane. Ricordovi, che voi dovete morire, e non sapete quando. Non dico più padre, se non che perdoniate a me misera, miserabile.

III. E perchè sete padre di poveri, e perchè mi pregaste, e facestemi promettere, che la prima limosina, che fosse da fare, che mi venisse alle mani, io vi richiedessi; e però ardisco e richieggo voi, come padre de* poveri, e per adempire la promessa che 10 vi feci: onde sappiate, che io ho per le mani da fare una grandissima limosina, cioè al monastero di santa Agnese (C), del quale altra volta vi scrissi (Z?), e sono buone donne e santissima familia, ed in grande bisogno, ma tra.gli altri è questo, che essendo il monastero di fuore, si è ordinato che torni dentro, per cagione delle brighe e delle guerre, ma vuoisi per loro comincio cinquanta fiorini d’oro per la parte del monastero, e li altri mette il comune; e però io vi scrivo la necessità loro: pregovi ed istringovi che isforziate 11 potere quanto potete. Dio sia nell’ anima vostra!

permanete nella santa carità di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. ’ [p. 219 modifica]/ 219 Annotazioni alla Lettera 35.

(A) Ebbe questo prelato la Chiesa di Firenze del 1370, succedendo a Pietro Corsini, portato quell’ anno al grado di cardinale da Urbano V. Tenne egli di prima il vescovado di Sora, indi quello d’Avcrsa, e da questo pas^o alla Chiesa di Firenze, che a quel tempo non era ornala, se non che della dignità del vescovado, giacché quella d’ arcivescovado non I1 ebbe, che indi a cinquanta anni dal pontefice Martino V, l anno 1419- IVfeiisce Ferdinando Antonio del Megliore nella sua Firenze illustrata, che avendo il Comune di Firenze fermata le«ge che ninno di famiglia grande e potente potesse conseguire le Chiese di Firenze e di Fiesole, questo prelato che era.de’Ricasoli, famiglia antica e nobilissima del paese del Chianti su quel de’Fiorentini, per mezzo d’uu cappellano della sua Chiesa rinuuziasse in pieno consiglio di più chiamarsi de Kicasoli, e si togliesse il cognome de’Serafini di Firenze Questo fjtto non degno di loda in prelato non soggetto a tali leggi, noi fe’ ponto più gradito «V suoi cittadini, dalle accuse de’ quali non una sola volta fn ridotto a pericolo di perdere il vescovado, ed in ultimo fu stretto a consentire di permutare quella Chiesa con quei a di Faenza P anno i38j, «Iella quale passo poi anche a quella d’ Arezzo, in cui terminò la vita l’anno 1^03.

(IS) Perocché colui, ec. Questo passo nel testo d Aldo è sì confuso, che di leggieri può altri apprendere non essere il legittimo uscito dalla penna della santa. No avendosi questa lettera u«* manoscritti più volte citati, perciò non s’è potuto comporre a quello esemplare. La impressione del Farri cel dà assai bene ordinato, onde d’esso ci siamo serviti, tanto pili volentieri, quanto che l’ìnimenda non sta quasi in altro che in antiporre o posporre alcune parole. La impressione d’Aldo cel dà in questa forma. Perocché colui che seguita tjuestnt diventa debile e sì pauroso, e timoroso di timore servile che, come fanciullo tenie dell ombra sua, ma se egli è savio fugge alla madre, ed ivi diventa sicuro, e. perde il timore.

Così questo cotale teme più /’ ombra della creatura che f ombra sua, ed uomo come egli, ed intanto abbonda quei to timore che non si cura ec.

(C) Al monaòtero di santa Agnese. Questo raonistero che tuttora ■vedesi fuori delle mura di Monte Pulciano, era a quel tempo di sagre vergini dell’Ordine di s. Domenico. La sauta assai volte n’andò a quella città a venerarvi il sacro corpo della beata Agnese, che diccsi sauta, sì in questa, si io altre lettere per I uso di quei tempi, [p. 220 modifica]2 20 ne’ quali non tencasi tanto riguardo nel dare il titolo di santi alle persone d’eminente virtù, quantunque dal sommo pontefice nou fossero collocate su gli altari col titolo di santi.

(V) Del quale altra volta vi scrissi. Avvegnaché abbiansi tre lettere della sanla a questo prelato, altra pure gliene indirizzò, mentre dice avergli in altra epistola favellato di questo monislero; nè tra queste che s’ hanno, altra ve n’è in cui d’esso faccia parola. [p. 221 modifica]221 AD ANGELO DA RICASOLI.

I. Lo prega a volere inchiodarsi per santo desiderio nella santissima croce di Gesù Cristo, cioè, col desiderio della salute dell’ aoiuie, soddisfare alla fame, che egli ha delle medesime.

II.

Scusa Fra Riimondo, per non aver fatto la di lui ohhedienza, a cagione degl impicci che atera avuto y in ordine al santo paesaggio. che si trattava.

5Uti$ra 58» » Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

♦, voi, venerabile e carissimo padre in Cristo Jesù. Io Catarina, seiva e schiava de servi di Jesù * % Cristo crocifisso, scrivo e raccomandomivi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi confitto e chiavellato per santo desiderio in sul legno della santissima e venerabil croce; dove noi trova remo l’AgnelIo immacolato arrostito al fuoco della divina carità. In su questo arbore troviamo la fonte delle virtù; perocché la carità è quello arbore fruttuoso, che fu croce e chiovo che tenne legato il Figliuolo di Dio, perchè altra croce, o altro legame non 1 avrebbe potuto tenere: ivi trovate l’Agnello svenato essere mangiatore dell’ onore del Padre e della salute nostra, e tanto è grande l’affetto suo, che con la pena corporale noi poteva esprimere. O inestimabile, dolcissima e diletta carità, per ismisurata fame e sete che tu hai della salute nostra, tu gridi che hai sete: e po