Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 17
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98 / AD URBANO VI. (A) 1 .......
i.
I. Del lume necessario a conoscere la verità, e dell* utile ebe da lai conosci mento proviene.
II. Della riforma della Chiesa.
MI. Dell’ajuto che deve cercarsi dai servi di Dio a questo fine.
- . i, . « Al nome di Jesu Cristo crocifisso e di Maria dolce.
- t «.
manifestala gucsta verità?
il sangue dell’umile ed immacolato agnello, di cui seie fatto vicario e collerajo, che tenete le chiavi del sangue, nel quale sangue fummo ricreali a grazia, ed ogni dì che l’uomo esce dalla colpa del peccato mortale, 9Ù e riceve il sangue nella santa confessione, si può dire che ogni volta rinasca di nuovo, e cosi troviamo continuamente, che la verità ci ò manifestata nel sangue, ricevendo il frullo dei sangue. Chi la cognosce questa verità ? l’anima che si Ira tolta la nuvola dell’ muore — proprio, ed ha la pupilla del lume della santissima fede nelì’occhio dell’intelletto suo, col quale lume nel cognoscimento di sè e della bontà di Dio in si, conosce questa verità, e coll’aObgato desiderio giusta U dolcezza e soavità sua, che tanto ò la sua dolcezza, che ogni amaro spegne, ogni grande peso fa essere leggiero, ogni tenebre dissolve e leva via, lo ignudo veste, l’affamato sazia, unisce e divide, perchè slancila verità eterna, nella quale verità cognosce che Dio non vuole altro che il suo bene, e però subito dà uno giusto giudizio, tenendo, che ciò che Dio dà e permette in questa vita, il dà per amore, acciocché siamo santificali in lui, e per necessità della salute nostra, o per accrescimento di perfezione. Avendo cognosciutò questo nella verità col lume: ha in reverenza ogni fatica, detrazione, beffe, scherni, ingiurie, obbrobrj, villanie e rimproveri, tutte le trapassa con vera pazienzia, cercando solo la gloria e loda del nome di Dio nella salute dell’amme; e pi.1 si duole dell’ofTesa di Dio e del danno dellinime, che della ingiuria propria!
ha pazienzia in sè, ma non nel vituperio del suo Creatore. Nella pazienzia dimostra allora l’anima, che spogliata è dell’amore proprio di sè ed è rivestila del fuoco della divina carità, nella quale carità amore ineffabile l’amaritudine, santissimo padre, nella quale voi sete, essendo così dolcemente vestito, vi tornerà a grandissima dolcezza e soavità; il peso che è cosi grave, l’amore vel farà esser leggierò, conoscendo, che senza il sostenere mollo non si può saziare la fame vostra e de’servi di Dio, fame di veder riformata la santa Chiesa di buoni, onesti e santi pastori; e sostenendo voi senza colpa le percosse di questi iniqui, che col bastone della eresia (Z?) vogliono percuotere Ift santità vostra, riceverete la luce: perocchè, la verità è quella cosa che ci delibera, e perchè verità è, che eletto dallo Spiritò Santo, e da loro vicario suo sete, la tenebra della bugia e della eresia la quale hanno levata, non potrà contra questa luce; anzi quanto più li vorranno dare tenebre, tanto più riceverà perfettissima, luce.
II. Questa luce porta seco il coltello dell’odio, del vizio e dell’amore della virtù, il quale è uno legame che lega l’anima in Dio e nella dilezione del prossimo.
O santississimo e dolcissimo padre, questo è il coltello che io vi prego che voi osiate: ora è il tempo vostro da sguainare questo coltello, odiare il vizio in voi, e nei sudditi vostri, e nei ministri della santa Chiesa. In voi dico, perchè in questa vita veruno è senza peccato, e la carità si debbe prima movere da sè, usarla prima in sè coll’affetto delle virtù e nel prossimo nostro; sicchè tagliate il vizio, e se il cuore della creatura non si può mutare nè trarlo de’ difetti suoi, se non quanto Dio nel trae, e la creatura si sforzi coll’ajutorio di Dio a trarne il veleno del vizio, almeno, santissimo padre, siano levati dalla santità vostra il disordinato vivere, e scelerati modi, e costumi loro; piaccia alla santità vostra di regolarli, secondo che è loro richiesto dalla divina bontà, ognuno nel grado suo. Non sostenete l’atto della immondizia, non dico il desiderio suo, che noi potete ordinare più che si voglia, ma almeno l’atto che si può, sia regolato da voi. Non simonia, non le grandi delizie, non giuocatori del sangue, che quello dei poveri e quello della santa Chiesa sia giuocato, tenendo baratteria nel luogo che debba essere tempio di Dio, non come clerici, nè come canonici, che debbano essere fiori e specchio di santità: egli stanno come baratteri gettando puzza d’immondizia ed esemplo di miseria. Oimè., oimè, oimè, padre mio dolce, con pena, e dolore, e grande amaritudine, e pianto scrivo questo, e perciò se io parlo quello che pare sia troppo, e suoni presunzione, il - 101 dolore e l’amore mi scusi dinanzi a Dio, ed alla santità vostra, che dovunque io mi volgo, non ho dove riposare il capo mio. Se io mi volgo costì, che dove e Cristo deliba essere vita eterna, ed io vedo, che nel luogo vostro, che sete Cristo in terra, si vede l’inferno di molle iniquità col veleno dell amore proprio, il quale amore proprio gli ha mossi a levare il capo contra di voi, non volendo sostenere la santità vostra che vivessero in tanta miseria; non lassate però!
riluca nel petto vostro la margarita della santa giustizia (Ad Rom. 8.) senza veruno timore, che non bisogna temere; ma con cuore virile; che se Dio è per noi, veruno sarà contra a noi. Godete ed esultate, che l’allegrezza vostra sarà piena ni cielo: in queste fatiche vi rallegrate; perchè dopo queste, cioè dopo le fatiche, verrà il riposo e la riformazione della santa Chiesa, III. Benché vi vedete abbandonato da quelli che debbono essere colonne: non allentate li passi; ma molto più correte fortificandovi sempre col lume della santissima fede in conoscere la verità, e con l’orazione e compagnia de’servi di Dio vogliate vederli da lato, che mi questa vita tra le fatiche saranno il vostro desiderio e refrigerio; cercate d’avere oltre l\ijulorio divino, l’ajulo de’.servi suoi, che vi consiglieranno con fede, e schiettamente non passionati nè contaminati nel consiglio loro per amore proprio. Parmi che vi sia grandissima necessità d’averlo: certa sono, che avendo voi illuminato l’occhio dell’intelletto nella verità, che voi gli cercherete (C) con grande sollecitudine, in altro modo non pianterete le virtù vere nelli sudditi vostri, nè otterrete d*ordinarli, e di mettere piante buone e virtuose nella santa Chiesa. Dicevo, che dovunque io mi volgo, non trovo dove io mi riposi, e così è la verità, siccome egli è costì, così si trova in ogni allro luogo e specialmente in questa nostra città, che del tempio di Dio (D), che è luogo d’orazione, hanno fallo spelonca di ladroni con tanta I 03 .
miseria, cliè maraviglia che la terra non c’inghiottisce-!
perfettissimo lume, perocché nel lume conoscerete la verità, conoscendola l’amerete, amandola ne sarete vestilo: conquesto vestimento si riparerà a Ili colpi che noceranno, non a voi, ma a coloro che ve gli gettano. Abbracciate le pene con grande conforto, bagnandovi nel sangue di Cristo crocifisso, di cui sete fatto vicario. Altro non vi dico, che se io andassi alla volontà, nou mi resterei ancora. Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene e combattendo con voi insieme per la verità insino alla morte, per gloria e loda del;nome di Dio, e riformazione della santa Chiesa. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate, santissimo padre, alla mia ignoranzia, che ignorantemente presumo di parlare a voi!
umilmente v’ addimando la voslra benedizione. Jesù dolce, Jesù amore. / « i t ’ ’ »f! * . | H ... U j I / 1 jo3 / Annotazioni alia Lettera 17.
( 1) Dall’anticl» impressione d’Aldo si ha che iu scritta a’18 di settembre del 1073. Si crede scritta da Siena.
(B) Che col bastone della eresia. Appella impropriamente eresia 10 scisma, e parla de’carilinali che toltisi all’ubbidienza d’Urbauo starano per eleggere 1’ antipapa.
(C) Che voi gl. cercherete. Infatti, oltre a’ nnovi cardinali che elesse, con breve de’i3 di dicembre chiamò a Roma parecchi uomini di santa vita per giovarsi dell’ opera loro.
(D) Specialmente in questa nostra città, che del tempio di Dio ec.
De’ gravi scandali intorno alla disciplina cristiana rh’erano in Siena, cagionati singolarmente, al dire «Iella santa, per difetto de’ cattivi pastori e de’quali con tanta amaritudine «l’animo favella qui santa Caterina, non fanno memoria gli storici sarresi, perchè forse tale si era la malignita di quei tempi, che gli scandali erano anditi iu usanza; poco o nulla badandosi iigli esercii) di pietà dal comone del popolo, regnando da pertulto la dissolutezza, a cagione spezialmente dello scandaloso vivere degli ecclesiastici, non voluti o non potuti ridurre a vita più religiosa da’ lor« prelat.; de’ quali non pochi calcavano la strada medesima o anzi erauu di scorta agli altri in menar vita a piicere del seDso (1). Quegli, che a questi anni tenea in cura la Chiesa sanese, era monsignor Luca di Ghino Berlini nobile di questa patria e suo sessagesimo secondo vescovo, eletto dell’anno ^77, il «piale, quantunque d’ottimi costumi e di gran zelo, avendo però trovali molti e grati abusi entrati in q»esta 1 hiesa per negligenza" «logli antecessori, non potè si tosto porgervi rimedio, come fece indi a nou molto coll’opera d’ un sinodo (2).
lira egli succeduto nel vescovado a Fra Guglielmo «lell’Ordine «Vi s. brancesco, e di nazione francese, eletto da Gregorio XI l’anno 1371, contro il piacere de’Sanesi, che caldamente pregato Paveano a voler dar loro in vesc«ivo alcun paesano; onde, e per averlo il ponteGce impiegato alcun tempo iu altri affo ri fuori «iella sua diocesi, e per essere poco a grado alla città, uon tenne egli si stretto 11 freno alla licenza, sicché rotte le sagre leggi stabilite pochi anni innauzi da monsignor Donnsileo Malevolti, nou scorresse libera senza vernn ritegno in quelli eccessi che dalla sanla accennansi, sbanditi per (’innanzi da’sagri pastori «li (juesta Chiesa, Non va essa di vero nella sua origine «lei pari alle altre sì antiche di I tscana, ma nè pure sta loro sì addietro dì tempo, come Giovanni Villani, pulitissimo scrittore, ed assai accurato ne fatti della sia età, (.) U^urg. Pnnp. Sau. TÙ. 6.
la) Idem loc. cil. it4 ma infeliciscimo per quei cl’aItri paesi e de’ secoli più remoti dai suoi, ed il Biondo nè pur esso gran fallo sincero ne’suoi racconti., sonosi avvisati (1), lasciandone in memoria anzi favole che storie; perchè P uno d’ essi la vuole fondata 3’ tempi di Carlo Martello, cioè nel secolo Vili a’priegbi d’una signora detta Veglia, da cui anche sognasi aver la città sortito il nome di Sieoa; e l’altro la fa opera del pontefice Giovanni XVIII, che fiorì sul nascere del secolo XI, avendosi per memorie indubitate la sna primiera instituzione di parecchi secoli stare innanzi a quei assegnatile da questi autori, o assai malevoli, o poco accorti. Due sole testimonianze ne recherà in prova d’una causa che oggi è fuori di lite, onde saranno anche più che bastevoli al bisogno. L’nna si è la lettera del pontefice s. Agatone, e del concilio romano (2) di centoventicinque vescovi indirizzata a’padri del terzo concilio di Costantinopoli, che il sesto concilio generale formavaao Panno 680, in cui tra gli altri prelati che sotto* scrivonsi, trovasi Vitaliano vescovo di Siena, essendo il suo nome tramischiato con quei degli altri vescovi toscani, cioè dopo PAretino; e prima del A olterrano, e può vedersi negli atti di quel con* ci 1 io. L’altra anche più antica to^liesi dal concilio di Lnterano (3), tenutosi dal pontefice s. Martino Panno 6^9. di cenlocinque Vescovi, in cni manifesto vedesi soscritto il nome di Mauro vescovo di Siena, da non confondersi con quei, o di Cesena, ò di Sinigaglia, come alcuna volta è accaduto, leggendomi pure le soscrizioni di Mauro ■vescovo di Cesena, e di Mauro vescovo di Sinigaglia, giacché queste tre Chiese d’ alenila maniera simiglianti nel nome latino per abbattimento, avevano i loro prelati del nome stesso di Mauro (4).
Da questi ed altri non pochi argomenti, sonosi indotti nou pure gli autori sanesi, ma altri ancora a confessare essere la Chiesa di Siena assai antica, ed essere mere favole i racconti d quelli sì poco informati scrittori. Non essendosi questa città condotta alla fede prima de’ primi anni del secolo quarto, forse perchè stati sempre questi popoli fedeli a Roma (5), di staccarsene nel fatto della religione non s’attentassero, o perchè la vicinanza a quella città rendesse più vigilanti i ministri che vi governavano, a non permei* leni P ingiesso al Cristianesimo, sbandito per tanti editti, de’loro Cesari, non potè che tardi, a nspelto dell’altre di Toscana, avere il suo sacro pastore, cioè circa P anno 3o6, tre soli anni, da che fu morto il suo glorioso Battista il martire s. Ansano, ed il primo suo vescovo fu un tal Lucifero (6). La serie continuata e senza veruno interrompiinento de’successori di questo prelato, non trovasi, come per lo più accade in quelle delPaltre Chiese, pochissime aven(1) hai. Illusi. Eir. .
(a) Tom.’2. Conc. Laur. Sur. pag. 9^7. Impres. Colon. An. 15G7.
(3) Tom. a. Cout il, pag. 7G3 e ^(4) L«*and. Alberi, lial lllustr. pag. 5a. Ab. Ughel. II. Sacr. Tom. 3, pag. Gì5 e s«’£.
(5) Ballaci Volater. Com. Urbuu, I. 2, pag. 100, e I. 38, pug. 907.
(б) Ughel. loc. cil. dovene il cui catalogo de*«agri pastori di (ratto in tratto non sia mancante; non perchè fossero in quelle Chiese, si lunghe e si frequenti anarchie, ina perche colle memorie i nomi ancora di molti vescovi sono fuggiti alle diligenze degli scrittori. Ciò nulla ostante trovasi dalla metà del quinto secolo mfino al presente tntta intera la successione de’vescovi di Siena, e può vedersi nell’Ughell», e neH’Ugnrgieri (i), iu cui però tengo opinione esservi scorso alena abbaglio, o nel computare degli nuni, o nella giusta disposizione de’nomi «li questi prelati (2). Poiché, per tacere degli altri, Mauro, il cui nome, come fu detto, trovasi soscritto al concilio lateranense al tempo di s. Martino papa, si vuole dall’Cghelli, che fiorisse nel 562, vescovo di àiena, cioè ottantasette anni prima di quel concilio, con error manifesto, tanto più che pone altri sette vescovi infido all anno 649, io cui cadde radunarsi di quel sinodo, senza però accennare ch’egli v’intervenisse cogli altri padri. Ma meno condonabile e il fallo di Cesare Orlandi, erudito per altro e dotto scrittore, nel sno piccolo libro intitolato De Urbis Senne, ejusi/ue Episcopntns antùjutiale, il quale pone, ed il vescovo Mauro e la celebrazione pore di quel concilio nell’ anno S62, sego/to in aò anche dall’ Ugurgieri, che tiene dietro le orme dell’Ughelti nella serie, ed anni de vescovi, ed attenendosi alI’Orlandi nel dar luogo a Maurcr in quella sacra adunanza, ancor esso li pone nel 562, in cui nè il pontefice s. Martino, nè veruno di qnei prelati che v’intervennero, probabilmente era nato. Adunque se Mauro vescovo di Siena, s« scrisse a quel concilio, come s’ha dagli atti di esso, e citanti dalI’Orlandi, e dall’Ugurgieri, e non era vescovo del 502, o altro vescovo dello stesso nome, si dee riporre in quel catalogo, sicché per l’anno 649 abbiasi in questa città un tal vescovo dei nome di Mauro. L’UghelIi uel sno catalogo, non ha che sessantatrè fesco*i e dieci arcivescovi; ma il padre Ugnrgieri numera infino a settanta vescoii, ai quali aggiungendosi tredici arcivescosi (ottenne questa Chiesa il pregio d’essere Metropolitana dal pontefice Pio if l’anno 14^9) trovasi avere ella avuti ottantairé pastori, compresovi monsignor Alessandro Zondedari, tredecimo arcivescovo di Siena; la cui somma pietà, saviezza e dottrina, che sono state lungamente in ammirazione, e alla Spagna, ed alla Francia, ove più anni ha fatto dimora, tenendo compagnia al cardinale Anton.o Felice suo fratello, come hanno dato impulso a questa patria a bramarlo, ed a chiederlo dai primi fra que’sei. cui ella elegge, ed al sommo pontefice Clemente XI, di darlo pure ora per pastore di questa Chiesa; cosi danno giusta ragione a sperare, che n essa si manterranno nel lor bel fiore quelle virtù, che di lunga mano si sono allignate, e che tanto sospiravausi a’ suoi tempi da questa serafica vergine. l)i questi prelati non ve ne è, a dir vero, alcuno che sia ascritto al catalogo trionfale dei ceieti, fu però ofierta la mitra di questa Chiesa a due illustri (1) Ital. Sacr. To. 3, loc. cit.
(a) Pomp. Saues. Tit. VI. lotì personaggi, ebe veneransi sa gli allari (i), e per essi fu generosa* niente rifiutata, e furono il beato Ambrogio hausedoni e s. Bernardino, ambedue di questa patria (2). Tre di loro dalla Chiesa sanese n’andarono a reggere l’universale, e furono i pontefici Eugenio IV, Pio II, e Pio 111 (3). Non pochi di loro vennero onorati dalla porpora de’cardinali, e molti si renderono illustri in dottrina ed iu bontà; onde non ha in che cedere ad altre Chiese, fuor che nel pregio d’ aver avuto tra’ suoi prelati alcun santo. Ma ciò ì’ è compensato abbondantemente dalla santità di tanti personaggi che ha dati alla Chiesa universale, contandosene oltre a centoquaranta; de’quali molti hanno pubblica e solenne venerazione dai fedeli con autorità apostolica (/,); altri per l’esimia virtù biro già beati in cielo, sonosi fatti meritevoli d’averne il titolo anche qui in terra. Ma torniamo iu via da me non ismarrita. ma a bella posta lasciata, per dare questa piccola dimostrazione di ossequio ad una si illustre città, degna ^patria di santa Caterina, cui tanto debbo, ed in cui ho menato sì gran parte della mia vita.
(1) Ughel. loc. cit. pag. 636 e 649.
(a) Uyurg. loc. cit.
(3) Idem loc. cit.
(4) Dinrio sanes / AD URBANO VI. (A I Esorta il pipa a vestirsi d’ardentissima carità per vincere ogni fatica, ed ogni tribolazione, etl a resistere animosamente ai ribelli della diesa, che avevano eletto l’antipapa.
II. Desidera insieme con altri servi di Dio di dare la vita per la santa Chiesa.
III. Pre^a il ponteGce a fornirsi di baoni e tirinosi pastori, e confidare nell ajuto divino.
IV. Lo consiglia a far baona guardia della sua persona, per assicurar la vita dall’insidie de’ suoi nemici.
18» Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. tantissimo e dolcissimo padre in Cristo do.;e Jesù. lo Catarina, serva e schiava dei servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi vestito del ’Vestimento forte dell ardentissima carità, acciocché li colpi che vi sono gittati dall’ iniqui uomini del mondo, amatori di loro medesimi, non vi possino nuocere, perocché veruno colpo è tanto terribile che possa offendere 1 anima che ò vestita di sì fatto vestimento; perchè Dio ò somma ed eterna fortezza; non può essere offeso nò percosso da noi per veruna nostra iniquità, cioè, che in sé non può ricevere veruna lesione; onde il nostro male a lui non nuoce, il nostro bene a lui non giova; solo a noi nuocerà il male; ed il bene gioverà a coloro che sono operatori del bene, mediante