Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 16
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94 . » AD URBANO VI. (A) I. Delle qualità necessarie in coloro che devono governare la Chiesa.
II. Della sollecitudine de’ figliuoli per l’onore del padre.
III. Del dolore dell’ offese che si fanno a Dio, e del debito di vendicarle.
IV. Della sofferenza degli altrui difetti.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
e I. tantissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Jesù. Io, Catarina serva e schiava dei servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero e reale pastore e governatore delle vostre pecorelle, le quali avete a notricare del sangue dt Cristo crocifisso; il quale sangue ò da vedere con grande diligenzia dalla santità vostra, a cui egli si ministra, e per cui mezzo egli si dà, cioè dico, santissimo padre, quando si ha a mettere li pastori in questo giardino della santa Chiesa, che essi siano persone che cerchino Dionon prelazioni, ed il mezzo che lo impetra anco sia sì latto, che vada schietta-mente in verità, e non in bugia.
II. O santissimo padre, abbiate pazienzia quando di queste cose vi fosse detto, perocché elle non vi sono «lette se non per onore di Dio e salute vostra, siccome debbe lare il figliuolo che ha tenerezza ed amore O al padre suo, che non può sostenere che si facci cosa i 95 che torni a danno o a vergogna del suo padre, ma come sollicito sempre se ne sta inteso, perchè vede ben ch’cl padre che ha a governare la molta famiglia non può vedere più che pei uno uomo, onde se li legittimi figliuoli non fossero solliciti di riguardare all’onore ed utilità del padre, spesse volle sarebbe ingannato/E così è, santissimo padre; voi sete padre e Signore deH’universale corpo della Religione cristiana. Tutti stiamo sotto l’ale della salitila vostra; ad autorità potete tutto, ma a vedere non più che per. uno; onde è di necessità che li figliuoli vostri vedano e procurino con schiettezza di cuore, senza timore servile quello che sia onore di Dio, salute ed onor vostro, e delle pecorelle che stanno sotto la vostra verga; ed io so, che la santità vostra ha grande desiderio d avere degli ajutatori che v’aitino, ma convienvi aver pazienzia nell’ udire.
non dolersi dell’offese che sono fatte a Dio, non; che così parrebbe, che noi ci conformassimo con quelli vizj medesimi. L’altra cosa che vi farebbe pena si è, quando il figliuolo che viene a voi a dirvi quello che elli sente che torna in offesa di Dio, e danno delle anime, e poco onore alla santità vostra, che elli commetta ignoranzia, che per coscienzia contenda dinanzi alla santità vostra a non dirvi schiettamente la pura verità come ella giace, perocché neuna cosa debba essere segreta nè occulta a voi.
IV. Questa pena vi prego, santo padre, che quando lo ignorante figliuolo offendesse in queslo, sia senza turbazione vostra, correggetelo della sua ignoranzia.
per la scrupolosa coscienzia sua vi die pena, e fecevi
Annotazioni alla Lettera 16.
(A) Non facendosi parola in questa lettera nè de’ torbidi sorti in Roma a cagione della partenza de' cardinali francesi, nè di quei risorti a Firenze circa la metà di luglio per la sedizione detta dei Ciompi, stimo essere scritta ne’ primi giorni del luglio dell’anno 1378.
(B) Questo dico, perchè secondo che ec. Qnesto luogo era guasto nel testo a ptnna e nella impressione d’Aldo leggendovi*!: tecondocbè vi disse il maestro Giovanni e frate Bartolomeo; e fu corretto ccme sta dal Gigli.
Qual fosie P errore commesso da Fra Bartolomeo di Domenico e riferito alla santa dal maestro Giovanni Tantncci, non si sa di certo; pare che fossero alcune parole che avevano irritato il pontefice.
(C) Mi disse il maestro Giovanni di frate Bartolomeo. Maestro Giovanni è quegli di cui si favellò nelle annotazioni alla lettera quinta, e d’esso si tavellerà ad altra occasione. Fra Bartolomeo stimo che fosse religioso del sacro Ord:ne di s. Domenico, detto di ordinario Fra Bartolomeo di Dometnco, di cui pure altrove si parla, essendovi più lettere ad esso indirizzate, ed era noto benissimo al pontefice, come’quegli che fu uno de’compagni della santa insieme con maestro Giovanni nella sua dimora in Avignone. Il Landucci citato di sopra il fa pure Eremitano; nè ?o su qual fondamento s’appoggi il suo detto; non avendovi tra’discepoli e coufidenti della santa veruno eremitano di tal noma.
(ty Dì quanta grazia il dì di s. Giovanni mi concedeste. Sì crede che questa grazia losse un’indulgenza plenaria concessale da Urbano.
S. Caterina da Siena. Opere. T. III. 7 98 / AD URBANO VI. (A) 1 .......
i.
I. Del lume necessario a conoscere la verità, e dell* utile ebe da lai conosci mento proviene.
II. Della riforma della Chiesa.
MI. Dell’ajuto che deve cercarsi dai servi di Dio a questo fine.
- . i, . « Al nome di Jesu Cristo crocifisso e di Maria dolce.
- t «.
manifestala gucsta verità?
il sangue dell’umile ed immacolato agnello, di cui seie fatto vicario e collerajo, che tenete le chiavi del sangue, nel quale sangue fummo ricreali a grazia, ed ogni dì che l’uomo esce dalla colpa del peccato mortale,