Don Garzia (Alfieri, 1946)/Atto quarto

Atto quarto

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Atto terzo Atto quinto

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ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Piero, Diego.

Diego Dimmi; che volge in suo pensier Garzía,

che andar, correr, tornar, com’uomo che l’orme
perduto ha di ragion, poc’anzi io ’l vidi?
Piero Oh! non sai ch’egli...?
Diego   E che di lui saprei?
Stanco, tu il vedi, ed anelante io torno
dalle usate mie selve. Io so, che ricca
preda porto, altro non so. Ma biechi
accesi sguardi in me volgea Garzía,
oltrepassando tacito, e veloce
come saetta. Or di’, qual nuova rabbia
il cor gl’invade?
Piero   Ah! non è nuova: ei sempre
te biasma, invidia, sfugge, anco schernisce,
quand’egli il può. Forse il vederti or ora,
cosí qual sei, d’ogni regale insegna
spogliato; e inerme della spada il fianco;
e, nell’aspetto, abitator di boschi
piú che figlio di re; ciò forse il trasse
a sogguardarti con dileggio. Ei danna
tutto in altrui, ciò ch’ei non fa.
Diego   Pur, parmi
piú regia opra stancar le belve in caccia,
che in ozio molle, entro a volumi immensi

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imparare a temer. Pietá mi prende

del suo dileggio. — Ma, quel tanto a fretta
muoversi, or donde?...
Piero   Assai gran cose ei volge.
Or corre al padre, indi alla madre ei riede,
e in ciò si affretta, anzi che manchi il tempo
a’ suoi raggiri. Assente Diego, escluso
io dall’udir; vedi, propizio è il punto,
per farsi innante. Altro non so: ma dianzi
tradimento nomar l’amistá rea
di Garzía con Salviati udimmo; or lieve
imprudenza si noma: e quel sí spesso
teco garrir, che tracotanza ell’era,
con altra voce or giovenil bollore
si appella: e l’odio del poter d’un solo,
che apertamente egli professa, or l’odo
frivol pensier nomare. — In Cosmo l’ira
giusta rinascer ogni giorno io veggo:
ma in breve spegner suole arte donnesca
il senil fuoco. In fin, Garzía stamane
chiamar s’udía fellone; oggi (ed appena
tramonta il dí) scolpar del tutto ei s’ode,
difendere, innalzare; e fia, fors’anco,
che premiato ei si veggia.
Diego   E che rileva
a noi pur ciò? duolmi che in grazia al padre
torni il fratello? A ravvedersi, forse
ciò sol può trarlo.
Piero   E piú di te fors’io
invido son del ben altrui? ma, duolmi
l’inganno, e piú l’alta feral rovina,
che a nostra stirpe, al padre, e a te sovrasta.
Diego Al padre? a me? Che vuol Garzía? che puote?
Piero Regnar vuol egli; e il potrá pur, se taci.
Diego Regnar?... Ma, un brando io non ho forse?
Piero   Altr’armi

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ei tratta. Or dianzi, un passeggero sdegno

contro di lui ti accese; odiar non sai,
né rimembrar le ingiurie tu: ma, s’altri
giú nel profondo del cor le rinserra;
se fervid’atra ira nascosa bolle
sí, che a scoppiar lunge non sia...
Diego   Ma il padre
in alto oblio non ha l’empia contesa
sepolta?...
Piero   Il crede; ma Garzía nol crede.
Diego — Ma tu, mi par, che eccitator di risse
ne venghi a me. — Che mi può far costui?
Piero Sí, di discordia esca son io: securo
in tuo valor, senza alcun senno, statti;
s’io men t’amassi, anch’io ’l sarei. — Ben prenda
al tuo destin, che i suoi disegni in tempo
io penetrava. Or la salvezza tua
a svelarteli trammi, e in un la nostra:
che s’io volessi eccitar risse, al solo
padre ne andrei: ma ben v’andrò, se nieghi
di udirmi tu.
Diego   Che dunque fia? favella.
Piero Giá giá la notte tacita s’inoltra,
e tenebrosa molto. Entro la grotta
che del cupo viale in fondo giace
d’alti cipressi sepolta nell’ombre,
lá Salviati, invitato a reo consiglio
da Garzía, ne verrá; giá vi s’asconde
ei forse, e l’altro ivi a momenti attende.
Lá d’estrema vendetta i mezzi denno
fermar tra loro. Io tutto so dal messo
che l’invito recò. Preghi, minacce,
molt’arte, e doni, e vigil mente, or mi hanno
l’arcano orribil rivelato: in breve...
Ma, che vegg’io? stupor pure una volta
su l’intrepido tuo volto si pinge?...

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Pur, ciò ch’io dico è poco: appien convinto

den farti i proprj orecchi tuoi: vo’ tutto
farti veder con gli occhi tuoi.
Diego   Ma quale,
qual empio è costui dunque? Il dí, che il padre
i passati delitti a lui perdona,
si accinge a nuovi? — A gran rovina ei corre.
Piero Ma pria vi spinge noi. Salviati (il sai)
abborre te, non men che il padre. Appena
detto Garzía gli avrá, che tu primiero
di trucidarlo a Cosmo consigliasti,
ch’ei... Tremo in dirlo... Ardon di rabbia entrambi.
Al mal voler l’arte si aggiunge; il tempo
fassi opportuno anco alle insidie:... e starti
vuoi negghitoso? E statti: al padre io volo;
segua che puote. — Ad ovviar piú danno,
a procacciar scampo a noi tutti, io il mezzo
trovo; e tu il nieghi? a ciò proveggia il padre.
Ei testimon del tradimento infame
meco verranne.
Diego   Ah! no, nol far: deh! pensa,
ch’uom non può farsi accusator giammai,
s’ei pur del reo non tien peggior se stesso.
Qual fren vuoi tu, che al traditore io ponga?
Parla, il farò.
Piero   Tutto ascoltar dei pria:
sottrarsi poscia a note insidie, è lieve.
Senza frappor l’autoritá del padre,
quando convinto abbi Garzía, tenerlo
a fren tu sol, col tuo valore il puoi;
d’util timor tu riempirgli il core;
tu ricondurlo al buon sentier fors’anco. —
Deh! va; giá l’ora è giunta: entro la cieca
grotta or t’ascondi; e inaspettate cose
ivi entro udrai.
Diego   Tu mi v’astringi: io cedo,

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benché contro mia voglia, affin che tratto

lá il genitor da te non sia: vendetta
troppa ei farebbe.
Piero   Ah! sí; ne tremo anch’io:
eppur, n’è forza antiveder gl’iniqui
disegni altrui... Ma, un romor... Parmi;... è desso:
vien lentamente;... egli è Garzia. — Deh! vanne;
entra non visto; il passo affretta.


SCENA SECONDA

Piero.

  Al fine

ei pur v’andò. — Celiamci; e udiam, se fermo
sta in suo pensier quest’altro. —


SCENA TERZA

Garzia.

  Oimè? chi spinge

miei passi quí?... Dove son io?... Di morte
ben è la grotta quella. A nobil pugna
in ver, Garzía, ti accingi. Oh ciel! che imprendo?...
Innocenza, che sola eri il mio vanto,
giá non sei meco piú: l’infame colpo
vibrar promisi... E il vibrerò?... Giá tutto
quí intorno intorno morte mi risuona:
e a me solo dar morte or non poss’io?...
Oh destin fero!... Giá giá le negre ombre
tutto velano: è giunta, anco trascorsa,
l’ora fatal: certo, di morte il messo
Piero spedia; qual dubbio? indugia Piero
a far mai cosa, che altrui nuocer debba?
Volò l’avviso traditor, pur troppo!...

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Misero amico! in securtá mi aspetti

nell’empia grotta, ch’esser ti de’ tomba...
Tomba?... per me cadrai? No, mai non fia.
Che fai tu meco, iniquo acciar di Cosmo?
Lungi da me, stromento vile...


SCENA QUARTA

Eleonora, Garzia.

Eleon.   Oh figlio!...

Garzia Madre, a che vieni? a mi sottrar tu forse
dall’imposto delitto!
Eleon.   Oh ciel! mi manda
il crudo padre a te.
Garzia   Che vuol?
Eleon.   Ch’io venga
ad accertarmi, oimè! cogli occhi miei,
se ti appresti a obbedirlo. A Pier spettava
tal cura iniqua; ei nol trovò; me quindi
sceglieva... ahi lassa! E fra momenti io deggio
tornarne a lui; che gli dirò?
Garzia   Che pura
mia mano è ancor: deh! cosí ’l fosse il labro! —
Ma, s’io il promisi, io d’obbedire or niego.
Va, digli...
Eleon.   Oh ciel! non sai?... Se osassi a lui
ciò riportarne, a orribile periglio
io t’esporrei. Cieco è di rabbia...
Garzia   E il sia;
e mi uccida; io l’aspetto.
Eleon.   E Giulia?
Garzia   Oh nome!
Eleon. Abbi di lei pietá; se averla nieghi
di tua misera madre, e di te stesso.
Garzia — Va dunque, e digli,... che obbedisco: intanto,

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Giulia in salvo a gran fretta...

Eleon.   In salvo? E crede
Cosmo ai semplici detti? Ei quí l’ucciso
veder vorrá, cogli occhi suoi. Deh! figlio,
duolmi a mal’opra spingerti;... eppur,... pensa...
Garzia Dunque impossibil fia Giulia?...
Eleon.   Non oso
il tutto dirti;... eppur, s’io il taccio...
Garzia   Ah! parla:
misero me! tremar mi fai.
Eleon.   Mentr’io
a te favello,... il genitor tuo stesso...
tiene in alto un pugnal sovra il tremante
seno di Giulia...
Garzia   Oh fera vista! Arresta,
deh! padre, il braccio; io svenerollo;... io tosto
riedo;... sospendi; or mi vedrai di sangue
bagnato tutto... Ov’è il mio ferro?... il ferro?...
Eccolo; io corro. Oh ciel!... deh! padre; io volo.


SCENA QUINTA

Piero.

O di virtú caldo amator, tu corri,

tu pur per l’empia via, che all’util tragge.
Se tu mentivi il sangue nostro, ell’era
gran maraviglia, al certo. — Or vanne; immergi,
tu pure il ferro a un innocente in petto. —
Che n’accadrá? Nol so: ma, sia qual vuolsi
l’esito, ognor l’inestricabil nodo,
cui caso ed arte han raggruppato, il solo
ferro può sciorlo. — Udiam... Ma che? giá sento
Garzía tornar? tosto ei ritorna: oh! fosse
pentito pria?... Non è, non è; ch’io il veggio
venir com’uom, cui suo misfatto incalza.

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SCENA SESTA

Garzia, Piero.

Garzia Chi sei tu?... chi... mi s’appresenta innanzi...

su le soglie di morte?
Piero   Il fratel tuo,
Piero...
Garzia   Il figlio di Cosmo?
Piero   E tu, nol sei?
Garzia Io ’l sono,... or sí;... che un traditor son io.
Piero Ucciso l’hai?
Garzia   Nol vedi? agli atti,... ai passi,...
alla tremante voce,... al terror nuovo...
che il cor mi scuote?...
Piero   Io ti compiansi pria,
ed or vie piú. — Ma, la tua Giulia hai salva.
Garzia Oh ciel! chi sa, se il padre?...
Piero   A lui men volo.
Giulia in salvo fia tosto, ov’io gli arrechi
prova che cadde per tua man Salviati.
Garzia Prova? ecco il ferro; ei gronda ancor di caldo
sangue. Va, il reca... Oimè!... se mai la figlia
il vede,... oh ciel!...
Piero   Ma, certo sei, che il colpo?...
Cadde al primier? nulla parlò?...
Garzia   Ch’ei viva,
temi tu ancora? o udir da me ti giova,
a riempirti di malnata gioja,
tutto, quant’era, il tradimento atroce?
Far ti vo’ pago: e il narrerai tu al padre. —
Entrato appena nella grotta, io sento,
e veder parmi brancolar Salviati,
che mi precede: io per ferirlo innalzo
tosto il braccio; ma il braccio mi ricade...
Giá giá ritorco il piè; ma un flebil grido

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di Giulia, quasi ella fosse morente,

me mal mio grado innanzi ha risospinto.
Al calpestio de’ passi miei si volge
Salviati intanto; e verso me ritorna.
Ecco ch’io giá l’infame acciar gli ho tutto
piantato in core... Un sol sospir di morte
cadendo ei manda... Ahi lasso me!... Di sangue
spruzzar mi sento: orrido un gel mi scorre
entro ogni vena;.., io... per poco... non cado
sul corpo suo... Me misero!... L’uscita
di quella tomba orribile... a gran pena
trovo, con man tentando... Udisti? — Or, godi.
Piero Deh! perché tal mi credi? — Almen benigna
ti fu la sorte in ciò, ch’io sol ti vidi
uscir di lá. — Ben saprá poscia il padre
a sua posta adombrar tal morte. Il tempo
tutto cancella: anco il dolor poi cessa.
Se il padre il volle, è suo il delitto: averne
tu dei mercé, non onta; oltre, ch’ei primo
vorrá celarlo sempre. — Or, deh! ti acqueta:
lieve è il delitto, che a null’uom fia conto.
Garzia Mercede a me? morte a me sol si debbe.
Dove mi ascondo omai? Questo innocente
sangue, ond’io son contaminato e intriso,
chi ’l può lavar? non il mio inutil pianto,
non del mio sangue il può l’ultima stilla. —
Vanne tu al padre; il suo pugnal gli arreca;
abbine tu mercede. Il fero messo
tu di morte inviasti: in te godevi,
perfido tu, ch’io divenissi infame,
scellerato, qual sei. Tu ben di Cosmo
figlio sei vero. Va; lasciami. — Oh cielo!
Dove fuggir?... Dove mi ascondo?... Ah! come
omai di Diego sosterrò gli sguardi,
or che a buon dritto ei traditor nomarmi
potrá? di Diego, che per se non fora

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traditor mai; benché a voi caro... Oh rabbia!...

Oh terribil vergogna!...
Piero   In te, per ora,
esser non puoi... Sfoga il dolor tuo giusto:
intanto al padre io ti precedo. Ignoto
a Diego sempre, ed a tutt’altri, io spero
sia per esser tuo fallo.
Garzia   E il sappian tutti:
io prescritta a me stesso ho giá tal pena,
da far tacere ogni odio. Al venir mio,
fa ch’io sol trovi in libertá tornata
quell’infelice Giulia... In me sta poscia
il far del mio fallire ampia vendetta.