Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte III/Climi
Questo testo è incompleto. |
◄ | Parte III - Storia dell’Entusiasmo | Parte III - Grecia | ► |
CLIMI.
Moiri anno scritto a’nostri tempi del £» sico influsso de’climi nelle arti, della diver-, sita de’temperamenti, e gusti delle nazioni per quelle, sicché sarebbe ripetere il detto,’ se volessi stendermi sopra ciò. Qualche riflessione però aggiungo sol tanto, perché non trovata in altri, e da me fatta e raccolta ira le straniere nazioni.
Ciò riguarda dirittamente l’entusiasmo, « ia sua singolare diversità, secondo i clini diversi ed i popoli. Tutti gli europei, che hanno coltivate le arti e gli studi possono vantare autori, ed artisti dotati d’entusiasmo, perché poi la natura è per tutto ia stess» nelle prerogative più generali, e data I’occasione, e l’eccitamento produce le stesse operazioni a un di presso. Nulladimeno in tutte sembra ella stampare un’impronta particolare, un carattere distintivo anche nelle facoltà dell’anima, come ne* volti, e nelle fisonomie, sicché certi talenti, e certe grazie tClimi,i>9 .¿\e di talento son proprie solo d’alcune genti (i).
La Grecia sembra essere stata la sua favorira per l’entusiasmo in ogni tempo sino ad oggi, quantunque in estrema decadenza ii trovi. Roma stessa, e l’Italia, ed Etruria anrica non giunsero ad uguagliarla ( 2 ); ma preso da lei quasi tutto sì nelle lettere, come nelle arti, poeti, oratori, ed istorici furon discepoli, e imitatori de’greci. Pietori, statuar;, intagliatori furono i greci in Roma stessa, come ognun sa. I romani eccellenti emularono Omero, Demostene, Tucidide, ed altri tali; ma ognun confessa, che ( 1 ) Licurgo destinò gl’ iloti a coltivare Ja terra, e gii spartani a maneggiar l’armi, gli uni, e gli altri educati alla robustezza, alla fatica; ma quegli atti naturalmente all* agricoltura, questi alla guerra, i primi eran flemmatici d’indole, stupidi, pazienti, docili al cenno; i secondi inquieti, arditi, vivaci, ed intrepidi, benché sì poco distant i di clima.
(i) Benché alcun pretenda esser l’arti passate d’Etruria in Grecia ab antico; ma noi parliamo di cose più note.
che restarono sempre al di sotto ipeciaimejKa te per I* entusiasmo, e che i più bei tratti di questo preser dai !or maestri. Perfidia la lingua romana, ehe si perfeziona per lui f e poi gli giova ancor essa, rimase addietro dall’eccellenza del greco idioma nell’armonia nella ricchezza, nello splendore (i). Vi sai,^ rà sempre a un delicato gusto, che le coi*9 fronti, una gran differenza tra- le opere gre-rt che, e le romane, principalmente per queliti forza soave, con che movono l’animo, e il1 cuore, cioè per P entusiasmo.
I! greco adunque è il solo popolo privile-dl giato dalla natura a tal segno. Superò dtfl lunga mano il suo maestro P egiziano c il suo discepolo il romano, e tutti gli altri popoii della terra. Ma se alcuno potesse.!
pretendere di gareggiare con lui, (e lo pie* tendono molti dopo il rinascimento delle ar-,1 ti) egli mi pare sopra tutti, che sia Pitaliaj no da trecento anni in qua; e specialmente nel 1 (i) Graia ingtnium, Gratis dtdit ore rai lindo Musa ¡oqiti &c. Ho:» CV1’Mlì141 / tisi secolo decimo sesto, mentre le altre na* /ioni ne rimangono più lontane assai che .non pensano. E quel, che più merita osservazione, tra le provincie italiane due ne sono sopra dell’altre, che sembrano esser più greche; cioè la Toscana, e lo stato intorno Venezia.
Certo è, siccome è singolare, che nella pittura nè molti spagnuoli per quanto sappiamo, nè molti inglesi, e pochi tedeschi, e pochi francesi son riusciti a un grado preclaro, benché da molto tempo abbiano avute occasioni, ed esempli illustri, e che tra gl’italiani il maggior numero de’pittori eccellenti s’incontra più lungo tempo in quei due popoli italiani, de’quali anche il clima, il terreno, l’industria, la vivacità degli abitanti, la grazia del linguaggio, e delle maniere sono distinte, oltre a qualche dona quasi proprio di loro soli, com’è quello del poetare all’improvviso ( 1 ). Meritarebbe adun(1) E per vero dire nelle provincie venete, in molti luoghi del regno di Napoli, e iii presso che tutta la Toscana massi marne nte’ adunque attento esame un mio sospetto, che!
qualche eccellenza, e privilegio abbiano gl’italiani sopra gli altri com’ ebbero i greci, ed alcuni italiani 1’ abbian sopra i loro compatriota, come ¡’ebbero gli attici, se pur é possibile esaminare con animo non prevenuto un problema, per cui ogni nazione ha pi»se le parti a favor di se stessa.
Io la propongo dubitando ancor di me stesso. Mi parve sempre di trovar nelle pitture dei tre francesi le Brun, Poussin, Siteur e nelle loro opere più famose, e perfette t, tornando a mirare più volte, anche dopo aver dimenticate le italiane alcun tempo j di trovarci certa asprezza, o sforzo, o diffì* colte non sa parlar sino il minuto popolo, che Io stil_figurato. Cascano loro di bocca i mot-, ti, le immagini, ed i proverbi. Ognun sii mescola d’improvvisare, benché appena sappia leggere. Dialogo tra francete e italiana del signor Soria.
" I greci furono detti gens comica come gl’ italiani. Siena fondò un’accademia per l’arte drammatica; Verona un’altra per la musica, detta però filarmonica, e cento altre ricerche potrebUmo farsi in prova.
Cvmr«143 ioltìj che mi spiaceva, benché assai meno in quelle di Poussin, che stette in Italia studiando trent’anni. Lo stesso notai nelle statue di Girardon, di le Gros, di Puget, di Pigaie, e di Bouchardon; benché Pigaie parvemi più greco degli altri. Non ho trovato O sentito in essi quella bellezza nativa, ammara, compiuta, che nelle cose di RafaelIo, di Correggio, di Paolo, d’Andrea del Sarto, di Guido, e de’nostri migliori; né quella, che lo scalpello di Michelangelo, del Donatello, del Porta, del Vittoria, di Pro*’ spero Clemente, e d’altri mi fe sentire. Pareami in certo modo gustar un frutto maturo, e succoso in questi; negli altri acerbo qual più, qual meno; di trovar un pieno riposo negli uni, qualche disagio negli altri; di sentir la delizia dell’anima in quesri, la jjjaraviglia negli altri. E lo stesso a proporzione s’intenda rispetto al Rubens, al Vandich, e a tutti gli altri. E Io stesso dell’ eloquenza di Bourdalove, di Massillon, di Bossuet. Lo stesso della musica francese, della francese poesia generalmente, nella quale tanto di rado mi avvenne di trovar quello stile, che ytw Vehtmens, & liquidus, pkToque timi ili, mus armi Fundet opes, Latiumqw beabit divita lingua; come ne’ greci e negl’ italiani si trova natii.} Talmente. Ma temei sempre della mia paT tria preoccupazione, e dell’ abito fatto., I Pur sembra aver gran peso quell’ argomenti to; perchè sì pochi pittori illustri, e sì po-^ i che lor opere si trovino in Francia, e po-’i chissime fuor di Parigi; e dicasi pur lo stesi so di sculture, d’architetture. Eppur l5arti in quella nazione da cento e più anni sona in mezzo agli onori, ed ai premj; ebbe$ grazia dal gran Luigi, e dai principi tutti, e dai grandi; non mancarono di ricchezze*] di decoramenti, nel che non so, se mai giugnessero altrove tant’alto, eccettuati alcuni casi straordinari. Laddove in Italia qua!« abbondanza maravigliosa d’opere immortali1 di tutte le quattro scuole famose; quante galJerie nelle capitali, e in moltissime altre pitta; quante chiese piene di rarissimi quadri da Mantegna, e da Rafaello sino al Cignani, e al Maratti, da Verona sino a Napoli.
p0li, e sino in villaggi trovandosi qualche tesoro, e ciò dopo i continui spogliamenti fatti da tanti sovrani, e da tante nazioni delle eccellenti nostre pitture;1 Non sembra ella tal differenza qual’è tra le riviere di Genova, di Sicilia, ydi Garda, ove nascon gli agrumi a boscaglie, e non costano nulla; e tra le conserve de’ signori tedeschi ove produconsi a stento, e cosran molt’oro?
Altro argomento sarebbe, che come il buon gusto è andato d’Italia oltre l’alpi, così il cattivo gusto è venuto in Italia di Francia, e di Germania nell’architettura sformata, e impicciolita, nelle scolture tutte a fogliami arabeschi, e atteggiamenti non naturali, nelle pitture eziandio talvolta a colori fredJi, e sfacciati, ne’ var; gusti de’ mobili, Ji carrozze, di vasellami dipinti, dorati, intagliati a puro capriccio. Certo ridettesi, che come ne corruppero gli spaglinoli secondo alcuno nel principio del 1600.
( 1 ) perchè eravamo con loro in commercio, e co(1) Muratori, Quadrio, &c.
Tomo IV. K
- 4ÓCtiMr.
e così venuto questo maggiore con francesi, e tedeschi venne la corruzione da loro, com’ ella venne in Francia dagli inglesi colla maggiore comunicazione, benché ne venisse in altro molto vantaggio per essa ( i). In Italia non nacque da se tanta corruttela giammai, o sia per quell’incognito privile-*; gio, di cui parliamo, o per quegli esempi J o maestri, che abbiam sempre davanti ii* ogni paese; siccome dicesi, che in Roma non è possibile di far male impunemente nelle arti, perchè la moltitudine degli esemplari eccellenti ha renduto buon giudice, e critico ben severo sino il popolo stesso.
Lascio gli altri argomenti, perche al proTÌ blema ciò basta ( 2 ).
Ma toccherò qualche obbiezione per mag-, gior lume. Noi può negarsi, che anche (’altre nazioni non abbiano autori, ed opere ec^ cellentissime. Tragici, comici, storici, romanzieri, oratori, poeti in Francia, in In-., ghilterra, e altrove si trovano. Ma si può) cerCi ) Nota decima quarta.
( 2 ) Segue nota decima quarta.
iefcare, se (supposti i greci i modelli perfetti, e universali, come queste nazioni confessaci), se, dico, non siavi una segreta dissimiglianza, e non osservata, benché essenziale tra gli uni, e gli altri. E’ vero, che le tragedie di Racine sono più passionate, e quelle di Cornelio più grandiose, chele antiche almeno secondo il gusto del secolo, e io stato presente delle cose. Moliere ha delle commedie più costumate, più saporite, più artificiose. E vero, che in molte cose hanno superato e greci, e noi renelon, la Fontaine, Bossuet, Fontenelle, Voltaire, Buffon, e Pope ancor più di tutti. Ma non so, se quella imitazione della natura bella, semplice, vera vi si trovi. Hanno tutti questi grande ingegno, ma forse troppo raffinato, grande immaginazione, ma forse non abbastanza corretta, grandi passioni, ma noti forse umane. Milton, per esempio, chi non lo ammira, chi più di lui dipintore, inventore, più grande, più inusiraro, più eccelso di lui ? Ma chi non sente, che ha passati i limiti del naturale ? Ha creato un mondo poetico, come Omero, ma un mondo che non non è per noi, che non ha modelli nella na« tura, che par popolato di Sfingi, di Gorgoni, di Centauri, e che, a dir tutto, non arricchisce l’arti del pennello, e dello scalpello con immagini, e ritrovati acconci alla imitazione, come furono quelli d’Omero!
sicché chi facesse un’ accademia miltonian* avrebbe de’ quadri, e de’ simolacri forse si stravaganti, e deformi, come lo sono i cinesi, gli egiziani, e gl’indiani. Potrebbe farsi un attento confronto da un intelligente delle lingue francese, e italiana, e del gusto più dilicato del teatro tra la Merope del marchese Maffei, e quella del signor di Voltaire sua rivale, E forse vero, che la francese è più ingegnosa, più vivace, più intrecciata, più nobile, e se si volesse, anche ricca di più bellezze, e con meno difetti. Dopo ciò bisognerebbe nulladimeno preferire l’italiana, perchè è tutta in quel carattere vero, patetico, passionato, ma naturale, ed umano, che inonda l’anima senza distrazione dell’ entusiasmo più delizioso sì nello stile inimitabile, e tutto adattato alla cosa, si per la semplicità della condotta, e verità de’caratte-¿atteri, e sì per ¡a soave forza d’ un gruppo d’afletti, e di passioni, che non lasciano languire un momento la scena, o svagarsi il cuore fuor del suo centro. E’ scusabile forse Voltaire, per aver dovuto seguir l’uso, ed il gusto assai raffinato de! suo teatro f perchè la sua lingua è men possente, perchè Maffei s’avea preso il meglio, ed egli ha dovuto ¡mirarlo, perchè aveva esaurito il francese se stesso in molte altre tragedie.
Ma il Ma Sèi non avrà mai bisogno di scuse, finché gli uomini avranno entusiasmo d’una felice, e spontanea natura.
E‘ anche verissimo, che gran talenti, e mirabili sparge in quelle nazioni la stessa natura, ma manca lor torse quell’influsso segreto, quel non so che o del cielo, o dell’aria, o de’cibi, o dell’origine da’maggiori, che tempra gli organi, e modella i cuori, e le fantasie. Perchè se ogni nazione ha un carattere proprio, che la distingue, e manca alle altre; perchè non può avere una maggiore, o minore attitudine anche per 1’ arti ?
Gl’inglesi son riputati d’aver più immaginazione degli altri europei; le lor opere he fati-fanno prova assai forte; ma è poi questa quella dessa appunto dell’arti, come la greca, e 1’ italiana ? Ma perchè dunque sono quasi senza pittura, tratti alcuni gran ritrattisti, senza quasi architettura,senza musica, senza statuaria, ( 1 ) am d’immaginazione, dopo tanto tempo, che sono prodighi, e curio-.*!
( 1 ) La celebre Madama du Boccage nel 6U0 viaggio d’Inghilterra dice: 1 libri di raziocinio fan grandi progressi tra gl’inglesi, ma il metodo nelle lor opere, la buona architettura, la pittura sono ancor ntlT infanzia  E Milton, dice Adisson, se non è sublime çome Omero, è colpa c ‘la sua lingua. Qu i divino poema scritto in inglese è un superbo palagio fabbricato di mattoni. Può l’architettura esser sì bella, come d’un palagio marmoreo, ma i materiali grossolani ec. il Sig.
Hume dice non aver /’ Inghilterra un buon oratore. Ma qual nazione, dico to, ha;<» Richardson ?
L’Abbe’ de Condillac ha questo passo 110-.
bile rs De là ce qui est plus à regretter le peu de gout que nous avons pour la Musique, PArchiteElure, la Peinture, e la Sculpture,.
Nous créions ressembler aux anciens; mais, que par cet endroit, les italiens leur rassemblent bien plus que nous ! — Ori?, des Coni?.
riosissimi in tutte queste, e dopo aver prodotto Inigo Jones ? Certo giova -l’aver e.
selnpii sotto agli occhi, e se Oibenio, Durerò, ed altri fiaminghi, e tedeschi gli avessero avuti, avrebbono fatto assai meglio; ma sarebboiio stati poi per questo Rafaelli, e Correggi ? Giova certo la lingua aila poesia più dolce, all’eratoria più faconda. Ma perchè non hanno fatta una lingua più atta a ciò ? Perchè nacque là quella lingua ? Come si fece ricca al par della greca, e ne restò tanto più aspra ? E come la francese è sempre più divenuta timida, inceppata, e al dir de’ migliori scrittori di quella nazione, mancante di nervo, e di ricchezza dopo tanti scrittori maestri ? Talché dopo cent’anni hanno esauste Je vene di poesia, che non più vi si pregia oggimai per quanto essi dicono, mentre dopo tre secoli di poesia noi gustiamo ancora i Perini, i Frugoni, i Metastasi. Come infine quella con tanta libertà, dovizia, energia, questa con tanta chiarezza, verità, e grazia non divennero ancora musicali, pittoresche, e ad ©¿ni sapo: grate? Ma ormai tutti i disagi K 4 ce.
■ceduto avrebbono al tempo, al favor de’principi, all’emulazione, alle ricompense, se ceder potessero. E se non cedono mai, v’ ha dunque alcun ostacolo radicato permanente universale, ed ei sembra del clima. Mentre intanto in Italia da trecent’ anni, ed anc’oggi senza favor di principi., senza emulazione,,!
senza ricompense, anzi nella decadenza di^ tutto, e nel languore dell’arti stesse hanno, elleno sempre gran voga, ( e qualche città.
anc’oggi conta molti egregi pittori, come Verona ( i ), hanno quel non so che di gre-; co, e non cadono mai nel tedesco, o nelPin-w glese, benché diano talora in gran difetti;.) come il tedesco, e l’inglese, ed anche il francese non hanno mai quel sapore italiano, e mai non si scambiarono l’opere loro colle nostre ( 2 ), e non poterono mai conformar le ( 1 ) Fioriva allora la scuola veronese del Balestra, del Rotari, dal Cignaroli, del Peccio, e d’altri lor degni seguaci.
(2) Si conta a prodigio, che l’abate Regnier facesse una canzone s] petrarchesca, che fu presa per opera del Petrarca, ma tutta ia sua vita studiò Regnier la nostra lingua, tan-te lor lingue a quel!’incanto, che sentono essi medesimi nella nostra, quando bene la sanno, pér cui è più bella figlia, che non la sua madre, ed è sorella unica della grecs per chi non ha pregiudizi.
Per contrapposto, giacche parliamo degl’ inglesi, prevalse in loro il^ genio filosofico,e Bacone è stato autore esemplare a tutta l’Europa seguito da molti, e ci è nato un Newton. Da loro venuto è in Francia il vero pensare profondo con Loke e non servile.
Entrambe queste due genti sono state nostre maestre in molle cose, benché Galileo, e Catanto che poco ei valse nella sua, come in Francia si giudicò. E qui mi sia permesso il dire, che sempre in’ ha fatto gran colpo il pensiero del marchese d’Argens, che pretende agguagliare la scuola francese, e italiana, benché v’unisca a rinforzo la fiarninga. Ma no i é egli ridicolo il porre a fronte di un popolo di pittori divini, e di quadri eccellenti a migliaia quattro o cinque francesi o fiaininghi; come sarebbe ridicolo il far rivale il teatro italiano con sette, o otto tragedie anche eccellenti del francese ricchissimo di tante di Cornelio, di Racine, di Crebillon, di Voltaire, e di molt’altri?
Cavalieri, anzi Tartaglia, Cardano ed altri un secolo prima potessero ammaestrarle.
Nella stessa metafisica il trattato del Bem di Pallavicino udj porre tra i migliori dall?
abate Conti ottimo giudice, e non prevenuto. Ma noi parliamo 3’ un generale, e dominante lume, che va oggi spargendosi nell* Italia dcpo aver gittati alcuni raggi incerti, e passeggeri qua e là. Chi sa per altro che agl’ italiani non manchi il talento di ragionare, e di filosofare tanto profondamente, quanto l’inglese? Potranno deciderlo inoltri nipoti dopo cinquanta e più anni, quando avran lette dell’opere filosofiche in tanto numero, e di tanto peso, quanto è richiesto a legittimo paragone. Sarà però sempre vero, che quei furono i nostri maestri, e che il saggio dell’ intendimento umano, lo spirito delle leggi, e tali altri hanno fatti egreg; dij scepoli anche tra noi senza oltraggiare le verità più importanti.
Dalle cose dette sin qua, sembra poter almen dubitarsi, che come varj sono i talenti delle nazioni, così il talento delle arti sia proprio de’greci, e degl’italiani a quel grado, do, che vuole il miglior entusiasmo. Ma non, saprei scegliere un giudice ben sicuro. Un francese, e un inglese per me noi sarà, perche manca forse di quell’ entusiasmo, che bisogna sentire per giudicarlo; perche è prevenuto dall’educazione, e dall’amor patrio, e dal proprio; ma noi son io foise altrettanto per io stesso amor falso ( 1 ) ?
Con debita proporzione dobbiam dire Io stesso delle due singolari provincie d’Italia rispetto alle altre. Cominciando dalla Marca trivigiana sino a tutto ii veronese troviamo una gran somiglianza colia toscana. L’ un popolo, e 1:altro non ebbe i galli per antenati, ma 1’ uno quegli etruschi, che coltivavano le arti prima di Roma, e a lei le diedero in parte, l’altro glieneti, reti,eu; unti ec. venuti dal clima più lieto d’oriente; quindi conservano un linguaggio, un accento, una pronunzia entrambi, che in tutto il resto d’Italia non trovasi il più gentile; ed b maraviglia; come anch’oggi il confin de’ » ( i ) No:a decima quinta.
de’ linguaggi più ingrati sia quel di’ due po,poli stessi, come, il fu de’ loro maggiori, e de’ galli ( \ ). L’amenità del cielo, la temperie dell’ aria, la fertilità e vaghezza de’colli , onde le viti, gli agrumi, gii olivi, ed i frutti più saporiti, e i più dilicati uccellami produconsi, le belle persone, il vestir gaio anche nelle villanelle, la grazia, e lo spirito anche al contado, la bellezza e l’ardore anche negli animali, l’industria, il commercio, i’ agricoltura, i lavori d’ ogni maniera, e il traffico più fiorente ( 2 ), tutto si rassomiglia assaissimo, mentre tutto è diverso nella Iombardia, nel piemonte, nello stato ecclesiastico j e sin ne’ regni di Napoli, e di Sicilia, ( 1 ) E‘ curiosa l’osservazione fatta da me tra Brescia e Verona, tra Firenze e Bologna per conoscere dal linguaggio sin oggi i confini de’galli antichi a’confini del brescia-jj no e del veronese, del toscano e del bolognese: territorio moderno.
(2) Non ha Venezia più antico trattato di commercio di quello, che fece co’ veronesi fin dal upg. dice il Foscarini, ed è assai nota la navigazione a quei dì de’toscani, essendo essi come lo stato de’ veneti posti gran tratto sul mare.
¡ia, quantunque d’origine greca in parre esse abbiano di tai pregj, ma forse pel troppo calore non tali, ne tanti.
Or venendo al talento per le arti s’osserva, che come l’Italia in Europa forse prevale, così prevalgono questi due popoli iti lei. In ogni tempo questi parver più colti e più gentili amatori delle giostre, e dei giuochi ingegnosi, ed ornati, come le loro storie anche de’tempi rozzi lo provano. La poesia, ¡a pittura, ed il canto furono sempre le loro delizie, e risorsero prima tra loro. Anche prima di Giotto, e di Cimabue si trovan pittori in Padova ed in Verona degni di star con que’ due ristoratori della pittura. Per qual raro caso veggiam in Verona e in Vicenza nati i più eccellenti architetti rivali de’ toscani ? ( i ) E chi non ammira Vicenza, ( i ) Palladio e Scamozzi, Sanmicheli, Falconetto, e Fra Giocondo. II Zarlini fé un’opera classica sulla musica sin d’allora, e il canto fu sempre in Venezia la passione di tutte le classi di persone. Ivi ascoltai spesso improvvisatori di professione, come Verona si gloria dell’abate Zucco, dell’abate Lorenzi ljSGL.1Mt.
za, non grande città di provincia, fabbricata come Firenze ed Atene? Onde avvenne, che la celebre scuola veneta di Gian Belli, no, Màntegna, Tiziano, Paolo, Tintoretto, Giorgione, Pordenone, de’ Bassani e de’Paima si formasse da’nativi di queste contrade, come dai toscani principalmente P emula sua la romana; e come la sola Verona formò dei suoi una scuoia, che potrebbe con l’altre gareggiare, se ne fossero usciti fi>or: gli al, lievi? Ognun sa, quanti scrittori eccellenti in ogni genere storici e poeti, oratori e filologi 1 rehzi sì celebri in quell’arte, oltre a’dilettanti non pochi, nel che somigliano a’toscani, e gì’italiani sono unici al mondo. Vero è che qualche immagine n’hanno gli spagnuoli e portoghesi. Quelli nel Pìès sforzadvs, che è di rime forzate, cioè proposte a chi dee su quelle far versi, e nel Glossar J che è d’una quartina proposta far quattrol decine di versi per ognuno di quella, il quafV de chiuderle. Così i portoghesi hanno P Orlerò, che è far un sonetto, o una stanza, chiudendola con quel verso che è stato proposto ad argomento. Ciò fanno a passatempo e giuoco per feste di santi, o di signori, interrompendosi co’suoni il canto, non accompagnandosi.
log! illustrarono queste provincie più che altre- nel che i toscani son forse perdenti quanto agli antichi, non avendo un Tito Livio, un Catullo, un Cornelio Nepote, un Plinio, un Vitruvio, un Macro, che vantano gli altri.
Di Venezia in particolare non abbiamo parlato. Ma quanto si è detto a lei pur conviene, non solo come a metropoli della provincia, ma come a sedi di tanti ammirabili monumenti ed autori d’ogni maniera, di che veder si ponno i bei versi dell’ Algarotti, ove fa il paralello tra Firenze e Venezia (i). Giova però soggiugnere qualche notizia, se non altro a diletto. li clima, per esempio, non dee riguardarsi come diverso dalle altre città, benché questa sia tra l’acque.
Esse possono assai poco conrro al clima generale di rutti i contorni sì poco distanti, per potere notabilmente variarlo, siccome nep( I ) Odo al Varchi il Partita, il Guicciurei ino al Nani opporre ec. Così nel bellissimo sciolto su questo argomento all’ immortai Foscarini diretto, degni d’esser entrambi posti a fronte de’ più chiari ingegni toscani, neppure il diverso vestire, ed usare, e vive, re, e passeggiar navigando e sedendo. L’e.
ducazione, il governo, le occupazioni, i magistrati, gli studj, e gli esercizi repubbli, cani debbono anzi giovare. Che se pur si volesse su questo sofisticare, vi hanno ar$o.
menti a provare, che per altre ragioni ha vantaggio piuttosto sulle’ provincie la capita, le. Oltre al maggior fermento, che fassi in ogni metropoli per l’unione de’ molti autori, ed artisti, ed esempli per le accademie, l’emulazione, il lusso, ed i premi, e le occasioni di segnalarsi; Venezia ha in oltre in gran parte un’origine stessa co’popoli cirj convicini, che concorsero con più frequenza a popolarla sino ab antico, e sempre poi vi concorsero tratti dalla speranza d’arricchirsi per la loro industria, e per lo commercio, e navigazione di lei per tanti secoli sì vige* rosa, come poi suggetrati che furono, o datisi a lei, vi si trasferirono per altre ragioni, e vi posero sede eziandio. Ma Vene, zia di più ebbe un commercio immediato coll’impero greco, anche prima di signoreggiare in Grecia; talché sino dal ngp. fu as.
segna.
segnato ai veneziani un terreno in Costantinopoli, non come a forestieri, ma come a sente di comnn origin romana, dicea quell5, imperatore, come leggiamo nel Foscarini.
Da lui sappiamo, che il vestire, 1’ architettura, la pirtura veniva dai greci o s’esercitava da loro in Venezia; sicché nel 1260.
fioriva quivi uu pittor greco, detto Teofane, che fu maestro di Gelasio ferrarese; e quindi spargevansi per l’Italia pittori di quella scuola assai prima di Cimabue, come v’èra in Firenze nel 1350. l’accademia di S. Luca de’ pittori della vecchia maniera greca, e della nuova di Cimabue. Così molto la lingua arricchissi di greco per quel commercio sempre fiorente, per maritaggi reciprochi delle due nazioni, per imitazione di studi forse arco, onde si rrovano ancora accenti, e pronuncie greche nel parlar veneziano più espresse, che in alcun altro d’Italia. Da tutto ciò appare ben chiaro, che se altra gente si merita il vanto d’emulare la Grecia, ella è principalmente Venezia, eche forse per lei derivarono molti pregi nelle c’.:rì. sue suddite anche per questa gloria.
Tomo IV. L Per Per qualunque ragion siasi, certo ognun ri.
conosce in tal gente singolari caratteri di valore, e d’ingegno maraviglioso. La grazia del loro parlare, e conversare anche tra la plebe, l’accorgimento e la prudenza sino,, nell’ età più fresca, lo spirito e la gentileza, aa del sesso donnesco; per non parlare. di quella forense, e senatoria estemporanea loro eloquenza veramente degna d’Arene, de’loro giuochi, e feste pubbliche non sì magnifiehe, e gaie in altro paese, nè sì variare, del gusto del teatro ognor costante più che altrove, della universale vivacità, letizia, e piacevolezza ne:modi, e negli scherzi; datutto ciò appare senza dubbio esser distinti in Italia questi due climi, come l’Italia in Europa.
Non lasciamo però di parlare dell’opinioni d’alcuni sopra il clima di Francia, per j cui si pretende esser dato a quella nazione il molle aiqus facetum, cerra grazia, e venustà ridente d’indole, e di costume, se lor si nieghi eziandio il primario entusiasmo nel bello illustre e sublime. Nel lor secolo d’oro in verità parvero ritrovare sì il segreto di piacere all’Europa, e di sedurla. Le magnificenze, e le vittorie del gran Luigi rivolsero là gli sguardi, e trassero i curiosi, i quali trovarono 1’ urbanità francese unita a certa grazia, e vivacità ne’modi, nel tratto, nel conversare, e condita dal fior de’piaceri, e de’comodi della vita a tal segno, che il serio italiano, lo spagnuol grave, il taciturno inglese, il freddo tedesco, e tutti gli altri stranieri ne furon rapiti, e ne adorarono insin la vernice, che sono le mode divenute perciò universali, perché più facili ad imitarsi. E’ vero, che in ogni tempo fu quella nazione rivolta alla giocondità, e al brio del convivere, de! motteggiare, del ridere, sino a cogliere avidamente l’occasion dello scherno, e dello scherzo in inezzo ai gravi affari, e funzioni, e all’orror della guerra, e fino a beffarsi ira loro anche nei libri della frivolità, leggerezza, ed incostanza della nazione. Ma nel regno del gran Luigi quel carattere perfezionossi, e tutto concorse a renderlo amabile, e degno d’invidia ad ogni gente. La pace, e la pubblica sicurezza coll’abbondanza, e colla coltura tura formarono l’arte segreta, e rara di remi tier la vita piacevole - comoda, compagnevo-J le, voluttuosa a quel segno tanto difficile dii escludere i grossolani, e strepitosi diletti, e.l di non passar negli afferrati, e manierati,!
cioè di unire la delizia colla sobrietà. Lei feste, le mense, il vestire, le arti, tutto ornossi di quel fiore di cortesia, e prese queli’aria di voluttà onesta. Quest’aria pa&I mi ancora spirarla leggendo le lettere di ma- ■ dama di Sèvignè, che seco trasportami a sì bei tempi. Le corti di Leon X., di Urbino, di Firenze, e di Ferrara, come quella di Augusto sembrano aver gustata quell’attica gentilezza, ma ella giunse al sommo noa solo a Versailles, ma in Parigi, e in gratti parte per lui della nazione. Cerchino poi glil scrittori francesi, come la stessa loro nazioJ ne sempre piacevole e gaia presenH l’epocì» più feroci nella sua storia per le guerre ci* vili, e religiose, il furor de’duelli, le stragi .più luttuose, e i parricidi.’ quanto a me godo piuttosto volgermi al mio soggetto, e riconoscere nell’arti, e nelle lettere di quel bei secolo il gusto dominatore sparso, e dif. fuso «■ fuso. Ebbero i ¡ero Anacreonti, i Tibulli,,i Bembi, i Castiglioni, e dell’opere di altro genere, e rivali infin dell’Aminta, benché non giugnessero alla Gerusalemme, o all’Orlando. Ebbero i loro pittori, oratori, poeti, architetti» la musica loro, e la danza; ma soprattutto commedie, e tragedie mirabili, benché sempre di qualche grado inferiori alia bella, alla schietta, alla natura perfetta, come io penso; ma ci superarono probabilmente nelle altre delicatezze, e gusti della vita, dei comodi, dei piaceri, e delle grazie sociabili, e famigliati, nelle quali io remo aver noi conservato qualche vestigio gotico, e rusticano anche al nostro buon secolo. Or pub pensarsi esser ciò non senza entusiasmo’, ed essere privilegio di clima (i)? Il greco V ha ( i ) Il trovarsi in var; climi 1’ entusiasmo non contraddice la nostra ricerca del clima più a lui propizio. Basta intanto, che intendasi come i climi facciano una differenza tra gli spiriti stessi, e tra i talenti. Ocgi molto si disputa sopra ciò, nè pretendo già io fissar l’influsso de’climi, o fissare il climi all’aria, alla terra, ai prodotti ec. Ben mi piace mostrar una verità sin dagli antichi l’ha avuto più che altri, e l’ateniese trà greci ancor più, come il toscano, ed il venero trà gl’italiani. Vuol taluno, non esser,] dato a’tedeschi, o ad altri l’averlo; eppur chi visse a Dresda nel regno passato ve lo trovò, e par la Sassonia esser la Grecia della Germania. Altri l’hanno trovato a Potzdam, |] saputa, ed eccone il testimonio più degno, e il più bel testo: Non ingenerartiur burnivibus mores tum a stirpe generis ac seminìi, quam ex iis rebus, quie ab ipsa natura loci Ó" vttie consuetudine suppeditantur, quibus alimur, & vivimus. Cartkaginienses frati.
Aulenti, ©" mendaces non genere, sed natura loci, quod propter portus stios multis & variis msrcatcrum, & advenarum sermoni bus ad studtum fallendt studio quitstus vocabantur. Ligures montani duri atque agreste*.
Docuit ager ipse nibil ferendo ni si multa cultura, & magno labore qu<esitum. Campanti semper superbi bonitate agrorum, frim ctuu.m, magnitudine urbis, salubrità, dem script ione, pulchritudme. Ex hac copia at qui rerum afluentia primum illa nata sunt: arre,gantia qute a majoribus nostris alterum Capua consulem pòstulavit y deinde e a luxunes, qua ipsum Hannibalem, armis etiarn tum inviElum, voluptate vicit. De lese agr. contra Kuilum. 2. num. jy. Il tradurlo serebbe guastarlo.
riam, ed alcuno sino nella corte russa pen.
sè vederne i principi. Inirn le lettere di Milady Montagu nel fanno vedere tra i turchi, a fronte dei quali tutti noi sembriamo barbari, e rozzi, se non è un altro entusiasmo di quella donna singolarissima ancor per esso.
Ma siccome è richiesto il complesso e P armonia delle grazie, delle arti, e dei piaceri, e quindi la musica, la pittura, la poesia, e l’eloquenza, il lusso delle statue, delle fabbriche, e degli spettacoli, le stagioni sresse, e 1’ aria e il cielo, le manifatture e l’industria; così è difficile in certi climi trovar i’ entusiasmo compiuto e beato. Le amenità de’costumi e le delizie di una vita agiata; sopra tutto una qualche uguaglianza in tutte le classi de’concittadini, un governo, che ne partecipi, un commercio, che lo sostenga, una milizia, che non Io distrugga, una potenza, che Io assicuri, e delle leggi che lo difendono; così un sesso, che lo propaghi senz’abusarne, un’altro, che lo riceva senz’avvilirsi, una decenza, che il moderi senza legarlo, una libertà, che accompagnilo, senza che Io profani, e sin la L 4
stessa virtù sotto un velo, che l'abbellisca senza parere.... Quanto ci vuole a produrre un tal entusiasmo!