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Climi. | 143 |
Cvmr«143 ioltìj che mi spiaceva, benché assai meno in quelle di Poussin, che stette in Italia studiando trent’anni. Lo stesso notai nelle statue di Girardon, di le Gros, di Puget, di Pigaie, e di Bouchardon; benché Pigaie parvemi più greco degli altri. Non ho trovato O sentito in essi quella bellezza nativa, ammara, compiuta, che nelle cose di RafaelIo, di Correggio, di Paolo, d’Andrea del Sarto, di Guido, e de’nostri migliori; né quella, che lo scalpello di Michelangelo, del Donatello, del Porta, del Vittoria, di Pro*’ spero Clemente, e d’altri mi fe sentire. Pareami in certo modo gustar un frutto maturo, e succoso in questi; negli altri acerbo qual più, qual meno; di trovar un pieno riposo negli uni, qualche disagio negli altri; di sentir la delizia dell’anima in quesri, la jjjaraviglia negli altri. E lo stesso a proporzione s’intenda rispetto al Rubens, al Vandich, e a tutti gli altri. E Io stesso dell’ eloquenza di Bourdalove, di Massillon, di Bossuet. Lo stesso della musica francese, della francese poesia generalmente, nella quale tanto di rado mi avvenne di trovar quello stile, che ytw