Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte III/Abusi
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ABUSI.
Uno de’primi abusi dell’entusiasmo è quel di dare in sistemi, trasportando la poesia nella filosofia, come sembrano aver fatto principalmente Malebranche, e Cartesio au^ tori di bei romanzi filosofici. Il qual ecc £ più dannevole nelle materie più venerabili della religione. Altri in politica, ed in ¡noi rale il trasportano, come Platone in quel« sua repubblica, e peggio altri a suo esenipj seriamente volgendo a dottrina, e regola mento degli uomini il favoloso regno d’Astrea** Non rutti han sì nobile, e saggio entusiasmi mo, che colla ragion filosofica congiugnendolo, faccian lavoro mirabile insieme, e profi.
cuo, come Bossuet e Pope, Fenelon e Richardson, Buffon ed altri (i). Pur seti bra alcun d’essi la difficoltà comprovare cieli’ ac?B ( i ) La morale storica, la romanzesca, la fisica ec. servano a esempio di molte altre opere illustri, che altrove si noteranno più chiaramente. 7TB l accordar insieme le due facoltà sì nitniche, allorché ne’loro sistemi del mondo, de’cieli, <j?ila natura seguono il troppo nobile, e caldo entusiasmo oltre i confini. Ma quanto i filosofi cautamente debbon seguir l’entusiasmo, tanto debbono, allorché il seguono, rispettarsi da chi sta al basso, e non vede come essi, e non sente le rapide, ed alte loro elevazioni. Spesse volte i lor critici sotto pretesto di zelo, o con falsa persuasione di salvare da’rischi, ed insidie le verità reverende, fannosi calunniatori. Misuriamo prima noi stessi, e le nostre forze sinceramente, e le nostre intenzioni riposte cerchiamo nel più profóndo del cuore. Siam noi degni del grande oggetto, di cui ci facciam protettori; non abbiam noi a temer di oltraggiarlo, volendo pur vendicarne gli oltraggi, e sarem noi amici di Dio, cominciando dall’ esser nemici degli uomini ? Se sappiamo i veri limiti della religione, e della filosofia, se conosciamo quelli dell’entusiasmo, e non l’usurpiamo, se siamo esenti d’invidia, di pregiudizi, d’imbevute opinioni; allora scriviamo, e persuadiamo collo stile delia Tomo IV. P ca-¿2(5Abusicariti, dell’urbanità, del buon giudizio; al.
trimenti daremo armi a’ nemici, e profaneremo la causa del santi. Pur troppo i grandi ingegni sovrani furono sempre così mal combattuti, e mentre oggi sono gli oracoli delie nazioni, furon vivendo le vittime della pedanteria, o dello zelo accecato.
Altro abuso si è quello di stendere l’enJ tusiasmo a tutte le arti. La fratellanza di queste inganna gl’ ingegni, che pon-.
gon mano a molte insieme, o a motìj ti rami di quelle, perchè riescono in unr, o in due. Virgilio nell’egloga riuscì, neib georgica, e nell’eneida. Orazio nel familiare’ e nel sublime, nel dilicato e nel forte, così altri pochi tra confini però di poesia. Ciò vedesi più sovente, quando sono il buon secolo, e l’entusiasmo al segno più alto; sicché Michelangelo (e poco appresso Rafael’oJ e tant’altri) fu eccellente nell’architettura, scultura, pittura, e buono ancor letterato.
Ma in altri tempi, e più spesso si vede, che 1’ unire più facoltà non t: dato ad un uomo, chi non vuol nuocere all’une coll’altre. Falereo, Seneca, Marini, qualche moder-derno d’altra nazione anche in ciò furon ripresi. Quest’ultimo gran poeta dopo tragedie sublimi, un poema epico applaudito, e d’ogni genere di poesie, non men che prose ricercatissime nell’Europa, potè farsi ere*, der grandissimo nella storia. Ma la commedia non era per lui, e la fisica fu contro lui -, così un altro vissuro cent’anni colà tra i plausi, e gli studi fu preclaro scrittore in materie filosofiche, critiche, amene eziandio; ma divenuto poeta, non passò di là dal volgare, o passò all’affettato nell’egloghe, <!
nelle epistole. Molti esempi potrebbono addursi de’nostri italiani, e di quelli tra gli altri, che giunti all’ età destinata a riposate all’ombra de’raccolti allori, o seguono senza forze una carriera, che gli stancò, o che peggio è, si gittano a correrne un5altra, e come se al fior dell’età, e dell’estro tornassero, a nuova impresa s’accingono. Altri poi non temono abbastanza di applicare i! talento dell’immaginazione, e dell’entusiasmo ad affari, e maneggi civili, o politici. Bacone gran cancelliere, Addisson segretario di stato, Newton presidente alla zecca tz8Ab’usi.
zecca, *.’d altri posson con lode citarsi; ma non so, se tant’alto li portasse la gloria dei loro impieghi, come de’loro studj. So che molti mal riuscirono, e un vero genio omerico citerei volentieri a’dì nostri, che divenuto in Europa sommo ministro, e creatore di nuovo sistema politico, che, come uréd gran quadro, degno era della sua mente in-1 ventrice, e sublime, qual fu conosciuta nei suoi poemi ( i ) e scritti, in breve caddei per quella medesima elevazione di cuore, e$ d’ingegno di se stessa sicura, e lontana da-; gli artifizi sottili, e inosservati di corte. lì governo vuol freddo capo, non bello spirito, 1 e i sommi genj son nati a struggere, o a fabbricare. Non sarà forse arto a governar quel medesimo, che con vasti pensieri formò le leggi, e suggettò i popoli per entusiasmo, non essendo capace d’animo pazien-i re, di perseveranza, attenzione, minutezza, dissimulazione richieste al governo. Così nell’; I ( i ) Poemi sur /’ irreligion j les quatrt beures du jonr. &c.
rffell*arti sovranamente fondate, e un poca irregolarmente da Sofocle e Pindaro, da Ennio e Plauto, da Dante e Ariosto, da Cornelio, da Milton si giunse alla perfezione sotto il governo d’Euripide e d’Anacreonte, di Virgilio e di Terenzio, di Petrarca e del Tasso, di Racine e di Pope.
Nè piccolo abuso dell’entusiasmo è quello di farne un’arte, e un mestiere, copiandoi da molti, imitandolo, e in ogni cosa introducendolo. Per cagione di Montesquieu, nuovo genio di questo secolo, tutti han voluto esser gen;,- e scriver col suo bell’entusiasmo in ogni sistema,- e in ogni scienza.
La filosofia, l’educazione, il commercio, l’agricoltura, la popolazione, l’inocnlazion del vajuolo si son trattate or colla lira, or col pennello. Un dizionario di gran volumi ed autori è tutto entusiasmo dagli uni agli altri trasfuso, e derivato persino alle manifatture, e usaro dall’artigiano. Passò in un giornal letterario, e finalmente in una gazzetta pur letteraria. Così tutti vogliono, tra certe nazioni massimamente, esser quello , che gli altri sono, e diventasi Omero, e Pia-2’0A8VSI.
e Platone per moda. Vero è, che n’han le dette opere un pregio singolarissimo; ma si teine, che un tal esempio non degeneri poi per P imitazion de’ mediocri in abuso, molti.
plicandosi, poi dando noja, infine avvilendosi la più cara delizia de’cuori e delle anime.
dilicate, che non l’assaporano più con quclvjfl la sobrietà, che la rende più amabile.
( i ) Siccome però la filosofia dominar dee per suo diritto non solamente su la nostra* ragione, ma su le nostre sensazioni, ed ini stinti eziandio; così negar non si dee l’entusiasmo ai filosofi, come ai poeti non fu disdetta la filosofia ne’poemi; e Lucrezio, Virgilio, Fracastoro, Marchetti, Nocetti, e Stay, e oggi tant’ altri cantarono nobilmente non pure le amenità, ma i segreti profondi della natura. Il filosofo illustre an« che in fisica, ed in matematica trova eliti« poetici, e pittoreschi. Se gira tra gli astri’, misura il tempo, e lo spazio, o tra le pian- r te vivaci, e gli animali sensibili va conversando, (i) Nota decima ottava.
sando, e molto più se su le passioni, ed il cuor umano erge suo tribunale supremo, e bilancia gli affetti, e calcola i moti, e confronta gli urti » e le forze dell’anima, allor si fa grande più che altra volta, e passionasi, e investesi degli altrui sentimenti, e gli esprime co’ suoi; anzi la sua ragione medesima allor accordasi coll’ entusiasmo, per giugner più alto, scorrendo a talento, e volando con libertà, sin dove occultansi gli arcani riposti dalla natura; ma sta la ragione sempre alquanto in disparte, e richiamalo poco a poco dal piacer seducente, e dal momento della seduzione a quel dell’ esame, poiché unirgli a un sol punto è cosa somigliante a prodigio. Ma troppo entusiasmo in filosofico assunto diviene abuso non meno.
Temo assai d’esser nel caso io stesso. All’argomento preso da me, e secondo il gusto, che domina a questo tempo, ognun s’aspetta per poco un’ analisi, ed un trattato. Io non ho scusa, perchè fare noi seppi per mia natura altrimenti. So, che più onor mi farebbe filosofar penetrando dentro del mio suggetto intimamente: son persuaso d’esse!
P 4 ir.ol-¿¡iAbusi.
molto lontano dal toccarne il fondo, /issandone a’ior confini i principi, e i caratteri,’ e prescrivendone giusta idea filosofica. Dunque meglio era non fare ? Io non saprei certo indurmi a crederlo, perché mi ritnan Ia> speranza d’aver dette assai cose non inutiliaffatto, e forse nuove, o a nuovo lume vedute, e poste; onde spregevole il dono non sia, che alia patria, e agli amici ne fo. E chi sa, che al mio esempio un chiaro inge-.
gno non destisi a far opera bella e compiuta ? E allor contento sarò d’aver almeno servito ad alzar nuova fabbrica sontuosa, ■ benché io sia messo in disparte, come le macchine, e l’armature degli edifizj condotti a buon fine.
Pur giugnesi ancora in altro eccesso filosofando nelle materie composte di raziocinio, e d’entusiasmo; ed è il voler fare sistema, e meccanismo di questo, come altri guidano l’immaginazione alla sede della verità, di che altrove si disse. A tal gente dovrebbesi divietare la poesia, ed obbligarli alla fisica osservatrice, od all’algebra secca; atalequeste dovrebbon negarsi, e porre in mano la lira.
Vi- j Vicino a questi è l’eccesso dèli’entusiasmo nell’ammirare l’opere altrui, adorar un autore,- giurar per lui sino a volerlo senza difetti; onde eresie di gusti, di scuole, di sette or letterarie, or anche scientifiche; onde dispute interminate su gli antichi, e ì moderni, su razionali, e stranieri, e il bia-< simar tutto, e il tutto lodare; eccesso opposro al difetto, che nulla sente, e tutto pesa, ed è nemico dell’uomo. Da quel si va al fanatismo in ogni materia per la via deli* affetto, e del caldo, che ammira già preve.
nuto, poscia ingrandisce, poi divinizza, e a proporzione disprezza il contrario, avvilisce, distrugge gli altari, bestemmia gli oracoli, e gli Dei. Questo abuso accompagnò i secoli, ed i progressi del sapere, e del filosofare più colti. Giunse al ridicolo nel 1500. il titolo di divino tra noi. Per qualche sonetto di buona lingua furono divine insin le donne, e non s’ebbe rossor di dire il divi» Pieno Arefino (1). Teme alcun di rro(1) Ori. Furioso. E altrove piti serla^ mente * 2j4Abusi.
trovarlo ancor tra i filosofi, che pHi sono obbligati al giudicare quieto, e spassionato.
Eppur si dice, che la filosofia vera non ha settari; che Socrate, Newton, Galileo, e la verità non fan setta. Onde viene dunque »1. farsi eco tra alcuni, mettendo se stessi d’accordo alle stelle, e i loro libri, e gli, autori collegati, e senza pietà gli altri straJ ziando ? Perchè hanno un linguaggio lor proprio, e tutto amico, o nimico? Se la filoso.; fia parla così, che farà il fanatismo ? Al ri«,ì cordar certi nomi, si dà all’ armi come a segnal di battaglia, a squillo di tromba, e si fa strage; quasi allora diventi il filosofo senza rimorso uorn di partito, persecutore, e pedante. Ma che sarà di loro, quando dopo poc’anni la non prevenuta posterità faccia giustizia ad ognuno, leggendo il proces-, so lor manifesto nell’opere d’ambe le parti,?
e nella condotta tenuta insino al fine da tutti, e dia sentenza, siccome suole, tra gli oppressori, e gli oppressi ? Felici allora i Montesquieu, i Buffon, i Morgagni, i Molinelli, i Maflei co’Zanotti, e poc’altri lor simili, non meno per monumenti d’ingegno, che che per virtù, e moderazione degni in vero d’ogni immortalità.
Finiam coll’abuso di poesia più proprio dell’ argomento, e forse per confusione di ihi lo ha trattato sinora in questa operetta.
Bisogna lasciar respirare il lettore, e dargli riposo per dargli maggior piacere. Lo spargere per furto la forza, e il caldo dell’ennisiasmo stanca, annoia, affatica, e troppo b necessario, dice Tullio dell’oratore, dar posa al piacere, e all’ ammirazione degli ascoltanti, come i pittori hanno r.e’quadri i loro intervalli d’ombre, e di luce, per dar più risalto alle parti, e figure illuminate, il che prova con l’esempio di Pvoscio altrove da noi citato (i). Colla quale lussuria i poeti accoppiano troppe? spesso ancor quella di non saziarsi mai di far versi, e d’abusare cosi dell’entusiasmo, come se non dovesse (i) Cosi dice T1111io: Sed habeat tarnen illa dicenrlo admiratio, ac summa laus umbrurn aliquant, & recessum, qua mngis id qitnd erat illutninatum extare, atque eminen -jideatur. De Oratore 1. 1.
se mai riposare ancor esso, e fosse per ogni età sempre nel suo vigore; privilegio in va’ ro di pochi, pochissimi essendo che non in» vecchino nella vivezza, e grazia poetica, come negli anni, e il più spesso vedendosi quelli che troppo cantando muojon bensì come i cigni, ma lasciano come i cigni piv dJ inutile penna, che di vero merito dopo* loro. I p^Pti medesimi pur talvolta condannano questa insaziabilità, ma non se na» correggono; com’ è loro uso di spesso pe tirsi e non guarir mai ( i ).
C est là l’cff’et fatai d’un ascendavi bizarr ~En cela le poete est semblable à i’ avare Envain /’ un nous promet d’abbondane, Pkoebus, Ut l’autre jure envain qu’il ri* amassero plus < R I( l ) Epitre cu Mar quis de Termes. Afe.moire s de Salient e.