Compendio storico della Valle Mesolcina/Capitolo XV

Capitolo XV

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CAPITOLO XV.

(dal 1162 al 1219.)

I de Sax cedono alla Valle i diritti di sovranità con alcune riserve; prima riunione popolare; adottazione dell’antico governo di Lostullux; riunione al Vescovo di Coira; leggi; Magitrato e Tribunali; Lostallo capo luogo; frazioni Comunali; lapidazione di Rondella; cangiamento di nomi; epidemia; nazionalizzazione; regolamento; vessazioni di Rodolfo; Giuseppa Mordina; stemma; suicidio; chiese comunali; sepolcri.





Al tempo dell’Imperatore Federico Barbarossa, 1162 anni dopo la nascita di Cristo, epoca di grandi confusioni in Italia, ed in cui molte città e paesi si prevalevano di que’ disordini per amministrarsi da soli in repubbliche, l’idiota Conte Giovanni de Sax il quale governava allora la Mesolcina senz’energia perchè di carattere debole, si trovava impoverito e carico di debiti derivanti dai dispendii che alcuni di sua famiglia avevano incontrati nelle Crociate, ove essi volevano distinguersi, onde avvilito si vidde cos[p. 76 modifica]tretto di vendere quei fondi stabili che erano di sua proprietà, e per poca somma s’indusse a cedere al popolo mesolcinese i diritti d’assoluta sovranità che credeva d’avere sulla Valle, riservandosi solo alcuni privilegi giudiziari in materie civili, il diritto del dazio, di caccia e pesca, e quello delle decime, che di ragione aveva sopra una parte della campagna, monti ed alpi. Così dopo tanti secoli di sudditanza e schiavitù, la Mesolcina riacquistò finalmente quasi la totale sua antica indipendenza e libertà.

Verso la fine dell’istess’anno si tenne senza ritardo una riunione popolare in Lostallo, ove si stabilì d’adottare l’antico governo di Lostullux, e riguardo allo spirituale di nuovamente riunirsi al Vescovo di Coira Eginone di Eherenfels, sotto la di cui particolare protezione la Valle stimò di mettersi anche riguardo alle cose temporali per aver un appoggio in caso di bisogno; e la Mesolcina si trovò così caduta senz’avvedersene nello scisma di religione in allora esistente. Quel Vescovo fu però il primo innalzato dall’accennato Imperatore Federico alla dignità di Principe del Sacro Romano Impero, titolo che portarono sempre in poi tutti i Vescovi di Coira.

In quella lunga ed agitata prima Radunanza popolare si passò alla nomina d’un Magistrato [p. 77 modifica]governativo, i di cui Membri furono eletti provvisoriamente per disporre gli affari politici della Valle, e per progettare gli articoli di legge, basati su quelli di Molina. Nella seconda Radunanza poi che ebbe luogo poco tempo dopo, si passò alla conferma dei membri del già nominato provvisorio Magistrato, dandogli in nome di Giustizia della Mesolcina, il quale era tenuto d’eseguire e far eseguire le leggi; si adottarono appieno li proposti articoli e statuti di legge, a riserva dell’articolo che disponeva sul modo di passare alla nomina di qualunque carica ed impiego, che era quello d’uniformarsi indistintamente dietro la maggioranza dei votanti, qual articolo per lungo tempo dibattuto, su così sostituito: che per il bene della patria si stimava necessario che gli abitanti della Calanca, da Castaneta in dentro, non potessero coprire le prime due cariche, cioè di Presidente e di Cancelliere causa la loro lontananza dal centro del paese, a meno che gli aspiranti non s’obbligassero d’abitare nella Valpiana. Oltre al Magistrato governativo che era nel medesimo tempo Tribunal criminale, si stabilirono altri tre Tribunali per le cause civili, le di cui sedute furono fissate in Mesocco, Roveredo ed in Arvigo, dandosi ai suoi Capi in nome di Ministrale.

[p. 78 modifica]Come Lostallo fu adottato centro e capo luogo della Mesolcina, ove si dovevano tenere le Riunioni popolari, ed il Magistrato governativo le sue sedute, si ordinò di farvi construire a spese generali una casa residenziale con li più necessari locali attenenti ad un luogo di giustizia. Oltre che la sovrana Riunione popolare aveva luogo ogni volta che gl’interessi generali della Valle la esigevano, regolarmente però venne fissata una volta all’anno, cioè la prima domenica d’aprile, destinata particolarmente per la nomina, o conferma dei membri del Magistrato governativo, la di cui durata era d’un anno, e per l’importante e confidenziale nomina del Cancelliere di Valle, e quella dei pubblici notari, i quali erano fissati in numero di tre. Il Cancelliere ed i pubblici Notari venivano nominati a vita, ma potevano essere dimessi qualora fossero insorti dei giusti lamenti sulla loro condotta. I membri dei Tribunali civili venivano nominati nell’istesso giorno, coll’istessa forma, e per simile durata come quelli del Magistrato governativo.

In quelle prime Riunioni popolari si discussero pure i diritti Comunali, e si stabilì di non riconoscere come Comuni separate quei paesi Vallerani che non arrivavano al fissato stato d’anime, ma come semplici frazioni furono coi loro [p. 79 modifica]territori aggregati ad altre, come si trovano al presente.

Un certo Rondella imbevuto forse delle stesse perfide mire dell’antico Nestoris, oppure partitante di qualche ambizioso despota, fu nel 1165 lapidato dalla moltitudine in quell’annua ordinaria Riunione di popolo, perchè con un suo discorso artificioso disapprovava con ardimento il governo democratico.

Verso quel tempo la Comune Pallas si fabbricò un’altra chiesa particolare dedicandola a S. Vittore, e d’allora in poi, sull’esempio di Cervis, prese il nome di tal Santo, e Porta riprese il suo antico di Nader.

Nel 1168 un’epidemia, afflisse la Mesolcina, la quale un anno dopo si vide ridotta assai nella sua popolazione, ed estinte quasi tutte le sue più antiche famiglie, onde in un’apposita riunione popolare si nazionalizzarono alcune di quelle poche famiglie ed individui forestieri che si trovavano a quell’epoca domiciliati nella Valle, consistenti particolarmente in Italiani, i quali negli anni antecedenti erano emigrati dalla loro patria al tempo della Lega. In una susseguente Radunanza si passò poi d’accordo ad un’altra ordinazione in proposito, colla quale d’allora in avanti restava rigorosamente proibito il nazionalizzare qualunque siasi altro individuo, [p. 80 modifica]per cui le Comuni Vallerane stabiliron in quell’anno particolari regolamenti determinanti le imposte, chiamate Intercesso, che avrebbero dovuto pagare quelle famiglie forestiere le quali in seguito sarebbero con legale approvazione venute a stabilirvisi, e si provvide affinchè i beni stabili dei patrizi non andassero soggetti ad imposte col cadere nelle mani dei forestieri abitanti per eredità o per compra.

Lo stato d’indipendenza della Mesolcina contribuì alla partenza della famiglia de Sax per l’interno della Rezia loro primiera dimora, restando nella Valle un solo di essi, od un loro commesso per sostenere ed attendere a que’ scarsi diritti che erano ancora conservati al castello di Mesocco, posseduto così per alcuni anni sinchè Rodolfo de Sax rivenne colla sua famiglia a stabilirsi definitivamente nella Mesolcina.

Il Vescovo Arrigo de Arbona cedette, nel 1184, i diritti temporali che supponeva avere sulla Valle come di lei protettore a Rodolfo figlio di Giovanni de Sax, il quale da due anni dimorava nel castello di Mesocco, riservandosi però il dominio spirituale sulla medesima come unita alla Diocesi di Coira. Questo Rodolfo che si era meritati onore e procacciata una discreta fortuna nelle Corti, ove aveva servito prima di stabilirsi nel detto castello, era uomo altiero ed [p. 81 modifica]inumano, quanto docile ed onesto era il di lui padre. Vedendosi egli bensì padrone di tal signoria annesso i pochi privilegi e diritti stati riservati nella cessione fatta alla Valle del fu suo genitore, ma vedendosi diminuita quasi affatto la sua pretesa autorità, cercava ogni mezzo per attirarsi l’assoluta sovranità che altre volte la sua famiglia aveva nella Mesolcina esercitata, prevalendosi della sopraccennata prerogativa, di faceva lecita ogni sorta di vessazioni verso gli innocenti abitanti, per così obbligarli alla sua sommissione; ma il popolo non si lasciò intimorire nè sedurre dalle persecuzioni e lusinghe di Rodolfo, e seppe conservarsi la sua acquistata indipendenza anche fra i torbidi che succedettero in poi. Fu quest’istesso Rodolfo che fece sconvolgere la supposta menzionata tomba di Rinaldo Nordman.

Nel 1186 morì in Lostallo Giuseppa Mordina, figlia di poveri, ma onesti genitori, degna di memoria per la vantata sua straordinaria e celeste bellezza. Venendo dalla campagna, essa fu veduta da un viaggiatore, il quale per meglio contemplarla s’introdusse con un pretesto nella di lei casa. Questo forestiere fu il primo che divulgò le qualità di Giuseppa, alle quali in prima non si faceva quasi attenzione. La fama di sua perfetta beltà era tale che attirava [p. 82 modifica]da ogni parte forestieri per vederla. In fatti i pittori la decantavano per una delle più belle donne che la natura avesse potuto formare, ed il suo nome passò persino in proverbio. Essa morì nubile all’età di circa trent’anni, quantunque stata richiesta in matrimonio da molti e distinti partiti.

Verso la fine del duodecimo secolo, epoca media delle Crociate per le quai particolarmente in quel tempo di nutriva uno zelo eccessivo, come altrove s’introdussero pure nella Mesolcina le ideali e strane armi di famiglia. Nei primi anni di tal’introduzione, il Conte castellano s’attribuì la conferma per l’adottazione, e più tardi tal’approvazione appartenne alla vallerana Riunione però dietro apposita ordinazione non poteva concedere stemmi che a famiglie, o persone le quali avessero meriti particolari.

Ci vien conservato un fatto degno di ricordanza successo in quei tempi cavallereschi, ed epoca in cui nella Mesolcina frequente era il passaggio di persone d’ogni condizione e di differenti nazioni che andavano e ritornavano dalla Palestina. In un giorno del primo anno del decimo terzo secolo si è trovato ai piedi d’un alto castano verso i confini del Ticino e sulla vecchia strada un individuo immerso nel proprio sangue. Tostochè la giustizia seppe quest’avvenimento, [p. 83 modifica]si portò sul luogo, ove trovò un uomo vestito da guerriero che morto giaceva con un pugnale profondamente immerso nel cuore. Esaminata la circostanza, fu verificato che quello straniero si era di volontà gettato sull’acuto e tagliente ferro. Sopra una colà vicina pietra il suicida aveva deposta la sua splendente scimitarra, il suo ricco manto, un busto fatto a fine maglie d’acciajo, ed altri oggetti di prezzo, con un pezzo di pergamena, sopra la quale erano vergate alcune tronche parole, l’ultima delle quali era Bedin, nome che portano oggigiorno quei prati, ove succedette tal fatto. Trasportato il cadavere a S. Giulio, terra di Roveredo, e più diligentemente esaminato, si è trovato che sotto i suoi abiti portava attaccata ad una catena d’oro una medaglia smaltata di brillanti perle, ed una borsa contenente alcune grosse monete d’oro. Dai ricchi vestimenti e preziosi oggetti di cui il suicida era fornito, e dal superbo cavallo che montava, si dedusse con fondamento che doveva essere stato un personaggio d’alto rango, per cui si prevennero subito le vicine Autorità di quel caso, indicando loro tutte le circostanze dell’avvenuto; ma non si è mai potuto venir in cognizione chi fosse stato colui che così disperatamente erasi levata la vita; solamente si seppe che il suo servitore o com[p. 84 modifica]pagno si era annegato pochi giorni prima nel lago vicino a Bellinzona. La guida che quel giovine e ben parato cavaliere aveva presa in quella città, depose che prima di passare il ponte della Moesa, il viaggiatore discese da cavallo e postosi sul bivio, s’informò se era vicino alle Alpi Retiche, e sull’affermativa, le aveva ordinato di prendere l’altra strada e condurre il suo cavallo al primo paese della Rezia, ove l’avrebbe raggiunto, volendo egli andare a destra ed a’piedi prendendo la vecchia strada.

Dal sesto sino al principio del decimo terzo secolo non esistevano nelle due Valli che le tre già nominate parrocchie, cioè Santa Maria di Mesocco la quale serviva per tutti gli abitanti al di sopra di Lostallo, il Tempietto per quei da Sorte in giù, e Santa Maria di Calanca per tutti gli abitanti di quella Valle.

Verso quell’epoca una vallanga aveva distrutto quasi totalmente il Tempietto per cui si fabbricò in più sicuro luogo un’altra parrocchia, intitolandola a S. Giulio nel luogo ove al presente esiste in territorio di Roveredo.

Entro i primi anni dell’ultimo citato secolo tutte quelle Comuni le quali non possedevano una chiesa particolare, sull’esempio di S. Vittore e di S. Domenica, si fabbricarono pure a loro spese ciascuna la propria, ove i tre curati [p. 85 modifica]o loro supplenti dovevano, per convenzione, determinatamente intervenire a funzionare.

Allorchè poi si formò il Capitolo, tal nuova introdotta organizzazione parrocchiale venne soppressa, e tutte quelle recenti chiese comunali furono fissate e riconosciute in qualità di semplici filiali delle tre sopraccennate antiche parrocchie.

La costruzione dei particolari orgogliosi sepolcri che esistono oggigiorno in quasi tutte le chiese Vallerane, ed il diritto di collocarvi speziali banchi, fu, per individuali obbligazioni, o distinti riguardi, concessa verso quel tempo; ora però l’esperienza avendo evidentemente dimostrato che il seppellire i morti nelle chiese riesce dannoso alla salute, i moderni civilizzati Governi trovarono espediente di proibire simili abusi col far erigere a qualche distanza dei paesi appositi cimiteri. Egual provvida adottata legge Cantonale su tal importante oggetto, comincia ad essere messa in esecuzione anche nelle Comuni Mesolcinesi, le quali non dovrebbero pur permettere l’esistenza di secolari privilegiati banchi ove la popolazione senza distinzione alcuna concorre per l’istesso fine.