Compendio storico della Valle Mesolcina/Capitolo XVI

Capitolo XVI

../Capitolo XV ../Capitolo XVII IncludiIntestazione 9 aprile 2023 75% Da definire

Capitolo XV Capitolo XVII
[p. 86 modifica]

CAPITOLO XVI.

(dal 1219 al 1480.)

Fondazione del Capitolo; obbligo dei Capitolari; sorgente d’oro; occupazione di Bellinzona; rimodernazione delle antiche torri e costruzione di due nuove; cannoni; cessione di Bellinzona; sommeggiare; forza di Brion; formazione delle tre Leghe; strada di S. Jori; calamità; cantore; cessione del dazio; diritto particolare di pesca; cessazione della famiglia de Sax.





Nel 1219 Enrico figlio di Alberto de Sax proprietario del castello di Mesocco, e di carattere affatto diverso del suo penultimo antecessore, fondò, per rimedio della sua anima e de’ suoi antecessori, il Capitolo della Collegiata e Plebana di San Vittore sotto il nome di San Giovanni e Vittore, componendolo di sei Canonici compresovi un Proposto, membri che devon esser scelti fra i candidati patrizi d’ambe le Valli, al qual Capitolo il pio fondatore assegnò tutte le sue ragioni di rendita che aveva sui beni che appartenevano alle chiese di S.ta Maria di Mesocco, [p. 87 modifica]di S. Vittore di detta Comune, di S. Pietro di Val Reno, a Comunità, e ad altre famiglie particolari, con il diritto di pesca in due tratti del fiume Moesa, e così da quell’epoca la Valle venne sgravata dal salariare i suoi tre parrochi che manteneva. I principali obblighi poi annessi ai detti Capitolari consistono che quattro d’essi compreso il Proposto dovessero permanere nella suddetta collegiata di S. Vittore, e gli altri due resiedere in Mesocco. Ai primi compete il dovere d’andare nei fissati termini a funzionare nelle parrocchie filiali esistenti nella Giurisdizione di Roveredo ed in quelle di S.ta Maria di Calanca; agli altri due similmente in quelle della Giurisdizione di Mesocco, non che nella Comune di Val Reno1, come il tutto appare alla carta di fondazione sotto li 3 aprile di detto anno, stata segnata nella torre Fiorenzana in Grono.

La Collegiata di S. Vittore è l’unica che esiste in tutta la Diocesi del Vescovo di Coira.

Nel 1330 cessò di vivere in Roveredo Giulio Bologna, il quale passava in quel tempo per uno dei primi possidenti della Valle, ed avendo egli fatta la sua fortuna in pochi anni con una ma[p. 88 modifica]niera agevole, ma non comune, la credo degna d’essere raccontata. Bologna era per l’addietro un povero sarto e viveva stentatamente della sua professione, allorchè alcuni anni prima di morire se lo vide all’improvviso cambiare di stato, essendosi egli procacciato una bella abitazione e comprato dei beni d’ogni sorta ed in quantità, ciocchè dava agli abitanti motivo di diverse congetture sul suo conto. Si sapeva però che Bologna andava di quando in quando a Milano, e si scoprì che vi portava della polvere d’oro fino che raccoglieva in un sacchetto imboccato ad una piccola sorgente la quale tramandava il polverizzato metallo, sorgente stata da lui per accidente scoperta allorchè era un giorno andato per ricercare una sua capra che gli era smarrita. Ad onta delle replicate e vive istanze, non si è mai potuto indurlo a manifestare il luogo della sua fortuna. Finalmente trovandosi egli gravemente ammalato e vicino a morte, cercò allora di rivelare il luogo della fonte preziosa; ma oppresso dalla malattia non potè farsi con chiarezza comprendere, e restò così sconosciuta una sorgente che avrebbe potuto riuscire d’utile, come di danno all’intera Valle.

Causa la caduta assoluta sovranità alla Valle, e la vendita dei beni stabili, e causa la fondazione del Capitolo fatto dal virtuoso Enrico de [p. 89 modifica]Sax, quella famiglia si trovava nel decimo quarto secolo non possedere nella Valle che pochi diritti con uno sterile e quasi passivo titolo di Conti della Mesolcina, allorché inaspettatamente venne estinta la famiglia Bellmont, seguita secoudo gli stampati scritti rilasciati da Già U. de Salis Seevis2 verso l'anno 1390, per cui la signoria che i Bellmont possedevano nell’Oberland3 passò per eredità ai de Sax di Mesolcina, i quali ne presero possesso non però senza ostacoli.

Alberto de Sax vedendo la sua famiglia sul rimettersi a motivo della fatta eredità Bellmont, con pochi Vallerani suoi aderenti ed assistito dal partito dei Rusconi, si prevalse delle guerre civili che nel 1403 erano insorte nella Lombardia per impadronirsi della vicina città di Bellinzona che occupò durante tre anni circa, dopo i quali Alberto morì nella torre Fiorenzana, morte che fu supposta piuttosto violenta, che naturale. Questo de Sax il quale viene descritto per esser stato un uomo ambizioso ed ancora assai dispendioso, fece, nei tre anni in cui Bellinzona gli era sottomessa, rimodernare, per non dire quasi del tutto rifabbricare all’uso di quei tempi il castello di Mesocco con tutte le allineati torri esi[p. 90 modifica]stenti nella Valle, ed affinchè potessero servire di corrispondenza, per mezzo di segnali, con Bellinzona, ne fece erigere due altre intermedie, cioè una fra le torri di S.ta Maria e di S. Vittore chiamata Bogiano, la quale tetramente si vede elevarsi al di sopra ed a levante di Roveredo, e l'altra diroccata giace in Gorduno4 fra quella di Monticello e Bellinzona. Nell'istesso breve tempo di quel suo potere, Alberto si prevalse pure di far trasportare dal forte Altorf, oggigiorno il castello di Bellinzona, alla sua residenza in Mesocco quattro pezzi d’artiglieria composti di fino bronzo, due dei quali erano del più grosso calibrio che si usasse fondere in quei primi anni di tale invenzione. Quei cannoni con stento stati trasportati alla nuova loro destinazione portavano lo stemma dei Galeazzi Duchi di Milano.

Essendo li Confederati svizzeri discesi dal Gottardo nell’anno 1406 per ricuperare Bellinzona e suoi contorni, i figli di Alberto de Sax cedettero per convenzione quella città ai due Cantoni d’Uri e d’Untervald per la somma di 2400 fiorini5.

In quei tempi le merci che si facevano transitare per la Mesolcina venivano trasportate col [p. 91 modifica]mezzo del someggiare, come si costumava generalmente nelle altre vallale, poiché l'uso dei carri e delle grandi strade non vi era per anche introdotto. I condottieri delle merci si chiamavano cavallanti. Verso i primi anni del decimo quinto secolo ne viveva uno di nome Brion, memorabile per la straordinaria sua forza, giacché egli caricava e discaricava i suoi cavalli da sola coll’abbracciare senza difficoltà il basto, sul quale era appoggiata la carica che pesava alle volte trenta e più rubbi6, e così accomodata posarla o levarla dalla bestia. Anche nei passi disastrosi fu osservato caricarsi sulle proprie spalle la soma e trasportarla a luogo sicuro. Trovandosi egli un giorno in viaggio co’ suoi cavalli, uno di questi fece il calcitrante, per cui il suo padrone adirato gli diede una tale pugnata sull'orecchio, che il povero animale cadde all’istante morto sotto la soma. Brion dimorava nei piani di Verdabbio, ove si vede ancora il resto della sua abitazione e scuderia, la quale dirimpetto giace fra il paese e la torre di Norantola. Discendendo egli un giorno da Mesocco coi suoi cavalli, ed arrivato al piede della balza scoscesa che si vede vicino a Cabbiolo, e sotto la quale [p. 92 modifica]passava allora la strada, fu preso da un colpo d’apoplessia che all’istante lo privò di vita. Quella- balza si chiama La Crona di Brion. Egli soleva, dire che i vecchi cavalli o bolsi vanno per l'ordinario a morire nelle mani dei minchioni, significanti parole che passarono poi in proverbio.

La Lega Grigia la prima delle Tre, e che diede ai Reti il nome di Grigioni, ebbe la sua origine nel 1424 per eroica risoluzione d’alcuni uomini di quelle contrade, i quali animati come i prodi di Valdstetten del 1307 che diedero pure il nome di Svizzeri agli Elvetici, d’un vero amor di patria libertà, concertarono con segretezza fra di essi sul modo di liberarsi delle tirannie dei castellani, ai quali erano sottomesse, o provvedere di mettere almen freno alle loro insolenze col cercare di stabilire una perpetua stretta alleanza fra le loro Comuni, unione che fu in quell'anno per consiglio e mediazione del saggio Pietro Pultingher allora Abate di Dissentis solennemente giurata in Tronte.

Nel 1451 l'anno dopo la santificazione di Bernardino Sienese si eresse in suo onore un’Oratorio sul monte Uccello, ove presentemente esiste tal chiesa, e d’allora in poi quell'alto rinomato passaggio si chiama la montagna di San Bernardino. [p. 93 modifica]Nel 1471 il conte della Mesolcina, le libere Comunità ed i Castellani delle altre due successivamente formate Leghe entrarono in unione colla Grigia per mezzo d’un pubblico solenne atto stabilito e giurato in Vazerol7. Da quell'epoca in avanti la Rezia si chiamò Repubblica delle Tre Leghe, come anche Repubblica o paese dea Griggioni, ed ogni Lega fissò il suo Capoluogo per le proprie urgenze, ed ove alternativamente dovevano riunirsi li deputati di tutte le tre per trattare gli affari comuni, riunione cui si diede allora il nome di Dieta generale.

La Mesolcina vedendo che alcuni mercanti Comaschi per utile del commercio avevano già fatta costruire di propria borsa la strada che dal lago di Como, traversando il monte s.Jori, conduce a Bellinzona, essa spinta dallo stesso profittevole oggetto, e convenuta con que' speculatori, fece pure nel 1476 ricostruire quella strada esistente sul suo territorio, la quale da qualche tempo si trovava negletta, e per il di lei mantenimento si avevano fissate piccole imposte sopra le mercanzie che vi passavano, quali imposizioni furono, a favore della Valle, sancite dal detto conte. Nel susseguente anno s’incominciò pure a construire sulla destra della Moesa un altro pezzo di strada mercantile, cioè [p. 94 modifica]quel tragitto che da Benabbia conducea s.Giacomo, ove per mezzo d’un ponte si passa all’altra parte, giacché sin allora la strada maestra da colà discendeva a sinistra per traversare il ponte di Gola.

Il 1478 è memorabile per le due vicine Comuni di santa Maria e Castaneta, avendo esse in tal anno sofferto una particolare calamità, poiché in un giorno di quel luglio cascò nei loro contorni una pioggia talmente calda che rese come appassita e perduta tutta la vegetazione di quell'anno. Qualche tempo dopo simile straordinaria pioggia, si vide comparire una grande quantità di cavallette ossia locuste, quali aumentando eccessivamente copersero in pochi giorni tutto lo spazioso anfiteatro che forma quella bella campagna la quale quei voraci insetti ridussero affatto deserta per aver essi consumata ogni sorta d’erbaggi che il suolo aveva prodotti, e non trovando più pastura, essi montavano sugli alberi divorando non solo le foglie e i teneri rami, ma rodevano totalmente le: scorse delle diverse giovani piante, quali di necessità dovettero tutte seccare. Nel susseguente mese d’agosto poi un’altra abbondante ordinaria pioggia distrusse affatto quei detestàbili ammucchiati insetti. La popolazione di quelle due disgraziate Comuni fu in quell’istess’anno ancor afflitta da una specie d’epidemia che si attribuiva con fondamento de [p. 95 modifica]rivante dalla corruzione dell’atmosfera, cagionata dal viscoso fango e putrefazione di quei devastatori animali. I disgraziati abitanti vedendosi così doppiamente, percossi e desolati, fecero un votp di penitenza per venticinque anni in avvenire che eseguirono con esattezza, consistente in far a digiuno ed a piedi scalzi nel primo lunedì d’ogni stagione la lunga e faticosa processione intorno a tutta la loro vasta campagna. Nei primi anni del voto la maggior parte di quegli abitanti prendevano nessun cibo durante tutta la giornata del 23 luglio, privando per sino per le ventiquattro ore ogni sorta d’animale del loro nutrimento ad esempio dei Niniviti allorché Giona gli esortava a penitenza. Un cantore della parrocchia di santa Maria si era esercitato nell’intonare da solo un’aria così patetica, formata solo per quelle processioni, e composta dalle parole tirate d’alcuni versetti del Cantico d’Ezechiele, che commoveva vivamente ogni cuore. La voce di quell’uomo oltre d’essere stata perfettamente armoniosa, era così sonora che faceva ribombare tutti i contorni, per cui molte persone delle vicine vallate concorrevano a quelle funzioni unicamente per sentire quello straordinario cantore.

Un anno prima di privarsi della sua proprietà e privilegi che aveva sulla Mesolclna, Pietro de [p. 96 modifica]Sax convenne colla Valle riguardo al dazio di transito che le fu dallo stesso ceduto mediante gli annessi aggravi per il mantenimento della strada vallerana, non che per quella di Bassa. Nell’istess’anno il detto de Sax donò per motivi non conosciuti, alla famiglia del Notaro Rigotti di Lostallo l’assoluto diritto di pesca sopra tutto il tratto del fiume Moesa, un’ora circa d'estensione, esistente su quel territorio. La più grande porzione di quel diritto al presente per diramazione viene esercitato da diverse altre famiglie di quella Comune, non possedendo la Valle sul territorio di Lostallo che la sesta parte di tal prerogativa, anche questa gratuitamente statale poi ceduta da Nicolao Rigotti figlio del sopraccennato Notaro. Quantunque di poca entità, la Mesolcina dovrebbe ciononostante rilevare quegli individuali privilegi per così estirpare dal suo suolo un resto d’antichi diritti feudali.

Sotto nessun passato governo monarchico od altrimenti arbitrario la Mesolcina venne sì lungo tempo amministrata dall’istessa famiglia come lo fu da quella dei de Sax, giacchè durante lo spazio di quattrocento cinquanta sei anni essa più o meno tiranneggiò o vessò in diverse maniere la Valle, la quale alla fine si vide totalmente e per sempre sbrigata da quella razza per passare più libera sotto d’un’altra.


Note

  1. Al tempo di detta fondazione l’oltramontana Comune di Val Reno era cattolica.
  2. Pagina 113.
  3. Consistente nelle Valli di Langanezza e di S.Pietro, e nei paesi componenti la Foppa annesso Flima.
  4. Piccol paese nel Canton Ticino.
  5. Cantù, Storia di Como, Tomo 1.° pag.473.
  6. Il Rubbo è qui di dieci libbre grosse di Mesolcina a 35 oncie per ciascuna.
  7. Meyer, Storia della Svizzera Tom. I pag. 224.