Codice cavalleresco italiano/Libro IV/Capitolo X

Diritti e doveri dei testimoni nei duelli alla sciabola e alla spada

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Diritti e doveri dei testimoni nei duelli alla sciabola e alla spada
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X.

Diritti e doveri dei testimoni nei duelli alla sciabola e alla spada.

ART. 355.

È dovere dei testimoni di dare il comando di «Alt!» per far cessare, o per sospendere il combattimento, appena inferta una ferita all’offensore.

ART. 356.

Se il ferito è l’offeso, i testimoni hanno il diritto di comandare «Alt!»; ma sempre dopo ch’egli abbia [p. 216 modifica]risposto al colpo dell’avversario, o che questi gli abbia inflitto una seconda ferita.

ART. 357.

Il diritto di continuare o no il combattimento dopo una ferita, spetta alla parte riconosciuta offesa.

ART. 358.

Se il duello non è ad oltranza (e tali duelli sono anticavallereschi), si riterrà esaurita la vertenza e si farà sospendere il combattimento dopo la seconda ferita. Nei duelli ad oltranza, invece, i duellanti continueranno a combattere, e l’«Alt!» sarà dato solo quando:

a uno dei combattenti si spezzasse la lama dell'arma;

uno dei duellanti cadesse a terra;

uno degli avversari fosse ridotto nell’impossibilità di continuare il duello per ferita;

quando venissero violate le leggi d’onore;

quando non fossero conservate le condizioni espresse nel verbale di scontro.

ART. 359.

I testimoni hanno l’obbligo assoluto d’interporsi a loro rischio e pericolo, anche a costo della vita:

nel disarmo;

se uno dei duellanti cade a terra;

se uno insulta l’altro con parole e con gesti;

se si spezza una lama;

nelle lotte di corpo a corpo;

se vengono infrante le condizioni cavalleresche; [p. 217 modifica]

se non vengono osservate le condizioni stabilite nel verbale di scontro (De Rosis, IV, 35);

nel caso in cui uno degli avversari afferrasse l’arma nemica e tentasse di vibrare un colpo all’antagonista;

se al comando di «Alt!» il combattimento non cessasse istantaneamente.

Nota. — Veggansi art. 339, 356, 364, 367, 22°, 373, 380, 385, 413. Gelli, e Angelini, XV, 2°, e il De Rosis, III, 35°.

ART. 360.

È vietato ai testimoni di parlare o di gesticolare durante il combattimento. Il loro compito è di prestare la massima attenzione a quanto fanno i combattenti e non distrarli con parole o con gesti (Angelini, XV, 21°).

ART. 361.

Sarà degno di squalifica e verrà deferito a una Corte d’onore, e se del caso al Tribunale, il testimonio che, durante il combattimento cerchi di parare, o para effettivamente un colpo diretto da uno all’altro avversario.

ART. 362.

Sarà sospeso il combattimento e redarguito dai compagni il testimonio che, durante lo scontro, si permetta di censurare i colpi di uno dei duellanti, o che faccia un atto, che possa essere interpretato quale tentativo di parata.

ART. 363.

Commette un atto sleale, e sarà squalificato, il [p. 218 modifica]testimonio che fa sospendere il combattimento accampando con frode una ferita che realmente non esiste.

ART. 364.

Nessun testimonio può arrogarsi il diritto di comandare «Alt!» per sospendere il combattimento:

per dare nuova lena ad uno dei duellanti, contrariamente a quanto sarà stato convenuto nel verbale di scontro, circa i riposi;

perchè uno dei tiratori si è spinto sotto misura; cosa che, come scrive anche il generale Angelini, deve fare ogni buon tiratore, mentre eseguisce la finta a fine di poter colpire il corpo dell’avversario;

quando gli avversari si fossero serrati corpo a corpo, senza però servirsi della mano disarmata per respingersi o afferrare il ferro nemico, e senza percuotersi con la guardia dell’arma;

quando uno degli antagonisti, battendo in ritirata, venisse addossato a un muro, a un fosso o ad una siepe, come è detto ove si parla della marcia indietro (retrocedere).

ART. 365.

I testimoni sospenderanno lo scontro, se uno dei combattenti svenisse prima della vista del sangue; e dichiareranno decaduto dal diritto delle armi quel duellante a cui fosse capitata tale iattura.