Chi l'ha detto?/Parte prima/9
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§ 9.
Beneficenza, doni, aiuto
L’arte di donare altrui che talora vale più del donativo stesso, come ben dice Corneille:
159. La façon de donner vaut mieux que ce qu’on donne.1
e bene espressa nei noti versi manzoniani:
160. Doni con volto amico,
Con quel tacer pudico,
Che accetto il don ti fa.
Inoltre gran parte del segreto è riposto nell’adagio latino:
161. Bis dat qui cito dat.2
che forse deriva dalla sentenza 225 di Publilio Siro: Inopi beneficium bis dat, qui dat celeriter; e al quale corrispondono i due versi del Tesoretto di Brunetto Latini (v. 61-62):
L’Alighieri, che per propria esperienza sapeva quel che volesse dire ricorrere al soccorso degli altri, così esaltava il principale tra i suoi benefattori e protettori:
162. ....Del fare e del chieder, tra voi due,
Fia primo quel che tra gli altri è più tardo.
Questi è il Gran Lombardo, Bartolommeo della Scala.
E più avanti, parlando Dante a Maria, Vergine Madre, figlia del suo Figlio, così svolge lo stesso concetto:
163. La tua benignità non pur soccorre
A chi domanda, ma molte fiate
Liberamente al domandar precorre.
Invece:
164. ....Quale aspetta prego e l’uopo vede
Malignamente già si mette al nego.
Anche Seneca disse: Tarde velle nolentis est; qui distulit diu, noluit (De benefic., II, 1). E parimente il Metastasio:
165. ....Niega agli afflitti aita,
Chi dubbiosa la porge.
Nel soccorrere l’infelice, non si dimentichi neppure la massima evangelica:
166. Te autem faciente eleemosynam, nesciat sinistra tua quid faciat dextera tua.3
Benchè il soccorrere gli sventurati sia dovere principalissimo dei principi, dei grandi, dei fortunati,
167. Regia, crede mihi, res est subcurrere lapsis.4
tuttavia aiutare il prossimo è per qualunque persona un precetto di cristiana carità, un dovere di umanità:
168. Qui donne aux pauvres, prête à Dieu.5
epigrafe che Victor Hugo pone in testa alla poesia Pour les pauvres, nel volume Feuilles d’automne; e in cui egli non fece che condensare il testo biblico (Proverbi, XIX, 17): Foeneratur Domino qui miseretur pauperis.
E talora il beneficare altrui è anche un provvedere ai propri interessi, per l’antica massima:
169. Serva me, servabo te.6
nè si ha da trascurare l’amicizia e l’aiuto anche del debole; come il leone della favola esopiana che dovè la propria vita al memore animo del topolino:
170. On a souvent besoin d’un plus petit que soi.7
tanto più che, come dice il poeta medesimo, anche i piccoli possono diventar grandi:
171. Petit poisson deviendra grand.
Pourvu que Dieu lui prête vie.8
Ma si deve far conto dell’aiuto anche di un piccolo, vi sono certi aiuti e certi aiutatori dei quali è più prudente di fare a meno: a costoro non meno che agli inetti che guastano le faccende nelle quali mettono mano, si applicano le parole virgiliane
172. Non tali auxilio, nec defensoribus istis
Tempus eget.9
Note
- ↑ 159. Il modo di dare conta più di quel che si dà.
- ↑ 161. Dà due volte chi dà presto.
- ↑ 166. Quando fai l’elemosina, che la tua sinistra non sappia quel che fa la mano destra.
- ↑ 167. Credimi, il soccorrere gl’infelici è cosa degna dei re.
- ↑ 168. Chi dà ai poveri presta a Dio.
- ↑ 169. Salva me, che io salverò te.
- ↑ 170. Si ha spesso bisogno di qualcuno più piccolo di noi medesimi.
- ↑ 171. Anche il pesciolino diventerà grande purché Dio gli dia vita.
- ↑ 172. Non di tale aiuto nè di questi difensori vi è oggi bisogno.