Chi l'ha detto?/Parte prima/76

Parte prima - § 76. Ubbidienza, fedeltà, rispetto

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§ 76.



Ubbidienza, fedeltà, rispetto





Quando si raccomanda l’ubbidienza cieca verso coloro cui la natura o la legge dettero la potestà di reggerci e guidarci, si suole ricorrere all’autorità della Bibbia, la quale avrebbe detto:

1747.   Obedite præpositis vestris etiam dyscolis.1

che e infatti sentenza biblica, ma non così come la si suol citare; poiché è formata dalla riunione di due testi, uno di S. Paolo, e l’altro di S. Pietro. In vero il primo nella Epistola ad Hebræos,cap. XIII, v. 17, dice: Obedite præpositis vestris, et subiacete [p. 583 modifica]eis; il secondo nella I. Epistola, cap. 2, v. 18, dice: Servi subditi, estote in omni timore doviinis, non tantum bonis et modestis, sed etiam dyscolis. Del resto non è forse nella Bibbia che si legge il più commovente esempio di rassegnazione, quella dell’Uomo-Dio che ossequente alla volontà del Padre va serenamente incontro a un doloroso supplizio? Che cosa di più pietoso delle parole di Lui:

1748.   Si possibile est, transeat a me calix iste, verumtamen non sicut ego volo, sed sicut tu.2

(Evang. di S. Matteo, cap. XXVI, v. 39).
E pochi versetti più sotto (v. 42):

1749.   Fiat voluntas tua.3

Un proverbio volgare dice: Comandi chi può, ubbidisca chi deve, ma nei Promessi Sposi del Manzoni (cap. XIV), Renzo alterato dal vino nella osteria dove era andato a rifocillarsi dopo i tumulti milanesi, cosi lo adatta ai suoi casi:

1750.   Comanda chi può e ubbidisce chi vuole.

Ma del resto

1751.   Chi non sa ubbidire, non sa comandare.

che è proverbio, non registrato dal Giusti nella Raccolta di proverbi toscani, il quale registra invece questi altri due molto affini (ediz. stereot. del 1871 e anni segg., pag. 108):

          Chi non sa fare, non sa comandare.
          Chi non fu buon soldato, non sarà buon capitano.

Se ne può trovare una fonte classica in un passo delle Epistolæ di Plinio il giovane (lib. VIII, ep. 14, 5): «Inde adulescentuli statim castrensibus stipendiis imbuebantur, ut imperare parendo, duces agere dum sequuntur, adsuscerent.» Il motto inglese, parallelo [p. 584 modifica]al nostro proverbio, ma più direttamente derivato dalla sentenza latina, Through obedience learn to command, è popolare in Inghilterra in tale forma, perchè è scritto nella grande aula dell’Accademia Militare di Woolwich (fondata nel 1741).

Come nobile esempio di obbedienza ricorderò anche il famoso:

1752.   Obbedisco.

di Giuseppe Garibaldi. Garibaldi nel 1866 alla testa dei suoi volontari aveva invaso il Trentino, e vi aveva condotta un’audace campagna, che se non fortunata al pari di altre sue, fu tuttavia la più splendida manifestazione del suo genio militare. Al 24 luglio gli Austriaci si erano ritirati fino a Trento, e il comandante supremo delle forze austriache nel Tirolo annunciava in un ordine del giorno che essendo impossibile di difendere il Tirolo italiano si ripiegava alla difesa del Tirolo tedesco: il generale Medici era già a pochi chilometri da Trento, quando il 25 luglio fu annunziata una tregua di otto giorni.

«Il 3 agosto la sospensione d’armi era prolungata di un’altra settimana, e il 10 [no, il 9] dello stesso mese il generale Garibaldi riceveva dal generale La Marmora il seguente telegramma: «Considerazioni politiche esigono imperiosamente la conclusione dell’armistizio per il quale si richiede che tutte le nostre forze si ritirino dal Tirolo, d’ordine del Re. Ella disporrà quindi in modo che per le ore quattro antimeridiane di posdimani 11 agosto le truppe da lei dipendenti abbiano lasciato le frontiere del Tirolo. Il generale Medici ha dalla sua parte cominciato i movimenti.»

«Quale scossa abbia provato in quel momento il cuore dell’Eroe, lo storico può indovinarlo, ma affermarlo con certezza non può. Forse le vergogne immeritate di Custoza e di Lissa; la Venezia accettata come una elemosina dalle mani straniere; il Trentino perduto; Trieste abbandonata; il confine orientale d’Italia aperto da tutte le parti; tanto eroico fiore di giovani vite inutilmente sacrificato, tutto ciò passò come nembo di foschi fantasmi sull’animo di Garibaldi e vi suscitò in tumulto i pensieri da anni soffocati dell’antica rivolta; ma al tempo stesso un pensiero più alto, uno spettro più terribile si levò contro lo stuolo dello maligne tentazioni e le fugò in un istante. Garibaldi non tradì nemmeno ai più intimi la sua interna tempesta: tranquillo prese la [p. 585 modifica]penna e rispose egli stesso al La Marmora questa sola parola: Obbedisco. E con quell’ultima vittoria sopra sé stesso chiuse la campagna.» (Guerzoni, Garibaldi, vol. II, pag. 462).

Il testo del dispaccio spedito da Garibaldi in risposta al La Marmora è precisamente questo:

Bezzecca, 9 agosto 1866.

Ho ricevuto dispaccio 1072. Obbedisco.

Garibaldi.     

La risposta dell’eroe è bella nel suo laconismo, ma veramente non poteva essere diversa. Che cosa aveva egli da aggiungere? Dei cani rimpianti, delle polemiche inopportune? Ma la vera ubbidienza non ammette discussioni, e neppure interrogazioni; lo dice chiaramente Dante in due passi identici della Divina Commedia:

1753.   Vuolsi così colà, dove si puote
Ciò che si vuole, e più non dimandare.

(Inferno, c. III, v. 95-96 e c. V, v. 23-24).
e anche il Metastasio:

1754.   Il merto di ubbidir perde chi chiede
La ragion del comando.

(Catone in Utica, a. I, sc. 2).
e in questa faccenda il non plus ultra era stato trovato dai Gesuiti, i quali praticavano ed esigevano nel loro ordine la ubbidienza cieca,

1755.   Perinde ac cadaver.4

Ma questa famosa quanto nefasta formola non fu un trovato dei Gesuiti. L'inventore fu Francesco d’Assisi; ed i Gesuiti non fecero che prenderla a prestito dalla Regola di lui, e se ne avvalsero, applicandola con intera severità; vedasi la Vita altera di Tommaso da Celano, II pars. cap. IX: at ille verum deseribens obedientem sub figura corporis mortui; e anche la Vita scritta da Bonaventura nel 1261, cap. VI: corporis mortui similitudinem [p. 586 modifica]pro exemplo proposuit. Vedasi altresì Thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance in Italien, pag. 40 e Mariano, Francesco d'Assisi ed il suo valore sociale presente, nella Nuova Antologia, 15 marzo 1896, pag. 334. Ma poichè questa ubbidienza così meccanica non è facile a trovarsi, per tanto vi ha chi pur di ottenerla dai suoi dipendenti, rinunzia a fare assegnamento sulla loro ragionevolezza e sul loro amore, e preferisce contare soltanto sulla paura, a costo anche di farsi odiare:

1756.   Oderint dum metuant. 5

(Accius, Atreus, apud Ciceronem, de Officiis, lib. I, c. 28, v. 97).
era detto favorito di Caligola (Svetonio, Vita Calig., 30); e perciò stiano i subordinati sempre a distanza, perchè la consuetudine non abbia ad alterare quei sentimenti di rispetto del quale chi vuole essere ubbidito non può fare a meno. Anche per questo c’è una sentenza latina:

1757.   Major e longinquo reverentia.6

(Tacito, Annali, lib. I, cap. 47).
la quale però significa che molte cose e molte persone, vedute da vicino, perdono di quella considerazione e di quella venerazione che da lontano si prestava loro. Alla sentenza tacitiana potremo avvicinare questa, la quale ha significato anche più generale, cioè che le cose viste da vicino fanno minor effètto di quello che la lontananza e la fama avevano prestato loro:

1758.   Minuit præsentia famam.7

(Claudiano, De bello gildonico, v. 388).
Quali siano i segni esteriori e visibili del rispetto ci è espresso da Dante nei versi:

1759.   E con parole e con mani e con cenni
Reverenti mi fe’ le gambe e il ciglio.

(Purgatorio, c. I, v.50-51).
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cioè facendolo inginocchiare e abbassare gli occhi a terra: e il Monti imitò la frase dantesca là dove scrisse:

1760.   Tremanti i polsi e riverente il ciglio.

(In morte di Ugo Bassville, c. III. v. 21).

Citerò in fine di questo paragrafo la bella quartina del Giusti:

1761.   Sotto la gramola
     Del pedagogo
     Curvati, schiacciati,
     Rompiti al giogo.

(Gingillino, P. I, str. 5).

Note

  1. 1747.   Obbedite ai vostri superiori, anche se tristi.
  2. 1748.   Se è possibile, si allontani da me questo calice, tuttavia sia fatta non la mia volontà, ma la tua.
  3. 1749.   Sia fatta la tua volontà.
  4. 1755.   Come un cadavere.
  5. 1756.   Mi odino, ma mi temano.
  6. 1757.   La riverenza è maggiore da lontano.
  7. 1758.   La presenza diminuisce la fama.