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586 | Chi l'ha detto? | [1756-1759] |
pro exemplo proposuit. Vedasi altresì Thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance in Italien, pag. 40 e Mariano, Francesco d'Assisi ed il suo valore sociale presente, nella Nuova Antologia, 15 marzo 1896, pag. 334.
Ma poichè questa ubbidienza così meccanica non è facile a trovarsi, per tanto vi ha chi pur di ottenerla dai suoi dipendenti, rinunzia a fare assegnamento sulla loro ragionevolezza e sul loro amore, e preferisce contare soltanto sulla paura, a costo anche di farsi odiare:
1756. Oderint dum metuant. 1
era detto favorito di Caligola (Svetonio, Vita Calig., 30); e perciò stiano i subordinati sempre a distanza, perchè la consuetudine non abbia ad alterare quei sentimenti di rispetto del quale chi vuole essere ubbidito non può fare a meno. Anche per questo c’è una sentenza latina:
1757. Major e longinquo reverentia.2
(Tacito, Annali, lib. I, cap. 47).
la quale però significa che molte cose e molte persone, vedute da vicino, perdono di quella considerazione e di quella venerazione che da lontano si prestava loro. Alla sentenza tacitiana potremo avvicinare questa, la quale ha significato anche più generale, cioè che le cose viste da vicino fanno minor effètto di quello che la lontananza e la fama avevano prestato loro:
1758. Minuit præsentia famam.3
(Claudiano, De bello gildonico, v. 388).
Quali siano i segni esteriori e visibili del rispetto ci è espresso da Dante nei versi:
1759. E con parole e con mani e con cenni
Reverenti mi fe’ le gambe e il ciglio.
(Purgatorio, c. I, v.50-51).