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L'orfano e il cielo Torre del Greco
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UN’ORA




Declinavan dal sole i poggi e le onde
     E la luce rigava ultima i cieli,
     E del golfo sparian lunge le sponde
                    Tra vaporosi veli;

E nei palpiti suoi, piana e tranquilla,5
     De l’etere i color’ l’onda rendea,
     Ed Espero nel ciel, come pupilla
                    Di serafin, lucea;

E intorno a quel remoto astro d’amore
     Una pura correa luce di rosa,10
     Simile a quella, onde improvviso il core
                    T’imporpora, o pensosa!;

E l’ultimo orïente era velato
     D’una pallida zona a l’orizzonte,
     E, di candide nubi ivi cerchiato,15
                    Bruno fumava un monte:

Ma di profondo azzurro alta su noi
     Del ciel ridea la cupola serena,
     E il calore parea degli occhi tuoi
                    Quando amor vi balena.20

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Da l’ora antica, in cui la terra errante
     Agli amplessi del Sol prima fallio,
     Mai non rivolse al suo celeste amante
                    Un più soave addio!

Per le glauche nel golfo onde tremanti25
     Correan le fosche navicelle a schiera,
     E sul mare a distesa ivano i canti,
                    Come soglion la sera.

Pur fra tante barchette una vogava
     Silenzïosa, e da tutte segreta,30
     E nondimen più leve il mar solcava,
                    E nondimen più lieta!

Tu v’eri meco; e la diffusa avevi
     Candida veste, che per me ti piacque;
     E, come un cigno peregrin, sedevi35
                    Su l’azzurro de le acque.

Soli eravamo! — ed aspettata oh quanto
     Fu da la mia fremente alma quell’ora! —
     Soli, compresi d’un celeste incanto,
                    Che mi comprende ancora!40

Io del mio braccio ti cingea la vita;
     Tu su l’omero mio ti abbandonavi;
     E, tutta in vaghe fantasie rapita,
                    Cieli ed acque miravi.

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Dei tuoi capelli il fulgido tesoro45
     Scotean come per vezzo, a ciocca, a ciocca,
     L’aure marine, e mi velavan d’oro,
                    Profumando la bocca.

E i monti, e i canti dispariano e il giorno
     Per noi, sepolti in un divino errore:50
     Ed era tutto che girasse intorno
                    Mare, Cielo ed Amore!

E sdegnoso l’amor de le catene,
     Di che sovente revolute ha l’ali,
     De la speme correa per le serene55
                    Regioni immortali.

Così la giovinetta aquila bionda
     Sdegna de le materne alpi le cime,
     E per l’etereo mar, che non ha sponda,
                    Bella nuota e sublime.60

Amiam! — ti dissi, ed avido e fremente
     Era il mio labbro — Oh questo amor ne guidi,
     Limpido, come estiva alba sorgente,
                    A più beati lidi!

0 giovinetta! un’invisibil mano65
     Ne spinse in questa, region divina,
     Te dai monti onde l’occhio erra lontano
                    Quanto Italia declina:

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Me da le valli, ove solingo piagne,
     Salici e rupi riflettendo, il rivo,70
     E fioriscon più vaghi a le campagne
                    Il mandorlo e l’ulivo.

Seguiam la via, che n’è davante! Posa
     Ne le mie la tua mano, o giovinetta,
     Sul vel ti poni de l’amor la rosa,75
                    E meco i passi affretta.

Oh, l’amore! L’amore al pellegrino
     La via rischiara coi suoi raggi eterni,
     Gli gioconda di molli ombre il cammino,.
                    Gli rasserena i verni,80

Gl’infiora il letto, dei vaganti augelli
     Gl’insoavisce le armonie lontane,
     E lo disseta a gelidi ruscelli
                    E limpide fontane.

Ed ora infoschi la fortuna, e grave85
     Il tuon mormori in fondo a le colline,
     L’amore accoglie il peregrin, che pave,
                    Sotto l’ali divine.

Vieni! con passo confidente e franco,
     Moviam insieme a la promessa proda;90
     Ma ti abbandona spensierata al fianco,
                    Al braccio mio ti annoda.

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Presso la tenda, ove beata posi,
     Le lunghe veglierò notti stellate:
     Respirerò de’ tuoi labbri vezzosi95
                    Le dolci aure adorate!

Ed ove il Sole ti combatta, e meno
     Ti venga il piede giovanil su l’orma,
     Così ti recherò sovra il mio seno,
                    Come bambin che dorma.100

Non curerò se rovinosa innante
     La via mi fugga tra dirotti massi,
     Se insanguinate torcerò le piante
                    Dai perigliosi passi.

Sol che tu, fra le mie braccia raccolta,105
     Desta, mi volga una parola, un riso,
     E la candida mano, alcuna volta,
                    Mi passi tu sul viso!

E — allor che il Sole sarà vòlto a sera,
     Il Sol di questa giovanil giornata,110
     E vuota irraggerà l’errante sfera,
                    Onde sarai passata —

Con te, con te le sante aure celesti
     Valicherò, forte gridando a Dio:
     «Sii benedetto, che costei ponesti115
                    Compagna al viver mio! »

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M’ama, o divina creatura! Oh, m’ama!
     Sovra ogni gaudio uman rendimi lieto,
     Per quante volte ne celai la brama
                    E sospirai, segreto!120

Te, radïante nelle veglie, io vidi,
     Di beltà che tu stessa, angel, non sai:
     Sorridevi così, come or sorridi,
                    Nè favellarti osai.

Ne la luce degli uomini smarrito125
     L’amor vien manco e, timido, s’arresta,
     Qual, per subita vampa impaurito,
                    Il re de la foresta;

Ma qui fra l’onda e il ciel, ne l’infinita
     Confidente beltà de la natura,130
     Ti chiedo amor, felicitade e vita,
                    Divina creatura!

Deh, l’onda crespa de’ tuoi molli crini
     Questa fronte, che brucia, umida tocchi!
     Deh, la luce de’ tuoi sguardi azzurrini135
                    Mi sfolgori sugli occhi!

Sul mio supplìce volto il volto adìma,
     Ch’io non oso rapir la mia mercede!
     Cùrvati! E il tuo sovra il mio labbro imprima
                    Il suggel de la fede!140

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E la tua fronte impallidia pensosa,
     E timida scendea sovra la mia,
     E una nube d’amor per la vezzosa
                    Tua pupilla salìa.

E il tuo spirto sentii soavemente145
     Gemer fra le mie labbra in un sospïro,
     E la fragranza respirai rompente
                    Dal tuo molle respiro!

E sonarono allor l’etere e l’onde,
     Di tal melode che non ha simile,150
     E amabilmente si covrir le sponde
                    D’un improvviso Aprile;

E raggiaron più vaghi i firmamenti,
     E infinito smeraldo il mar parea,
     E la nostra barchetta acque lucenti155
                    Senza posa correa.

E più sempre crescea l’onda sonante
     Sparsa d’isole d’oro, e nuova cosa
     Tu mi parevi, o bianco angiol, natante
                    Per quell’onda amorosa.160

E i canti, e l’acque, e l’etere infinito,
     E i baci, e tutto in un balen vanio,
     Tranne l’amore! — Era deserto il lito,
                    E fu delirio il mio!