Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico/Epistola dedicatoria

Epistola dedicatoria

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Cabala del cavallo Pegaseo Sonetto in lode de l'Asino


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EPISTOLA DEDICATORIA

SOPRA LA SEGUENTE CABALA

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AL REVERENDISSIMO SIGNOR

D O N   S A P A T I N O

Abbate successor di S. Quintino e Vescovo di Casamarciano

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Reverendissime in Christo Pater!

Non altrimenti che accader suole a un figlio, il qual, gionto al termine del suo lavoro, che non tanto per trasmigrazion de la luce, quanto per difetto e mancamento de la materia spacciata è giunto al fine, e tenendo in mano un poco di vetro, o di legno, o di cera, o altro, che non è sufficiente per farne un vase, rimane un pezzo senza sapersi né potersi risolvere, pensoso di quel che n’abbia fare, non avendolo a gittar via disutilmente, e volendo, al dispetto del mondo, che serva a qualche cosa, ecco che a l’ultimo il mostra predestinato ad essere una terza manica, un orlo, un coperchio di fiasco, una forzaglia, un empiastro, o una intacconata, che risalde, empia, o ricopra qualche fessura, pertugio, o crepatura — è avvenuto a me, dopo aver dato spaccio, non a tutti miei pensieri, ma a un certo fascio di scritture solamente, che al fine, non avendo altro da ispedire, più per caso che per consiglio [p. 2 modifica]ho volti gli occhi ad un cartaccio che avevo altre volte spregiato e messo per copertura di que’ scritti: trovai che conteneva in parte quel tanto che vi vederete presentato. Questo prima pensai di donarlo a un cavaliero, il quale, avendovi aperti gli occhi, disse, che non avea tanto studiato che potesse intendere li misteri, e per tanto non gli possea piacere. L’offersi a presso ad un di questi ministri verbi Dei; e disse, ch’era amico de la lettera, e che non si dilettava di simili esposizioni proprie a Origene, accettate da’ scolastici ed altri nemici della lor professione. Il misi avanti ad una dama, e disse, che non le aggradava per non esser tanto grande quanto conviene al suggetto d’un cavallo e d’un asino. Il presentai ad un’altra, la quale, quantunque gustandolo le piacesse, avendolo gustato, disse, che ci volea pensar su per qualche giorno. Vidi se vi potesse accoraggiar una pinzochera, e la mi disse: Non lo accetto, se parla d’altro che di rosario, de la virtù de’ granelli benedetti, e de l’agnusdei. Accostailo al naso d’un pedante, il qual, avendo torciuto il viso in altra parte, mi disse, che aboliva ogni altro studio e materia, eccetto che qualche annotazione, scolia ed interpretazione sopra Virgilio, Terenzio e Marco Tullio. Udivo da un versificante, che non lo volea, se non era qualche copia d’ottave rime o di sonetti. Altri dicevano, che li migliori trattati erano stati dedicati a persone, che non erano migliori ch’essi loro. Altri con altre ragioni mi parevan disposti a dovermene ringraziar o poco o niente, se io li l’avessi dedicato; e questo non senza cagione, perché, a dir il vero, ogni trattato e considerazione deve essere speso, dispensato e messo avanti a quel tale, ch’è de la suggetta professione o grado. Stando dunque io con gli occhi affissi su la ragion de la materia enciclopedica, mi ricordai de l’enciclopedico vostro ingegno, il qual non tanto per fecondità e ricchezza par che abbracce il [p. 3 modifica]tutto, quanto per certa pellegrina eccellenza par ch’abbia il tutto e meglio che il tutto. Certo nessun potrà più espressamente, che voi, comprendere il tutto, perché siete fuor del tutto; possete entrar per tutto, perché non è cosa che vi tegna rinchiuso; potete aver il tutto, perché non è cosa, che abbiate. Non so se mi dichiararò meglio con descrivere il vostro ineffabile intelletto. Io non so, se siete teologo, o filosofo, o cabalista; ma so ben, che siete tutti, se non per essenza, per participazione; se non in atto, in potenza; se non da appresso, da lontano. In ogni modo credo, che siate così sufficiente ne l’uno come ne l’altro. E però eccovi cabala, teologia e filosofia! Dico una cabala di teologica filosofia, una filosofia di teologica cabalistica, una teologia di cabala filosofica, di sorte ancora, che non so se queste tre cose avete o come tutto o come parte, o come niente. Ma questo so ben certo, che avete tutto del niente in parte, parte del tutto nel niente, niente de la parte in tutto.

Or per venire a noi, mi dimandarete: che cosa è questa, che m’inviate? quale è il suggetto di questo libro? di che presente m’avete fatto degno? Ed io vi rispondo, che vi porgo il dono d’un asino, vi presento l’asino, il quale vi farà onore, vi aumenterà dignità, vi metterà nel libro de l’eternità. Non vi costa niente per ottenerlo da me ed averlo per vostro; non vi costerà altro per mantenerlo, perché non mangia, non beve, non imbratta la casa, e sarà eternamente vostro, e dureravvi più che la vostra mitria, croccia, piovale, mula e vita; come senza molto discorrere possete voi medesimo ed altri comprendere. Qua non dubito, reverendissimo monsignor mio, che il dono de l’asino non sarà ingrato a la vostra prudenza e pietà: e questo non dico per cagione, che deriva da la consuetudine di presentar a gran maestri non solamente una gemma, un diamante, un rubino, una perla, un cavallo perfetto, [p. 4 modifica]un vase eccellente; ma ancora una scimia, un papagallo, un gattomammone, un asino, e questo allora ch’è necessario, è raro, è dottrinale: e non è de gli ordinari. L’asino indico è prezioso e dono papale in Roma; l’asino d’Otranto è dono imperiale in Costantinopoli; l’asino di Sardegna è dono regale in Napoli, e l’asino cabalistico, il qual è ideale e per conseguenza celeste, volete voi, che debba essere men caro in qual si voglia parte de la terra a qual si voglia principal personaggio, che per certa benigna ed alta repromissione sappiamo, che si trova in cielo il terrestre? Son certo dunque, che verrà accettato da voi con quell’animo, con quale da me vi vien donato. Prendetelo o padre, se vi piace, per uccello! perch’è alato ed il più gentil e gaio, che si possa tener in gabbia. Prendetelo, se ’l volete, per fiera! perch’è unico raro, e pellegrino da un canto, e non è cosa più brava, che possiate tener ferma in un antro o caverna. Trattatelo, se vi piace, come domestico! perché è ossequioso, comite e servile, ed è il miglior compagno, che possiate aver in casa. Vedete, che non vi scampe di mano! perchè è il miglior destriero, che possiate pascere, o per dir meglio, vi possa pascere in stalla, miglior familiare, che vi possa esser contubernale e trattenimento in camera. Maneggiatelo come una gioia e cosa preziosa! perché non possete aver tesoro più eccellente nel vostro ripostiglio. Toccatelo come cosa sacra, e miratelo come cosa da gran considerazione! perché non potete aver miglior libro, miglior imagine e miglior specchio nel vostro gabinetto. Tandem, se per tutte queste ragioni non fa per il vostro stomaco, lo potrete donar ad alcun altro, che non ve ne debba essere ingrato. Se l’avete per cosa ludicra, donatelo a qualche buon cavaliero, perché lo metta in mano de’ suoi paggi, per tenerlo caro tra le scimie e cercopitechi! Se lo passate per cosa armentale, ad un contadino, che gli done ricetto tra il [p. 5 modifica]suo cavallo e bue! Se ’l stimate cosa ferina, concedetelo a qualche Atteone, che lo faccia vagar con li capri e li cervi! Se vi par, ch’abbia del mignone, fatene copia a qualche damigella, che lo tenga in luogo di martora e cagnuola. Se finalmente vi par, ch’abbia del matematico, fatene grazia ad un cosmografo, perché gli vada rependo e salticchiando tra il polo artico ed antartico d’una di queste spere armillari, a le quali non men comodamente potrà dar il moto continuo, ch’abbia possuto donar l’infuso Mercurio a quella d’Archimede, ad esser più efficacemente tipo del megacosmo, in cui da l’anima intrinseca pende la concordanza ed armonia del moto retto e circolare! Ma se siete, come vi stimo, sapiente, e con maturo giudizio considerate, lo terrete per voi, non stimando a voi presentata da me cosa men degna, che abbia possuto presentar a papa Pio quinto, a cui consecrai l’arca di Noè; al re Enrico terzo di Francia, il quale immortaleggiò con l’ombre de le Idee; al suo legato in Inghilterra, a cui ho ceduti trenta sigilli; al cavalier Sidneo, al quale ho dedicata la Bestia trionfante. Perché qua avete non solamente la bestia trionfante viva, ma ed oltre li trenta sigilli aperti, la beatitudine perfetta, le ombre chiarite e l’arca governata; dove l’asino, che non invidia a la vita de le ruote del tempo, a l’ampiezza de l’universo, a la felicità de l’intelligenze, a la luce del sole, al baldacchino di Giove, è moderatore, dichiaratore, consolatore, aperitore e presidente. Non è asino da stalla o da armento, ma di que’, che possono comparir per tutto, andar per tutto, entrar per tutto, seder per tutto, comunicar, capir, consigliar, definir e far tutto. Atteso che, se lo veggio zappar, inaffiar ed inacquare, perché non volete, ch’il dica ortolano? S’ei solca, pianta, semina, perché non sarà agricoltore? Per qual cagione non sarà fabbro, s’ei è manipolo, mastro ed architettore? Chi m’impedisce, che non lo dica artista, s’è [p. 6 modifica]tanto inventivo, attivo e reparativo? S’è tanto esquisito argumentore, dissertore ed apologetico, perchè non vi piacerà, che lo dica scolastico? Essendo tanto eccellente formator di costumi, institutor di dottrine e riformator di religioni, chi si farà scrupolo di dirlo accademico, e stimarlo archimandrita di qualche archididascalia? Perchè non sarà monastico, stante ch’egli sia corale, capitolare e dormitoriale? S’egli per voto è povero, casto ed ubbidiente, mi biasimerete, se lo dirò conventuale? M’impedirete voi, che non possa chiamarlo conclavistico, stante ch’egli sia per voce attiva e passiva graduabile, eligibile, prelatibile? S’è dottor sottile, irrefragabile ed illuminato, con qual coscienza non vorrete, che lo stime e tegna per degno consigliero? Mi terrete voi la lingua, perché non possa bandirlo per domestico, essendo che in quel capo sia piantata tutta la moralità politica ed economica? Potrà far la potenza di canonica autoritade, ch’io non lo tenga ecclesiastica colonna, se mi si mostra di tal maniera pio, devoto e continente? Se lo veggo tanto alto, beato e trionfante, potrà far il cielo e mondo tutto, che non lo nomine divino, olimpico, celeste? In conclusione, per non più rompere il capo a me ed a voi, mi par che sia l’istessa anima del mondo, tutto in tutto, e tutto in qualsivoglia parte. Or vedete dunque quale e quanta sia l’importanza di questo venerabile soggetto, circa il quale noi facciamo il presente discorso e dialoghi, nei quali, se vi par vedere un gran capo o senza busto, o con una picciola coda, non vi sgomentate, non vi sdegnate, non vi maravigliate; perché si trovano ne la natura molte specie d’animali che non hanno altri membri che testa, o par che siano tutta testa, avendo questa così grande e l’altre parti come insensibili, e per ciò non manca che siano perfettissime nel suo geno. E se questa ragione non vi soddisfa, dovete considerar oltre, che questa operetta [p. 7 modifica] contiene una descrizione, una pittura, e che ne li ritratti suol bastar il più de le volte d’aver rappresentata la testa sola senza il resto. Lascio, che talvolta si mostra eccellente artificio in far una sola mano, un piede, una gamba, un occhio, una svelta orecchia, un mezzo volto che si spicca da dietro un arbore, o dal cantoncello d’una fenestra, o sta come scolpito al ventre d’una tazza, la qual abbia per base un piè d’oca, o d’aquila, o di qualche altro animale, non però si danna, né però si spregia, ma più viene accettata ed approvata la manifattura. Cosi mi persuado, anzi son certo, che voi accetterete questo dono come cosa così perfetta, come con perfettissimo cuore vi vien offerta. Vale.