ho volti gli occhi ad un cartaccio che avevo altre volte spregiato e messo per copertura di que’ scritti: trovai che conteneva in parte quel tanto che vi vederete presentato. Questo prima pensai di donarlo a un cavaliero, il quale, avendovi aperti gli occhi, disse, che non avea tanto studiato che potesse intendere li misteri, e per tanto non gli possea piacere. L’offersi a presso ad un di questi ministri verbi Dei; e disse, ch’era amico de la lettera, e che non si dilettava di simili esposizioni proprie a Origene, accettate da’ scolastici ed altri nemici della lor professione. Il misi avanti ad una dama, e disse, che non le aggradava per non esser tanto grande quanto conviene al suggetto d’un cavallo e d’un asino. Il presentai ad un’altra, la quale, quantunque gustandolo le piacesse, avendolo gustato, disse, che ci volea pensar su per qualche giorno. Vidi se vi potesse accoraggiar una pinzochera, e la mi disse: Non lo accetto, se parla d’altro che di rosario, de la virtù de’ granelli benedetti, e de l’agnusdei. Accostailo al naso d’un pedante, il qual, avendo torciuto il viso in altra parte, mi disse, che aboliva ogni altro studio e materia, eccetto che qualche annotazione, scolia ed interpretazione sopra Virgilio, Terenzio e Marco Tullio. Udivo da un versificante, che non lo volea, se non era qualche copia d’ottave rime o di sonetti. Altri dicevano, che li migliori trattati erano stati dedicati a persone, che non erano migliori ch’essi loro. Altri con altre ragioni mi parevan disposti a dovermene ringraziar o poco o niente, se io li l’avessi dedicato; e questo non senza cagione, perché, a dir il vero, ogni trattato e considerazione deve essere speso, dispensato e messo avanti a quel tale, ch’è de la suggetta professione o grado. Stando dunque io con gli occhi affissi su la ragion de la materia enciclopedica, mi ricordai de l’enciclopedico vostro ingegno, il qual non tanto per fecondità e ricchezza par che abbracce il