C'era una volta... Fiabe/Il racconta-fiabe

Il racconta-fiabe

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IL RACCONTA-FIABE

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C’
era una volta un povero diavolo, che aveva fatto tutti i mestieri e non era riuscito in nessuno.

Un giorno gli venne l’idea di andare attorno, a raccontare fiabe ai bambini. Gli pareva un mestiere facile, da divertircisi anche lui. Perciò si mise in viaggio, e la prima città che incontrò, cominciò a gridare per le vie:

— Fiabe, bambini, fiabe! Chi vuol sentir le fiabe? —

I bambini accórsero da tutte le parti, e gli fecero ressa attorno. Lui cominciò: [p. 304 modifica]

— C’era una volta un Re e una Regina, che non avevano figliuoli, e facevano voti e pellegrinaggi....

— To’! questa la sappiamo a mente, — dissero i bambini, — è la fiaba della Bella addormentata nel bosco. Un’altra! un’altra!

— Ve ne dirò un’altra. —

E cominciò:

— C’era una volta una bambina, che aveva la mamma matta e la nonna più matta di lei. La nonna le fece un cappuccetto rosso....

— To’! questa la sappiamo a mente: è la fiaba di Cappuccetto rosso.

— Un’altra! un’altra! —

Quel povero diavolo, un po’ seccato, cominciò da capo:

— C’era una volta un signore che aveva una figliuola. Gli era morta la moglie e ne aveva presa un’altra, vedova con due figlie....

— To’! è la fiaba di Cenerentola. Sappiamo a mente anche questa. —

E visto che era buono a raccontare soltanto fiabe vecchie, i bambini gli voltarono le spalle e lo piantarono come un grullo.

Partì e andò in un’altra città. E, appena arrivato, si messe a gridare per le vie: [p. 305 modifica]

— Fiabe, bambini, fiabe! Chi vuol sentire le fiabe? —

I bambini accórsero da tutte le parti e gli fecero ressa attorno. Ma non cominciava una fiaba, che quelli non urlassero tosto:

— La sappiamo! la sappiamo! —

E visto che era buono a raccontare soltanto fiabe vecchie, gli voltarono le spalle e lo piantarono come un grullo.

Quando ebbe provato più volte e sempre con lo stesso cattivo successo, quel povero diavolo si perdette d’animo, e non sapeva più dove dare di capo.

Angustiato, si mise a camminare senza sapere dove lo portassero i piedi, e si trovò in mezzo a un bosco.

Sopravvenuta la notte, si stese sull’erba, sotto un albero, per dormire; ma non potè chiuder occhio: aveva una gran paura. Gli pareva che le piante, collo stormire delle fronde, parlassero sotto voce fra loro; gli pareva che le bestie e gli uccelli notturni, con quei loro strani gridi e canti, tramassero qualche cosa contro di lui.

Il cuore gli batteva forte nel petto, e non vedeva l’ora che fosse giorno.

Alla mezzanotte in punto, che vede? Vede una [p. 306 modifica]gran luce pel bosco, e da ogni pianta sbucava gente che rideva, che cantava, che ballava; e intanto da tutte le parti venivano rizzate prestamente tante bellissime tende e tavole piene di cose non mai viste, che luccicavano più dell’oro. S’accòrse di essere capitato in mezzo alla fiera delle fate; si fece coraggio e si levò. Avea pensato:

— Le fate debbono vendere anche delle belle fiabe, nuove di zecca: vo’ veder di comprarle. —

E accostatosi a una che vendeva roba sotto una ricca tenda là vicino, le disse:

— Ci avete fiabe nuove?

— Fiabe nuove non ce n’è più; se n’è perduto il seme. —

Poco persuaso di questa risposta, andò da un’altra fata che teneva in mostra sulla tavola e nei barattoli tante bellissime cose, che la prima non aveva:

— Ci avete fiabe nuove?

— Fiabe nuove non ce n’è più; se n’è perduto il seme. —

E due!

Girò attorno un altro pezzo, osservando qua e là; e come vide una tenda, che gli parve la più ricca di tutte, si accostò alla fata venditrice e le domandò timidamente: [p. 307 modifica]

— Ci avete fiabe nuove?

— Fiabe nuove non ce n’è più; se n’è perduto il seme. —

E tre!

Vedendolo rimasto male, quella fata gli disse:

— Sapete, quell’uomo, che dovreste voi fare? Dovreste andare dal mago Tre-Pi che n’ha pieni i magazzini.

— E dove si trova cotesto mago Tre-Pi?

– Lontan lontano, fra’ suoi boschi di aranci. —

Prima dell’alba la fiera finì. Le fate, le tende, ogni cosa disparve; e quel povero diavolo si trovò solo in mezzo al bosco, e non sapeva se fosse stato sveglio o pure avesse sognato.

Cammina, cammina, incontrò un viandante:

— Compare, sapreste dirmi dove sono i boschi di aranci del mago Tre-Pi?

— Andate avanti, sempre avanti. —

Cammina, cammina, incontrò una vecchia:

— Comare, sapreste dirmi dove sono i boschi di aranci del mago Tre-Pi?

— Andate avanti, sempre avanti. —

Non si arrivava mai!

Finalmente, ecco i boschi di aranci. Ma c’erano i muri attorno, e si doveva entrare da un piccolo cancello guardato da un mastino. [p. 308 modifica]

— Chi cerchi da questa parte? — gli domandò il mastino.

— Cerco il mago Tre-Pi.

— È fuori: aspetta. —

Ed ecco, sul tardi, il mago Tre-Pi, nero come il pepe, con una barbona nera e certi occhi neri che schizzavano fuoco.

— Ah, buon mago Tre-Pi, dovreste farmi un favore!

— Parla, che cosa vuoi? [p. 309 modifica]

— Vorrei delle fiabe nuove. Voi, che ne avete dei magazzini, dovreste darmene qualcuna. —

— Fiabe nuove non ce n’è più; se n’è perduto il seme. Di quelle che ho io tu non sapresti che fartene. E poi, servono a me, per conservarle imbalsamate. Vuoi vederle? —

E lo condusse dentro, nei magazzini.

C’erano tutte le fiabe del mondo, situate nei cassetti fatti a posta, classate e numerate; e il mago Tre-Pi gli guardava sempre le mani, per paura che quello non gliene portasse via qualcuna.

— Ma non c’è proprio verso di poterne trovare delle nuove?

— Le nuove, — rispose il mago — forse le sa una vecchia fata, Fata Fantasia; ma non vuol dirle a nessuno. Vive sola in una grotta, e bisognerebbe andarci in compagnia della Bella addormentata nel bosco, di Cappuccetto rosso, di Cenerentola, di Pelosina, di Pulcettino e simil gente. Prova: però ti dico che è fatica sprecata.

— Non importa; proverò. —

Tornò addietro e andò dalla Bella addormentata nel bosco:

— O Bella addormentata, vi prego, venite con me. [p. 310 modifica]

— Volentieri.

— O Cappuccetto rosso, ti prego, vieni con me.

— Volentieri.

— O buona Cenerentola, ti prego, vieni con me.

— Volentieri. —

Insomma li radunò tutti, e si misero in via.

Quelli sapevano il posto della grotta dove la vecchia

fata viveva rinchiusa, e ve lo condussero facilmente. Picchiarono all’uscio.

— Chi siete?

— Siamo noi. —

Fata Fantasia li riconobbe alla voce, e venne ad aprire. [p. 311 modifica]

— Che cosa volete? E chi è costui? Temerario, come osi di venire da me! —

E voleva scacciarlo via.

Quelli la rabbonirono e le esposero il motivo della loro venuta:

— Questo povero disgraziato ha tentato tutti i mestieri e non è riuscito in nessuno. Si era anche messo a fare il racconta-fiabe; ma i bambini, che già sanno a mente le nostre storie, ora vorrebbero delle fiabe nuove, e non gli prestano attenzione. Bella Fata Fantasia, aiutatelo voi!

— Fiabe nuove non ce n’è più; se n’è perduto il seme.

— Bella Fata Fantasia, aiutatemi voi! —

Sentendosi pregare colle lagrime agli occhi, fata Fantasia s’intenerì:

— Vado e vengo. —

Rientrò nella grotta, e dopo un pezzetto, ricomparve col grembiale ricolmo:

— Tieni; con questa roba forse ti riescirà. —

E gli diede una stiacciata, un’arancia d’oro, un ranocchino, una serpicina, un uovo nero, tre anelli, insomma tante cose strane.

— Che debbo farne?

— Portali teco e vedrai. —

Ringraziò, tutto contento, accompagnò quegli [p. 312 modifica]altri alle case loro e, la prima città che incontrò, si messe a gridare per la via:

— Fiabe, bambini, fiabe! Chi vuol sentire le fiabe? —

I bambini accorsero da tutte le parti e gli fecero ressa attorno. Lui prese la stiacciata in mano e cominciò:

— C’era una volta.... —

Non sapeva neppure una parola di quel che dovea raccontare; ma, aperta la bocca, la fiaba gli usciva filata, come se l’avesse saputa a mente da gran tempo. E fu la fiaba di Spera di sole.

La fiaba piacque ai bambini:

— Un’altra! un’altra! —

E quello, preso a caso uno dei regali della fata, che portava seco in una borsa, cominciò:

— C’era una volta.... —

Non sapeva neppure una parola di quel che dovea raccontare; ma appena aperta la bocca, la fiaba gli usciva filata, come se l’avesse saputa a mente da gran tempo.

E raccontò la fiaba di Ranocchino, porgi il ditino.

La fiaba piacque ai bambini:

— Un’altra! un’altra! —

E così di seguito; ne raccontò più di una dozzina, e lui ci si divertiva più dei bambini. [p. 313 modifica]

Poi andò in un’altra città:

— Fiabe, bambini, fiabe! Chi vuol sentire le fiabe? —

E ricominciò da capo. I bambini contentissimi.

Ma, infine, erano sempre quelle: Spera di sole, Ranocchino, Cecina, Il cavallo di bronzo, Serpentina, Testa-di-rospo.... Sicchè, all’ultimo, i bambini si seccarono e, appena cominciava: «C’era una volta....» lo interrompevano:

— La sappiamo, la sappiamo a mente!

— Che cosa farne di quelle fiabe, ora che i bambini non volevano più sentirle, perchè le sapevano tutti a mente? —

Pensò di regalarle al mago Tre-Pi, per metterle nei cassetti, colle altre fiabe imbalsamate.

E andò a trovarlo.

Al cancello c’era il solito mastino:

— Chi cerchi da queste parti?

— Cerco il mago Tre- Pi.

— È fuori: aspetta. —

Sul tardi, ecco il mago Tre-Pi, nero come il pepe, col suo barbone nero e quei suoi occhi neri che schizzavano fuoco:

— Sei tornato di nuovo! che vuoi da me?

— Nulla, buon mago; vengo anzi a farvi un regalo. Queste son fiabe nuove e nei vostri cas[p. 314 modifica]setti non ce le avete. Ora che tutti i bambini le sanno a mente, ho pensato di regalarvele per metterle insieme colle altre imbalsamate.

— Ah, sciocco! sciocco! — rispose il mago. Non vedi che cosa hai in mano? —

Il racconta-fiabe guardò: aveva in mano un pugno di mosche!

E tornò addietro scornato, e di fiabe non ne volle più sapere.

Perciò si conchiude:

— Fiabe nuove non ce n’è più; se n’è perduto il seme! —

Come e perchè, cari bambini, lo saprete facilmente quando sarete più grandi.



FINE.