Appunti di relatività/Quinta parte
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Quinta parte
PARTICELLE DI LUCE E
ONDE DI MATERIA
La teoria elettromagnetica ebbe un grande successo nell’interpretare molti fenomeni, ma quando fu applicata per calcolare la quantità di energia emessa dagli oggetti caldi, la famosa “emissione di corpo nero”, portava alla conclusione assurda che veniva emessa una quantità di energia infinita. Un risultato chiaramente assurdo che fu definito “catastrofe ultravioletta”. La catastrofe era solo teorica, ma non dipendeva né da errori di calcolo né dalla teoria di Maxwell.
Il problema veniva da un fatto fisico fondamentale del tutto imprevisto. scoperto nel 1900 da Max Planck: l’emissione e l’assorbimento di energia elettromagnetica avvengono in modo discontinuo per quantità finite. Queste quantità di energia elettromagnetica furono dette “Quanta” di luce. La legge di Planck stabilisce una relazione fra la continuità del campo elettromagnetico e la evidente dis-continuità della materia. Poiché non contiene elementi riferibili alla materia come la massa inerziale, questa legge è stata interpretata come quantizzazione del campo elettromagnetico.
Planck non accettò questa interpretazione, perché la costante universale () che porta il suo nome, compare soltanto nei fenomeni in cui è coinvolta anche la materia. Infatti non compare nelle equazioni di Maxwell. Quindi è del tutto evidente che la costante universale deriva da discontinuità della materia, non della radiazione elettromagnetica.
Nel 1905 Einstein riuscì a spiegare alcuni effetti elettromagnetici assumendo che i quanta di Planck si comportino come particelle di luce simili agli elettroni, che per assonanza furono definite “Fotoni”. Secondo questa ipotesi i fotoni di frequenza sarebbero portatori della quantità di moto . L’ipotesi fu confermata nel 1922 da A. H. Compton, il quale dimostrò che i fotoni partecipano a processi d’urto esattamente come se fossero particelle materiali. Si attribuiva così ai fotoni una nuova proprietà definita dualismo onda-corpuscolo, totalmente incompatibile con le teorie precedenti. Al “fotone” di Einstein sono associati i seguenti parametri:
- Velocità di fase: | . |
- Frequenza: | . |
- Quantità di moto: | . |
- Numero d’onda: | . |
- Lunghezza d’onda: | . |
Da questi si ottiene la velocità di gruppo: .
Fino al 1923 si riteneva che soltanto la radiazione elettromagnetica mostrasse un comportamento dualistico, sia di tipo ondulatorio sia di tipo corpuscolare. In quell’anno il giovane nobile francese Louis de Broglie propose nella sua tesi di dottorato una teoria che estendeva il dualismo alle particelle materiali, ricavando i parametri ondulatori per analogia con quelli del fotone. Riprendiamo la quantità di moto del fotone ed il numero d’onda . Sostituendo l’impulso con la quantità di moto della particella , si ottiene il numero d’onda . Essendo per definizione , si ricava la lunghezza d’onda , fotocopia esatta dell’espressione di Einstein .
Questo procedimento è completamente analogico. Non avendo basi sperimentali, de Broglie fece l’ipotesi euristica che l’energia di riposo fosse connessa ad una oscillazione interna alla particella, ipotesi da verificare a posteriori in base ai risultati. Applicando assiomaticamente la legge di Planck all’energia , la particella ferma si associa alla frequenza , quindi per la particella in movimento abbiamo:
.
.
Le caratteristiche di questo parametro sono totalmente assurde, per es. la particella ferma risulta associata ad una velocità di fase infinita. De Broglie si impegnò molto per giustificare questa ipotesi che definì “teoria dell’onda-di-fase”. Tra l’altro inventò il “Teorema dell’armonia di fase”, sul quale ancora oggi i cultori dissertano compiaciuti. De Broglie sapeva bene che né energia né informazione possono viaggiare a velocità maggiore della luce, quindi precisò che l’onda-di-fase non si doveva considerare un fenomeno fisico reale, quindi la definì onda fittizia.
Ma l’uomo era fortunato, la sua “intuizione” era più efficace del suo ragionamento. Nel 1927 Davisson e Germer, abilissimi fisici sperimentali, osservando emissioni prodotte da elettroni incidenti su un cristallo di nickel scoprirono fenomeni di diffrazione analoghi a quelli dei raggi X. In questo caso le figure di diffrazione non erano prodotte dalla radiazione, ma da particelle materiali. La diffrazione di elettroni scoperta da Davisson e Germer risultava correlata alla lunghezza d’onda , esattamente prevista da de Broglie. I risultati sperimentali mettevano in crisi l’onda fittizia, ma la teoria acquistava enorme interesse. Per analogia con le onde-di-luce, fu coniata l’espressione onde-di-materia.
Molti teorici tentarono di interpretare “realisticamente” questi fenomeni, lo stesso de Broglie ed altri svilupparono la teoria dell’onda pilota, ma nessuno di questi tentativi ebbe successo. Oggi la primitiva teoria di de Broglie non è più sostenibile, rimane come un reperto storico da museo della Fisica, insieme al cannocchiale di Galileo, ed alle macchine elettrostatiche.
Incredibilmente nella Fisica contemporanea si dà ancora credito alla sua assurda velocità di fase .
Erwin Schrödinger era un valente fisico-matematico austriaco, che insegnava Fisica teorica all’Università di Zurigo, dove Einstein era stato allievo e docente. Su suggerimento dello stesso Einstein riprese le idee di de Broglie, ma ignorò l’assurda frequenza . Non riuscì a formulare la teoria in termini relativistici per l’eccessiva difficoltà matematica, quindi fece riferimento alle espressioni classiche dell’energia cinetica () e della quantità di moto (). In questo modo la particella libera veniva associata ai seguenti parametri ondulatori:
- Frequenza: | ; |
- Numero d’onda: | ; |
- Velocità di fase: | . |
Da questi si ricava la lunghezza d’onda , che differisce da quella di de Broglie soltanto per la mancanza del fattore relativistico . Per velocità molto minori della velocità della luce la teoria di Schrödinger risulta in ottimo accordo con i dati sperimentali.
Il suo campo di validità si può valutarne approssimativamente considerando la differenza percentuale fra l’espressione relativistica , e quella classica di Newton :
.
Dal grafico di questo parametro risulta evidente che la teoria di Schrödinger vale solo per velocità .
Le velocità in gioco nella Meccanica atomica sono molto minori della velocità della luce, per queste applicazioni la teoria di Schrödinger funziona bene. Oltre il 10% della velocità della luce l’errore supera di alcuni ordini di grandezza la precisione sperimentale, occorre quindi una formulazione valida per qualsiasi velocità , tale che per sia equivalente alla teoria di Schrödinger, mentre per sia compatibile con la teoria elettromagnetica.
La teoria di de Broglie e quella da Schrödinger in ultima analisi si basano entrambe sull’assioma che la legge di Planck () sia applicabile anche all’energia delle particelle materiali. La differenza fondamentale consiste nel parametro che si sostituisce all’energia . De Broglie considera l’energia totale , mentre Schrödinger fa riferimento all’energia cinetica classica . In realtà vi sono tre opzioni relativistiche:
-1 - l’energia inerziale intrinseca ;
-2 - l’energia cinetica ;
-3 - l’energia totale .
Se escludiamo interazioni con creazione e annichilazione di particelle, la quantità non partecipa in nessun modo nei processi di urto, quindi è incompatibile con la quantità che invece è totalmente disponibile. Inoltre non si sono mai osservati effetti ondulatori riferibili alla particella ferma. Per la stessa ragione si deve escludere anche l’energia , che comprende l’energia . La sola energia totalmente disponibile, in tutto assimilabile all’energia , è l’energia . Riferendo a questa l’effetto ondulatorio abbiamo i seguenti parametri operazionali:
-Frequenza: | . |
-Numero d’onda: | . |
-Velocità di fase: | . |
Energia | quantità di | velocità | ||
cinetica | moto | di fase |
Per la particella materiale: | . |
Per il fotone: | . |
Il fotone non ha energia di riposo, quindi l’energia si deve considerare come energia cinetica del fotone. Per ritroviamo i parametri di Schrödinger mentre per abbiamo quelli della radiazione
La tabella successiva riassume le espressioni dei parametri più significativi della propagazione ondulatoria nel vuoto secondo le diverse teorie.
Teoria | Frequenza | Lunghezza | Velocità di fase |
d’onda | |||
Maxwell | |||
Planck | |||
Einstein | |||
De Broglie | |||
Schrödinger | |||
Operazionale |
De Broglie attribuiva molta importanza alla velocità di fase, Schrödinger si è occupato poco di questo parametro, la teoria quantistica lo ignora del tutto. Riteniamo che molte difficoltà teoriche derivano da insufficiente considerazione di questo importante parametro, pertanto vogliamo richiamare l’attenzione del lettore sul concetto di fase. Questo parametro ha un ruolo fondamentale nella descrizione di fenomeni ondulatori di qualsiasi natura, ed in molte discipline come Elettrotecnica, Acustica, Ottica,, ecc.. Per es. il suono stereofonico o le immagini prodotte dagli ologrammi sono essenzialmente combinazioni di fasi. In realtà tutto ciò che ascoltiamo o vediamo è connesso alla fase di onde sonore o luminose. In queste pagine ci occupiamo di onde molto particolari che si propagano nel vuoto, ma anche per queste il concetto di fase ha un ruolo fondamentale.
La teoria di de Broglie e quella di Schrödinger trattano della stessa situazione fisica, nonostante ciò la velocità di fase di de Broglie () è completamente differente da quella di Schrödinger (), quindi è evidente che non possono essere entrambe corrette. L’atteggiamento dei fisici sulla questione è sorprendente, riportiamo (senza tradurlo) il commento a pag. 274 del quarto volume (Quantum physics) del popolare corso di Fisica di Berkeley:
“The reader may be bothered by the fact that the two phase velocities are not equal, although the two kinds of waves are supposed to describe exactly the same physical situation. However, there is no cause of alarm: the phase velocity is not the same thing as the velocity of the particle, and it does not correspond to anything observable”. |
Inizialmente i fisici furono molto “bothered” per questo problema, ma in seguito lo abbandonarono pensando che non avesse soluzione. La teoria quantistica ignora la velocità di fase con la motivazione che questo parametro non sarebbe direttamente misurabile. In effetti per le particelle materiali non è possibile misurare né frequenza né velocità di fase, ma questi parametri si possono determinare facilmente in modo indiretto. La frequenza è direttamente proporzionale all’energia, mentre la velocità di fase è data dal prodotto della frequenza per la lunghezza d’onda che si può ricavare con precisione dalle figure di diffrazione, o da altri parametri noti. Non esistono ancora strumenti per misure dirette di frequenza e velocità di fase della radiazione oltre lo spettro visibile, ma nessun fisico sperimentale direbbe mai: “questi parametri non mi interessano perché non posso misurarli direttamente”.
Infatti questi parametri sono estremamente importanti per es. nella cristallografica, dove vengono determinati indirettamente con altissima precisione. Per le immagine di diffrazione ottenute con particelle materiali la situazione molto simile. I metodi di calcolo sono del tutto analoghi a quelli della cristallografia, e fanno riferimento alla stessa teoria. In entrambi i casi l’analisi dell’immagine di diffrazione si basa sulla combinazione di fasi.
Per la propagazione ondulatoria nel vuoto abbiamo tre differenti espressioni della velocità di fase, una elettromagnetica e due derivate rispettivamente dalle teorie di de Broglie e di Schrödinger. A queste si deve aggiungere la velocità di fase operazionale . Riportiamo di seguito le quattro espressioni:
Elettromagnetismo: | . |
De Broglie: | . |
Schrödinger: | . |
Operazionale: |
I grafici sono riportati nella figura successiva. Sull’asse orizzontale abbiamo la velocità della particella, mentre l’asse verticale corrisponde alla velocità di fase. Definiamo zona reale il campo delle velocità , che riguarda tutti i fenomeni fisici che avvengono nel vuoto. Il punto nell’angolo in alto a destra della zona reale riguarda soltanto la radiazione nel vuoto, e pertanto è associato alla teoria di Maxwell.
- La linea (1) rappresenta la curva di de Broglie. È un ramo di iperbole passante per il punto di Maxwell, per il resto questo grafico è completamente esterno alla zona reale. De Broglie voleva estendere alle particelle materiali le proprietà ondulatorie della radiazione, ma il suo parametro ha un solo punto appartenente alla zona reale, che coincide col punto elettromagnetico di Maxwell. La contraddizione è lampante. - La linea (2) deriva dalla teoria di Schrödinger. Questa semiretta parte dall’origine e si estende illimitatamente. La teoria si basa su parametri non-relativistici, quindi vale soltanto per velocità .
- La linea (3) rappresenta la velocità di fase operazionale . Vediamo che si sovrappone alla linea di Schrödinger per , comincia a differenziarsi al limite di validità della teoria di Schrödinger, e termina nel punto di Maxwell, dopo il quale assume valori immaginari. L’evidenza grafica mostra chiaramente che la formulazione operazionale vale senza interruzione per qualsiasi velocità .
Dal grafico di si evince chiaramente l’essenza unitaria di Meccanica ed Elettromagnetismo. Abbiamo un’altra conferma che tutti i fenomeni di propagazione ondulatoria nel vuoto hanno la stessa origine.
Dai parametri operazionali ricaviamo il rapporto seguente:
.
Il grafico di questa espressione è riportato nella figura successiva. Si segnala la singolare circostanza che i limiti di questa espressione coincidono esattamente con i valori di spin ben noti. Per la particella non-relativistica abbiamo , che corrisponde al valore di spin fermionico in termini di , mentre per il fotone risulta , che coincide col valore di spin bosonico.
Se lo spin fosse legato alla velocità in questo modo, alla velocità le particelle sarebbero associate al valore di spin di . Le polarizzazioni circolari destra o sinistra del fotone si potrebbero interpretare come valori opposti di spin, ed estendere quindi lo stesso concetto alle particelle materiali. Sarebbe possibile verificare questa ipotesi per via sperimentale.
Si definisce relazione di dispersione quella fra i parametri e , da cui si ricava l’equazione d’onda che descrive l’evoluzione del fenomeno ondulatorio nello spazio e nel tempo. Per ottenere queste importanti espressioni occorre richiamare alcuni concetti fondamentali e stabilire alcune relazioni preliminari.
Nella Teoria delle onde si definisce funzione d’onda un parametro che rappresenta una grandezza fisica periodica, funzione della posizione e del tempo. Nel caso più semplice questo parametro ha un andamento periodico di tipo sinusoidale. Considerando per es. un’onda marina, la funzione d’onda rappresenta l’altezza della superficie liquida in ogni punto in funzione del tempo.
I parametri e definiscono l’espressione della funzione d’onda :0
.
Poiché vedremo diverse teorie che trattano della stessa classe di fenomeni, nel seguito i parametri e non saranno esplicitati per consentire un confronto diretto più semplice ed immediato fra le differenti espressioni.
.
Applichiamo l’operatore di Laplace ,
l’espressione precedente diventa: |
Si ottengono espressioni molto più sintetiche introducendo il potente operatore di d’Alembert:
.
Riprendiamo ora la relazione fondamentale di Einstein , dalla quale si ricava:
, |
, |
. |
Da questa notissima espressione si ottiene:
Il termine rappresenta la massima energia che viene ceduta nell’urto totalmente anelastico. Da queste espressioni relativistiche e dalle precedenti relazioni matematiche ricaveremo le equazioni d’onda relative alle quattro teorie che trattano di onde progressive nel vuoto. Vi sono più modi possibili per ottenere le equazioni d’onda, tuttavia applicheremo un solo procedimento dal quale si evince che hanno tutte la stessa origine relativistica, e rappresentano quindi proprietà elettromagnetiche dello spazio-tempo fisico.
EQUAZIONE DI D’ALEMBERT - (Elettromagnetismo).
.
Essendo e , si ricava la relazione di dispersione della radiazione nel vuoto:
.
Sostituendo le espressioni differenziali di e , si ottiene subito
l’equazione di d’Alembert: | . |
Con l’operatore di d’Alembert () abbiamo la forma compatta:
.
Riprendiamo la relazione forse più “venerata” da molti fisici teorici:
.
Si sostituiscono i parametri di de Broglie e :
.
Questa relazione di dispersione corrisponde alla teoria di de Broglie, e tuttavia non si trova nella sua tesi di dottorato del 1923. Sostituendo le espressioni per e , si ricava la seguente equazione di Klein-Gordon:
.
In forma dalembertiana diventa:
.
Ponendo si ottiene l’equazione di d’Alembert, questo è congruente col fatto che la teoria di de Broglie è basata sui parametri della radiazione.
Notiamo che la teoria di de Broglie e l’equazione Klein-Gordon derivano entrambe dalla relazione , che fa riferimento all’energia di riposo . Questa quantità non ha nessuna parte nelle interazioni d’urto, ma implica la frequenza , dalla quale deriva l’assurda velocità di fase di de Broglie . Per conseguenza di questa scelta sbagliata è ben noto che le soluzioni dell’equazione di Klein-Gordon risultano del tutto incongruenti rispetto ai dati sperimentali. EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER.
.
La formulazione di Schrödinger si basa su parametri classici, validi soltanto per velocità . Si verifica facilmente che per il primo termine diventa trascurabile rispetto agli altri, a causa del fattore , pertanto la relazione precedente diventa:
.
Sostituendo i parametri di Schrödinger e si ricava la relazione di dispersione:
.
Sostituendo le espressioni differenziali di e , si ottiene:
.
Questa è la famosa equazione di Schrödinger per la particella libera . Per non si ottiene l’equazione di d’Alembert della radiazione. Questa circostanza è congruente col fatto che l’equazione di Schrödinger vale soltanto nel campo delle velocità non-relativistiche.
In verità Schrödinger ha seguito un diverso procedimento per ottenere questa equazione, che è più nota nella forma equivalente:
.
Nella letteratura specialistica si sostiene che l’equazione di Klein-Gordon sia la versione relativistica dell’equazione di Schrödinger. Se questo fosse vero per l’equazione di Klein-Gordon dovrebbe dare gli stessi risultati di quella di Schrödinger. Se questo fosse vero per il calcolo si dovrebbe usare l’equazione di Klein-Gordon invece di quella di Schrödinger. Tutto questo non avviene perché la prima affermazione è grossolanamente sbagliata.
Per provare che l’equazione di Schrödinger si ricava da quella di Klein-Gordon si sviluppa in serie l’energia totale , quindi si elimina senza nessuna giustificazione la parte maggiore corrispondente all’energia di riposo . Negli sviluppi in serie a volte è lecito trascurare in prima approssimazione termini di ordine superiore, ma non il primo termine! Anche in questo caso si opera “alla Procuste”, eliminando arbitrariamente gli elementi necessari per dimostrare ciò che si vuole.
In questi casi il fisico teorico, anche se in buona fede, somiglia più ad un illusionista da palcoscenico teatrale in cerca di applausi per i suoi trucchi, piuttosto che un serio ed onesto studioso dei fenomeni maturali.
La teoria di Schrödinger si basa sul parametro classico , mentre per Klein-Gordon abbiamo l’espressione relativistica . In realtà questi parametri riguardano quantità completamente differenti. Allora confrontiamo fra loro le rispettive relazioni di dispersione di Klein-Gordon e di Schrödinger:
, | . |
La teoria di de Broglie e quella di Schrödinger riguardano soltanto particelle materiali, mentre i parametri operazionali sono validi per qualsiasi velocità . Anche per l’equazione d’onda operazionale si fa riferimento alla relazione relativistica seguente:
.
Sostituendo i parametri operazionali e si ottiene la relazione di dispersione operazionale:
.
Notiamo già che il primo membro di questa espressione inedita coincide con quello della relazione elettromagnetica, mentre il secondo membro coincide con quello della teoria di Schrödinger. Sostituendo come in precedenza le espressione di , ,e , si ottiene l’equazione d’onda della Meccanica operazionale:
In forma dalembertiana:
Questa espressione inedita vale per qualunque oggetto fisico, particelle materiali e fotoni. Si estende così il campo della Meccanica ondulatoria dalla particella ferma fino alla velocità della luce senza interruzione. Notiamo che:
- ponendo (fotone) si ottiene l’equazione d’onda della radiazione di d’Alembert;
- trascurando il termine del second’ordine si ottiene esattamente l’equazione di Schrödinger per la particella libera.
Se e quando sia lecito trascurare questo termine risulta dal rapporto seguente:
Questo rapporto è equivalente a:
Nell’atomo di Idrogeno la velocità orbitale dell’elettrone nello stato fondamentale è , quindi risulta:
.
Eliminare il termine del second’ordine implicherebbe un errore di circa uno su centomila, molto inferiore a quello osservabile, per cui risulta che la nuova equazione d’onda operazionale in questo caso è completamente equivalente a quella di Schrödinger.
Ma la teoria di Schrödinger non vale oltre il 10% della velocità della luce, mentre la teoria elettromagnetica vale solo per . Così rimane scoperto più del 90%. dell’intervallo di velocità che hanno senso fisico. L’equazione d’onda operazionale vale per qualsiasi velocità , e si applica al moto di qualunque oggetto fisico, particelle materiali e fotoni. Pertanto sarà definita:
equazione generale della Meccanica ondulatoria.
Si conferma ancora una volta che i fenomeni quantistici e le onde elettromagnetiche sono della stessa natura, essendo tutti riconducibili al terzo effetto relativistico.
La tabella successiva riassume tutte le relazioni di dispersione e le equazioni d’onda precedentemente ricavate dalla legge . In tal modo abbiamo provato che queste relazioni hanno la loro prima origine nella Relatività, quindi in ultima analisi rappresentano proprietà elettromagnetiche dello spazio-tempo fisico.
Teoria | Relazione di dispersione | Equazione d’onda |
Maxwell | ||
D’Alembert | ||
De Broglie | ||
Klein-Gordon | ||
Schrödinger | ||
Operazionale |
Nella Teoria delle onde la funzione d’onda rappresenta una grandezza reale che varia periodicamente. Per le onde sull’acqua rappresenta l’altezza (o la profondità) dell’onda in un dato punto ad un dato istante, per le onde sonore esprime la pressione dell’aria, per una corda vibrante esprime lo spostamento fisico della corda dalla sua posizione di riposo. Infine per la radiazione la funzione d’onda rappresenta l’intensità del campo elettrico che varia periodicamente con frequenza .
In questi casi il significato della funzione d’onda è chiaro, rappresenta sempre una grandezza fisica reale (la coordinata di una corda che oscilla, la pressione dell’aria, il campo elettrico, ecc.) legata all’energia che si propaga in forma ondulatoria. Questo non avviene per l’equazione di Schrödinger, che è notevolmente diversa da quella di d’Alembert, e tuttavia Schrödinger era orientato verso una interpretazione di tipo ondulatorio.
Max Born propose di considerare come probabilità di trovare la particella in una data posizione, senza fare alcun riferimento all’energia che si manifesta in forma ondulatoria. L’idea di Born, sebbene estranea alla Teoria delle onde, oggi è universalmente accettata.
Abbiamo visto che dalla equazione d’onda generale si ricava sia l’equazione di d’Alembert, sia quella di Schrödinger, questo implica una interpretazione univoca per la radiazione e per le particelle materiali. Infatti nelle interazioni l’energia del fotone ha lo stesso ruolo dell’energia . In ogni caso la traccia lasciata sull’emulsione della lastra fotografica non indica la posizione in cui si trova la particella, come vorrebbe l’interpretazione di Born, ma la posizione dove la particella ha ceduto l’energia , o se si tratta di un fotone. In conclusione ripetiamo che l’equazione d’onda generale porta a concepire una interpretazione univoca della funzione d’onda.
L’interpretazione di Born si è rivelata molto utile, ma appare possibile che non sia definitiva, sebbene al momento sia del tutto prematuro stabilire l’interpretazione corretta. Probabilmente sarà opportuno riaprire questa problematica ad ulteriori riflessioni.
Miriadi di fotografie mostrano particelle elementari che si urtano e rimbalzano come bocce, ma sono facilmente reperibili anche figure di diffrazione del tutto simili a quelle prodotte dalla luce, che inevitabilmente hanno una interpretazione di tipo ondulatorio. Tutti i tentativi di associare a questi effetti onde “reali” sono falliti, gli effetti ondulatori prodotti da particelle materiali sono “reali”, ma le “onde reali” non si trovano.
Allora è prevalsa l’interpretazione che fa riferimento a combinazioni di onde-di-probabilità, che si propagherebbero con la velocità di fase di de Broglie, migliaia di volte maggiore della velocità della luce. Sebbene sostenuta da fisici di grandissimo valore, questa interpretazione non è senza problemi. Per es. non si capisce quale significato fisico abbia la velocità di fase di un’onda-di-probabilità, e perché questa sia proprio la velocità di fase di de Broglie, ignorando la velocità di fase di Schrödinger che riguarda la stessa situazione fisica, ed ha interpretato i dati sperimentali con grande successo. Un calcolo banalissimo mostra che mentre l’elettrone percorre una sola orbita dell’atomo di idrogeno, nello stesso tempo le orbite percorse con la velocità di fase di de Broglie sarebbero:
È molto difficile credere che la formidabile stabilità della struttura atomica abbia qualche relazione con la velocità pazzesca voluta da questa teoria. Saggiamente de Broglie pensava che questa assurda velocità teorica potesse riferirsi soltanto ad un’onda fittizia. Oggi molti fisici sperimentali sono convinti della “realtà” delle onde-di-materia, mentre i fisici teorici spiegano questi fenomeni in termini di onde-di-probabilità. Non risulta che materia e probabilità siano sinonimi equivalenti, quindi non si capisce come conciliare i termini onde-di-materia e onde-di-probabilità.
Quando non si trova la spiegazione giusta, si trovano le parole giuste! Così si nasconde la propria ignoranza, e spesso le parole giuste sono efficaci tranquillanti! Buttandola in Filosofia i fisici non hanno più necessità di capire, è sufficiente che i risultati del calcolo teorico siano statisticamente in accordo con i risultati sperimentali. Nel 1913 il danese Bohr riuscì a spiegare la stabilità della struttura atomica partendo dall’ipotesi le orbite elettroniche fossero determinate da poche regole empiriche. Queste regole furono spiegate molti anni dopo dalla teoria quantistica, attribuendo alle particelle elementari caratteristiche tipicamente corpuscolari e ondulatorie insieme.
Sull’interpretazione della funzione d’onda nacque una lunga e durissima controversia che vide schierati su opposti fronti Einstein, de Broglie, e Schrödinger per una interpretazione “realistica”, mentre sull’altro fronte Bohr, Born, Heisemberg, difendevano l’interpretazione “probabilistica”. Su questa epica controversia il lettore interessato potrà consultare una vasta letteratura, in cui elementi rigorosamente scientifici sono mescolati a considerazioni filosofiche, e vicende di carattere strettamente personale.
Coloro che non conoscono l’ambiente della Fisica teorica difficilmente possono immaginare l’alto livello di animosità dei contendenti, che si batterono per lunghi anni senza risparmio di energie intellettuali. Alla fine prevalse l’interpretazione di Bohr, detta “di Copenaghen”, che si basa sul principio di complementarietà, per il quale le manifestazioni ondulatorie e corpuscolari sarebbero effetti “complementari” determinati dall’apparato sperimentale dell’osservatore.
Schrödinger considerava la “complementarietà” di Bohr un concetto vago e fumoso, che nascondeva essenzialmente l’ignoranza dei fenomeni. Nonostante ciò questa interpretazione è diventata uno dei fondamenti assiomatici della teoria quantistica. I fatti sperimentali sono indiscutibili, ma l’interpretazione corpuscolare e quella ondulatoria sono inconciliabili. Il dualismo onda-corpuscolo è rimasto quindi un fatto misterioso che sfugge ad ogni possibilità di comprensione, per cui nel linguaggio comune si è affermata l’interpretazione più semplice:
“se le particelle elementari manifestano effetti corpuscolari ed ondulatori, ciò significa che per loro natura sono insieme corpuscoli e onde”. |
Questa affermazione è incomprensibile, non è sostenuta da sicure evidenze sperimentali, e sarebbe invalidata dal Principio operazionale. Nell’introduzione abbiamo riportato l’espressione di Feynman:
“...Neppure io lo capisco. Nessuno lo capisce...”.
Soltanto pazzi o sciocchi presuntuosi possono mettere in dubbio le parole del premio Nobel Feynman, e nessun fisico vuole essere giudicato pazzo o sciocco. Dopo anni di inutili tentativi molti teorici avranno concluso:
“Questa cosa non la capisco, ma se non la capisce nemmeno Feynman allora non la può capire nessuno!” |
Così i “Padri Fondatori” hanno stabilito per postulato che il dualismo sia una proprietà intrinseca del mondo atomico, incomprensibile per il nostro pensiero strutturato sull’esperienza macroscopica e deterministica.
Alla fine il dualismo è stato assunto come assioma, troppo simile ad un Mistero di Fede, da credere senza pretendere di capire. Così è diventato il grande Atto di Fede della Ortodossia fisica del ventesimo secolo.
Molte volte le interpretazioni più evidenti sono state scelte assiomaticamente, poi condivise e sostenute con grande determinazione e per lungo tempo da tutta la comunità, fino a quando si è finalmente capito che erano completamente sbagliate. Riteniamo che il dualismo delle particelle elementari potrebbe essere un ottimo candidato da proporre per il “Club degli Assiomi Evidenti”, che annovera fra i suoi soci più insigni la Terra piatta, la Cosmologia geocentrica, l’Impossibilità del volo umano, l’Etere luminifero.......
È un fatto sicuramente indiscutibile che qualsiasi fenomeno ondulatorio, anche l’onda stazionaria, è sempre accompagnato da parametri che variano periodicamente. Poiché non si conosce niente di simile riferibile a particelle ferme, la teoria di de Broglie è invalidata dal fatto l’effetto ondulatorio non può derivare da una caratteristica intrinseca delle particelle. La teoria di Schrödinger ha dato risultati brillanti, ma è limitata al campo non-relativistico, e la sua equazione si basa su una funzione d’onda di difficile interpretazione.
De Broglie ha fallito perché ha applicato la legge di Planck all’energia relativistica totale delle particelle materiali, ed ha ottenuto una velocità di fase con caratteristiche assurde. Schrödinger invece ha ottenuto una equazione d’onda di grande successo facendo riferimento solo all’energia cinetica, sebbene nella versione classica. È un altro importante indizio della stretta analogia esistente fra l’energia elettromagnetica e l’energia cinetica degli oggetti materiali. Infatti dall’espressione relativistica dell’energia cinetica abbiamo ottenuto la trasformazione generale dell’energia, valida anche per l’energia elettromagnetica. Questo risultato è molto più che un indizio. Ne abbiamo ricavato nuovi parametri ondulatori validi per qualsiasi oggetto fisico e per qualsiasi velocità . Il grafico della velocità di fase operazionale evidenzia in modo eclatante la completa continuità fra Meccanica ed Elettromagnetismo.
Dalla Relatività abbiamo ricavato l’equazione d’onda generale, da cui si ottiene sia l’equazione d’onda elettromagnetica di d’Alembert, sia quella classica di Schrödinger per le particelle materiali. Da tutto questo emerge un quadro unitario per cui dobbiamo considerare l’energia cinetica e quella elettromagnetica come due manifestazioni differenti dello stesso fenomeno. In altre parole risulta che:
l’energia cinetica di oggetti fisici privi di massa si manifesta come energia elettromagnetica. |
Per conseguenza l’espressione onde-di-materia si deve sostituire con quella più appropriata di onde-di-energia-cinetica, che comprende anche le onde della radiazione elettromagnetica. Considerando l’energia elettromagnetica come la forma dell’energia cinetica di oggetti privi di massa, si capisce che le proprietà ondulatorie della luce, la stabilità dei livelli atomici, la diffrazione degli elettroni, ecc., sono in realtà tutte manifestazioni diverse della natura elettromagnetica dello spazio-tempo fisico.
Come avvenne per il fantomatico etere luminifero del 1800, dalla Meccanica operazionale si deduce che sarebbe inutile anche il misterioso dualismo onda-corpuscolo del 1900. Riteniamo che una adeguata considerazione del terzo effetto relativistico porterà ad una profonda revisione delle stesse basi concettuali della teoria quantistica.