Appunti di relatività/Quarta parte
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Quarta parte
IL TERZO EFFETTO RELATIVISTICO
PREMESSA
Le velocità in gioco nella Meccanica atomica sono molto minori della velocità della luce, quindi gli effetti relativistici sono poco considerati. A questa scala le lunghezze d’onda sono confrontabili con le dimensioni atomiche, per conseguenza prevalgono i fenomeni quantistici. Si è venuta così a creare una frattura fra il nostro mondo macroscopico in cui vale il principio di causalità, ed il mondo microscopico delle particelle elementari in cui vale il principio di indeterminazione.
Tuttavia non conosciamo nessuna giustificazione convincente di questa frattura, e infatti non esiste una separazione precisa fra i due mondi. I fisici scelgono la teoria più opportuna secondo criteri di convenienza per ottenere il risultato migliore, o il calcolo più semplice, o altro. Molti ritengono insoddisfacente questa situazione, citi amo per tutti l’opinione di Dirac, tratta dalla conferenza del 1968 al Centro Internazionale di Fisica teorica di Trieste:
URTO TOTALMENTE ANELASTICO
Per conoscere i parametri del moto occorre che l’oggetto fisico (particella) ceda tutta o parte della sua energia ad un elemento rivelatore, che può essere per es. una lastra fotografica. Possiamo paragonare questo processo alla caduta di un granello di zucchero dentro una grande vasca piena di marmellata. Evidentemente il granello di zucchero scompare nella vasca mentre la marmellata rimane immobile. Questo è molto simile a ciò che avviene nella rivelazione di particelle mediante emulsione fotografica.
La Fisica definisce questo processo come urto totalmente anelastico contro un bersaglio stazionario di massa infinita. Nell’urto totalmente anelastico gli oggetti rimangono legati insieme, o meglio si fondono in uno solo. Consideriamo due oggetti e di masse e , che si corrono incontro rispettivamente con velocità e . Nell’urto totalmente anelastico le quantità di moto sono trasferite all’oggetto risultante dalla fusione, che classicamente acquista la velocità:
.
Se l’oggetto è fermo , e rispetto all’altro ha massa praticamente infinita , dopo l’urto si ha . Analizzeremo questo processo quantificando le variazioni dei parametri associati al moto della particella. Prima dell’urto abbiamo:
quantità di moto: | ; |
energia totale: | . |
Nell’impatto tutta l’energia cinetica si trasforma in calore, energia chimica o altro. Dopo l’urto abbiamo , quindi i parametri sono:
, | . |
, | . |
; | . | |
Essendo | , | , |
; | . |
.
.
Ricaviamo le quantità: e :
Riassumendo le trasformazioni di e sono:
; | . |
È evidente che le trasformazioni di questi parametri hanno la stessa forma delle trasformazioni di Lorentz. Quantitativamente risulta e , ma queste quantità sono fisicamente differenti, infatti e si riferiscono allo stato fisico della particella prima dell’impatto, mentre e sono quantità che la particella ha ceduto al bersaglio nell’impatto. La differenza risulta evidente considerando le trasformazioni e . Per es. se osservatore e particella hanno la stessa velocità , risulta:
Vediamo che , mentre . Il segno negativo della quantità significa che per l’osservatore solidale la particella non cede ma riceve energia dal bersaglio.
Il segno di è positivo perché l’impulso ricevuto dal bersaglio è in direzione opposta rispetto al moto dell’osservatore solidale.
CONDIZIONE DI MINIMA VARIAZIONE
Abbiamo visto che per l’osservatore stazionario la particella cede nell’urto l’energia , mentre per l’osservatore solidale risulta che la particella riceve energia dal bersaglio. Infatti prima dell’impatto l’osservatore stazionario vede la particella correre con velocità , mentre l’osservatore solidale la vede ferma; dopo l’impatto l’osservatore stazionario vede la particella ferma, mentre l’osservatore solidale la vede correre insieme al bersaglio con velocità .
Lo stesso fatto fisico viene percepito in due modi opposti a causa del moto dell’osservatore, allora deve esistere una velocità per cui risulta minima la variazione di energia dovuta all’impatto, che corrisponde alla condizione :
.
Da questa si ricava la velocità :
Questa situazione si verifica quando le velocità della particella prima e dopo l’impatto risultano uguali ma in direzioni opposte.
TRASFORMAZIONE GENERALE DELL’ENERGIA
Essendo , , e si ricava:
.
Quindi risulta: .
Sostituendo nella trasformazione dell’energia , si ottiene:
.
Esplicitando i fattori di Lorentz abbiamo:
Questa espressione inedita è la trasformazione generale dell’energia che la particella cede al bersaglio, e vale per qualsiasi velocità . Per i fotoni si sostituisce e :
.
Abbiamo così ottenuto la notissima trasformazione di Einstein dell’energia elettromagnetica. La trasformazione generale dell’energia vale per qualsiasi oggetto fisico, siano particelle materiali o fotoni. L’espressione di Einstein risulta essere un caso particolare di questa inedita relazione.
EFFETTO DOPPLER – VELOCITÀ DI FASE
La legge di Planck mette in relazione la quantità di energia elettromagnetica con la frequenza angolare della radiazione. Il fattore di proporzionalità è la costante di Planck ridotta .
La trasformazione generale dell’energia vale sia per l’energia sia per l’energia , quindi ammetteremo (per assioma) che la legge di Planck sia riferibile ad entrambe, e valga quindi anche la relazione . Questo consente di applicare agli oggetti materiali gli stessi concetti che valgono in generale per la propagazione delle onde. In particolare facciamo riferimento all’effetto Doppler, che si manifesta quando l’osservatore si muove rispetto alla sorgente sonora, Se la sorgente emette una frequenza , l’osservatore che si allontana percepisce una frequenza più bassa , che si annulla quando l’osservatore ha esattamente la stessa velocità del fronte d’onda. Questa si definisce velocità di fase , e corrisponde per es. alla velocità delle creste delle onde sull’acqua.
Applicando questo ragionamento alla frequenza si ottiene la condizione:
.
Da questa si ricava la velocità di fase:
.
La velocità di fase coincide con la velocità ricavata dalla condizione di minima variazione. PARAMETRI ONDULATORI
I parametri fondamentali dell’onda progressiva sono la frequenza , il numero d’onda , e la lunghezza d’onda . La velocità di fase è data dal rapporto , quindi dal paragrafo precedente si ottiene:
Essendo per definizione si ricava subito la popolare lunghezza d’onda stabilita da de Broglie.
L’energia di un treno d’onde si propaga complessivamente con una velocità che si definisce velocità di gruppo . L’espressione della velocità di gruppo è dell’inglese J. Strutt (Lord Rayleigh, 1842-1919). Nel nostro caso l’energia deriva dal moto della particella, quindi la velocità di gruppo deve risultare . Dai parametri e si ricava:
La velocità di gruppo coincide con la velocità , così abbiamo provato l’autoconsistenza dei parametri connessi al moto della particella materiale. Riassumendo abbiamo:
.
Questi parametri ondulatori operazionali si possono associare ad ogni oggetto fisico, dalla particella ferma al fotone.
COVARIANZA
Il concetto di invarianza si riferisce al fatto che il modulo del vettore non cambia rispetto al cambiamento del sistema di riferimento. Questo non vale per le leggi fisiche, ma si fa riferimento alla forma covariante. La covarianza di e deriva dal fatto che e sono le trasformazioni di Lorentz di e . Ricordiamo che:
.
.
Essendo il quadri-momento
possiamo scrivere:
.
.
Le componenti del quadri-momento si trasformano esattamente come le
quantità e , secondo la forma delle trasformazioni di Lorentz.
.
Per il fotone abbiamo e .
INVARIANZA DI FASE
Si definisce invarianza di fase una notevole proprietà dell’onda progressiva, dalla quale si ricava un importante criterio di verifica che vale come la “prova del nove” nell’aritmetica elementare. L’espressione analitica della fase è , dove e sono rispettivamente vettore d’onda e frequenza. La condizione di invarianza di fase è :
.
Con questo abbiamo provato l’invarianza di fase dell’onda progressiva definita dai parametri operazionali e .
VELOCITÀ DI DISPERSIONE
Dopo la verifica dell’invarianza di fase vediamo brevemente il concetto di dispersione. Il formalismo è semplice, ma il significato fisico è notevole.
Se il rapporto è costante anche ha lo stesso valore, ciò significa che le velocità di fase e di gruppo sono uguali. Se il rapporto non è costante abbiamo , tecnicamente si dice che c’è dispersione.
Questo breve saggio non consente di sviluppare oltre questo importante argomento, il lettore interessato non avrà difficoltà ad approfondirlo per suo conto. Vedremo invece la connessione con la nostra analisi. Definiamo velocità di dispersione la differenza:
.
Il grafico di questo parametro ricorda vagamente la testa del capodoglio.
Nella prima parte (non-relativistica) la velocità di dispersione cresce quasi linearmente () fino a circa , quando la velocità della particella è . Si rileva un massimo di per , dopo il quale la curva tende di nuovo rapidamente a . Per abbiamo , quindi se la particella si muove vi è sempre dispersione anche nel vuoto.
La dispersione diventa molto piccola quando la velocità è vicina a quella della luce. Nei grandi acceleratori la velocità delle particelle è molto vicina a quella della luce, quindi le particelle viaggiano praticamente senza dispersione.
Il principio fondamentale della Relatività è l’equivalenza di tutti i sistemi inerziali, quindi dal punto di vista fisico vi è completa simmetria fra i riferimenti ed . Come conseguenza si può affermare che:
se dal sistema sembra rallentare il tempo su , da sembra rallentare il tempo su nella stessa misura; allora vi sarà un luogo per il quale i tempi su ed sembrano trascorrere allo stesso modo. |
Affinché avvenga questo i fattori di Lorentz rispetto ad ed devono essere uguali, quindi abbiamo la condizione:
.
Da questa si ricava:
Il luogo dei punti in condizione di simmetria relativistica è una superficie piana parallela al piano , che si muove nella direzione dell’asse con velocità . Notiamo che coincide con la velocità di fase ricavata dal moto delle particelle materiali. Il lettore verifichi che si ottiene lo stesso risultato ponendo la condizione .
Abbiamo visto che ha le proprietà di una velocità di fase. Gli altri parametri ondulatori si ricavano considerando che devono valere le seguenti condizioni:
- la frequenza si deve annullare per ;
- la frequenza , essendo l’inverso di un tempo, deve essere funzione lineare del fattore di Lorentz del tipo , dove e sono da determinare. Da queste due condizioni abbiamo:
.
Questo parametro è compatibile con la frequenza:
.
Dalla relazione si ottiene di nuovo il numero d’onda:
I parametri ondulatori ricavati dall’urto anelastico sono conseguenza diretta della legge di Planck e del principio di simmetria relativistica, quindi in seguito saranno identificati col pedice ().
IL TERZO EFFETTO RELATIVISTICO
I parametri ondulatori operazionali ricavati dalla Relatività sono riferibili al moto di tutti gli oggetti fisici, particelle materiali e fotoni, questo indica che:
Questa proprietà del moto è del tutto inedita, e si deve interpretare come terzo effetto relativistico, dopo la contrazione delle lunghezze e la dilatazione del tempo. Tutti gli effetti relativistici hanno in comune tre peculiarità:
- - si ricavano direttamente dalle trasformazioni di Lorentz;
- - derivano dal moto relativo rispetto all’osservatore;
- - sono indipendenti dalle caratteristiche fisiche dell’oggetto. Per conseguenza si deve concludere che:
- 1 - | il moto possiede intrinsecamente proprietà ondulatorie che non derivano dalla natura delle particelle, ma da una proprietà dello spazio-tempo fisico. |
- 2 - | le onde elettromagnetiche ed i fenomeni ondulatori connessi a particelle materiali sono manifestazioni del terzo effetto relativistico. |
In sintesi risulta che tutti i fenomeni di natura ondulatoria che si manifestano nel vuoto hanno una comune origine elettromagnetica, tuttavia questo è ancora troppo vago e indeterminato. In particolare l’espressione “il moto possiede intrinsecamente proprietà ondulatorie” non chiarisce quale sia l’elemento fisico a cui riferire i parametri ondulatori. Anche assumendo che si tratta di una proprietà intrinseca dello spazio-tempo, occorre stabilire esattamente quale sia in questo caso l’oggetto del Principio operazionale.
Nelle onde elastiche è chiaro che questo elemento è l’energia meccanica che si propaga in forma ondulatoria. Per le onde elettromagnetiche non vi è mezzo di propagazione, quindi è ancora più evidente che si deve fare riferimento all’energia elettromagnetica che si propaga nel vuoto. Seguendo la stessa linea di pensiero anche per le particelle materiali, si devono attribuire caratteristiche ondulatorie all’energia che dà luogo alle figure di diffrazione, cioè all’energia cinetica delle particelle che si distribuisce sulla lastra fotografica.
Questo porta a concepire l’energia cinetica in modo molto concreto, simile all’idea che normalmente abbiamo della luce, ma dobbiamo superare la difficoltà psicologica che deriva dalla nostra esperienza. Quando ci colpisce una pietra vediamo la pietra e non pensiamo alla sua energia cinetica, invece quando un raggio luminoso colpisce i nostri occhi, non vediamo oggetti materiali che si muovono, ed è naturale attribuire realtà concreta all’energia luminosa.
Anche su questo è necessario affidarsi al Principio operazionale per eliminare dal nostro ragionamento elementi propri della nostra psicologia, introdotti inavvertitamente senza giustificazione.