Antigone (Alfieri)/Atto quarto
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ANTIGONE TRAGEDIA.
ATTO QUARTO.
SCENA PRIMA.
CREONTE, ANTIGONE.
- Creonte.
SCegliesti?
- Antigone.
Ho scelto.
- Creonte.
Emon?
- Antigone.
Morte.
- Creonte.
L’avrai.
Ma bada, allor che sul tuo capo in alto
Penda la scure a non cangiarti. Tardo,
Vano il pentirti fora. Il fero aspetto
Forse dappresso sostener di morte 5
Mal saprai tu; mal sostener d’Argìa,
Se l’ami, i pianti: che morir pur essa
Dovratti al fianco; e tu cagion se’ sola
Del suo morir: — pensa; n’hai tempo ancora...
Ancor tel chieggio... Or che dì tu?... Non parli? 10
Fiso intrepida guardi? Avrai, superba,
Ciò, che tacendo chiedi. A me purtroppo
Dolea già forte averti dato scelta
Fra ’l tuo morir, e l’onta mia.
- Antigone.
Dicesti?
Che tardi or più? Taci, ed adopra.
- Creonte.
Pompa 15
Fà di coraggio a senno tuo: Vedrassi
Quant’è, tra poco. Ancorchè giunta l’ora
Non sia, che fissa al tuo supplicio i’ m’ebbi,
Pur d’affrettarla compiacer ti voglio.
Eurimedonte, và; trannela tosto 20
All’apprestato palco.
SCENA SECONDA.
EMONE, ANTIGONE, CREONTE.
- Emone.
AL palco? Arresta....
- Antigone.
Oh vista!....Or, Guardie, or v’affrettate: a morte
Strascinatemi. Emon, lasciami, addio.
- Emone.
Oltre più andar nessun di voi s’attenti.
- Creonte.
Che? Tu minacci ove son’io?
- Emone.
Deh!...Padre, 25
Così tu m’ami? Ed il concesso giorno
Spendi così?
- Creonte.
Precipitar vuol’ella;
Negargliel posso?
- Emone.
Odi; non sai? Ben’altro
Or ti sovrasta inaspettato danno.
D’Atene il Rè, Tesèo, quel forte è fama, 30
Che a Tebe in armi vien, degli Insepolti
Vendicator. Le sconsolate Argive
Vedove a lui n’andaro, in suon di sdegno,
E di pietà piangenti. Udì lor giuste
Querele il Rè: l’urne promesso ha loro 35
Degli estinti Mariti; e non è lieve
Promettitor Tesèo. — Padre, previeni
L’ire sue, l’onta nostra. I’ non ti chieggio,
Che t’arrendi al timor; ma ben ti stringa
Pietà di Tebe tua; respira appena 40
L’aure di pace; ove pur voglia a guerra
Correr non giusta a tuo favor, qual Prode
Or ne rimane a Tebe? I Forti, il sai,
Giaccion chi estinto in tomba, e chi mal vivo
In sanguinoso letto.
- Creonte.
Or, s’i’ non cedo 45
A vil timor, che val narrar perigli
Lontani, dubbj, o falsi forse? Ancora
Tesèo, quel forte non m’ha chiesto l’urne
De’ Forti d’Argo: a lui non ho per anco
Negato darle: anzi ei le cheggia, forse50
Suo desir preverrò. Sei pago? Tebe
Riman secura; i’ non vo’ guerra. Or lascia,
Che al suo destin vada Costei.
- Emone.
Tuo Figlio
Dunque vuoi perder tu?... Che a lei d’un giorno
lo sopravviva, invan lo speri. È poco 55
Perdere il Figlio; a mille danni incontro
Vai tu. Già assolta col disfar l’ingiusta
Tua legge, ella è da te. Già noto a tutti
È, che a lei sola il laccio vil tendesti.
Ultimo Sangue de’ suoi Rè sù infame60
Palco perir Tebe vedrà? Di tanto
Non ti lusinga. Alte querele, aperte
Minacce, ed armi risuonar già s’ode;
Già dubbio....
- Creonte.
Or basta. Sovra infame palco,
Poichè nol vuoi, Tebe perir non vegga 65
L’ultimo Sangue de’ suoi Rè. — Soldati,
La notte appena scenderà, che al Campo
Là dove giaccion gli insepolti Eroi
Costei trarrete. Omai negar la tomba
Più non dessi a persona: il gran Tesèo 70
Mel vieta: abbiala dunque ella, che altrui
La diè; nel Campo l’abbia: ivi sepolta
Sia, viva.
- Emone.
Oh scelleranza! a scherno prendi
Uomini, e Dei così? Quel, che mi desti,
Sangue versar t’è pria mestier quì tutto. 75
Viva in Campo sepolta? Iniquo... pria
Io morto quì; ridotto in cener’io.
- Antigone.
Emon, dell’amor mio vuoi farti indegno?
Qual ch’egli sia, t’è Padre. Il mio destino
Già nel nascer dannata a dura morte 80
Hammi: di morte or che rileva il loco,
Il tempo, il modo?
- Creonte.
Invano a me t’opponi;
Resister sol non puoi. Lei tu non salvi,
Nè giovi a te..... Ben’infelice Padre
Me far puoi tu; null’altro far.
- Emone.
Mi giova 85
Farti infelice, e ’l merti, e ’l sarai, spero.
Trono infame ti fà, di Rè, di Padre,
E d’Uom perfino ogni dover più sacro
Porre in non cal: ma più tu ’l credi immoto,
Più sotto il tuo mal fermo piede ei crolla. 90
Ben scerne Tebe da Creonte, Emone....
V’ha chi d’un motto il mal tenuto Scettro
Può torti. — regna; i’ nol dirò; ma trema
Se tu....
- Antigone.
Creonte, or sì t’imploro, or tosto
Mandami a morte. Oh di destino avverso 95
Fatal possanza! A mie tante sventure
Ciò sol mancava, ed al mio nascer reo,
Che istigatrice all’ira atroce i’ fossi
Di Figlio contro a Padre.
- Emone.
Or me s’ascolti,
Me sol, Creonte; e non d’Atene l’armi,100
Nè il Rè ti mova; e non di Donne preghi,
Nè di Volgo lamenti: al duro tuo
Core discenda or la terribil voce
D’un disperato Figlio, a cui tu tolto
Il freno hai, tu; cui meglio era non dessi105
Vita tu mai; ma che pentir può farti
Di tal don’, oggi.
- Creonte.
Non è voce al mondo,
Che legge impor vaglia a Creonte.
- Emone.
Braccio
V’ha dunque al mondo, che l’infami leggi
Strugger può di Creonte.
- Creonte.
E qual?
- Emone.
Mio braccio. 110
- Creonte.
Perfido. — insidia i dì paterni; trammi
Di vita, trammi; osa, rapisci, turba
Il Regno a posta tua.... Padre i’ son sempre
Di tal, che più Figlio non m’è. Punirti
Non sò, nè posso; altro non sò, che amarti, 115
E compianger tuo fallo. Or dì;... che imprendo,
Che non torni a tuo prò? Ma sordo, e ingrato
Purtroppo tu, preporre ardisci un folle,
Un passeggero sconsigliato amore,
Un non gradito amor, di Stato all’alta 120
Ragion, di Sangue ai dritti.
- Emone.
Oh! di quai dritti
Favelli tu? Troppo sei Rè: tuoi Figli
Non puoi tu amar: a Tirannia sostegni
Cerchi, non altro. Io di te nato dritti
Conoscer deggio, o rispetrar di Sangue?125
Norma tu a me, di crudeltà maestro
Mi sei; già ti seguo io; se mi vi sforzi,
Avanzerotti, giuro. — Havvi di Stato
Ragion, che imprenda iniquitade aperta,
Qual tu disegni? Bada; amor, che mostri130
A me così, non io così tel renda....
Delitti, il primo costa; al primo mille
Ne tengon dietro, e crescon sempre: — e il sai.
- Antigone.
I’ t’odio già, se più prosiegui. Figlio,
Pria che mi amassi, eri a Creonte: antico,135
Forte, inviolabil, sacrosanto, primo
D’ogni legame. Pensa, Emon, deh! pensa,
Ch’io di tal nodo pur vittima cado.
S’io t’amo, il sai; pur la tua man rifiuto
Sol perchè all’Ombre invendicate ancora 140
De’ Miei sdegno non torni. I’ scelgo, e voglio
Morte, perchè il misero cieco Padre
Dura per lui non sopportabil nuova
Di me non oda. Ossequioso Figlio
Vivi innocente a scellerato Padre. 145
- Creonte.
Il suo furor meglio soffrir poss’io,
Che tua pietà. Quinci si tolga: vanne,
Vanne una volta: il sol tuo aspetto il Figlio
Fà traviar dal buon sentier. — Nell’ora,
Ch’io t’ho prefissa, Eurimedonte, in Campo 150
Traggasi: e v’abbia anzi che morte tomba.
SCENA TERZA.
CREONTE, EMONE.
- Emone
PRia dell’ora prefissa in Campo udrassi
Di me novella.
- Creonte.
Anzi quell’ora io spero,
Che in se rientri Emon. Le tue minacce
I’ prevenir potria; ma più gran pegno 155
Darti vo’ del mio amor; in te, nel tuo
Gran cor fidar, nella virtù primiera,
Che in te spenta non credo.
- Emone.
Or và; fia degno
Quant’i’ farò di mia virtù primiera.
SCENA QUARTA.
CREONTE.
BEn sò l’indole sua: più ch’ogni laccio 160
Sensi d’onore a lui son fren: gran parte
Del suo furor il mio fidar gli toglie.....
Pur potrebbe egli ebro d’amor fors’oggi
Forza tentar?... ma lieve m’è suoi passi
Spiar, deluder, rompere: di vita 165
Tolta Antigone prima, il tutto poscia,
Teseo placar, silenzio imporre al Volgo,
Riguadagnarmi il Figlio, il tutto è nulla. —
Ma d’Argìa che farò? — Guardie, si tragga
Argìa quì, tosto. — Util non m’è sua morte; 170
L’ira d’Adrasto anzi placar mi giova:
Troppi ho nemici già. Mandarla i’ voglio
In Argo; al Padre: inaspettato dono
Gli arrecherà più gioja; e a me non poco
Così la taccia di crudel sia scema. 175
SCENA QUINTA.
CREONTE, ARGÌA.
- Creonte.
VIeni, e m’ascolta, Argìa.... Dolor verace,
Amor di Sposa, e pio desir condotta
In Tebe t’hanno, ove il divieto mio
Romper tu sola osato non avresti....
- Argìa.
T’inganni; io sola.....
- Creonte.
Or ben rotto l’avresti, 180
Ma per pietà, non per dispetto, a scherno
Del mio sovran poter; non per tumulti
Destar; l’amor ben scerno, e la pietade
Dall’interesse, che di lor si vela.
Crudo i’ non son quel pensi; abbine in prova185
Salvezza, e libertà. Di notte l’ombre
Scorta al venir ti furo; al Sol cadente
Ti rimenino al Padre in Argo l’ombre.
- Argìa.
Eterno ad Argo già diedi l’addio;
Del morto Sposo le reliquie estreme 190
Giacciono in Tebe: in Tebe o viva, o morta
I’ rimarrommi ognor.
- Creonte.
La Patria, il Padre,
Il Pargoletto tuo veder non brami?
- Argìa.
D’amato Sposo abbandonar non posso
Il cener sacro.
- Creonte.
E compiacer tua brama 195
In ciò pur voglio: ad ottener di furto
Quì ne venisti l’Urna; apertamente
Abbila, e teco te la porta in Argo.
Vanne; all’amato Sposo ivi fra’ Tuoi
Degna del tuo dolore ergi la tomba.200
- Argìa.
E fia pur ver? Tanta clemenza or donde,
Come, perchè? Da quel di pria diverso
Esser puoi tanto, e non t’infinger?
- Creonte.
Visto
M’hai tu poc’anzi acceso in foco d’ira;
Ma l’ira ognor me non governa; tempo 205
La rintuzza, e ragion.
- Argìa.
Propizio il Cielo
Felice Imperio ti conceda, e lungo!
Tornato sei dunque più mite: oh quanta
Gioja al tuo Popol, quanta al Figliuol tuo
Di ciò verrà! Tu pur pietà sentisti 210
Del nostro caso; e la pietade in noi
Alfin tu cessi di normar delitto;
E l’opra, a cui tu ne spingesti a forza,
A noi perdoni....
- Creonte.
A te perdono.
- Argìa.
Oh! Salva
Antigone non fia?
- Creonte.
L’altrui fallire 215
Non confondo col tuo.
- Argìa.
Che sento? Oh Cielo!
Geme fra’ lacci ancor?
- Creonte.
Dei tu tant’oltre
Cercar? T’appresta al tuo partir.
- Argìa.
Ch’io parta?
Ch’io la Sorella nel periglio lasci?
Invan lo speri. A me potea il perdono 220
Giovar, dov’ella a parte pur n’entrasse:
Ma in ceppi stà? Pena crudel fors’anco
A lei s’appresta? I’ voglio ceppi; pena
I’ vo’ più cruda ancor.
- Creonte.
In Tebe, io voglio,
Non altri; e cede al mio voler ciascuno. 225
Rotta hai mia legge; e sì pur’io t’assolvo:
Funereo rogo incendere al Marito
Volevi; e ’l festi: il cener suo portarti
In Argo; ed io tel dono. — Or che più brami?
Che ardisci più? Dell’opre mie vuoi conto 230
Da me tu?
- Argìa.
Prego, almen grazia concedi,
Che Antigone i’ rivegga.
- Creonte.
In lei novello
Ardir cercar, che in te non hai, vuoi forse? —
Di Tebe uscir tosto che annotti dei;
Irne libera in Argo ove non vogli, 235
A forza andrai.
- Argìa.
Più d’ogni morte duro
È il tuo perdon: morte, che a ogni altri dai,
Perchè a me sola nieghi? Orror che t’abbi
Di sparger sangue già non ti rattiene.
D’Antigone son’io meno innocente, 240
Che il tuo furor non merti?
- Creonte.
Il partir tuo
Reputa grazia, o se ti piace, pena;
Purchè tu parta. A voi, Guardie, l’affido:
Sull’imbrunir all’Emoloida Porta
Scenda, e al confin d’Argo si meni; ov’ella 245
Andar negasse, a forza si strascini. —
Or torni intanto a sua Prigion.
- Argìa.
M’ascolta...
Abbi pietade!...
- Creonte.
Esci.
SCENA SESTA.
CREONTE.
TRovar degg’io
Al mio voler o sia pietoso, o crudo
Ribelli tutti? — E sì il faran pur tutti. 250