Da i piaceri di Venere lontana
Menarne tu queſta tua giouanezza?
Ne’l dolce nome di madre udirai? 5Nè intorno ti uedrai uezzoſamente
Scherzar i figli pargoletti? ah, cangia,
Cangia (prego) conſiglio,
Pazzarella che ſei. Sil.Altri ſegua i diletti de l’Amore, 10(Se pur u’è ne l’amor alcun diletto)
Me queſta vita gioua, e’l mio traſtullo
È la cura, de l’arco, e de gli ſtrali;
Seguir le fere fugaci, e le forti
Atterrar combattendo; e, ſe non mancano 15Saette à la faretra, ò fere al boſco,
Non tem’io, che à me manchino diporti. Daf.Inſipidi diporti veramente,
Et inſipida vita: e, s’à te piace,
È ſol, perche non hai prouata l’altra. 20Coſi la gente prima, che già viſſe
Nel mondo anchora ſemplice, & infante,
Stimò dolce beuanda, e dolce cibo,
L’acqua, e le ghiande, & hor l’acqua, e le ghiande
Sono cibo, e beuanda d’animali, 25Poi che s’è poſto in uſo il grano, e l’uua.
Forſe, ſe tu guſtaſſi anco una uolta
La milleſima parte de le gioie,
Che guſta un cor amato riamando,
Direſti, ripentita, ſospirando: 30Perduto è tutto il tempo,
Che in amar non ſi ſpende.
Ò mia fuggita etate,
Quante vedoue notti,
Quanti dì ſolitari 35Hò conſumati indarno,
Che ſi poteano impiegar in queſt’uſo,
Il qual più replicato, è più ſoaue.
Cangia, cangia conſiglio,
Pazzarella che ſei:
40Che’l pentirſi da ſezzo nulla gioua. Sil. Quando io dirò, pentita, ſospirando
Queſte parole, che tu fingi, & orni,
Come à te piace, torneranno i fiumi
À le lor fonti; e i lupi fuggiranno 45Da gli agni, e'l veltro le timide lepri;
Amerà l’orſo il mare, e'l delfin l’alpi. Daf. Conoſco la ritroſa fanciullezza:
Qual tu ſei, tal io fui: coſi portaua
La vita, e’l volto, e coſi biondo il crine; 50E coſi vermigliuzza hauea la bocca;
E coſi mista col candor la roſa
Ne le guancie pienotte, e delicate.
Era il mio ſommo gusto, (hor me n'auueggio,
Gusto di ſciocca) ſol tender le reti, 55Et inueſcar le panie, & aguzzare
Il dardo ad una cote; e ſpiar l’orme,
E’l couil de le fere: e, ſe talhora
Vedea guattarmi da cupido amante,
Chinaua gli occhi, ruſtica, e ſeluaggia, 60Piena di ſdegno, e di vergogna, e m'era
Mal grata la mia gratia, e dispiacente,
Quanto di me piaceua altrui: pur come
Foſſe mia colpa, e mia onta, e mio ſcorno
L’eſſer guardata, amata, e deſiata. 65Ma, che non puote il tempo? e che non puote,
Seruendo, meritando, ſupplicando,
Fare un fedele, & importuno amante?
Fui vinta. Io te’l confeſſo, e furon l’armi
Del vincitore, humiltà, ſofferenza 70Pianti, ſospiri, e dimandar mercede.
Moſtrommi l’ombra d’una breue notte
Allhora quel, che’l lungo corſo, e’l lume
Di mille giorni non m’hauea moſtrato:
Ripreſi allhor me ſteßa, e la mia cieca 75Simplicitate, e diſſi ſospirando:
Eccotti, Cinthia, il corno, eccotti l’arco,
Ch’io rinuntio i tuoi ſtrali e la tua vita.
Coſi ſpero veder, ch’anco il tuo Aminta
Pur un giorno domeſtichi la tua 80Roza ſaluatichezza, & ammolliſca
Questo tuo cor di ferro, e di macigno.
Forſe, ch’ei non è bello? ò ch’ei non t’ama?
Ò ch’altri lui non ama? ò ch’ei ſi cambia
Per l’amor d’altri? ouer per l’odio tuo? 85Forſe ch’in gentilezza egli ti cede?
Se tu ſei figlia di Cidippe, à cui
Fù padre il Dio di queſto nobil fiume;
Et egli e figlio di Siluano, à cui
Pane fù Padre, il gran Dio de’ Paſtori. 90Non è men di te bella (ſe ti guardi
Dentro lo ſpecchio mai d’alcuna fonte)
La candida Amarilli; e pur ei sprezza
Le ſue dolci loſinghe, e ſegue i tuoi
Diſpettoſi faſtidi. hor fingi, (e voglia 95Pur Dio che queſto fingere ſia vano)
Ch’egli, teco ſdegnato, al fin procuri,
Ch’à lui piaccia colei, cui tanto ei piace,
Qual animo fia il tuo? ò con quali occhi
Il vedrai fatto altrui? fatto felice 100Ne l’altrui braccia, e te ſchernir ridendo? Sil.Faccia Aminta di ſe de’ ſuoi Amori,
Quel ch’à lui piace, à me nulla ne cale:
E, pur che non ſia mio, ſia di chi vuole:
Ma eſſer non può mio, s’io lui non voglio; 105Nè s’anco egli mio foſſe, io ſarei ſua. Daf.Onde naſce il tuo odio? Sil. Dal ſuo amore. Daf.Piaceuol padre di figlio crudele.
Ma, quando mai da i manſueti agnelli
Nacquer le tigri? ò da i bei Cigni i corui? 110Ò me inganni, ò te ſteſſa. Sil. Odio il ſuo amore,
Ch’odia la mia honeſtate, & amai lui
Mentr’ei volſe di me quel, ch’io voleua. Daf.Tu voleui il tuo peggio: egli à te brama
Quel, ch’à ſe brama. Sii. Dafne, ò taci, ò parla 115D’altro, ſe vuoi rispoſta. Daf. Hor guata modi?
Guata, che dispettoſa giouinetta?
Hor, rispondimi almen, s’altri t’amaſſe,
Gradireſti il ſuo amore in queſta guiſa? Sil.In queſta guiſa gradirei ciaſcuno 120Inſidiator di mia Virginitate,
Che tu dimandi amante, & io nimico. Daf.Stimi dunque nimico
Il monton de l’agnella?
De la giouenca il toro? 125Stimi dunque nemico
Il tortore à la fida tortorella?
Stimi dunque ſtagione
Di nimicitia, e d’ira
La dolce Primauera? 130C’hor allegra, e ridente
Riconſiglia ad amare
Il mondo, e gli animali,
E gli huomini, e le donne: e non t’accorgi,
Come tutte le coſe 135Hor ſono innamorate
D’un’amor pien di gioia, e di ſalute?
Mira là quel colombo
Con che dolce ſuſurro loſingando
Bacia la ſua compagna. 140Odi quel’uſcignuolo,
Che và di ramo in ramo
Cantando, Io amo, io amo: e, ſe no’l ſai,
La biſcia laſcia il ſuo veleno, e corre
Cupida al ſuo amatore: 145Van le tigri in amore:
Ama il leon ſuperbo: e tu ſol, fiera,
Più che tutte le fere,
Albergo gli dineghi nel tuo petto;
Ma, che dico leoni, e tigri, e ſerpi, 150Che pur han ſentimento? amano anchora
Gli alberi. veder puoi, con quanto affetto,
Et con quanti iterati abbracciamenti
La vite s’auuiticchia al ſuo marito:
L’abete ama l’abete: il pino il pino: 155L’orno per l’orno, & per la ſalce il ſalce,
E l’un per l’altro faggio arde, e ſospira.
Quella quercia, che pare
Sì ruuida, e ſeluaggia,
Sent’anch’ella il potere 160De l’amoroſo foco: e, ſe tu haueſſi
Spirto, e ſenſo d’Amore, intendereſti
I ſuoi muti ſospiri. hor tu da meno
Eßer vuoi de le piante,
Per non eſſer amante? 165Cangia, cangia conſiglio,
Pazzarella che ſei. Sil.Hor sù, quando i ſospiri
Vdirò de le piante,
Io ſon contenta allhor d’eſſer amante. Daf.170Tu prendi à gabbo i miei fidi conſigli,
E burli mie ragioni? ò in amore
Sorda non men, che ſciocca: ma và pure,
Che verrà tempo, che ti pentirai
Non hauerli ſeguiti. e già non dico 175Allhor che fuggirai le fonti, ou’hora
Speſſo ti specchi, e forſe ti vagheggi,
Allhor che fuggirai le fonti, ſolo
Per tema di vederti creſpa, e brutta,
Queſto auerratti ben. ma non t’annuncio
180Già queſto ſolo, che, bench’è gran male,
È però mal commune. hor non rammenti
Ciò che l’altr’hieri Elpino raccontaua?
Il ſaggio Elpino, à la bella Licori,
Licori, ch’in Elpin puote con gli occhi 185Quel, ch’ei potere in lei douria col canto,
Se’l douere in amor ſi ritrouaſſe?
E’l raccontaua vedendo Batto, e Tirſi
Gran maeſtri d’Amore, e’l raccontaua,
Ne l’antro de l’Aurora, oue sù l’uſcio 190È ſcritto, Lungi, ah lungi ite, profani.
Diceua egli, e diceua, che glie’l diſſe
Quel grande, che cantò l’armi, e gli amori,
Ch’à lui laſciò la fistola morendo,
Che là giù ne lo’nferno è un nero speco, 195Là doue eſſala un fumo pien di puzza
Da le triste fornaci d’Acheronte;
E che quiui punite eternamente
In tormenti di tenebre, e di pianto
Son le femine ingrate, e ſconoſcenti. 200Quiui aspetta, ch’albergo s’apparecchi
À la tua feritate:
E dritto è ben, ch’il fumo
Tragga mai ſempre il pianto da quegli occhi,
Onde trarlo giamai 205Non potè la pietate.
Segui, ſegui tuo stille,
Ostinata che ſei.
Sil.Ma, che fe allhor Licori? e com’ rispoſe
À queste coſe? Daf. Tu de’ fatti propri 210Nulla ti curi, e vuoi ſaper gli altrui.
Con gli occhi gli riſpoſe. Sil.Come riſponder ſol puote con gli occhi? Daf.Rispoſer queſti con dolce ſorriſo,
Volti ad Elpino, Il core, e noi ſiam tuoi; 215Tu bramar più non dei. Costei non puote
Più darti e tanto ſolo basterebbe
Per intiera mercede al caſto amante,
Se ſtimaſſe veraci, come belli,
Quegli occhi, e lor preſtaſſe intera fede. Sil.220E, perche lor non crede? Daf. Hor tu non ſai
Ciò che Tirſi ne ſcriſſe? allhor, ch’ardendo
Forſennato egli errò per le foreſte
Sì, ch’inſieme mouea pietate, e riſo
Nè le vezzoſe Ninfe, e ne’ paſtori? 225Nè già coſe ſcririuea degne di riſo,
Se ben coſe facea degne di riſo.
Lo ſcriſſe in mille piante, e con le piante
Crebbero i verſi, e così leſſi in una:
Specchi del cor fallaci infidi lumi, 230Ben riconoſco in voi gli inganni voſtri;
Ma, che prò? ſe ſchiuarli Amor mi toglie? Sil.Io qui trapaſſo il tempo ragionando,
Nè mi ſouuiene, c’hoggi è’l dì preſcritto,
Ch’andar ſi deue à la caccia ordinata 235Ne l’Eliceto. hor, ſe ti pare, aspetta,
Ch’io pria, deponga nel ſolito fonte
Il ſudore, e la polue, ond’hier mi sparſi,
Seguendo in caccia una dama veloce,
Ch’ai fin giunſi, & anciſi. Daf. Aſpetterotti, 240E forſe anch’io mi bagnerò nel fonte.
Ma ſino à le mie caſe ir prima voglio,
Che l’hora non è tarda, come pare.
Tu ne le tue m’aspetta, ch’à te venga,
E penſa in tanto pur quel che più importa 245De la caccia, e del fonte; e, ſe non ſai,
Credi di non ſaper, e credi a’ ſaui.
Da i piaceri di Venere lontana
Menarne tu questa tua giovanezza?
Ne’l dolce nome di madre udirai? 5Nè intorno ti vedrai vezzosamente
Scherzar i figli pargoletti? ah, cangia,
Cangia (prego) consiglio,
Pazzarella che sei. Sil.Altri segua i diletti de l’Amore, 10(Se pur v’è ne l’amor alcun diletto)
Me questa vita giova, e’l mio trastullo
È la cura, de l’arco, e de gli strali;
Seguir le fere fugaci, e le forti 15Atterrar combattendo; e, se non mancano
Saette a la faretra, o fere al bosco,
Non tem’io, che a me manchino diporti. Daf.Insipidi diporti veramente,
Ed insipida vita: e, s’a te piace,
È sol, perche non hai provata l’altra. 20Così la gente prima, che già visse
Nel mondo ancora semplice, ed infante,
Stimò dolce bevanda, e dolce cibo,
L’acqua, e le ghiande, ed or l’acqua, e le ghiande
Sono cibo, e bevanda d’animali, 25Poi che s’è posto in uso il grano, e l’uva.
Forse, se tu gustassi anco una volta
La millesima parte de le gioie,
Che gusta un cor amato riamando,
Diresti, ripentita, sospirando: 30Perduto è tutto il tempo,
Che in amar non si spende.
O mia fuggita etate,
Quante vedove notti,
Quanti dì solitari 35Ho consumati indarno,
Che si poteano impiegar in quest’uso,
Il qual più replicato, è più soave.
Cangia, cangia consiglio,
Pazzarella che sei:
40Che’l pentirsi da sezzo nulla giova. Sil. Quando io dirò, pentita, sospirando
Queste parole, che tu fingi, ed orni,
Come a te piace, torneranno i fiumi
A le lor fonti; e i lupi fuggiranno 45Da gli agni, e'l veltro le timide lepri;
Amerà l’orso il mare, e'l delfin l’alpi. Daf. Conosco la ritrosa fanciullezza:
Qual tu sei, tal io fui: così portava
La vita, e’l volto, e così biondo il crine; 50E così vermigliuzza avea la bocca;
E così mista col candor la rosa
Ne le guancie pienotte, e delicate.
Era il mio sommo gusto, (or me n'avveggio,
Gusto di sciocca) sol tender le reti, 55Ed invescar le panie, ed aguzzare
Il dardo ad una cote; e spiar l’orme,
E’l covil de le fere: e, se talora
Vedea guattarmi da cupido amante,
Chinava gli occhi, rustica, e selvaggia, 60Piena di sdegno, e di vergogna, e m'era
Mal grata la mia grazia, e dispiacente,
Quanto di me piaceva altrui: pur come
Fosse mia colpa, e mia onta, e mio scorno
L’esser guardata, amata, e desiata. 65Ma, che non puote il tempo? E che non puote,
Servendo, meritando, supplicando,
Fare un fedele, ed importuno amante?
Fui vinta. Io te’l confesso, e furon l’armi
Del vincitore, umiltà, sofferenza 70Pianti, sospiri, e dimandar mercede.
Mostrommi l’ombra d’una breve notte
Allora quel, che’l lungo corso, e’l lume
Di mille giorni non m’havea mostrato:
Ripresi allor me stessa, e la mia cieca 75Simplicitate, e dissi sospirando:
Eccotti, Cinthia, il corno, eccotti l’arco,
Ch’io rinunzio i tuoi strali e la tua vita.
Così spero veder, ch’anco il tuo Aminta
Pur un giorno domestichi la tua 80Rozza salvatichezza, ed ammollisca
Questo tuo cor di ferro, e di macigno.
Forse, ch’ei non è bello? Ò ch’ei non t’ama?
Ò ch’altri lui non ama? Ò ch’ei si cambia
Per l’amor d’altri? Over per l’odio tuo? 85Forse ch’in gentilezza egli ti cede?
Se tu sei figlia di Cidippe, a cui
Fu padre il Dio di questo nobil fiume;
Ed egli e figlio di Silvano, a cui
Pane fu Padre, il gran Dio de’ Pastori. 90Non è men di te bella (se ti guardi
Dentro lo specchio mai d’alcuna fonte)
La candida Amarilli; e pur ei sprezza
Le sue dolci losinghe, e segue i tuoi
Dispettosi fastidi. Or fingi, (e voglia 95Pur Dio che questo fingere sia vano)
Ch’egli, teco sdegnato, al fin procuri,
Ch’a lui piaccia colei, cui tanto ei piace,
Qual animo fia il tuo? O con quali occhi
Il vedrai fatto altrui? Fatto felice 100Ne l’altrui braccia, e te schernir ridendo? Sil.Faccia Aminta di se de’ suoi Amori,
Quel ch’a lui piace, a me nulla ne cale:
E, pur che non sia mio, sia di chi vuole:
Ma esser non può mio, s’io lui non voglio; 105Nè s’anco egli mio fosse, io sarei sua. Daf.Onde nasce il tuo odio? Sil. Dal suo amore. Daf.Piacevol padre di figlio crudele.
Ma, quando mai da i mansueti agnelli
Nacquer le tigri? O da i bei Cigni i corvi? 110O me inganni, o te stessa. Sil. Odio il suo amore,
Ch’odia la mia onestate, ed amai lui
Mentr’ei volse di me quel, ch’io voleva. Daf.Tu volevi il tuo peggio: egli a te brama
Quel, ch’a se brama. Sii. Dafne, o taci, o parla 115D’altro, se vuoi risposta. Daf. Or guata modi?
Guata, che dispettosa giovinetta?
Or, rispondimi almen, s’altri t’amasse,
Gradiresti il suo amore in questa guisa? Sil.In questa guisa gradirei ciascuno 120Insidiator di mia Virginitate,
Che tu dimandi amante, ed io nimico. Daf.Stimi dunque nimico
Il monton de l’agnella?
De la giovenca il toro? 125Stimi dunque nemico
Il tortore a la fida tortorella?
Stimi dunque stagione
Di nimicizia, e d’ira
La dolce Primavera? 130C’or allegra, e ridente
Riconsiglia ad amare
Il mondo, e gli animali,
E gli uomini, e le donne: e non t’accorgi,
Come tutte le cose 135Or sono innamorate
D’un amor pien di gioia, e di salute?
Mira là quel colombo
Con che dolce susurro losingando
Bacia la sua compagna. 140Odi quel’uscignuolo,
Che va di ramo in ramo
Cantando, Io amo, io amo: e, se no’l sai,
La biscia lascia il suo veleno, e corre
Cupida al suo amatore: 145Van le tigri in amore:
Ama il leon superbo: e tu sol, fiera,
Più che tutte le fere,
Albergo gli dineghi nel tuo petto;
Ma, che dico leoni, e tigri, e serpi, 150Che pur han sentimento? Amano ancora
Gli alberi. Veder puoi, con quanto affetto,
E con quanti iterati abbracciamenti
La vite s’avviticchia al suo marito:
L’abete ama l’abete: il pino il pino: 155L’orno per l’orno, e per la salce il salce,
E l’un per l’altro faggio arde, e sospira.
Quella quercia, che pare
Sì ruvida, e selvaggia,
Sent’anch’ella il potere 160De l’amoroso foco: e, se tu avessi
Spirto, e senso d’Amore, intenderesti
I suoi muti sospiri. Or tu da meno
Esser vuoi de le piante,
Per non esser amante? 165Cangia, cangia consiglio,
Pazzarella che sei. Sil.Or su, quando i sospiri
Udirò de le piante,
Io son contenta allor d’esser amante. Daf.170Tu prendi a gabbo i miei fidi consigli,
E burli mie ragioni? O in amore
Sorda non men, che sciocca: ma va’ pure,
Che verrà tempo, che ti pentirai
Non averli seguiti. E già non dico 175Allor che fuggirai le fonti, ov’ora
Spesso ti specchi, e forse ti vagheggi,
Allhr che fuggirai le fonti, solo
Per tema di vederti crespa, e brutta,
Questo averratti ben. Ma non t’annuncio
180Già questo solo, ché, bench’è gran male,
È però mal commune. Or non rammenti
Ciò che l’altr’ieri Elpino raccontava?
Il saggio Elpino, a la bella Licori,
Licori, ch’in Elpin puote con gli occhi 185Quel, ch’ei potere in lei dovria col canto,
Se’l dovere in amor si ritrovasse?
E’l raccontava vedendo Batto, e Tirsi
Gran maestri d’Amore, e’l raccontava,
Ne l’antro de l’Aurora, ove su l’uscio 190È scritto, Lungi, ah lungi ite, profani.
Diceva egli, e diceva, che glie’l disse
Quel grande, che cantò l’armi, e gli amori,
Ch’a lui lasciò la fistola morendo,
Che là giù ne lo’nferno è un nero speco, 195Là dove essala un fumo pien di puzza
Da le triste fornaci d’Acheronte;
E che quivi punite eternamente
In tormenti di tenebre, e di pianto
Son le femine ingrate, e sconoscenti. 200Quivi aspetta, ch’albergo s’apparecchi
A la tua feritate:
E dritto è ben, ch’il fumo
Tragga mai sempre il pianto da quegli occhi,
Onde trarlo giamai 205Non potè la pietate.
Segui, segui tuo stille,
Ostinata che sei.
Sil.Ma, che fe allor Licori? E com’ rispose
A queste cose? Daf. Tu de’ fatti propri 210Nulla ti curi, e vuoi saper gli altrui.
Con gli occhi gli rispose. Sil.Come risponder sol puote con gli occhi? Daf.Risposer questi con dolce sorriso,
Volti ad Elpino, Il core, e noi siam tuoi; 215Tu bramar più non dei. Costei non puote
Più darti e tanto solo basterebbe
Per intiera mercede al casto amante,
Se stimasse veraci, come belli,
Quegli occhi, e lor prestasse intera fede. Sil.220E, perché lor non crede? Daf. Or tu non sai
Ciò che Tirsi ne scrisse? Allor, ch’ardendo
Forsennato egli errò per le foreste
Sì, ch’insieme movea pietate, e riso
Ne le vezzose Ninfe, e ne’ paſtori? 225Nè già cose scririvea degne di riso,
Se ben cose facea degne di riso.
Lo scrisse in mille piante, e con le piante
Crebbero i versi, e così lessi in una:
Specchi del cor fallaci infidi lumi, 230Ben riconosco in voi gli inganni vostri;
Ma, che prò? Se schiuarli Amor mi toglie? Sil.Io qui trapasso il tempo ragionando,
Nè mi sovviene, c’hoggi è’l dì prescritto,
Ch’andar si deve a la caccia ordinata 235Ne l’Eliceto. Or, se ti pare, aspetta,
Ch’io pria, deponga nel solito fonte
Il sudore, e la polve, ond’ier mi sparsi,
Seguendo in caccia una dama veloce,
Ch’ai fin giunsi, ed ancisi. Daf. Aspetterotti, 240E forse anch’io mi bagnerò nel fonte.
Ma sino a le mie case ir prima voglio,
Che l’ora non è tarda, come pare.
Tu ne le tue m’aspetta, ch’a te venga,
E pensa in tanto pur quel che più importa 245De la caccia, e del fonte; e, se non sai,
Credi di non saper, e credi a’ savi.