Viaggio sentimentale di Yorick (1813)/XLVII
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Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
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XLVII. | IL PASSAPORTO |
versailles
Ma io non sono mai sì perplesso, come quando ho da dire a taluno ch’io mi sia — e vi sono pochi de’ quali io non possa dar conto migliore assai che di me; e perciò sovente ho desiderato che mi bastasse una parola sola — e sbrigarmene; il che non m’incontrò mai fuorchè in questa occasione — però che l’edizione di Shakspeare su lo scrittojo mi fe’ sovvenire che vi si parlava di me — mi pigliai l’Amleto, e svolgendolo in un batter d’occhio, verso la scena de’ beccamorti nell’atto quinto, stesi il mio dito sopra di YORICK1, e ponendo sotto gli occhi del conte il volume,
col dito tuttavia su quel nome — gli dissi: Me voici.
— Or — l’idea del cranio del povero Yorick fu ella cancellata nella memoria del conte dall’attuale presenza del mio? o per quale incantesimo traversò egli d’un salto lo spazio di sette in ottocent’anni? — Ma qui non si tratta di ciò — certo è che i francesi concepiscono meglio di quel che combinino — e oramai non mi confondo di cosa veruna di questo mondo; tanto più che uno de’ primati della nostra chiesa (personaggio ch’io, pel suo candore e per le paterne sue viscere, venero sommamente) pigliò per l’appunto il medesimo granchio — «Non posso, diceva egli, non posso indurmi a posare gli occhi sovra le omelie2 scritte dal buffone del Re de’ Danesi» —
Sta bene, rispondeva io; ma, monsignore, i Yorick sono due. L’uno, di cui parla Vostra Eccellenza, è morto già da otto secoli, e seppellito; e fioriva nella corte di Ordenvillo — l’altro Yorick mi son io, che non fiorisco, monsignore, in corte veruna — Il prelato crollava il capo — Dio buono! diceva io; a questo modo ella, monsignore, scambierebbe Alessandro il grande per Alessandro calderajo3 — Tant’è: tornava a dire il prelato —
— Se Alessandro re de’ Macedoni, soggiuns’io, potesse trasferir monsignore a miglior vescovado — sono sicuro che monsignore non direbbe così.
Il povero conte de B*** non cadde se non nel medesimo errore —
Et monsieur est-il Yorick? gridò il conte — Je le suis — Vous? — Moi — moi que ai l’honneur de vous parler, monsieur le comte — Mon Dieu! diss’egli abbracciandomi — vous étes Yorick!
E si calcò frettoloso in saccoccia quel volume di Shakspeare — e mi lasciò solo nelle sue stanze.
Note
- ↑ Yorick non è interlocutore nella tragedia; bensì i beccamorti, scavando una fossa, ravvisano il cranio di lui; e il principe Amleto piange sovr’esso, poichè l’aveva veduto in vita più volte a rallegrare con le sue celie i conviti del re. Per bizzarria d’accidente, Stern in inglese suona tristamente severo. L’autore lo cambiò in Yorick, e per la prima volta nel Tristram Shandy, dove dipinge il proprio carattere vol. i. Gli scrittori della sua vita dicono ch’egli si compiacesse del nome di un buffone in odio dell’ipocrisia la quale egli credeva sempre velata dalla serietà, dalla gravità, dalla severità, e dall’altre inumane virtù. Nè io dissento da questa opinione. Ma, a parer mio, più vera ragione si è, che l’antico Yorick, come è descritto da Shakspeare, muove insieme al riso e alle lagrime; e così appunto il nostro autore in ogni sua pagina; anzi mentre professa il ridicolo riesce assai più nel patetico: Vedi il proemio alla mia traduzione.
- ↑ Stampò col nome di Yorick le omelie ch’egli
- ↑ E San Paolo si doleva pur molto di questo calderajo: Alexander ærarius multa mala mihi ostendit: reddet illi Dominus secundum opera ejus — Epist. ad Timoth. ii. cap. iv. 14. — Alexander, quem tradidi Satanæ, ut discat non blasphemare. — ad Timot. i. cap. i, 20.
aveva già predicate nella sua parrocchia; e sono tenute l’opera sua migliore. Egli stesso mandando tutti i suoi libri ad Elisa scrive: «Gli altri scritti mi uscitirono dal cervello — vi siano care soltanto le omelie le quali mi sgorgarono calde tutte dal cuore.» — Yorick’s letters to Eliza i.