Viaggio sentimentale di Yorick (1813)/LVIII

LVIII. Frammento

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
LVIII. Frammento
LVII LIX

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LVIII. FRAMMENTO


— Sendo che la mogliera del notajo s'incagnasse ad misdire et contradiare al notajo, il notajo si gittò a piedi la perghamena et disse: Harrei caro vi fussi uno altro notajo ad rogare et testimoniare ogni cosa. Et la mogliera del notajo, sì come colei che era uno cotal turbinio di feminella aizzosa, disse al notajo: Et allhora che vorrestu fare, messere? Disse il notajo: Vorre’ n’andassimo a letto: lo che disse stimando con una parola buona si diradassi quel tempo nero. Disse la donna: Va’ dormi col diavolo. Advegna idio che, affuori uno, non fussino in casa il notajo altri letti; et le altre due camere etiandio, secondo la usanza di Parigi, non havessino masseritia; il notajo, al quale non tornava di giacersi allato a una donna che havealo che è che è dirottamente mandato ad casa il dimonio, si tolse lo cappello et la mazza, et recatasi indosso la cappa, Christo vi guardi di sì fatta notte piorna et ventosa, sì si parti; et camminando ad disagio capitò al ponte nuovo. Il quale, di magnificentia et vaghezza et grandezza et elegantia et larghezza, oltre ad chentunque ponte che adgiunga terra a terra nel cerchio de la mole [p. 184 modifica]terracquea, è bellissimo1. Con cio sia cosa che nè anche i nostri theologhi et sancti doctori de la Sorbona possano apporgli reitade; salvo che a pena trahe sì poco alito di vento che gran mercè che tu n’empia un beretto, il Sacredieu disquilla di bocca a christiani più biastemmevolmente sopra decto ponte che in qual ti voglia altra gola della città. Et come che dicano e’ predecti maestri rigidi et buoni, essere reitade pessima questa, dico: Che il vento da addosso ad ogni christiano, et non che gridi bada ad te, fistia alla impensata, attalchè se di cotanti che da buon massai valicano il ponte in zucca, sessanta soli per paura d’assiderare si tenessino in testa lo cappello, si giocherebbono a zara soldi cinquanta de’ piccioli che tanto dee isborsare al di d’hoggi chiunque harrà voglia di buon cappello. Laonde al notajo cattivello che veniva rasente la sentinella liviritta, et sollevava, da naturale advedimento mosso, la mazza ad calcarsi lo cappel ne la nuca, incontrò, che la ghiera de la mazza s’appicciò ne lo cappio de lo cappello di detta sentinella, lo quale come havesse alie volò, che il notajo non se n’avide, da [p. 185 modifica]le ferriate del ponte; bensì, come aliava su le acque de la Senna, avidesene uno navicellajo dabbene et sì lo raccolse dicendo: Tristo è ’l vento che non reca che che sia a chi che sia. Ma il soldato, che guascone era, s’arroncigliò di subito le basette, et impostò lo archibugio, salvo che non si trovò allato la miccia2; advegna che una vecchierella a la quale a capo del ponte s’era spento uno suo lanternino avesse accattata, tanto che potesse ralluminarlo, la miccia dal soldato; et il sangue di costui hebbe agio ad freddarsi, et dove inprima intendeva che il notajo desse de’ calci ad rovajo, s’advisò d’altra maniera ad lasciare ire il notajo, et fare tutta fiata suo pro. Imperò acchiappò di capo al notajo lo cappello, a legittimagione del bottino allegando lo dettato di esso navicellajo: Tristo è ’l vento che non reca che che sia a chi che sia. Lo sciaurato notajo valicò il ponte, et come lo conducevano e’ piedi, passava per la via che in Parigi dicono de lo Delfino nel borgo di sancto Germano, et ne lo andare rammaricavasi con esso seco dicendo: Oymei, oymè dolente, oymè tristo, oymè gramo, oymè nato per vivermi [p. 186 modifica]abburattato da le burrasche; et tempestato da la gragnuola de le male lingue le quali per l’arte mia mi saettano in piazza et in casa et in chiesa; et constretto da li fulmini di sancta chiesa a le sponsalitie con una bufera di femmina; et sfolgorato di casa mia da rovaj domestici; et lasciato così in zucca da pontificij. Dove me n’anderò io pezzendo al bujo, al sereno, al maltempo, et balestrato hor qua hor là dove con più dura riotta mareggia fortuna? Dove ti adagierò io, o mia povera testa? Hay huomo malarrivato nel mondo. Ma a la croce d’Idio, nè unque a Dio piacerà che sol uno, non fussi altro, da li trentatre punti de la bussola non mi spiri vento gratioso, sì come a tante altre creature? Sì tapinandosi s’advenne ad brancolare per entro uno cieco tortuglio; nè sappiendo dov’e’ si fosse, gli venne udita una voce che chiamava la fante perchè corresse per lo più vicino notajo. Onde che il notajo, con cio sia cosa che vicinissimo si trovasse, senza altro aspettare giudicò ben fatto di salire, come che a tentone, per l’uscio onde la voce veniva. Et la fante, menandolo attraverso una caminata, condusselo in una camera grande la quale oltre una alabarda, una lorica, uno vecchio rugginito spadone, et una tracolla, appiccati con pendagli ne le quattro [p. 187 modifica]pareti l’uno a rincontro de l’altro, altri addobbi allhoramai non havea. Et sopra il lettuccio giacea uno vecchione canuto il quale fu, et se col tramonto de la fortuna non s’obscura etiandio la nobilità del sangue, era tuttavia gentilhuomo; et d’una mano si facea sostegno a la testa. Era accanto al lettuccio uno deschetto sul quale ardeva una lucernina, e quivi presso una scranna su la quale il notajo senza far motto adagiatosi, et toltosi di cintola il pennajuolo, acconciò innanzi a sè il calamajo, et due fogli bianchi che si trovava havere indosso: et come hebbe intinta la penna, si curvò col petto sul desco, stando in orecchi ad udire et scrivere le volontà extreme et il testamento del gentilhuomo. Il quale sorreggendosi alquanto su l’origliere, parlò: Lasso me; tu di certo, Messer lo notajo, non sai com’io, non che possa far lasciti, mi veggio morire senza havere di che satisfarti del testamento. Ma quanto più posso ti priegho che tu comporti questa fatica di scrivere la mia hystoria; per ciò che, come che ferventemente io desideri di andarne hoggimai dove a Dio piacerà, non chiuderò in pace questi occhi se non lascio per heredità al mondo la hystoria mia la quale fia letta da ogni huomo che vive, cotanto è fiera et diversa: et ad te in [p. 188 modifica]mercede de la scrittura, tanto ch’io detto, lascierò per legato il guadagno che divulgandola ne trarrai; di che senza niun dubbio farai ricco te et casa tua. Il notajo ritinse di botto la penna nel calamajo. Et quel canuto levando gli occhi pietosamente et stendendo al cielo le palme, adorò tacito alquanto, poi disse: Onnipotente direttore di tutti i casi della vita mia, il quale vedi per che labyrinto lunghissimo di disastrosi sentieri et a che extremità et disperata desolatione m’hai di tua mano condotto, oh mio Dio; soccorri a la inferma memoria d’un vecchio moribondo et che ha il cuor dilaniato; diriggi la mia parola con lo spirito eterno de la tua verità affinchè questo forestiero non debbia scrivere sol una sillaba che non sia hoggimai notata nel libro de’ tuoi ricordi per li quali (et in questo dire giunse le mani et con voce alta gridò) io sto per essere o condannato o assolto. Et il notajo sollevò la punta de la sua penna tra l’occhio suo et la fiammella: al quale il vecchio, dopo alcun silentio, disse: Messer lo notajo, tu scrivi una hystoria per la quale la natura agiterà le viscere de la misericordia ne gli huomini, et spezzerà i cuori pietosi, et obbligherà al pianto fin anche la crudeltà. Il notajo infiammava, et gli parea mill’anni di scrivere, et [p. 189 modifica]ritinse un altra fiata la penna: et il vecchio gentilhuomo, voltosi con la persona al notajo, et la hystoria dettandogli, cominciò — 3

— E il rimanente? diss’io; ov’è il rimanente, La Fleur? Perchè La Fleur per l’appunto tornava nella mia stanza —

Note

  1. E’ pare da ciò che il frammento non sia di scrittore francese. Nota del tradut. inglese.
  2. Agli archibugi d’allora bisognava la miccia a dar fuoco. Il tradut. inglese.
  3. Yorick non tradusse questo frammento in inglese antiquato; ma io Didimo volendo pur dedicare a’ maestri miei alcun mio tenue lavoro che, come frutto delle loro lezioni, riescisse di lor gradimento, colsi quest’occasione ed imitai le orazioni e le storie ch’essi all’età nostra vanno gemmando de’ più riposti giojelli di Fra Giuda, e del Semintendi. Ma perchè, da questo Frammento in fuori, il libricciuolo è dedicate alle donne gentili, le quali al parroco Yorick e a me suo chierico insegnarono a sentire e quindi a parlare men rozzamente, io per gratitudine aggiungerò questo avviso per esse — La lingua italiana è un bel metallo che bisogna ripulire della ruggine dell’Antichità, e depurare della falsa lega della moda; e poscia batterlo genuino in guisa che ognuno possa riceverlo e spenderlo con fiducia; e dargli tal conio che paja nuovo e nondimeno tutti sappiano ravvisarlo. Ma i poverelli, detti Letterati, non avendo conio proprio, lo accattano da Fra Giuda, e mordono per invidia chi l’ha del suo: e i damerini, detti scienziati, piangono ipocritamenteFonte/commento: Pagina:Viaggio sentimentale di Yorick (1813).djvu/274 dicendovi, che la povertà della lingua li stringe a provvederle di fuori. I primi non hanno mente, gli altri non hanno cuore; e non avranno mai stile.