Viaggio in Dalmazia/Del Contado di Spalatro/3. Rovine di Salona

3. Rovine di Salona

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§. 3. Rovine di Salona.

Per andar a visitare i miserabili vestigj di Salona fa d’uopo varcare il fiume due miglia lontano da Spalatro a Tramontana su d’un cattivo ponte, ben differente da quello, che v’avranno costruito i Romani. Esce l’Hyader dal piè della montagna di Clissa bello e formato, nè à d’uopo di accessioni avventizie per mettere in mare con qualche dignità.

Presso alla di lui sorgente trovansi ossa lapidefatte nel solito impasto di scheggie marmoree, e di terra ferrigno-petrosa, delle quali conserva qualche esemplare nel suo [p. 43 modifica]Palazzo Arcivescovile Monsignor Garagnini, pio, ed ospitale Prelato, Padre dei poveri, e particolarmente benemerito della Storia Naturale pell’accoglienza fatta all’Amico mio Signor Martino Brunnich P.P. a Coppenhague, che in segno della sua gratitudine gli à dedicato un Opuscolo sopra i pesci dell’Adriatico1.

La Città di Salona, che fu sì grande e prima, e dopo d’aver subito il giogo Romano, è adesso un meschino villaggio, che conserva poco riconoscibili avanzi dell’antico splendore. Fa d’uopo, che i due ultimi secoli abbiano distrutto ciò, ch’era sfuggito alla barbarie delle Nazioni settentrionali, che la rovinarono. Io trovo in una pregevole Relazione ms. della Dalmazia, scritta dal Senatore Giambattista Giustiniani intorno alla metà del XVI secolo un cenno di quanto vi sussisteva in quel tempo.

„La nobiltà, grandezza, e magnificienza della Città di Salona si comprende dai volti, ed archi del Teatro meraviglioso, che oggi si vedono, dalle grandissime pietre di finissimo marmore, che sono sparse e sepolte per quei campi; dalla bella colonna fatta di tre pezzi di marmore, la quale sta ancor in piedi nel luogo, dove si dice ch’era l’Arsenale verso la marina; e dai molti archi di meravigliosa eccellenza sostentati da colonne altissime di marmore, la cui altezza è un tirar di mano, sopra li quali v’era un Acquedotto che conduceva da Salona a Spalatro... Si vedono d’appresso diverse rovine, e vestigie di gran Palazzi, e in molte bellissime pietre di marmore si leggono Epitafi antiqui: ma il terreno [p. 44 modifica]chè cresciuto à sepolto le più antique pietre, e le più belle cose“.

Gli abitanti del villaggio, che sorse dalle rovine di Salona, traggono pur troppo spesso di sotterra Iscrizioni, ed altri lavori d’antichi scalpelli: ma la costoro ingordigia è così proporzionata alla barbarie, ch’ eglino preferiscono il rompere, e guastare ogni cosa al ritrarne un discreto prezzo. Io ò tentato di salvare alcune belle Lapide nuovamente scoperte dalle triste mani d’un villano che ne avea di già guaste molte altre, delle quali vidimo i rottami, per farsi delle imposte di finestre, e di porte: ma la di lui avidità ruppe i miei disegni per allora, e mi dovetti contentare di ricopiarle.

Un gran numero d’Iscrizioni Salonitane non pubblicate à raccolto un diligente Cittadino di Spalatro, dalla di cui cortesia io non ò potuto ottenerle. Egli le destinava all’Illustratore di quelle, che per la maggior parte deformate si trovano nel Vol. II dell’Illirico Sacro; e tanto meno ardisco dolermi, che mi sia stato preferito il celebre Uomo, quanto più sono lontano dall’impegnarmi ad illustrarle diffusamente, cosa che mi allontanerebbe dall’oggetto mio principale. Io avrei forse trascurato del tutto i residui antichi, se l’esempio rispettabile del Sig. de Tournefort non m’avesse dato coraggio di farne menzione alla sfuggita. L’aver poi conosciuto quanto facilmente traveggano, e scrivano cose ovvie, o puerili coloro, che si mettono a far gl’illustratori di antiche cose senz’aver fatto di proposito, e a lungo studj antiquarj, mi à persuaso a metter tutta questa messe fra le mani del dottissimo, ed eruditissimo Amico mio, il Co: Abate Girolamo Silvestri di Rovigo, come farò di quanto ne’ viaggi miei potesse cadermi sotto gli occhi d’antico. [p. 45 modifica]

Il pericolo quotidiano di essere distrutte minaccia tutte le cose di questo genere, che trovansi sparse pella Dalmazia; ed anche per una sì lagrimevole ragione mi sono creduto in dovere di parlarne. Io spero, che Voi ben lungi dal condannarmi, approverete la mia diligenza, che spargerà forse un poco di varietà non disaggradevole nel mio Scritto, reso pur troppo stucchevole dall’aridità delle materie Orittologiche.

Se le lagrimevoli macerie di Salona non bastassero a precisamente determinare il sito, dov’ella sorgeva stesa in riva del mare, ce lo avrebbe assai chiaramente indicato Lucano:

          Quà maris Adriaci longas ferit unda Salonas,
          Et tepidum in molles zephyros excurrit Hyader.

Dev’essere stato guasto il testo di Cesare, che mette Salona in edito colle; non si può credere altramente, da ch’egli dovea ben conoscere la vera situazione di que’ luoghi.

Questo fiumicello, che non corre più di tre miglia, incappandosi tratto tratto in banchi tofacei, nodrisce nelle sue grotte muscose una squisita spezie di Trote. Di quì prese motivo alcuno Autore, ben più giusto apprezzatore dei bocconi ghiotti che delle azioni de’ grand’Uomini, di lasciarci scritto, che Diocleziano (facendo peggio d’Esaù) rinunziò al piacere di comandare a quasi tutta la Terra allora cognita, per mangiarsi tranquillamente di que’ pesci a crepapancia nel suo magnifico ritiro di Spalatro. Io non so se a Diocleziano piacesse il pesce, come gli piacevano gli erbaggi; ma credo, che anche per un uomo non ghiotto Spalatro dovess’essere un delizioso soggiorno; e per crederlo più fermamente m’immagino rivestita di antichi boschi la vicina montagna, che pell’orrida sua nudezza riverbera a’ tempi nostri un troppo insofferibile [p. 46 modifica]caldo ne’ giorni estivi. È ben chiara cosa, che un accesso di buona filosofia, e forse un tratto di giudiziosa politica sia stato il motivo della ritirata di Diocleziano. Egli visse dieci anni in quiete a Spalatro, e forse avrebbevi goduto di più lunga vita se le Lettere di Costantino, e di Licinio non fossero venute a inquietarlo. Ad onta di tutto il male, che di questo Imperadore Dalmatino ànno lasciato scritto ricopiandosi l’un l’altro gli Autori Cristiani, forse più pii che imparziali, e veridici, fa d’uopo confessare, ch’egli fu un uomo di merito sommo, salito al Trono senza macchiarsi di sangue civile, condottovi dalle proprie virtù, e che dopo vent’anni d’Impero diede peravventura il maggior esempio di moderazione filosofica, che sia mai stato sentito al Mondo. Io conto per distinto pregio di Diocleziano l’essere stato lodato da Giuliano ne’ Cesari, che l’avrebbe certamente punto se avesse potuto farlo.

  1. Martini Th. Brunnichii, Ichthyologia Massiliensis, & Spec. Ichth. Hadr. & c. Hafniæ & Lipsiæ. 1769. in-8.