Venti vite d'artisti/Giotto di Bondone
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Giotto di Bondone da Vespignano cittadino fiorentino.
Nacque Giotto ne la villa di Vespignano presso a Firenze circa agl’anni del Signore 1275 per ordine de la natura la quale voleva come si è detto risucitare l’arte del dipignere, et essendo poverissimo era mandato dal padre a guardar le pecore insieme con alcuni altri, dove essendo inclinato da la natura a dipignere lasciando stare gl’altri spassi pastorali si separava da gli altri guardiani e tutto ’l giorno su per le lastre con sassi e con carboni e con altro attendeva in quel modo che gli porgeva la natura a dipingere ritraendo pur sempre cose naturali. Ora essendosi egli posto un giorno in su la strada a ritrarre una pecora in su una lastra avenne che passò di quivi Cimabue, il qual tornava da un suo luogho di Mugello, e essendo pittore e veggendo questo fanciullo che con istudio e attenzione grandissima ritraeva questa pecora di sorte che non si accorgeva che Cimabue lo stessi a vedere, quando gli parve ch’egli l’avessi fornita glela chiese che egli gle la mostrassi, al che il fanciullo allegramente con lieta faccia, che era d’aspetto assai grato ancorché egli fussi nato in villa, rispose molto volentieri; il quale disegno considerando molto diligentemente Cimabue e veggendo che in quella era molto più arte che in cosa nessuna che egli avessi ancor mai veduto in pittura, il che gli aveniva per essere ella ritratta di naturale e cavata dal vero, cominciò a considerare lo ingegno grande et lo advedimento che aveva questo fanciullo poi che egli primieramente cominciava a mostrar qual fusse il vero modo di far bene in simile arte, cioè il ritrarre le cose dal naturale, la qual cosa non era ancora da nessuno stata considerata; imperò che allora quando que’ maestri di que’ tempi volevono dipignere o fighure o animali o altro, le facevono con quel modo e con quella maniera ne la quale eglino avevono fatto l’abito senza considerare le naturali. E però, se bene voi avvertite, voi vedrete tutte le fighure di que’ tempi essere quasi un modo medeximo o co’piedi appiccati per lo lungho al muro, o le mani aperte e tutte; simigliarsi nel busto, anzj aver quasi quel medeximo, la qual cosa è drittamente contra la natura, come può bene osservare ciascheduno. Poichè in tanta moltitudine d’uomini che si sono veduti a’ tempi nostri non se n’è ancora trovati mai due (1) che si somiglino tanto che si scambiassino l’uno da l’altro: e se bene scrive di alcuni Plinio sono stati sì rari che non fanno caso, e il simile ancora dipoi fecion tutti que’ maestri che seguitorno il dipignere di maniera, cioè non cercorno di cavare le cose dal naturale. Veduto adunque Cimabue questo fanciullo gli parve cosa miracolosa, onde gli domandò di chi egli fussi figliuolo e se egli voleva andare a star seco a dipignere, alle quali parole rispose il fanciullo che molto volentieri andrebbe quando se ne contentassi Bondone suo padre. Laonde fattosi menare Cimabue al padre da lui e salutatolo amorevolmente si maravigliò veggendolo di bellissimo e nobile aspetto essendo contadino, finalmente chieggendoli il suo figliuolo e exortandolo con molte ragioni che egli glelo dessi, dicendogli come egli era dipintore che lo voleva per exercitarlo in quella arte alla quale egli cognosceva che egli era molto inclinato, finalmente l’ottenne, e partitosi ne lo menò a Firenze e cominciò a farlo disegnare et a exercitarlo ne la pittura, de la quale arte in brevissimo tempo egli venne maestro eccellentissimo, e la cagione fu per esercitarsi in quelle cose dove lo inclinava la natura, la qual cosa se lo facessino tutti gli huomini non è dubbio alcuno che ci sarebbono in tutte le arti maestri eccellentissimi come disse il nostro Dante:
Ma noi torciamo a la religione
tal che fia nato a cignersi la spada
e facciam (2) re di tal che è da sermone,
sì che la traccia nostra è fuor di strada.
Nè è da maravigliarsi adunche se si trova in ciascuna arte sì pochi buon maestri. Divenne adunche Giotto nella pittura maestro excellentissimo et salì in tanta fama che pubricamente si diceva che egli aveva ritrovata la pittura antica. E questo si è perchè lasciando egli la rozza e poco dotta maniera de’ Greci arrecò l’arte al naturale acconpagnandola con grazia e gentilezza; et veggendo quello che altri insino alora non aveva veduto fu maraviglioso nella compositura, vario ne le invenzioni, diligente nel colorire, diligente ritrovatore del vero et inmitatore grandissimo de la natura. E fra l’altre cose osservo questo nelle sue pitture, che è molto bello, che tutte le sue figure pare che faccino quello che si conviene loro: quelli che ànno dolore paiono maniconjchi, le liete allegre, e quelle che ànno di che temere pare che sien paurose; la qual cosa insino a’ tempi nostri no pare che abbia osservato alcuno altro meglio che Michelagnolo Buonarroti come ne fa chiara fede il iudizio fatto da lui a Roma al tempo di papa Paulo, dove così come i beati pare che sieno contentissimi e mostrino allegreza grandissima, i dannati per il contrario mostrono nel volto un dolore maraviglioso, la qual cosa à egli forse cavata da Giotto sopradetto, le cose del quale andava egli mentre che era in Firenze spessissime volte a vedere, e fu veduto particularmente stare nella cappella allato alla maggiore di santa Croce, dove son certi frati che piangono la morte di s. Francesco, tre e quattro ore per volta. Fece questo Giotto di molte opere in vita sua perchè fu grandissimo lavorante e di tal sorte che ancora oggi sono molto lodate et non solamente in Firenze, ma per tutta la Italia, dove egli consumò la gioventù sua. Cominciò aquistar fama nell’opera grande che è di suo mano nella chiesa di s. Francesco d’Ascesi cominciata da Cimabue. Dipinse ancora in santa Maria degl’Angioli, dipoi se n’andò a Roma dove dipinse la tribuna di san Piero, e fece la nave di musaico che fu tenuta cosa maravigliosa, e nella Minerva una tavola e un crocifisso. Andossene dipoi a Napoli dove dipinse in s. Chiara lo Apocalipse e nel Castello (3) dello Uovo et nella sala del re molti huomini famosi. Dipinse in Padova nella chiesa de’ frati Minori. Dipinse in Firenze nella sala della parte guelfa in istoria, e in capo della scala una figura: nel palagio del podestà la cappella di santa Maria Magdalena dove ritrasse Dante di naturale. Nella chiesa di santa Croce quattro cappelle, cioè (4) 3 allato alla cappella maggiore inverso la sagrestia e una dall’altra banda con alcune tavole. Dipinse la tavola della cappella de’ Baroncegli sotto la quale è il nome suo. Fece sopra la porta del fianco di santa Croce un bellissimo disposto di croce, et sopra la cappella de’ Bardi un san Francesco quando à le stimate. Fece sopra la porta di Badia una nostra Donna con figure e dipinse nella cappella maggiore. Dipinse nella chiesa d’Ognisanti una cappella e un crocifisso grande et una tavola, che iv’è la morte di nostra Donna con dodici apostoli. Dipinse una tavola in san Giorgio et un crocifisso grande in santa Maria novella, et un san Lodovico sopra la sepultura de’ Salteregli allato al tramezzo di sopra. Dipinse Lunghoarno in sulla piazuola da’ Gianfiglazzi di fighure piccole una nostra Donna e altro, nel qual luogo è stato veduto più volte Michelagnolo fisamente ragguardare. Costui fu finalmente quello a cui si concede la lode e il vanto di avere risucitata la pitura che era estinta, come si legge nel epitaffio che è posto sotto la testa sua in santa Maria del Fiore. Nè solamente fu valente ne la pittura, ma ancora nella scultura e nella architettura, la quale cosa doppo di lui si è ritrovata solamente in Andrea Cioni, e perfettissimamente in Michelagnolo come diremo di sotto, imperò che egli fece il modello del campanile di santa Maria del Fiore et cominciollo, ma nol potè finire interponendosi la morte, nel quale sono di suo mano quelle prime storiette di mezzo rilievo. Finalmente essendo molto stimato et honorato di fuori et in Firenze e fatto cittadino fiorentino, si morì ne 1336 e fu onoratamente seppellito come gl’altri huomini eccellenti nella chiesa cattedrale, et in sua memoria fattovi per le mani di......... la inmagine della sua testa con uno epitaffio che infra le altre cose dica di lui che egli fu il ritrovatore della pittura che era estinta come si è detto più volte di sopra, et lasciò di molti discepoli de’ (5) quali si farà menzione qui di sotto.