Un bel sogno/XIX
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XIX
Havvi un’età nella vita in cui tutte le emozioni, tutti gli avvenimenti lasciano sull’animo una traccia così leggera, che poco dura e si cancella tosto; l’età di Laura. — Nella donna specialmente si constata questo fatto. — È arduo assai l’ammettere che tutto ciò che sente una ragazza ne’ suoi primi anni tragga sorgente dal cuore; questo organo del nostro corpo è di tempra sì delicata e sensibile che serba sempre un rimasuglio di ricordo per tutto quello che vi è passato sopra. — Non si può negarlo, i grandi sentimenti della gioventù sono eccitati per la massima parte dalla fantasia che si compiace d’ingrandire ed esagerare ogni piccola cosa. — Egli è solo in età più avanzata, allorquando il cuore ha preso il sopravvento sull’immaginazione che gli affetti, le aspirazioni, i desiderii hanno un senso più vero, un carattere più stabile.
Se così non fosse, in qual modo sarebbe giustificabile la condotta di Laura, dove trovare un argomento per menomare alquanto, e rendere scusabile la sua incostanza?... Niuno oserebbe dire che Laura fosse di cattivo cuore; no, quella giovinetta per quanto frivola e leggiera, era buona, e sensibile; solamente ella fu tratta al mal passo per un’allucinazione della sua fantasia.
L’esaltamento del suo amore per Ermanno, fu più opera della mente che del cuore, ed è perciò che dopo tante promesse, tanti giuramenti di eterna costanza, noi la veggiamo abbandonarsi lieta e tranquilla alla gioia, nella sera di sua fidanza. — Passata la nube che aveva alquanto offuscata la sua pace, la giovinetta riprese il suo solito sorriso di soddisfazione, e chissà se poco dopo, di Ermanno le venne a memoria neppure il nome.
Ammirata, lodata, vezzeggiata da parenti ed amici, ella rispondeva alle congratulazioni di tutti senza far mistero della sua gioia. — Non era una gran festa, giacchè il signor Ramati da uomo moderato non volle sfoggiarla in inviti. Trattavasi di alcuni amici raccolti a festeggiare le promesse senza grande etichetta, ma con molto buon umore.
Paolo era fra gl’invitati. — Stava seduto sopra un divano accanto a madama Ramati colla quale aveva un discorso molto animato. — Ogni volta però che il domestico introduceva qualcuno, il nostro pittore volgeva rapidamente lo sguardo a quella parte, come chi aspetta con ansietà.
Un attento osservatore avrebbe rimarcato che Laura evitava di trovarsi con Paolo, e se talora i loro sguardi s’incontravano ella li ritraeva tosto.
Le sale erano discretamente popolate d’uomini di tutte le età, e di eleganti signore. Madama Salviani primeggiava fra tutte per venustà di forme messe assai bene in rilievo da un abito ingegnoso. — Il signor Filippo Salviani di lei cugino, sposo fortunato di Laura, era pure oggetto delle congratulazioni di tutti.
Per dare un saggio dell’abilità del fidanzato, Laura lo pregò di eseguire un pezzo sul pianoforte. — Era una suonata di circostanza, epperciò si fece un silenzio di convenienza; tutti interruppero il filo delle conversazioni, e si posero in ascolto.
Dopo i primi accordi fu spalancata la porta della sala, ed un servo annunziò: Il signor Ermanno Alvise — Laura era in quel momento al fianco di Filippo; quel nome gettato là d’improvviso le gelò il sangue nelle vene. Tutti gli sguardi furono rivolti alla porta, essa sola non ebbe il coraggio di alzare i suoi.
Ermanno comparve sulla soglia calmo e dignitoso, ma pallido come cadavere; l’apparizione di quel volto freddo e sofferente, produsse uno strano effetto su tutti gli astanti.
Papà Ramati gli mosse incontro, e presolo affettuosamente, per mano, lo condusse presso sua moglie, indi pregò il futuro genero di continuare il pezzo incominciato.
Laura si trovava precisamente di fronte ad Ermanno, ma i di lei sguardi non si staccavano mai dalla tastiera ove parevano incatenati. — Filippo suonò con discreta abilità, e non aveva ancor finito, che già gl’invitati battevano fragorosamente le mani.
Il signor Ramati presentò il suo nuovo arrivato ad alcune signore, indi lo lasciò in libertà, e Paolo approfittando del momento si avvicinò all’amico, e gli disse sommesso.
— Te l’aveva pur detto che tu avresti turbata la gioja della festa.
— Oh, perchè mai? chiese Ermanno.
— Io spero che farai uso della ragione per evitare una sconvenienza.... Sei livido.
— Ho la rabbia che mi divora....
— Bada che sei osservato.
— Sta tranquillo.
Laura frattanto erasi riavuta alquanto; ci affrettiamo a dichiarare essere ella affatto all’oscuro dell’invito mandato ad Ermanno. — Dal momento in cui egli entrò nella sala, la povera giovinetta venne oppressa da sì violenta emozione che la obbligò a starsi seduta. Fu spavento, e rimorso; un rapido sguardo passato sul volto di Ermanno, le fece palese tutta la triste verità.
Con un pretesto trattenne il suo fidanzato al pianoforte tanto per guadagnar tempo, e riaversi del colpo; ma lo sa Iddio se ella pensava a ciò che si dicesse in quel momento.
Ad un tratto Ermanno, lasciato Paolo, portossi al fianco di Laura, e con piglio ardito le disse:
— Mi permetterà madamigella Laura che io le faccia prima i miei ringraziamenti..... poi le mie congratulazioni.
Laura si scosse a quella voce, sorrise balbettò una risposta: ma avrebbe preferito esser sotterra in quel momento.
Ermanno proseguì con fare disinvolto volgendosi a Salviani.
— Ed a lei pure signor Filippo i miei complimenti..... In fede mia, ella ha agito da vero diplomatico; nessuno di noi avrebbe sospettate le sue intenzioni..... Forse neanche madamigella Laura. — Quando mi pervenne la buona nuova, cascai dalle nuvole.....ma bravo ancora, mille volte bravo; ella seppe scegliere il momento. Sì dicendo Ermanno sedette a loro di fronte; il signor Filippo ricambiò di buon grado quei complimenti, l’accento del giovane era sì naturale; ma Laura non s’ingannò punto, ella conobbe lo strazio che celavano quelle parole, e non ardiva ancora alzare lo sguardo.
Filippo, postochè era sopra un piacevole discorso, tentò di proseguirlo indirizzando un elogio a Laura. Ermanno riafferrò prontamente il filo per accrescere l’imbarazzo della giovinetta.
— Certo, sclamò egli sorridendo, senza offendere la modestia di madamigella, io farei sincero augurio a tutti i miei amici d’incontrarsi in una sposa quanto lei leggiadra..... e virtuosa. — Pur troppo la è questa tal sorte che tocca a pochi prediletti, fra i quali ho il piacere di contarvi il signor Filippo. — Creda pure signor mio, che l’invidio di tutto cuore.
Laura alzò lo sguardo per la prima volta ad Ermanno, ed in quegli occhi eravi un accento tale di preghiera, un’espressione sì supplichevole, da disarmare la collera di chiunque; ma Ermanno fu inesorabile; prese a caso vari quinterni di musica, e sciegliendo fra essi vi trovò una Romanza d’Hoffmann.
— Madamigella, diss’egli, è da molto che non ho più il bene di sentire la sua voce; questa Romanza deve starle a meraviglia, e la sentirei volontieri.
Laura tentò di ricusare, ed egli si volse allora a Filippo dicendogli:
— Tocca a lei signore, ella ha più influenza di quanto possa averne io; la sua preghiera vale assai più della mia, e madamigella non oserà rifiutarsi.....
Non c’era riparo, la crudeltà era troppo raffinata, e Laura non potendo schermirsene si abbandonò alla sorte. — Tutti fecero silenzio, Filippo accompagnava, ed Ermanno fissò gli occhi in volto a Laura che sotto quello sguardo si sentiva oppressa, nullameno; fecesi coraggio, e cantò:
Ombre amene, amiche piante, |
La musica era buona, ma l’esecuzione fu pessima; Laura aveva la voce incerta e tremante. — Naturalmente alla fine tutti gli astanti applaudirono, e la sposa si lasciò cadere spossata per la forza che dovette farsi.
— Per buona sorte, sclamò Ermanno sorridendo, per trovare il suo bene madamigella non ha che a fare un passo..... il signor Filippo è qui.....
Paolo riuscì a staccare l’amico dal pianoforte e conducendolo altrove gli disse:
— Ermanno, tu soffri?
— Io? sei pazzo..... sto benissimo.
— Il tuo pallore è aumentato.
— È la gioia.... l’allegria!....
— Tu hai la febbre; andiamo a casa.
— Mai no; resterò fino alla fine.
— Ascolta Ermanno, sii caritatevole verso quella povera fanciulla..... sii generoso.
— Non le faccio già del male! rispose egli cinicamente; finora non mi sono che congratulato.....
Il signor Ramati non aveva certo invitato il pianista per lasciarlo ozioso, e ad un punto eccitò nel circolo una specie di sommossa; tutti pregarono Ermanno di suonare, ed egli si arrese, a condizione che madamigella Laura gli voltasse i fogli sul leggio.
Era impossibile rifiutarsi.
Egli si assise al pianoforte, e Laura ritta in piedi alla sua destra sfogliazzava nella musica. — Quale diversità! Una volta allorchè egli disponevasi a suonare, ella si collocava amorosamente a lui d’accanto, i loro cuori palpitavano in segreto, e spesso le mani si stringevano furtivamente; ora Laura tremava, Ermanno soffriva, i loro cuori battevano ancora, e più violenti, ma per angoscia.....
Ermanno scielse, non a caso, la Grande Polonnajse di Herz; è una suonata molto lunga, ed in tal modo rimaneva prolungato quella specie di supplizio imposto a Laura.
L’artista aveva in quel momento il concorso di molte passioni che lo ajutavano. L’ebbrezza della strana vendetta che si prendeva, diede un’agilità convulsiva alle sue dita, e suonò con quella maestria ed inspirazione data a pochi. — Terminata la prima parte ei fece pausa per asciugarsi la fronte, ed alzo gli occhi a Laura come per dirle: Una volta toccava a te! — Laura comprese ed arrossì.
Incominciò la seconda parte; il signor Salviani prorompeva ad ogni tratto in accenti d’ammirazione e la povera Laura invece sentiva svegliarsele in cuore mille affetti che si urtavano a vicenda causandole un’indicibile oppressione. L’ira, la rabbia che animavano Ermanno glie lo fecero apparir più grande, e noi crediamo che in quel momento ella si dimenticasse di esser fidanzata.
L’uditorio era sospeso e subiva il fascino di tutte quelle vibrazioni melodiche; la musica di Herz ha questo carattere che allegra, commove e strazia nello stesso tempo. Alcune battute soavi e malinconiche vengono bruscamente rotte dall’urto di un’accordo tetro e misterioso, da cui si sviluppa bene spesso un canto allegro e popolare. — Weber è uniforme, spesso monotono; Herz è sfrenato; la sua musica è come il vento che passa su tutti i punti.
Il pezzo già volgeva al suo fine; ciò sollevava alquanto Laura, che nell’ultima pagina scorgeva il termine di una posizione difficile. — Ad un tratto però Ermanno cedendo allo slancio della fantasia, fece una digressione, ed abbandonò le mani in balìa del pensiero. Come altre volte nei momenti d’inspirazione, egli si diede ad improvvisar melodie. — Il suo primo incontro con Laura in casa d’Alfredo l’aveva salutato con un grido d’amore tradotto musicalmente. — Ora dopo il volgere di pochi mesi, egli si trovava ancora vicino a Laura forse per l’ultima volta; ora doveva salutarla collo strazio dell’anima. — Il primo incontro si ebbe un’inno; l’ultimo una nenia!
E tale fu la musica improvvisata da Ermanno; in quelle note che si succedevano lente, in quegli accenti lugubri, era raccontata tutta la storia di un amore infelice. Le amarezze, i dolori più grandi ebbero un espressione così straziante, che molti avevano le lagrime agli occhi.
Nel tetro susseguirsi di tristi accordi che parevano gemiti profondi, sentivasi tratto tratto un canto confuso e lontano che doveva certamente scuotere l’anima di Laura: era il canto del Notturno al Chiaro di Luna, che ricordava all’incostante giovinetta i giorni felici del suo primo amore!
Laura piangeva; sarebbe stato vano celare quelle lagrime che non erano più un mistero per gli astanti; d’altronde ella non piangeva sola alcune signore, e specialmente madama Salviani la imitavano.
Anche ad Ermanno illanguidivasi la fantasia, ed accarezzava oziosamente alcune cadenze per pensare al passato che in quel momento gli ricorreva alla memoria. Volse intanto gli sguardi a Laura, che resa più bella per la commozione, stavagli al fianco, seducente quanto sia dato immaginarlo. — Aizzato dalla gelosia, abbandonò d’un tratto il metro patetico della sua musica, e suonò con rabbia. — Le note incalzavano le note producendo strane dissonanze; le mani volavano agitate da un punto all’altro della tastiera, col fremito della convulsione.
Nessuno comprese quella musica infernale, quel delirio del pensiero; ma ogni nota rintronava nel cuore di Laura come una rampogna acerba e sanguinosa. Dal complesso di quel frastuono ella concepì il vero significato, comprese che in quella musica eravi l’amore, lo sdegno e la disperazione; compreso che quelle note dovevano esser concepite fra gli spasimi di atroci torture. —
L’artista si era vendicato..... ma l’uomo cadde annientato a tanto sforzo di mente; l’urto di tanti pensieri, la lotta di tanti sentimenti, oppressero talmente il povero Ermanno che si rovesciò all’indietro quasi svenuto, fra le braccia di Paolo che era accorso a sorreggerlo.