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III V

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IV.

La felicità non è sempre la ben giunta nel cuore degli uomini. Taluni forse per eccesso di timidezza, diffidano della felicità che si rivela sotto troppo belle speranze — È bene l’esser parco in tutto onde non avere a dolersi di troppo per la perdita di un bene vagheggiato, e coloro che accettano per buone tutte le gioie che arreca una dolce speranza, non agiscono ragionevolmente. — Chi più compra, più paga — e se tutti potessero tenersi impressa questa inevitabile conseguenza, sarebbe evitato lo spettacolo doloroso di tanti poveri illusi ai quali sembrava di toccare il cielo; che poi precipitano nel nulla della delusione. E perchè ciò? Perchè si erano affidati ad una falsa speranza; perchè non seppero giudicare a tempo se fosse possibile la sussistenza di un’edifizio infondato.

Diffidare di una felicità sperata, sarebbe gran virtù; ma come fare se è destino che la vita dell’uomo sia una continua speranza? Sperare il male, sarebbe follia; e poichè si deve tendere a qualche cosa, meglio è sperare nella felicità.

Laura aveva centomila lire di dote, ed era figlia unica. — Questa dichiarazione è assolutamente necessaria per giustificare i dubbii e le apprensioni di Ermanno. Il nostro giovinotto all’uscire di casa Ramati era tormentato da tristissime meditazioni; ormai non v’era più dubbio sulla realtà del suo amore. Invano egli avea lottato contro quel sentimento che minacciava la sua pace; l’amore è più ostinato che mai, si [p. 35 modifica]potrebbe lottare allorchè non si ama; ma il primo sintomo di lotta e il primo sintomo d’amore.

Ermanno era ragionevole, a mente tranquilla egli non si sarebbe mai sognata una cosa tanto lontana dal possibile; eppure nel breve periodo di due giorni egli era soggiogato. Non era il caso d’illudersi, il dolore che provava nel riconoscersi vittima di quel sentimento, era la più certa prova dell’amor suo. Strana follia! Egli povero umile artista innamorarsi di una giovinetta appartenente a distintissima famiglia. Ma come mai colla sua sana intelligenza non aveva compreso che quell’amore era un sogno, una chimera? — Ma quel sogno era tanto bello, che egli vi si addentrò senza avvedersene; ed ora che la prima riflessione gli parava innanzi la gelida realtà, ora che erasi abbandonato inscientemente nell’onde delle illusioni, sentiva l’impossibilità di ritrarsi.

Ciò che più di tutto lo addolorava, era la certezza che aveva dell’amore di Laura. Come non accorgersene? come non credervi se ella stessa si era tradita con tanta sincerità. Egli avea accettato il fascino misterioso di una prima impressione, e difatti in quella prima sera non una triste idea era surta a funestarlo. La speranza gli sorrideva presentandogli la coppa delle illusioni; invece di respingerla, invece di sciogliere l’incantesimo col soccorso della ragione, non seppe resistere al senso misteriosamente dolce che lo attraeva verso quella vezzosa fanciulla. — Ma gli infelici fruiscono poco del prestigio di un’illusione, e la verità corre tosto premurosa a disperdere la trama delle speranze.

La realtà! ed era ben dessa quella crudele che aveva atterrate le pure gioie del povero Ermanno! Spingendo il pensiero attraverso le nubi dall’avvenire, egli non vi trovava che un cammino monotono privo [p. 36 modifica]di ogni sorriso d’allegrezza; il campo dell’arte divenne per sè stesso troppo arido; egli avea traveduto in sogno una mano gentile che poteva guidarlo ad altissima meta; accanto al sentiero di spine, aveva sognata una via di rose.

È meglio non pensarci più, diceva fra sè; ma subito dopo gli tornava alla mente il bel viso di Laura, la sua grazia, il suo sguardo espressivo, che richiamavano in un cielo di dolcezze sante e pure; allora si apriva per poco l’animo suo alla speranza, e nel trasporto di tenerezza baciava quel mazzolino di fiori che ella gli aveva dato come pegno d’affetto; ma di quale affetto? Dove si fondava quell’amore? E pur troppo Ermanno riconosceva in esso il frutto dell’inesperienza, e pensava che all’indomani quella giovinetta ingenua educandosi alla scuola della vita, avrebbe cessato di commoversi per un oggetto di poco conto; che domani Laura leggendo nel gran libro del mondo, riderebbe forse allo svegliarsi di quel sogno troppo puerile.

All’età di Laura, nulla avvi di certo sulle aspirazioni del cuore, nè si discute menomamente sulla possibilità o non di amare — In quel primo brillare dei raggi della vita, si fa tutto senza calcolo, e forse senza bisogno.

Perchè Laura amava Ermanno? Perchè le piaceva; ecco tutto. A quell’età non si bada troppo alle esigenze sociali che pongono l’amore fra le strettoie delle convenienze. Che importava ad essa se Ermanno non era ricco? Questo pensiero non le passava neanche per la mente. A diciasette anni la donna ama per amare; l’animo suo non ancora corrotto dal soffio delle passioni, risponde con entusiasmo alla prima parola d’amore che si sente mormorare.

Per tutta la susseguente giornata Ermanno stette [p. 37 modifica]in preda ad un’agitazione febbrile; la musica non ebbe forza alcuna per distrarlo dalle sue dolorose meditazioni; infine dopo tanto riflettere, prese l’eroica decisione di non porre più piede in casa Ramati. — Egli aveva troppo bisogno della sua pace per non cimentarla dietro ad una folle speranza.

Man mano però che si appressavano le otto ore, egli sentiva che la sua costanza vacillava. Invano cercava di distrarsi, invano tentava nelle risorse della sua ragione un eccitamento per resistere al desiderio che lo attraeva. La seducente apparenza della bella serata che avrebbe potuto passare in casa Ramati lo faceva titubare nella presa risoluzione.

Più volte fu sul punto di lasciarsi trascinare ove lo chiamava il cuore, ma seppe resistere. Suonarono le otto, ed egli stette fermo, malgrado un palpitargli agitato del cuore che lo avvisava esser quello il momento di andare.

Egli aveva vinto; con un grande sforzo di volontà seppe comandare a sè stesso; ma la lotta fu strenua, il combattimento accanito, ed il povero Ermanno riportò colla vittoria la noja e la spossatezza. — Egli che aveva vegliate tante notti nello studio dimenticandosi del mondo, non sapeva ora dove trovare una distrazione; il suo pensiero vagava per la città in cerca della carrozza che trasportava Laura, la povera Laura desolata forse per il di lui contegno.

A tale idea Ermanno sentivasi stringere il cuore, e per poco non sarebbe corso in casa Ramati a scusarsi. Erano già trascorse le nove, ed egli non era puranco al sicuro, il cuore non voleva cederla ad ogni costo. Che fare? Si appigliò al consiglio di cercar nel riposo un po’ di pace; recarsi a spasso sarebbe stata follia, dove andrebbe? ovunque l’aspettava la noia, eppoi chi lo assicurava che discendendo nella [p. 38 modifica]via, le gambe non lo guidassero macchinalmente verso quella casa? Sono sì facili le distrazioni di simil genere!

Ermanno si mise a letto, ma sarebbe arduo assai l’asserire che egli dormisse. — La notte gli parve lunghissima; se era desto pensava a lei; se dormiva sognava di lei, e dappertutto sì nella veglia che nel sonno, vedevasi innanzi la bella Laura che con aria corrucciata lo rimproverava per aver mancato alla data parola di trovarsi all’indomani presso di lei. —

Era tanto piacevole questo rimorso, che egli lo accettò, ed a poco a poco finì per persuadersi di aver commessa una sciocchezza. — A che prò pensava egli, a che prò far tanti sacrifizi per evitare un bene? per fuggire una gioia; è vero bensì che abbandonandosi alla corrente delle sua speranze ne avrebbe riportate infine amarezze e dolori; ma soffrire anticipatamente per evitare un dolore incerto, è follia, tanto più se per giungere a quel dolore si passa per la via del piacere; — Tanto vale dolersene poi.

Ermanno si alzò all’indomani con quelle savie riflessioni riportate dal lungo pensare durante la notte; infine, diceva fra sè, che ci arrischio? Quella giovinetta mi ama, è vero, ne sono certo; ma per puro eccesso di entusiasmo. Essa crede amore ciò che probabilmente poi non sarà che un capriccio di ragazza. — In uno slancio della sua vergine fantasia mi prodiga sorrisi e carezze, con rara ingenuità mi stringe la mano, come per ringraziarmi delle dolci emozioni che le cagiono, ed io dovrei essere tanto crudele da respingerla e disilluderla amaramente svegliandola da un sogno che la farà felice per qualche giorno?..... Mai, e poi mai; ciò sarebbe per parte mia un eccesso di crudeltà, e non voglio certo rendermi colpevole della prima lacrima che parte dal cuore di una giovinetta! [p. 39 modifica]

Come ben vediamo, le riflessioni di Ermanno, se non erano del tutto logiche, conservavano almeno le apparenze in faccia al suo amor proprio. Difatti dopo di aver aspettato ardentemente che la giornata volgesse al termine, egli era convinto in cuor suo di arrendersi per deferenza, per atto di generosità; ma intanto il tempo gli pareva lunghissimo, ma mentre colla testa egli formavasi un piano di difesa, il cuore palpitavagli violentemente in seno, e non si avvedeva che quel debole barlume di speranza era il segno certo della sua sconfitta.

L’uomo s’illude nel commettere un errore; egli pensa e crede tutto il contrario di quanto potrà succedergli, e tenta con ogni scrupolo di giustificarsi in faccia alla sua coscienza. — Per il bene si ricorre alla ragione; per il male, all’illusione; son due tribunali che si rassomigliano.

Alle sette e mezza il nostro eroe era già sulle mosse verso la casa di Alfredo; sicuro della sua coscienza egli camminava quasi baldanzoso; ma appena scorse da lontano il balcone di casa Ramati, e sovr’esso vi distinse Laura, si sentì al cuore una scossa tanto forte, che mancò poco non cadesse. Alla sola vista di quella giovinetta disparve in un baleno l’apparato del suo eroismo; tutto il coraggio si franse d’un colpo, tutte le idee di generosità inspirate da un falso amor proprio si dileguarono, e con esse ogni dubbio sulla reale esistenza del suo amore.

Egli aveva potuto senza vederla fabbricar progetti a suo piacimento; il cuore lo lasciò fare senza punto disturbarlo; ma che può mai la mente allorquando il cuore parla? Questa particella di noi stessi, impianta per sè sola una specie di governo assoluto, un centro d’azione contro cui si frange la punta del più saldo raziocinio. — Ermanno stesso rimase colpito dello [p. 40 modifica]strano potere che aveva preso nell’animo suo quella fanciulla, e conobbe di quanto avesse progredito il suo amore in soli due giorni.

A che servirono mai tutti i suoi proponimenti? La verità ora si appalesava con tutta chiarezza. — Riavutosi alquanto egli riprese il suo cammino, ma più si appressava a quel balcone, più ingrandivasi la sua agitazione. —

Laura intanto era fissa cogli occhi al fondo di un’altra via che attraversava quella percorsa da Ermanno; dalla sua attitudine era facile l’indovinare che ella sperava di veder comparire qualche persona aspettata. — Tratto tratto, scorreva collo sguardo su tutti i punti dominati dal balcone, palesando una viva impazienza.

Allorchè le venne dato di vedere Ermanno, si fece rossa in viso, ed anch’essa fu colpita da un assalto di palpitazione.

Quando egli entrò nel portone, Laura gli corse incontro ad aprirlo, e lo ricevette sull’ultimo gradino con una convulsiva stretta di mano, ed un sorriso che riassumeva mille rimproveri, e mille ringraziamenti. — Entrarono sempre tenendosi per mano, giunti nella sala del balcone, Laura sedette, ma era tanto l’affanno della poverina da non trovare il respiro per dire una sola parola.

Letizia ed Alfredo non erano presenti per quel momento, ciò accresceva l’imbarazzo di Ermanno, il quale pure non aveva ancora aperto bocca — Infine Laura ruppe per la prima il silenzio.

— Bravo, bravissimo il signore, ieri sera noi abbiamo aspettato invano!....

— Mille perdoni madamigella.... non fu per colpa mia; d’altronde non aveva accertato di venire....

— È vero; ma pure farsi tanto desiderare, la è una [p. 41 modifica]vera crudeltà. Come era naturale anche la passeggiata andò in fumo.

— Duolmi assai che per causa mia....

— Oh! per me, sclamò Laura ingenuamente, non è la perdita della passeggiata che mi crucci, ma sibbene..... Quivi si arrestò, senz’avvedersene ella entrava in un punto troppo pericoloso; e cambiando tuono d’un tratto disse:

— Ma via, si sieda qui accanto a me, mentre stiamo aspettando i cugini, discorreremo alquanto — Come sta sua mamma?

— Egregiamente.

— Come egregiamente, se ieri ancora?....

— Ah è vero, ma ora ha migliorato d’assai.

— E mi dica in qual modo consumò la sera?

— Stando in casa.

— Proprio..... senza uscir mai?

— Mai.

— Ed ha suonato, senza dubbio.

— No.

— Come, non ha suonato? E che cosa ha fatto in tutta la sera mio bel signore?

— Ho pensato....

— A che cosa?

Ermanno restò confuso. Se Laura avesse avuto un tantino di pratica, poteva subito leggere sul volto di lui quale fosse stato l’oggetto de’ suoi pensieri — Ermanno diffatti era commosso; il suo sguardo non si saziava mai di contemplare quella graziosa figurina, ed ella lasciavasi guardare senza scomporsi.

— E del mio mazzolino, che ne avvenne? chiese Laura sorridendo.

— Lo conservo gelosamente.

— Davvero?

— Certo, è una memoria tanto cara! [p. 42 modifica]

— Sì, ma appena quei poveri fiori saranno appassiti, ella si dimenticherà di chi glie li ha dati....

— Oh! no signorina, è questa un’accusa gratuita che non mi merito certamente.

— Davvero! Ella non mi dimenticherà sì presto? Ciò mi fa molto piacere; dopo tutto sarebbe una vera crudeltà se si perdessero così presto certe belle memorie! Oh! per parte mia glie lo assicuro, ciò non sarà mai, e prevedo pur troppo che dovrò annojarmi per bene quando sarò sola a Milano, lontana da questa cara Brescia....

— Ma, disse Ermanno, ci vuole ancor molto tempo prima che....

— Ohimè! Papà scrisse a mamma pregandola di trovarsi a casa fra quattro giorni!.....

Tal nuova afflisse tanto profondamente il giovane che se ne stette senza parola! — Quattro giorni appena! Ed era questa la felicità che aveva sognata? Mai non gli venne in mente che Laura dovesse partire, e quest’idea lo colpì sì forte, che ne provò vero dolore.

Laura vedendolo così triste, non cercò d’interrompere il filo delle sue riflessioni; serbò il silenzio per qualche istante scrutando attentamente tutte le oscillazioni del di lui sguardo. Forse non si sbagliò sul secreto del dolore che gli si dipinse in volto, e come per tentare qualche conforto, sclamò mestamente:

— È doloroso a dirsi, in questo mondo si nasce solamente per fare dei sacrifizii!

— Pur troppo, rispose Ermanno, dacchè il discernimento della ragione rischiarò la mia mente, io vidi essere lo scopo della vita non altro che una continua aspirazione ad una meta inconseguibile. È tanto vero che la felicità è una chimera impossibile, che io stesso abbandonai ogni speranza di ottenerla. Diffido della [p. 43 modifica]speranza perchè so che essa frutta il disinganno; eppure questa fata menzognera, mi ha sedotto anco una volta; eppure malgrado tutta la mia triste esperienza, ho sperato una follia! Sperai che un fiore non dovesse mai avvizzire, ed a quel fiore ho legati i miei affetti. — Che mi rimarrà infine?.... Nulla, un fuscellino d’erba appassita!....

Laura questa volta aveva compreso; le parole del giovane suonarono amaramente nel di lei cuore.

— Feci male, mormorò Ermanno, feci male venendo qui questa sera, doveva aspettare domani, o dopo....

— Ma bravo! sclamò Laura con accento di rimprovero, il male l’avrebbe fatto non venendo, perchè ieri sera l’abbiamo desiderato vivamente, perchè con lei si passa un’ora senz’accorgersene; perchè infine se ella non venisse, arrecherebbe gran dispiacere allo zio, ai cugini...... ed a me!

La giovinetta pronunziò queste parole con tale accento di dolore, che Ermanno ne ebbe rimorso, in quella voce egli ritrovò l’espressione di una pena viva e profonda. Ne ebbe tanto rimorso che prendendo la mano di lei le disse:

— Mi perdoni madamigella. — Io stesso non so bene quello che mi dico.... Creda pure che mi sarebbe stato impossibile resistere più oltre, giacchè se dipendeva solamente dalla mia volontà, a quest’ora non sarei qui; ma da due giorni comanda in me un’altra potenza tanto forte, che mi abbandono rassegnato al mio destino. — Sia che vuolsi, se è vero che sarò poi infelice, è pur vero che ora sono felicissimo!

Laura strinse nelle sue la mano di lui, ed egli proseguì con voce sommessa fissandola negli occhi:

— Ma perchè ora piange.... perchè quelle lacrime?

— Perchè sono felice, rispose Laura sorridendo cogli occhi lagrimosi. La dolcezza delle parole di [p. 44 modifica]Ermanno le aveva strappato il pianto; ma il pianto della gioia, quelle lacrime soavi che escono da un sorriso, e Laura piangeva sorridendo.

Si erano detto tutto?.... Chi lo sa; chi potrebbe dire sin dove si sarebbero arrestati? ma non era prudente l’abusare dell’occasione, tanto più che poco dopo sopraggiunse Letizia.

— Ben venuto signor Ermanno, sclamò Letizia sorridendo, meno male che ella si sia ricordato dei torti che aveva da riparare — Laura era con lei indignata, ma a quanto vedo la mia buona cugina pecca per troppa indulgenza.

— Si fu perchè sua madre non istava bene, disse tosto Laura.

— Madamigella Letizia sa meglio di me che non mi faccio troppo pregare per venire in casa sua.

— Oh per me rispose Letizia, non ci fo gran caso, sono sì bene abituata alle sue stranezze che non mi sarei stupita se anche questa sera non fosse venuto.

In quel momento entrò Alfredo, il quale fece pure ad Ermanno i suoi rimproveri aggiungendo:

— Però quello che non si fece ieri, si può fare oggi. Volete signorine che andiamo in carrozza?

— In carrozza! osservò Laura, non sarebbe meglio a piedi?

— E sia pure, disse Letizia, che glie ne pare signor Ermanno?

— Per me sono a loro disposizione, comandino....

— Allora è inteso, non faccio attaccare, chiese Alfredo.

— Letizia, disse Laura, vedi se mamma vuol venire, ed anche lo zio.

— Non darti pensiero per mio padre, tu lo sai a quest’ora egli si dispone per recarsi al suo inevitabile caffè. Sì dicendo Letizia uscì di sala. [p. 45 modifica]

Rimasero soli sul balcone Alfredo, Ermanno e Laura; il primo sempre distratto come al solito, si mise a canterellare un’arietta, guardando sbadatamente nella via. Ermanno e Laura erano seduti di fronte, e si dicevano tante cose cogli occhi.