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potrebbe lottare allorchè non si ama; ma il primo sintomo di lotta e il primo sintomo d’amore.

Ermanno era ragionevole, a mente tranquilla egli non si sarebbe mai sognata una cosa tanto lontana dal possibile; eppure nel breve periodo di due giorni egli era soggiogato. Non era il caso d’illudersi, il dolore che provava nel riconoscersi vittima di quel sentimento, era la più certa prova dell’amor suo. Strana follia! Egli povero umile artista innamorarsi di una giovinetta appartenente a distintissima famiglia. Ma come mai colla sua sana intelligenza non aveva compreso che quell’amore era un sogno, una chimera? — Ma quel sogno era tanto bello, che egli vi si addentrò senza avvedersene; ed ora che la prima riflessione gli parava innanzi la gelida realtà, ora che erasi abbandonato inscientemente nell’onde delle illusioni, sentiva l’impossibilità di ritrarsi.

Ciò che più di tutto lo addolorava, era la certezza che aveva dell’amore di Laura. Come non accorgersene? come non credervi se ella stessa si era tradita con tanta sincerità. Egli avea accettato il fascino misterioso di una prima impressione, e difatti in quella prima sera non una triste idea era surta a funestarlo. La speranza gli sorrideva presentandogli la coppa delle illusioni; invece di respingerla, invece di sciogliere l’incantesimo col soccorso della ragione, non seppe resistere al senso misteriosamente dolce che lo attraeva verso quella vezzosa fanciulla. — Ma gli infelici fruiscono poco del prestigio di un’illusione, e la verità corre tosto premurosa a disperdere la trama delle speranze.

La realtà! ed era ben dessa quella crudele che aveva atterrate le pure gioie del povero Ermanno! Spingendo il pensiero attraverso le nubi dall’avvenire, egli non vi trovava che un cammino monotono privo