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Come ben vediamo, le riflessioni di Ermanno, se non erano del tutto logiche, conservavano almeno le apparenze in faccia al suo amor proprio. Difatti dopo di aver aspettato ardentemente che la giornata volgesse al termine, egli era convinto in cuor suo di arrendersi per deferenza, per atto di generosità; ma intanto il tempo gli pareva lunghissimo, ma mentre colla testa egli formavasi un piano di difesa, il cuore palpitavagli violentemente in seno, e non si avvedeva che quel debole barlume di speranza era il segno certo della sua sconfitta.

L’uomo s’illude nel commettere un errore; egli pensa e crede tutto il contrario di quanto potrà succedergli, e tenta con ogni scrupolo di giustificarsi in faccia alla sua coscienza. — Per il bene si ricorre alla ragione; per il male, all’illusione; son due tribunali che si rassomigliano.

Alle sette e mezza il nostro eroe era già sulle mosse verso la casa di Alfredo; sicuro della sua coscienza egli camminava quasi baldanzoso; ma appena scorse da lontano il balcone di casa Ramati, e sovr’esso vi distinse Laura, si sentì al cuore una scossa tanto forte, che mancò poco non cadesse. Alla sola vista di quella giovinetta disparve in un baleno l’apparato del suo eroismo; tutto il coraggio si franse d’un colpo, tutte le idee di generosità inspirate da un falso amor proprio si dileguarono, e con esse ogni dubbio sulla reale esistenza del suo amore.

Egli aveva potuto senza vederla fabbricar progetti a suo piacimento; il cuore lo lasciò fare senza punto disturbarlo; ma che può mai la mente allorquando il cuore parla? Questa particella di noi stessi, impianta per sè sola una specie di governo assoluto, un centro d’azione contro cui si frange la punta del più saldo raziocinio. — Ermanno stesso rimase colpito dello