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di ogni sorriso d’allegrezza; il campo dell’arte divenne per sè stesso troppo arido; egli avea traveduto in sogno una mano gentile che poteva guidarlo ad altissima meta; accanto al sentiero di spine, aveva sognata una via di rose.

È meglio non pensarci più, diceva fra sè; ma subito dopo gli tornava alla mente il bel viso di Laura, la sua grazia, il suo sguardo espressivo, che richiamavano in un cielo di dolcezze sante e pure; allora si apriva per poco l’animo suo alla speranza, e nel trasporto di tenerezza baciava quel mazzolino di fiori che ella gli aveva dato come pegno d’affetto; ma di quale affetto? Dove si fondava quell’amore? E pur troppo Ermanno riconosceva in esso il frutto dell’inesperienza, e pensava che all’indomani quella giovinetta ingenua educandosi alla scuola della vita, avrebbe cessato di commoversi per un oggetto di poco conto; che domani Laura leggendo nel gran libro del mondo, riderebbe forse allo svegliarsi di quel sogno troppo puerile.

All’età di Laura, nulla avvi di certo sulle aspirazioni del cuore, nè si discute menomamente sulla possibilità o non di amare — In quel primo brillare dei raggi della vita, si fa tutto senza calcolo, e forse senza bisogno.

Perchè Laura amava Ermanno? Perchè le piaceva; ecco tutto. A quell’età non si bada troppo alle esigenze sociali che pongono l’amore fra le strettoie delle convenienze. Che importava ad essa se Ermanno non era ricco? Questo pensiero non le passava neanche per la mente. A diciasette anni la donna ama per amare; l’animo suo non ancora corrotto dal soffio delle passioni, risponde con entusiasmo alla prima parola d’amore che si sente mormorare.

Per tutta la susseguente giornata Ermanno stette