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IV.

La felicità non è sempre la ben giunta nel cuore degli uomini. Taluni forse per eccesso di timidezza, diffidano della felicità che si rivela sotto troppo belle speranze — È bene l’esser parco in tutto onde non avere a dolersi di troppo per la perdita di un bene vagheggiato, e coloro che accettano per buone tutte le gioie che arreca una dolce speranza, non agiscono ragionevolmente. — Chi più compra, più paga — e se tutti potessero tenersi impressa questa inevitabile conseguenza, sarebbe evitato lo spettacolo doloroso di tanti poveri illusi ai quali sembrava di toccare il cielo; che poi precipitano nel nulla della delusione. E perchè ciò? Perchè si erano affidati ad una falsa speranza; perchè non seppero giudicare a tempo se fosse possibile la sussistenza di un’edifizio infondato.

Diffidare di una felicità sperata, sarebbe gran virtù; ma come fare se è destino che la vita dell’uomo sia una continua speranza? Sperare il male, sarebbe follia; e poichè si deve tendere a qualche cosa, meglio è sperare nella felicità.

Laura aveva centomila lire di dote, ed era figlia unica. — Questa dichiarazione è assolutamente necessaria per giustificare i dubbii e le apprensioni di Ermanno. Il nostro giovinotto all’uscire di casa Ramati era tormentato da tristissime meditazioni; ormai non v’era più dubbio sulla realtà del suo amore. Invano egli avea lottato contro quel sentimento che minacciava la sua pace; l’amore è più ostinato che mai, si